I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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- Poesia
Intervista a Matteo Bona, parte 2
Intervista dell'Unicamilano a Matteo Bona - La figura presente in Sperimento VII, chi è?
Il volto all’interno dell’opera è quello di Marilyn Manson: vuole raffigurare il senso del terrore del sogno, il sentimento di terrore che risiede nei meandri più oscuri e nascosti della nostra mente. - A quali altri concorsi hanno partecipato le sue opere?
Le mie opere hanno partecipato a moltissimo concorsi, in alcuni sono state apprezzate ed in pochi hanno vinto. Tutto ciò non mi ha scoraggiato: sono giovane, forse troppo giovane, come in tanti mi hanno detto; tuttavia non desisto. Continuo i miei studi, le mie ricerche ed accresco la quantità - e la qualità - dei miei scritti: io stesso mi rendo conto, passando dalle poesie del 2015 a quelle del 2017, che la mia consapevolezza poetico-estetica è mutata, in particolar modo dalla mia iscrizione all’Università. Studio Lingue Moderne Straniere e Letterature Contemporanee presso l’Università del Piemonte Orientale e mi sono reso conto che il cambiamento di clima intellettuale ha favorito una fioritura innovativa della mia poetica: sembra un’inezia venduta come verità ultima, lo so, ma questo mio cambiamento è stato inaspettato e prolifico. I concorsi a cui ho partecipato sono stati: Premio Internazionale Castel Govone (Edizione 2015 & 2016), Premio Internazionale Priamar (Edizioni 2016 & 2017), Premio “Apollo Dionisiaco” (A.A. 2016 & A.A. 2017), Premio Mario dell’Arco, al Premio Gozzano ed infine all’astigiano Premio Piazzalfieri, di cui sono stato vincitore assoluto nell’ottobre 2016. - Nella sua vita artistica, c’è spazi per altre forme espressive?
Ritengo fondamentali i cambiamenti pragmatici: a livello strutturale, la mia arte deve subire un necessario rinnovamento; non nelle tematiche, questo è certo, ma nelle tecniche con la quale mi occupo della formulazione delle composizioni. - Osservando Melancolia, si scorge una natura piangente, probabilmente maltrattata dall’uomo. Può Concretamente mutare in positivo il rapporto tra il genere umano e l’ambiente circostante, secondo lei?
Risulta evidente a buona parte del mondo che la condizione ambientale del nostro pianeta stia drasticamente mutando: sorvolando sulla disputa politico-ecologica, la mia opera si soffermava su una tematica differente, ovvero la scoperta della morte attraverso la simbologia della vita, dell’amore e della gioia. Il fiore giallo rappresenta la malinconica speranza, sciupata nel pieno della fioritura dal una surreale fusione: questo drastico punto di arresto, crea nello spettatore un ambivalente sentimento di approvazione e negazione. Lo spettatore approverà la formulazione stilistica ma negherà in toto la sua significazione; questo gioco di sovrapposizioni semiotiche, insite nella pratica pittorica e nella stesura intellettuale della tela, vogliono spaesare con forza delicata la coscienza intellettuale di coloro che lo osservano. Tornando alla vostra domanda, posso solamente dire che l’Uomo deve prendere consapevolezza del proprio ruolo nel Mondo: il Capitalismo galoppante, che sta forse mutando in un Imperialismo consumistico, è una delle cause a cui io imputo il mal funzionamento di tutto il Sistema Terra. L’esasperazione dell’economia distruggerà la società ed il mondo su cui essa dimora. Non voglio entrare in discussioni politiche, non è questo luogo: voglio solamente dire, terminando l’intervista, che se riuscissimo a comprendere il senso profondo della natura, e del rispetto universale che essa possiede per tutte le creature viventi, allora - come gli animali fanno atavicamente - vivremmo in una comunità libera dai peccati tipici della natura maligna dell’Uomo.
Immagine di testa: Melancolia, ©Matteo Bona - Metapoetica visiva; ©Matteo Bona & ©UNICAMILANO (di Alessandra Corbetta): ogni violazione della proprietà intellettuale verrà perseguita legalmente.
Id: 1971 Data: 13/10/2017 10:42:49
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- Poesia
Intervista a Matteo Bona, parte 1
Intervista per l’associazione Unicamilano.~ Matteo Bona- Un poeta od un artista poliedrico. Come preferisci essere definito?
