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Raccolta di articoli di Adolfo Sergio Omodeo
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Sociologia

Per una politica dell’handicap amichevole e a costo zero!

 

SOSTEGNO ALL’HANDICAP & PREVENZIONE dell'EMARGINAZIONE
SOLIDARIETA' E COMPRENSIONE, SOLUZIONI A COSTO ZERO

Più risorse per l’handicap da parte del Comune significa soprattutto più sinergie tra Assessorato ai Servizi Sociali, Traffico, Casa nonché ditte appaltatrici di servizi ecc..E attenzione e vigilanza costante da parte del Comune con l’istituzione di una Struttura di Garanzia che riceva proteste, ricorsi, richieste e proposte. E le sostenga

Mobilità . Gli invalidi con “permesso auto per disabili” lamentano frequenti multe ingiustificate, e ricorsi mai accolti, nonché chiedono il ripristino della sosta gratis nei parcheggi a pagamento, viste le estreme difficoltà di effettuarlo per es. in sedia a ruote. Accessibilità Monitorare problemi di accessibilità, e. rampe troppo ripide o strettoie sui percorsi attuali e in progetto, Per esempio i percorsi guida per ciechi che terminano nell’abbandono, e in un caso tra i binari del tram . Promuovere una cultura di sostegno all’handicap. riattivando l’iniziativa felice di aiutarti proposta a suo tempo dai commercianti padovani . Va introdotta la regola di cedere il posto sui mezzi pubblici e nelle file agli uffici, banche ecc. ; aiuto negli esercizi commerciali, e (come già attuato) nel turismo fluviale

Infanzia in difficoltà Il Comune di Padova ha avuto il triste primato di bambini, soprattutto stranieri tolti alle famiglie e messi in istituti, e una condanna della Corte Europea per mancato rispetto del contesto culturale in tali pratiche -- Noi proponiamo di estendere la pratica(che prevede un piccolo rimborso ) degli affidi extrafamiliari nel proprio contesto sociale, evitando il ricovero in istituti dei bambini in difficoltà (peraltro costosissimo per il Comune). Prevenzione dell’ inadempienza scolastica per clandestinità dei genitori ecc. Favorire servizi di babysitting autogestiti di caseggiato, rimborso per accompagnamento a scuola di gruppo di bambini per aumentare scolarizzazione e la motivazione sociale

Servizi terza età Il Comune gestisce L’assistenza domiciliare e servizio pasti. Si registrano numerosi reclami per danni alla persona e sono segnalate scorrettezze nei servizi, per cui è urgente attivare un garante .Le Case di Riposo, devono garantire vivacità e socializzazione evitando il ricorso eccessivo agli psicofarmaci. Occorre promuovere Volontariato organizzato per servizi, quali – aiuto per la spesa, spazzatura e riciclo, accompagnamenti, compagnia, aiuto al piccolo arredo, es esposizione di foto o l’albero di Natale, aiuto per piccola manutenzione casa e giardino: Promuovere Badanti di caseggiato che consentano assistenza mirata per orari e persone e risparmio per gli utenti e le famiglie.

Affidi per lavoro. Il Comune sostiene in vario modo gli affidi extracarcerari per lavoro, che noi riteniamo buona via di reinserimento sociale. Occorre evitare di sostenere affidi per lavori di assemblaggio ( come troppo spesso accade )per valorizzare lavori socialmente utili, competenze e motivazioni. Attuare nei Campi Nomadi attività di cooperativa per piccole manutenzioni e servizi . quali l’accompagnamento di gruppi di bambini a scuola, commercio di ricami e artigianato. …. Altri contratti e vaucer devono seguire gli stessi criteri.

Per il Comune tutto ciò deve rappresentare un impegno diffuso intersettoriale: Attenzione ai diritti., e a sviluppare sinergie : Controllo appalti e modifiche degli stessi anche in itinere per garantire l’efficienza per l’utenza . Istituzione di una Struttura garante per sostenere diritti, raccogliere problemi e proposte. E dare più attenzione e più risposte adeguate agli utenti.

