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Raccolta di articoli di Paolo Carlucci
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- Letteratura

La denuncia poetica di Léon Felipe

La Spagna … è l’ascia! La denuncia poetica di Léon Felipe
di Paolo Carlucci
Madri ,/ madri rivoluzionarie, /stampate questo indelebile grido di giustizia/ sulla fronte dei vostri figli/,lì dove avete sempre deposto i vostri baci più puri,/(questa non è un’immagine retorica/ io non sono il poeta della retorica/Non c’è più retorica. / la Rivoluzione ha bruciato tutte le retoriche. Così, nel marzo del 1937, a Valencia, nel pieno della guerra civile, Léon Felipe dichiara appassionatamente nel poemetto La insignia,il suo tormento civile e poetico,in cui esprime con sentire profetico la necessità etica ed epica di dare collettivamente tutto il sangue di Spagna per una goccia di luce. Sull’onda di una grande tradizione, quella del Poeta, intesa come nuda voce corale, epica ed attiva, quale fu quella del Cervantes. Felipe rivendica più che mai la forza inattuale di una veste di verità biblica e potente nel teatro delle finzioni e delle convenzioni etiche, sociali e letterarie. Questo atteggiamento di libertà e di denuncia lo pose in urto con gli esponenti delle varie correnti che andavano formandosi nell’ Europa e nella Spagna tra Otto e Novecento. Avanguardista epico e libertario, Léon Felipe si distanzia dai maggiori poeti modernisti e simbolisti allora in voga; appare infatti lontano nei modi e negli intenti sia di un Jimenez, che di un Machado e di Lorca stesso, chiusi nella rete del simbolo e del canto di Castiglia ed Andalusia. Felipe, invece, è punto sempre dall’impeto messianico del poema civile, che si fa canto di sprone. Lirico moderno Don Chisciotte campeggia in lui il tormento della Spagna tradita. Prometeico si fa interprete di un riscatto dell’uomo travolto dal Male della modernità. Felipe appare per molti versi ascrivibile a quelle suggestioni filosofiche dell’esistenzialismo cristiano che porteranno tra gli altri, Ortega y Gasset, l’autore del celebre saggio, La rebelion delas masas(1930) a scrivere, già nel 1922 un saggio dal titolo eloquente: España invertebrada. Bosquejo de algunos pensamientos históricos, che ampliano in chiave storica le riflessioni sul Don Chisciotte del 1914,in cui il filosofo analizzava le inquietudini moderne della creatura del Cervantes, pietra miliare della coscienza letteraria spagnola ed europea. I riferimenti al don Chisciotte sono un mantra per il Nostro, che lo sente sodale caminante in un mondo rovesciato e corrotto. Facendo appello alla grandezza del secolo d’oro e all’urgenza etica di un impegno totale attivo sul piano letterario e civile, Felipe denuncia polemicamente proprio quanti si sono arresi al consumo letterario e al disimpegno civile in nome di calcoli e viltà d’azione mascherate da toni retorici di finzione magniloquente. Attacca così i mastini del ’98, i giocolieri del ’27, li sbeffeggia sì, ma con disperato amore, perché si ricredano e lascino riaffiorare il sangue che dà luce; dato che hanno ceduto a lusinghe e a sogghignanti compromessi politici ed opportunismi esistenziali. Patteggiaste col maggiordomo e e adesso nell’esilio non potete vivere senza il collare pulito delle accademie. Dicevate la mia Spagna, la terra della mia Spagna invece di dire l’arena del mio circo. Toni estremamente duri di verità etiche, un nuovo Gesù nel Tempio,appassionato e graffiante … Voce che punge con l’epica attiva del tempo della sconfitta, dunque quella di Leon Felipe! Il poeta ha toni danteschi nel definire i