Preferisco essere definito un provocatore. Amo le provocazioni, e tutto il processo dialettico ad esse connesso: la Poesia, e l’Arte parimenti, sono il significato ultimo di un continuo processo inter-relazionale che nasce dalla comunità umana. Lo shock intellettuale, tutto ciò che va al di là dell’umana interpretazione, è il pane che nutre le mie opere: quando scrivo, o creo un dipinto, penso a quanto questo possa essere non capito; e più questo risulta essere critico ed ostico, più risulta essere efficace nel suo scopo. Scrivendo la mia seconda opera - Dalla palingenesi alla Poetica del Vuoto, ovvero L’ultimo Romantico - ho scoperto l’inter-connesione ontologica fra ciò che scrivo e ciò che visualizzo: sembra essere una prerogativa scontata della prassi scritturale, eppure ha - perlomeno per me - qualcosa di misterioso e mistico; attraverso la definizione ontologica, ovvero mediante segni precisi e linguisticamente definiti, mi sono reso conto che la Poesia diviene Arte se la si priva della sua componente arbitraria. Fare Arte significa fare possedere il senso della Poesia pura. Per parlare di me, anche nelle mie opere, cito spesso una parte del famoso Childe Harold Pilgrimage di Lord George Gordon Byron, il quale recita: Ma ben presto si sentì il più inadatto Fra gli uomini per aggregarsi all’Uomo; con ciò aveva Poco in comune; inadatto a corrispondere I suoi pensieri con altri, perciò la sua anima divenne repressa, In gioventù dai suoi stessi pensieri […]. Proprio per questo non so classificarmi: odio le classificazioni, od ogni altra forma di categorizzazione; vivisezionare significa togliere senso estetico, poiché si ragiona in un campo più logico che letterario. In generale, preferisco essere considerato un essere umano qualunque, scevro da una categoria specifica e specializzante: sono un ermeneuta, un mezzo attraverso la quale la storia e la poesia si manifestano.
- Nell’ode Bimba, racconta la vita oramai scomparsa. Perché?
In questa piccola lirica cerco di esprimere il senso di solitudine della Morte. Questo esperimento esistenziale è un tentativo analitico nei confronti dell’essere umano, messo in stretto contatto con l’esilio assoluto, idealizzato come una stanza dalle ombre bianche ed oblunghe. Quest’immagine vuole richiamare la figura del mattatoio, un microcosmo dove si consuma la decisione assoluta: questa aperta critica verso la classe medica è un’accusa a tutta l’umanità, oramai talmente abituata alla morte da non rispettarla nemmeno. Queste figure, più manichini che umani, accolgono la notizia del decesso della piccina e si dirigono alla stanza successiva: la fredda inconsapevolezza, unita all’agghiacciante conclusione temporale (Era una bimba/E si chiamava Vita), cerca di esprimere l’intima solitudine della cessazione e dell’abbandono eterno. L’estrema mancanza di spazialità, l’assenza della condizione temporale, sono indicatori efficaci di questo momento focale: la solitudine diventa la condizione pregnante del contingente, ottenebrando la forza di volontà dell’essere umano.
- In Selene, vi è l’utilizzo di una metrica particolare. Si è ispirato a qualche autore in particolare?
All’epoca, la mia metrica tendeva a simulare la metrica romantica italiana e tedesca: i riverberi intellettuali della succitata lirica tendono ad un’estetica tipicamente leopardiana, dalle note malinconiche e pensierose, ambientate in una notte ch’è più buio dello spirito che buio naturale. Questa poesia ha una duplice interpretazione: quando la scrissi mi ero appena allontanato da una persona a cui tenevo, ed il dolore mi stava lentamente assorbendo in una continua condizione di accidia; il mio spirito era entrato in una sorta di sopore esistenziale, e la luna - luce positiva della notte - era lo scorcio ameno, la via d’uscita da quella trappola emotiva. Ma la luna era anche l’amata stessa, la tanto agognata Selene: il cielo era ricolmo di stelle, ma mancava ciò che mi rendeva felice, la più luminosa fra la creature del firmamento. Questa sorta di affettazione perpetua era un topos della mia passata era stilistica, ma all’epoca era la via più efficace e consapevole per descrivere il tumulto d’un animo in costante evoluzione emotiva ed estetica.
- Come classificherebbe la sua tecnica figurativa?