 

 

 

Riprendo a distanza di qualche anno le mie note per una politica economica, ragionevole e socializzante verso l’handicap. Proposte che non si limiti a evocare e sperare con occhio sofferto l’abbattimento di tutte le barriere, architettoniche nonché mentali, le prime a vantaggio dei produttori di ausili, le seconde   a vantaggio dei superficiali moralisti). Nella discussione sullo scritto di allora è emersa la domanda di che cosa si può fare per le persone allettate? Forse offrire  "mariagiovanna" invece che un eccesso di farmaci?!

 

Nei vari periodi che io stesso ho trascorso allettato e non autonomo, ricordo  una volta che al di sopra del mio letto volteggiava una girandola di pesci di paglia intrecciata di fattura orientale. Il movimento dell’aria e del mio stesso respiro la teneva sempre in movimento con posizioni sempre nuove. Così notai che guardando questi pesci mi inventavo storie: ecco il pesce A si avvicina al pesce B, che invece si volta e si scansa… e così via. Invece  che dover contemplare un banale soffitto, avevo davanti una storia infinita in cui potevo perfino coinvolgermi senza stress.

 

Girandole del genere possono essere costruite facilmente, per esempio con colombette o pesciolini di origami piegati e colorati, o anche con decupages di carte colorate e ritagliate con forme di pesci o uccelli, ma pure di Luna, stelle, Sole o nuvole. Naturalmente legate con un po’ di filo a dei bilancieri costruiti con legnetti tipo lunghi stuzzicadenti. Regalando queste girandole possiamo chiedere che colori sono preferiti e come sappiamo dalla psicologia dei colori la scelta rimanda anche ai sentimenti attivi o evitati dalle diverse persone. Comunque donando la girandola non occorre fare interpretazione ma l’interessato si sentirà amichevolmente oggetto di attenzione sui suoi gusti estetici.

 

Un pensiero simpatico, amichevole e stimolante a costo zero! Ma non per questo proponibile facilmente. Quando insegnavo agli Operatori Socio-Sanitari dell’Istituto per anziani di Padova, l’idea piacque ad alcuni allievi che volevano farne oggetto della tesina di diploma. Fui convocato dalla Direttrice dei corsi che mi dichiarò che l’idea era improponibile, impossibile, ma mi chiese in regalo per suo figlio la  colombetta di origami che avevo portato. Poi il direttore dell’Istituto mi spiegò che la mia idea di cromoterapia era impraticabile perché fornire ad ogni ricoverato lenzuola colorate di suo gusto avrebbe messo in crisi sia la lavanderia sia gli inservienti, barriere architettoniche o mentali?!

 

Adolfo Sergio Omodeo, psicologo e operatore sociale, vive e lavora a Padova.

 

scaccia pensieri di origami

 

 


Id: 1830 Data: 06/02/2017 17:50:10

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- Psicologia

Pubblicità onirica 1990

SOGNO O SON DESTO, UN ESEMPIO COMPLESSO DI PUBBLICITA' SUBLIMINALE

 

 

Il fondatore della linguistica moderna, De Saussure, scoprì nei poemi latini classici una serie di messaggi nascosti nel testo, che emergevano come anagrammi enigmistici con assonanze e rime interne ai versi. Questi suoi studi furono pubblicati solo postumi e incompiuti, per le difficoltà di spiegare le sue osservazioni, non disponendo ancora della teoria psicoanalitica che ha svelato livelli consci e inconsci nei messaggi. Lo psicologo che studia la pubblicità più innovativa trova  in esse giochi di messaggi consci e inconsci difficili da spiegare: le grandi campagne pubblicitarie sono calibrate sul loro pubblico mediante preliminari studi sulle sue abitudini e aspirazioni. Questi studi non ci dicono però nulla di immediato sulle emozioni e le fantasie del pubblico: sono i pubblicitari che ricorrono al proprio inconscio ed alla propria creatività, per suscitare emozioni adatte ad affermare i prodotti. I simboli devono però integrarsi in modo da costituire una sorta di sogno proposto a livello collettivo. Una volta elaborato il messaggio pubblicitario, resta il problema di una sua validazione specifica per garantirsi che i messaggi consci e inconsci introdotti nello spot agiscano in maniera da rinforzarsi reciprocamente, ed evitare invece reazioni di rifiuto. Ecco l’esempio di una pubblicità, ricca di stimoli contrastanti nell’insieme ben armonizzati, che per la sua complessità simbolica potrebbe essere un sogno: sulla copertina di una rivista americana compaiono una ragazza, occhiali neri rilucenti, il volto lievemente corrucciato, dice: “ Accendimi la Lucky (la fortuna)” tenendo alta la sigaretta (Lucky Strike lights). La scritta (d’obbligo in U.S.A.) che avverte della nocività delle sigarette è stampata proprio sotto la cintura. Non più le classiche pupille ingrandite artificiosamente per valorizzare la seduzione pubblicitaria promessa di soddisfazioni impossibili; questa pubblicità non sembra promettere altre felicità se non un po’ di rimpianto, quando, accesa la sua Lucky, la ragazza probabilmente si allontanerà. La pubblicità della Lucky non è illusoria, mette il dito sulla piaga delle nostre ansie. Non è più la sigaretta ostentata come simbolo fallico e di successo, ma come breve occasione di confronto con una ragazza chiusa in sé stessa. Una pubblicità che presenta la struttura simbolica dei sogni e di cui, come i sogni, ne può essere interpretato il contenuto latente: una volta decifrato, il sogno non appare più come un racconto per immagini, ma come un’organizzazione di pensiero, un discorso simbolico che esprime uno o più desideri.

