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Raccolta di articoli di Flavio Scaloni
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Letteratura

I taste a liquor never brewed

I taste a liquor never brewed – 
From Tankards scooped in Pearl – 
Not all the Frankfort Berries
Yield such an Alcohol!

Inebriate of air – am I – 
And Debauchee of Dew – 
Reeling – thro' endless summer days – 
From inns of molten Blue – 

When "Landlords" turn the drunken Bee
Out of the Foxglove's door – 
When Butterflies – renounce their "drams" – 
I shall but drink the more!

Till Seraphs swing their snowy Hats – 
And Saints – to windows run – 
To see the little Tippler
Leaning against the – Sun!

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Emily Dickinson

The opening of this poem is the key for its interpretation.
The poet drinks a liquor that was actually never brew, a liquor that does not exist if not in the imaginary world of the author. This is the summa of Dickinson's paradigm, concreteness that comes from abstraction. This is the utmost power of the poet, the ability of knowing the unknown, of seeing the unseen, of writing the unwritten.
The poet lets her imagination flow towards the myth and the transgression of legendary bacchanals, towards what for her was outlandish and enchantingly appealing. She sees precious Tankards from a distant Germany, where the masters of distillation and drunkenness stereotypically were placed. These Vats from the Rhine that probably only a few Germans know, and a fewer ever tasted.
But Dickinson declares the truth at the beginning of the second stanza. She is drunk of air and the only debauchery that she knows comes from dew. Her summer days are endless, presumably quite ordinary, and the only Inns she can attend are those offered by a bright blue sky. Alcohol? Not a single trace. She is drunk of nature, of pureness, of simplicity. Yet a simplicity that is rich and mincing, as nature can be to the eyes of the poet.
This is the joy and the torture of the author. For she will keep on drinking this 'poison' until the end of time, until the foxgloves will stop blooming and the butterflies will no longer collect pollen from the flowers. The addict Bee will be drinking more and more from the copious source.
The fourth and last stanza brings us to an upper level. We leave the Inns, the Rhine, the human dimension and limits, and we gaze up the sky, where benevolent Seraphs will shake the clouds or let the snow fall to greet the author and approve her behavior. This mention to the Seraphs and to Saints in the following verse shows that the poet is far far distant from common drunkenness and vulgar sinners.
Her drinking is spiritual, transcendental, metaphorical. It has to do with nature, with a religious approach to the concreteness of the objects and the inconsistency of the ideas.
Is she really happy about this? Happy to lean again the sun, as if she really were a tippler? Maybe yes, if we surrender to the thought that she was not 'just' a naive girl dreaming about the outside world built up in elegant yet unreal images, but a true rebel visionary, capable of getting drunk of her imagination.


Id: 643 Data: 27/09/2012 10:36:32

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- Società

No, non è France...se!

Nel labirinto intricato di una lingua straniera si è naturalmente portati a cercare dei punti di riferimento, ça va sans dire. L’istinto ci induce a scavare nei meandri della memoria alla ricerca delle parole e le espressioni straniere che conosciamo già, che abbiamo letto in qualche romanzo o sentito in qualche film. Chi è un po’ più avanti negli anni avrà forse vissuto l’epoca in cui a scuola si studiava ancora il francese come lingua straniera d’elezione. Il francese era la lingua della diplomazia, del diritto internazionale, delle élites culturali. Parlarlo correttamente era sinonimo di educazione e savoir faire. Chi come me invece si è seduto tra i banchi di scuola quando l’inglese aveva già preso il sopravvento, del francese non ha acquisito che qualche parola alla TV. Così in molti siamo cresciuti dichiarando un’ambigua identità ‘Oui, je suis Catherine Deneuve’ o sbattendo le persiane al grido di ‘Egoiste’.

L’italiano ha mantenuto in realtà molti francesismi e in rete se ne trovano elenchi completi e interessanti. Fa sempre molto chic tirare fuori una citazione così… toutcourt, o d’emblée, magari per fare delle avances ad una femme fatale cercando di impressionarla con commenti sulle ultime avant-gardes del cinema d’essai.

Le trappole però sono tante, tra ‘false-friends’ (o faux-amis) e gli esilaranti falsi francesismi. E’ stato solo vivendo a Parigi di fatti che ho scoperto che diverse espressioni ‘francesi’ consolidate nel mio vocabolario in realtà francesi non sono affatto! Al contrario, suscitano nei cugini d’oltralpe incredulità e crasse risate (leggasi ‘Uhhh-là-là-là, c’est pas possible!’). Non si dice per esempio ‘fare l’en plein’ ma sono corrette le espressioni ‘faire le plein’, sottointeso di benzina, o fare qualcosa ‘en plein air’. Non esistono gli abiti prémamam ma ‘de grossesse’ e se volete concedervi la frivolezza di una stòla di chiffon vi ritroverete con in mano uno straccio da spolvero… (se non potete proprio sopravvivere cercate piuttosto una ‘étole en mousseline’).