La mia tecnica figurativa cerca di individuare la vena grottesca della fenomenologia umana, unendo ad essa una forte vena dissacrante: odio fortemente i luoghi comuni ed i cliché artistici, e proprio per questo - sempre tenendo in conto quanto detto nel punto I dell’intervista - adoro provocare e shoccare lo spettatore della mia arte. Mi ispiro spesso alle tematiche trattate da Brian Hugh Warner, tenendo sempre un occhio allo stile DADA ed al surrealismo: nelle mi opere si possono trovare citazioni palesi di Füssli e le tecniche richiamano moltissimo i stili di automazione di Andy Warhol. Nel saggio What about Industrial Art?, pubblicato sulla rivista digitale La Recherche, spiego esplicitamente la mia posizione ai riguardi delle prassi artistiche: Now you’ll understand the reason why I want to shock the witness: without a real trauma - obviously intellectual - the beholder couldn’t react with a personal idea[…]. {Ora capirete la ragione per cui io voglio shoccare il testimone: senza un trauma reale - intellettuale, ovviamente - lo spettatore non potrebbe reagire con un’idea personale […].} Mi ricordo quando ho finito l’opera Portraits of an European Artist, pubblicata tramite LULU nel novembre del 2016: era una ricerca molto personale, gotica e suggestiva; in quel momento ho messo realmente in atto la mia volontà di stupire, rendendo me stesso l’opera d’arte in analisi. Lo so: può risultare molto egocentrica e presuntuosa quest’affermazione, rendermi opera d’Arte - come avevano fatto Oscar Wilde e Marilyn Manson, icone del dandismo - rischia di diventare una sorta di idolatria pagana: eppure non lo è! Ciò che v’è di folle e dissacrante nell’uomo è la base del mio interesse artistico, il fondamento della mia ricerca intellettuale e spirituale: la vena più nascosta, quella più oscura ed oppressa dalla morale è il fulcro della mia analisi. Ai riguardi della mera tecnica, sono in continua ricerca per una vera e completa automazione dell’immagine: attraverso i nuovi software di lavorazione delle immagini si riescono ad ottenere effetti sempre più precisi e corrispondenti alle esigenze degli artisti industriali, come me.
- A quali progetti futuri sta lavorando?
Ci sono moltissimi progetti futuri in ballo. Probabilmente a fine anno, oppure nei primi mesi del 2018, pubblicherò la mia seconda silloge in maniera cartacea. L’opera porta il nome di Il senso del nulla: questa particolare raccolta di poesie e racconti cerca di analizzare la forza del nichilismo attivo, contestualizzato alla vita intellettuale di ogni essere umano. All’interno di questa raccolta verranno trattate tematiche molto importanti, come il suicidio, il femminicidio e la depressione. Una delle prose interne all’opera ha suscitato un ampio interesse della critica e dei lettori. Questo racconto narra le vicende e le dinamiche psicologiche all’interno del femminicidio, cercando di comprendere le motivazioni che portano al crimine. Questa ricerca porta il nome di La stagione dei crisantemi rossi: sulla base di questo scritto, nell’ottobre 2017, verrà girato un piccolo cortometraggio dal titolo (per ora non certo) di Margaret, grazie alla collaborazione col regista astigiano Andrea Gambino. Dal punto di vista delle Arti Figurative, sto organizzando una mostra di Digital Canvas, ovvero tele non realizzate manualmente ma mediante tecniche digitali. Questa mostra avrà sede in Asti e porterà il nome di RebelAction, una chiara citazione della rivelazione dell’Arte Industriale. Ho finito da poco di redigere la mia prima trilogia, avente il nome di I Silloge Totale ~ Il Divenire, composta dalle opere: - Oltre la Poesia; - Dalla Palingenesi alla Poetica del Vuoto, ovvero L’Ultimo Romantico; - Syllogo Gignonomicon; Ora, pubblicando Il senso del nulla, edito Montedit, do l’avvio alla stesura della II Silloge Totale ~ L’indolenza, composta dalla prima opera: Il senso del nulla; i titoli delle altre due opere si sapranno successivamente anche se sono già in fase di lavoro. Non vorrei mai togliervi il gusto di scoprirle col tempo.
- Milano le tributa un prestigioso riconoscimento. Cosa pensa di questa città?
Arrivando da una piccola cittadina di provincia, come d’altronde è Asti, la città di Milano vieni circonfusa da un’aura di fascino metropolitano: gente in costante movimento, sempre affaccendata e di corsa, una città delle visioni cosmopolite ed aperte; una città completamente diversa dalla mia. Proprio per questo, proprio a causa della mia città, spesso cito la lentezza come un fattore di noia esistenziale. Milano, per quanto poco io ci sia stato, non mi dà l'impressione di una città ferma - sorvolando sul senso cinetico della parola, ma considerando l'attività intellettuale.