 

 

Pubblicità onirica Light my Lucky

 

 Adolfo Sergio Omodeo, psicologo e psicoterapeuta, svolge attività clinica a Padova e da sempre è attento ai fenomeni simbolici che attraversano la nostra società. L'articolo qui riproposto è già pubblicato su UNO magazine Direttore Claudio Campagnolo, anno VIII n° 3/1990, editrice ACOVES ITALIA s.r.l

 

 


Id: 1826 Data: 30/01/2017 17:47:19

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- Sociologia

Gli zingari tra memoria storica e nuove minacce

 

GLI ZINGARI TRA MEMORIA STORICA E NUOVE MINACCE

APPUNTI DI LAVORO PROVVISORI

MA ADATTI ALLA GIORNATA DELLA MEMORIA  2017

 

 

I recenti scandali sulle speculazioni delle cooperative assistenziali per l’assistenza ai profughi  non sono solo truffe ai danni dello stato ma rappresentano una nascosta macchina di speculazioni che mercificano esseri umani, di emarginazione e disprezzo e odio reciproco. Quello che ho chiamato mercificazione dell’assistito di fatto ne nega l’umanità e ne contrasta ogni speranza di inserimento. Interrompere tale diabolico circolo vizioso non richiede controlli più severi sugli appalti ma una analisi critica della loro preoccupante funzione emarginante. E l’impegno di rendere coinvolti e partecipi  i destinatari dei servizi.

 

A lungo mi sono occupato di interventi di inserimento sociale con immigrati, Rom, Sinti e persone con problemi di illegalità. La prevenzione della corruzione e la funzione positiva degli interventi richiedono sempre coinvolgimento e collaborazione e non solo… Nel mio lungo lavoro in tali campi ho sempre previsto questo tipo di coinvolgimenti: per esempio nel servizio di scolarizzazione di Rom e Sinti,  per il trasporto scolastico la manutenzione delle aule la raccolta delle iscrizioni ecc. sono sempre state affidate a persone all’utenza stessa; come pure l’elaborazione di programmi di studio, la redazione di giornalini di classe, fino alle verifiche di rendimento, sono state gestite in gruppo con i ragazzi (un po’ ricordando l’esperienza di Don Milani e di Makarenko).

 

Analogamente è stato proposto per la manutenzione dei campi nomadi e per la presentazione delle pratiche burocratiche necessarie per la regolarizzazione nel Piano Regolatore di insediamenti privati. Analogamente abbiamo programmato collettivamente di attivare una cooperativa di servizi ambientali ed ecologici, che desse un futuro ai molti che lavoravano nella raccolta del ferro, attività che diveniva illegale con i nuovi servizi ambientali delle Municipalizzate. Il consiglio di amministrazione della Municipalizzata respinse il progetto sghignazzando.