Il luogo dove vi aspettano le peggiori figuracce è sicuramente la pasticceria. Non provate proprio a chiedere un vassoio di pasticcini ‘mignon’, o dei ‘bignè’ con crema ‘chantilly’…. Meglio entrare dopo essersi sfogliati un dizionario o con l’intenzione esprimersi a gesti. Solo col tempo scoprirete cos’è un ‘éclair’, un ‘beignet’, un ‘flan’… e solo l’esperienza vi insegnerà che il ‘Paris-Brest’ è più di una gara di ciclismo e che ordinando un ‘gateau’ non otterrete una pietanza a base di patate, mozzarella e prosciutto.

In conclusione, come ci ha insegnato un grande autore ‘tranchant’ come Wilde ‘A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che parlare e togliere ogni dubbio’.

Voilà.



Id: 641 Data: 25/09/2012 10:25:41

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- Letteratura

Ho conosciuto in te le meraviglie

Ho conosciuto in te le meraviglie

Ho conosciuto in te le meraviglie  
meraviglie d'amore sì scoperte  
che parevano a me delle conchiglie  
ove odoravo il mare e le deserte  
spiagge corrive e lì dentro l'amore  
mi son persa come alla bufera  
sempre tenendo fermo questo cuore  
che (ben sapevo) amava una chimera.

...
Alda Merini
da ‘Le rime petrose’, edizione privata, 1983
...

















Mi lascio coinvolgere dalla bellezza di questa poesia.
Merini: la sacerdortessa dell’amore, il saggio tra i dissennati, la poeta più letta dei nostri tempi.
Di questo componimento mi colpisce dapprima il suono delle parole, una rima alternata di tipo abab/cdcd che ci ricorda che la poeta, pur affrancandosi spesso dalle leggi della metrica tradizionale, ne è comunque profonda conoscitrice e virtuosa.
Decido di immergermi allora nello studio di questi versi e ne scopro un’infinita eleganza e compostezza formale.
L’amore porta con sé ‘meraviglie’, parola e concetto potenti, fatti di stupore e incanto. Un concetto così alto da dover essere ribadito in apertura del secondo verso (anadiplosi) e preludio alla metafora nella quale ci porta l’autrice nel terzo verso, quella delle ‘conchiglie’.
La conchiglia, che in tutta l’iconografia classica è simbolo femminile per eccellenza, è qui mezzo, strumento. A molti l’immagine di una conchiglia richiamerà immediatamente il suono del mare, invece per la Merini è un rimando al senso dell’olfatto, quell’‘odore’ così noto eppure così sempre evocativo. Con esso l’immagine delle ‘deserte/ spiagge corrive’, divise da quell’enjambement così evidente tra il quarto e il quinto verso.
La poesia ci porta altrove, ‘dentro l’amore’, un non-luogo nel quale inevitabilmente ci si sente spaesati, disorientati, sopraffatti. La poeta ci racconta di come si sia ‘persa’ nell’amore nel paragone con la ‘bufera’.
Cosa può esserci di più sconvolgente e al contempo creativo di una bufera? Tempesta e passione (Sturm und Drang) avevano scritto gli antesignani del Romanticismo alla fine del 700.
Nel penultimo verso Merini tuttavia ci soprende: donna matura, esperta, forte, ci dice di aver saputo fare fronte allo straniamento dell’amore ‘tenendo fermo questo cuore’. Non posso non notare che il ‘cuore’ faccia rima con ‘l’amore’ del quinto verso, una rima sulla quale si è scritto e detto tutto, sulla quale ormai nutriamo un atteggiamento di snobismo e superiorità come se tutti fossimo capaci di renderla in questa maniera. Ebbene Merini ci dimostra come questo assunto sia quanto mai infondato. Sebbene le due parole possano essere messe in rima perfino da un bambino o dal meno ispirato dei cantautori, quanti sarebbero ancora capaci di una tale sobrietà? Questo non è mestiere. Non si impara. Così come non si può imparare a usare la parola ‘amore’ per ben due volte in appena otto versi senza che questa diventi melliflua e stucchevole.
La chiusura del componimento è struggente. La poeta fa una dichiarazione di consapevolezza, un’amara e razionale presa di coscienza di un sentimento che ‘(ben sapevo)’ insegue un mito, un sogno, un abbaglio, qualcosa di inafferabile e di natura incerta, ‘una chimera’, per l’appunto.
Ma in fondo non è (anche) questo il senso dell’amore?
Lasciarsi andare in una tempesta di emozioni, in un mare agitato, perchè pur sapendo che si tratti di un incantesimo... abbiamo bisogno di conoscere sempre nuove ‘meraviglie’.


Id: 640 Data: 25/09/2012 10:06:55