©Matteo Bona & ©UNICAMILANO (di Alessandra Corbetta): ogni violazione della proprietà intellettuale verrà perseguita legalmente.
Id: 1955 Data: 17/09/2017 11:27:16
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- Politica
Divide et non impera
~ DIVIDE ET NON IMPERA ~Appunti alla lettera della Segreteria del Partito Democratico Astigiano sulla testata de La Nuova Provincia del 23 giugno 2017. Dopo aver esaminato la lettera della Segreteria del suddetto Partito, dopo aver parimenti preso atto delle odierne informazioni sulle Elezioni Amministrative 2017, mi rendo conto dell’assurdità della strategia delle Sinistre, sia a livello locale che a livello nazionale, e come il loro fallimento abbia portato alla vittoria delle Destre in tutto lo stivale. Risulta - quindi - evidente che i personalismi sono stati la causa contingente della sconfitta del Partito Democratico: questa è la contestualizzazione della politica centrale, intesa come evidenza della dirigenza romana, nella nostra piccola realtà, la quale ha subito inevitabilmente il giogo degli interessi personali contro la stessa volontà politica dell’elettorato. Se persino la destra si è resa conto che uniti si vince, l’unica motivazione per la quale tutte le liste della sinistra astigiana hanno perso è l’inopinabile mancanza di leadership, dalla segreteria alla principale candidata sindaco, che non è stata capace di far confluire in una lista l’intere componenti delle forze ad essa vicine. Questa evidente incapacità di coesione politica, unica motivazione dell’ascesa della Corazzata Rasero e del successo immotivato del Movimento 5 Stelle, deve comunque far riflettere l’intera direzione, sia provinciale che regionale, su cardini fondamentali su cui si struttura la Sinistra Storica Italiana. Questa non è solamente l’opinione di un giovane studente, candidato assieme a Giuseppe Rovera nella lista Ambiente Asti, ma è l’opinione di molti anziani iscritti, e da sempre sostenitori, del Partito Democratico, gravemente delusi dal comportamento inappropriato dei loro dirigenti. Per un votante di sinistra, queste elezioni sono state l’immagine palese della situazione dell’Italia, vittima esacerbata da una politica nazionale personalistica. Auspico, personalmente, che queste riflessioni portino all’avvento di una nuova leadership, più consapevole e più vicina alla mentalità della sinistra internazionale, coinvolgendo tutte le espressioni, dalle più blande alle più ortodosse, del centrosinistra.
Id: 1909 Data: 27/06/2017 11:49:02
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- Letteratura
Il fenomeno Stoner: un insegnante messo a nudo
La pubblicazione del romanzo "Stoner" è stata una fortuna postuma per John Edward Williams. Uscito per la prima volta nel 1965, il libro non ottenne una grande considerazione. Sia il pubblico che la critica si astennero dal giudicare un'opera che poteva sembrare, ad occhi poco esperti, noiosa e monocorde. La prosa, invece, è precisa e chirurgicamente netta nell'evidenziare le peculiarità caratteriali del protagonista, il professor W. Stoner. Secondo una critica più moderna, operata dal biografo Charles J. Shields, il personaggio di Stoner e la figura di Williams hanno molto in comune. Questa formulazione parallela, effettuata dall'autore mediante un uso assai consapevole della lingua inglese, vuole evidenziare una vena profetica che lega il romanziere all'opera: queste due entità, legate dal vincolo della somiglianza, sono diametralmente differenti. Stoner è un uomo comprensivo, pacato, perseverante ed affabile, un personaggio dallo spiccato senso del dovere. J. Williams, invece, era un uomo caparbio, dal carattere duro e mosso dal maniacale desiderio d'essere riconosciuto come artista. Non è casuale, quindi, che l'autore faccia cadere il personaggio - anch'esso scrittore di un libro - nell'oblio totale. Secondo il succitato biografo Shields, l'opera di J. Williams è un romanzo perfetto, che analizza con complessità e precisione le linee generali e fondamentali del senso della noia, affrancata solamente da un amore adultero, compiuto nell'accademica e sensuale segretezza di un appartamento di un'assegnista dell'Università del Missouri. La vita di questo personaggio, a tratti monolitico e a tratti scisso, rende evidente il significato dell'alienamento, mostrando come il senso del tempo che scorre possa pesare sulle spalle di un uomo convinto delle proprie idee e perseverante nel suo lavoro. L'opera venne ripubblicata due volte negli US: la prima volta dalla casa editrice Penguin, all'interno della collana "Vintage Classics" (per altro, casa editrice che ha ripubblicato le opere del must T. Pynchon) nel 2003, e successivamente dalla "New York Review of Books Classics" nel 2006. In Italia l'opera giunse con un ritardo sessantennale, pubblicata per la prima volta da Fazi Editore nel 2012. Il romanzo ottenne un ottimo successo, garantendo all'autore la tanto agognata fama. Bisogna tenere a mente che Williams era terrorizzato dalla dimenticanza della gente, e lottò strenuamente in vita per poter essere ricordato come uno dei grandi della letteratura americana contemporanea. Link dell'articolo originale: http://it.blastingnews.com/opinioni/2017/05/il-fenomeno-stoner-un-insegnante-messo-a-nudo-001689177.html ©Blasting News, Matteo Bona (curato da Francesco Matino): ogni violazione della proprietà intellettuale verrà perseguita legalmente.