 

I vertici dell’ Opera Nomadi e gli operatori didattici mi costrinsero alle dimissioni perché inserire gli utenti tra gli operatori avrebbe ridotto i loro guadagni, e quanto a quelli che usufruivano di permessi extra carcerari per l’inserimento lavorativo si disse infine che tornassero in carcere visto che erano stati condannati.  Estirpata la malapianta, l’Opera Nomadi ripropose i progetti da me elaborati, escludendo però ogni possibilità di partecipazione, coordinamento e lavoro, ottenendo così tutti gli appalti. In conclusione la Regione Veneto ha abolito la “legge a difesa della cultura di Rom e Sinti”, affermando che pure costoro si mettessero in fila come gli altri nei servizi assistenziali.
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Il processo di Roma detto Roma Mafiosa, fin dal suo prefigurarsi mi ha fatto riflettere. Da decenni seguo i problemi della cultura zingara in Italia, evitando il cosiddetto assistenzialismo e ricercando modalità di partecipazione e promozione sociale.  Fin dall’inizio le notizie sono risultate forvianti: “Anche i Rom coinvolti nello scandalo”, quasi colpevolizzando le vittime delle speculazioni di falsi sistemi assistenziali; poi ignorate come tali. E anticipando il mio pensiero, come si possono cominciare a indennizzare le vittime delle speculazioni che sono state per anni segregate in campi invivibili.

 

Indennizzi. Così torno con la memoria al Processo di Norimberga del 1945- 46 contro i crimini del Nazismo. A differenza degli Ebrei, riconosciuti vittime del Nazismo, si dice che gli zingari erano stati considerati ariani, perseguitati e sterminati per una presunta degenerazione nomade e quindi criminale degenerazione della razza, non razzismo ma prevenzione! Ritenuti ariani, perché la loro lingua ha ricche tracce di Sanscrito, malgrado l’aspetto fisico per lo più orientale e il fatto che fuggirono dall’India proprio cacciati dall’invasione ariana. Nel caso degli zingari, quindi, il Nazismo venne assolto perché la persecuzione era insensata?

 

Qualche anno fa, Cecchi Paone presentò la giornata della memoria, con un’attenta analisi: le colpe della stampa e dei media che avevano favorito il razzismo nazi-fascista, criticando poi  la distrazione o l’oblio sulle vittime zingare e politiche. Qualche anno dopo, per la Giornata della Memoria,  una serie di personaggi televisivi, con sguardo ispirato e un po’ sofferto si avvicendavano con un solo slogan:  “io ricordo…” : era la fine plateale di quella che doveva essere un’ analisi storica, utile per prevenire altri razzismi e deportazioni.

 

Gli zingari al Processo di Norimberga contro l’Olocausto- a differenza degli ebrei- riconosciuti come vittime di persecuzioni razziste - non ebbero alcun riconoscimento o indennizzo, poiché la persecuzione contro di loro era  stata programmata come presunta prevenzione della degenerazione  nomade e quindi criminale. Ma la persecuzione è davvero storia passata? Così non da storico, ma da operatore sociale, sono venuto a interrogarmi sul senso della memoria storica  dell’Olocausto zingaro chiedendomi: come è possibile evitare nuovi Olocausti? Certo ho riflettuto anch’io su Marx che dice: << finora i filosofi hanno interpretato la storia, ora si tratta di cambiarla.>> Ma come prevenire e contrastare il razzismo?

 

Tra le interpretazioni del fenomeno razzismo, la più completa, socialmente e storicamente utile è quella di Dollard che lo considera fondamentalmente come la costruzione sociale di un capro espiatorio, per esorcizzare i problemi di una società in crisi, e su cui indirizzare colpe fittizie, aggressività e persecuzioni reali. L’Antropologia culturale italiana, in particolare De Martino, ha analizzato la cosiddetta cultura delle classi sociali subalterne e ha verificato in esse l’emergere di costanti motivi di angoscia, per il rischio o meglio la prospettiva quasi inevitabile della morte di quella cultura. Anche da una mia ricerca sulle fantasie dei bambini zingari emergevano , tematiche che esprimevano una costante angoscia di morte, dal vampiro zingaro alle famiglie mutate in stelle. E dinamiche affettive e di socializzazione di tipo matriarcale, divergenti dalla nostra società patriarcale e autoritaria.