merciaiuoli, appunto nella vibrante lirica- lamento dell’esilio di Non c’è più la fiera a Medina , merciaiuoli. Guardatela tutti!... E’ morta …/ Guardatela!... gli eruditi e i saggi: i trafficanti della cotta del Cid e del saio di Santa Teresa …. Gli specialisti del toro e del barocco … E’ un attacco che vive nella forza dell’iterazione liturgica e civile ad un tempo, della parola chiave, un verbo visivo, artistico- Guardatela. La Spagna appare sfregiata. La Patria, simbolo deriso e vinto nel gran circo è una sorta di Ecce Homo di El Greco. La Parola freme nel sangue, nell’ombra la luce ! E così Felipe incalza, senza posa, nei suoi versi membra di un poema epico e moderno, si fa ascia attiva di denuncia, anche contro un mondo di affaristi del verso e della società di barattieri culturali e del sacro, che hanno svenduto la limpieza spagnola, nel gran circo dell’apparenza d’occasione, della burla della parola retorica falsa , orpello, da cui slegarsi con forza di hidalgo stellato di veri versi. Di rinascita. Tutto il mio sangue per una goccia di luce! Felipe attacca i cantastorie di piazze e mercati che hanno già il cartellone pitturato d’ocra rossa, le strofe fatte, la musichetta e il chitarrone. Felipe proclama che il Poeta è quell’uomo/ quella sostanza umana e nazionale che, in n fervido/ momento della Storia, ha la forza sufficiente per sollevarsi /lei e il suo popolo,/ dal domestico all’epico /dal contingente all’essenziale,/ dal sordido al limpidamente etico … /
Il genio del poeta non gioca abilmente con le piccole /metafore verbali,il suo impulso lo porta a creare/ le grandi metafore,/ sociali,/ umane,/ storiche, /….
Se il popolo spagnolo spicca questo gran salto,/ origina questo trasbordo /e produce la grande metafora sociale,/ è per se stesso un poeta … Ricordate nostro padre Don Chisciotte. Don Chisciotte è un poeta epico e attivo.. in quanto scriveva i suoi poemi non con la punta della penna /, ma con la punta della lancia. Son o ancora versi de la Insigna, il testo più noto di Felipe in cui la sua allucinata voce d’umanità tragicamente segnata dal sangue della Storia è ascia inesorabile di dolore e di speranza nel più puro sogno donchisciottesco. Come hanno rivelato filosofi del calibro di Miguel de Unamuno e Maria Zambrano nella visione lirica di Léon Felipe si sente la hispanidad assoluta, midollare di una Mancia che si fa mondo. Sulle orme del Don Chisciotte, Felipe si fa hidalgo stellato di versi. Caminante, romero, il poeta si muove nel tempo tragico della modernità disumanante del primo Novecento, che vedrà la Spagna disfarsi nel calvario della guerra civile, alla ricerca primaria e salvifica di quella hispanidad profonda, di cui i suoi versi risuonano costantemente. Derisa dai giocolieri d’ogni potere, sta colonna ancora oggi la sua voce antica di nuovo Omero- Cervantes spagnolo che così si descriveva in alcuni cenni autobiografici.. Io ero un vagabondo (caminante) senza casa e senza scuola che andava smarrito per i caffè e le strade di Madrid … Sentivo potente, dopo Versailles, la sconfitta dell’ Uomo. Fioriscono come astratti furori i suoi versi. Ho gridato: Tutto il sangue di Spagna per una goccia di luce! Voi gridaste infuriati: No, no quello è un cattivo affare. Resta cristico cervo di solitudini il Poeta, ascia di verità numinosa. Con lo stesso dardo avvelenato che gli trapassa il petto. Perché eternamente, Signor Arciprete, eternamente torneremo a fare ciò che abbiamo fatto.
Note
Lèon Felipe, Poesie, a cura di A. Repetto, Lerici editori, Milano, 1961
Copyright 2017 © Paolo Carlucci


Id: 1829 Data: 05/02/2017 17:18:07