Id: 1904 Data: 14/06/2017 11:37:12
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- Sociologia
Il complesso rapporto fra i giovani e la depressione
Per quale motivo le nuove generazioni hanno bisogno della depressione?Dal Blue Whale all'autolesionismo moderato: le folli necessità di ricerca delle nuove leve nei confronti del dolore.Vi ricordate i tanto amati cartoni animati giapponesi? Le figurine della Panini ed i salutari giochi all'aria aperta? Dimenticateveli: ora, una fetta alquanto importante della popolazione giovanile cerca volontariamente il dolore. Questa necessità, amplificata dai modernissimi sistemi d'informazione digitale, trova ampio respiro ed espansione in un largo bacino di giovani, echi sordi delle frustrazioni della classe lavoratrice italiana attuale. Anche se si considera il livello lavorativo del sistema antropologico una causalità completamente dislocata rispetto all'esistenza giovanile, essa rappresenta una delle principali forme di benessere delle nuove leve. Di là dai luoghi comuni nei confronti del trito e ritrito disagio giovanile, bisogna considerare come il focolare domestico sia una silenziosa arma a doppio taglio: risulta abbastanza pleonastico dire che la casa, nel sistema sociale italiano, rappresenti il fondamentale luogo di condivisione; questa condivisione, tuttavia, va considerata sia nel bene che nel male. Il calo del benessere del sistema italiano ha desunto anche un fisiologico crollo della solidità educativa dei giovani: le frustrazioni, le sofferenze e le privazioni delle famiglie italiane si ripercuotono come un pesante martello su una fragilissima incudine, sfaldando così un futuro che si prospetta duplicemente difficoltoso. Da questi processi silenziosi bensì esistenti nasce il disagio delle giovani generazioni, terreno fertile del futuro di tutte le nazioni del mondo. Non bisogna meravigliarsi del perverso gioco suicida Blue Whale, della bulimia, dell'anoressia o della tossicodipendenza: questi sono processi che si instaurano come compensazione di una mancanza verticale ed orizzontale. Perché verticale ed orizzontale? - Verticale, com'è già stato eviscerato con dovizia precedentemente, perché i genitori, volenti o nolenti, cariano dei loro problemi i sottoposti;
- Orizzontale perché i giovani condividono il disagio e, considerando il più umano e scontato dei processi, instauarano delle società del disagio, le quali si riversano nella tragicità degli eventi citati.
Con ciò non si voglio giustificare la bulimia, l'anoressia, la tossicodipendenza o la follia del Blue Whale, tutt'altro: essi vanno curati, quando esistenti, prevenuti ed espulsi come cancri della società (quali sono). Tutta questa grande impalcatura analitica vuole far riflettere grandi ed adolescenti, rendendoli consapevoli della vicinanza della sofferenza e delle possibili vie d'uscita. Link dell'articolo: http://it.blastingnews.com/opinioni/2017/06/per-quale-motivo-le-nuove-generazioni-hanno-bisogno-della-depressione-001772535.html ©Blasting News, Matteo Bona (Curato da Sergio Manzo): ogni violazione della proprietà intellettuale verrà perseguita legamelmente.
Id: 1903 Data: 14/06/2017 11:25:43
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