I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Per chi ha avuto, come noi bibliotecari del Dipartimento, la fortuna di conoscere Luigi Enrico Rossi - professore di letteratura greca nel Dipartimento di filologia greca e latina dell’Università di Roma “La Sapienza” (da sempre Chico per gli amici) - il rimpianto per la sua scomparsa resta indissolubilmente legato al ricordo della cerimonia del tè nel suo studio.
Negli ultimi anni, Chico aveva preso l’abitudine, svegliandosi ad ore antelucane, di presentarsi in Dipartimento alle 7. Percorreva zoppicando il lungo corridoio (“Chico optimo claudicanti”, ha scritto, con una punta di amichevole irriverenza, Gian Biagio Conte nella dedica alla traduzione inglese del suo saggio Generi e lettori), raggiungeva lo studio, preparava il tè che offriva - in orari diversi e rigorosamente senza zucchero - a colleghi, amici e studenti. Allora (poco dopo le 7 per noi) aveva inizio la cerimonia vera e propria: col sottofondo di brani di musica classica, trasmessi da un lettore di CD installato accanto alla sua scrivania, iniziavano le nostre conversazioni.
Come tutti gli amici sanno, Chico era un grande esperto e appassionato ascoltatore di musica classica. Commentava i brani trasmessi valutando, a volte con giudizi tranchant, la qualità dell’esecuzione, altre volte, invece, entusiasmandosi per le esecuzioni di interpreti come Walter Gieseking, pianista tedesco che ammirava considerandolo uno dei più grandi del ‘900. Noi non perdevamo una sola parola delle sue considerazioni - intessute spesso di ricordi personali di memorabili concerti ascoltati dal vivo - di rado osando interloquire, consapevoli della nostra impreparazione e alquanto intimiditi dalla sua immensa cultura musicale. La conversazione si spostava poi su altri argomenti: l’attualità politica, l’organizzazione dell’Università, le considerazioni, spesso amare, sul livello di preparazione dei nuovi studenti, un libro da noi letto o a noi consigliato da Chico (tra gli scrittori del secondo Novecento prediligeva Thomas Bernhard).
Mostrava grande interesse per il nostro lavoro e per i problemi della Biblioteca di filologia greca e latina, avendovi lavorato negli anni ’60, quando era assistente del Prof. Gallavotti. Rossi era perfettamente consapevole della difficoltà di gestire una grande raccolta libraria all’interno di spazi inadeguati, sempre più ridotti con il passare degli anni. Con la stessa consapevolezza e, all’inizio - ammettiamolo - con un senso di smarrimento, abbiamo accolto i circa 6000 volumi della biblioteca di Rossi (ma quando sono arrivati non sapevamo quanti fossero), cui si sono aggiunti poco dopo migliaia di estratti. Come collocarli e soprattutto dove collocarli? Sarebbe stata sufficiente l’Aula del Dipartimento a contenere un così ingente numero di libri? Quali spazi sarebbero eventualmente rimasti liberi per collocare in futuro le nuove accessioni? Tuttavia, man mano che i volumi venivano presi in esame, la nostra curiosità di bibliofili prendeva il sopravvento su ogni altra preoccupazione.
Come se la consuetudine del tè non si fosse mai interrotta, abbiamo scoperto che ogni libro ci consentiva, in qualche modo, di riannodare i fili di una cordiale e lunga amicizia: un saggio con dedica dell’autore, così come un volume postillato, sempre a matita, dalla grafia minuta e abbreviata, quasi stenografica di Rossi; un ponderoso trattato di metrica; una dissertazione sulla pronuncia del greco classico (Rossi era un convinto assertore - contro il parere di Guido Ceronetti - dell’imprescindibile validità della pronuncia erasmiana nella lettura dei testi classici); un dotto commento a Bacchilide; uno studio sulla musica nell’antichità. Così come le innumerevoli edizioni di classici - molte antiche, rare e di pregio - ci lasciano facilmente immaginare il bibliofilo appassionato, l’assiduo frequentatore di librerie antiquarie e di bouquinistes, l’attento lettore di cataloghi antiquari (come rivelano i timbri apposti sui frontespizi, Rossi era un affezionato cliente del Zentralantiquariat der DDR, storica e fornitissima libreria di stato della Germania Orientale, con sede principale a Lipsia, che effettuava soprattutto vendite per corrispondenza). All’inizio di ogni volume, infine, un elegante ex libris applicato sul piatto interno della copertina, ci raccomanda, con il bel verso di Archiloco, di riconoscere qual è il ritmo che domina gli uomini.
Nel loro insieme, i circa 6000 volumi del fondo Rossi, in gran parte già inventariati e catalogati - con l’aiuto di studenti tirocinanti - nell’Opac del Servizio Bibliotecario Nazionale, costituiscono una raccolta organica e selezionata di rilevante valore scientifico e bibliografico, un lascito prezioso al quale ogni studioso può, fin da ora, liberamente attingere.
Alberto Rizzo