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Pericoli attuali. Ripercorro come un incubo, per me e a maggior ragione per i Rom l’abbattimento di un campo di  profughi con le ruspe, e il bambino in ginocchio a mani giunte che pregava le ruspe di risparmiare la sua roulotte. (Riferimento biblio in nota) Quali pericoli incombono sul popolo zingaro? Direi di tutti i tipi e su tutti gli aspetti della loro sopravvivenza; dal lavoro alla casa fino alla scuola dei bambini, stretti tra razzismo e speculazioni concatenati tra loro. Per le deportazioni di zingari nella Germania nazista, furono utili le schedature  fatte 50 anni prima. Più recentemente, nel Padovano una giovane mamma sinta, parcheggiata  con la bambina in roulotte è stata richiesta dalla polizia di prelevare le impronte alle bambine , mi dice che si è rifiutata e che piuttosto si sarebbe uccisa- mi dice che però altri sinti le hanno fatte prendere. Mi chiede di protestare per lei - ma tutte le associazioni  da me contattate dicono che è una mia esagerazione. Un a sua invenzione per chiedermi cinque euro.

 

Una crisi della vita nomade, delle loro attività, di commercio e riparazioni porta a porta, approvate dalle leggi antiterrorismo che praticamente impediscono la sosta fuori dai chiusi campi nomadi, nuovi “ghetti” invivibili come occasione di corruzione e speculazione mafiosa, tramite gli appalti alle associazioni corrotte. al lavoro dove vengono sempre rifiutati per le assunzioni e dove per esempio la crisi della loro tradizionale attività di raccolta ferro li ha portati a Padova alla proposta di creare una coppa di riciclaggio, collegata all’Azienda di Nettezza urbana, proposta rifiutata per sfiducia esplicitamente razzista.   

Fino alla scuola, che dovrebbe tracciare il futuro per le nuove generazioni, dove sono in vigore per i minori zingari orari e programmi pietisticamente ridotti e norme di Apartheid, umilianti e che inducono all’abbandono scolastico; mentre le famiglie vivono nell’incubo di vedersi sottrarre i figli dai Servizi Sociali pur essendo spesso calunniate come ladri di bambini.

 

 

La scuola Italiana prevede solo per Rom e Sinti processi scolastici diversi, ridotti e semplificati tra cui sovente l’obbligo della doccia prima di entrare in classe. Si capisce così il motivo della demotivazione che porta all’abbandono scolastico. Nel corso delle 150 ore da me gestite  programmate  in analogia con i corsi previste per il recupero della scolarità dei lavoratori, i ragazzi a lezione si rifiutavano di discutere del piccolo rom Tarzan ucciso in una caserma dei carabinieri a Padova. Nel giornalino finale dei corsi redatto tra 25 Aprile e 1° Maggio inserirono il disegno di una manifestazione con uno striscione che diceva: << Viva Tarzan Soulich>> e il disegno di una strage nel lager dove le vittime alzavano tutte il pugno, e l’autore disse: << la poesia dice che erano soffocati ma dovevano rispondere in qualche modo>>.

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Un romanzo quasi storico: Venendo al recente libro di Dario Fo,“Razza di zingaro” (ed. chiarelettere, 2016), che narra la storia di Johann Trollmann, giovane sinto tedesco, pugile diventato famoso per la sua bravura e per il suo stile di boxe simile al ballo, e per i suoi crescenti successi sportivi, sempre più perseguitato dal nascente nazismo. Dal libro emerge il procedere ossessivo di questa persecuzione. Johann divenne campione di boxe tedesco, ma il titolo venne annullato e alla fine gli venne intimato di farsi sconfiggere, pena il ritiro della licenza. Johann si presenta alla sconfitta obbligata con una sarcastica camuffatura da “ariano”, capelli dipinti di giallo  e il corpo imbiancato, infarinato.

 

Da studente assistei a Mistero Buffo di Fo, e ne ricavai tra l’altro un’attenzione alla cultura dei ceti subalterni, espresse con ironia in dialetti oscuri ma intuibili come il Grammelot. E mi sembra che la sarcastica esibizione del pugile zingaro, costretto alla sconfitta, potrebbe essere stata riferita come un esempio di disperata resistenza culturale. Gli zingari, Rom e Sinti, entrambi presentano una struttura sociale basata essenzialmente sui rapporti familiari, nonché sull’interpretazione attenta e critica della società circostante che forse meritava di essere meglio rievocata nella storia di Johann.

 

Il libro di Fo, ben illustrato da suoi quadri a tema pugilato non narra tutta la storia di Johann, che troviamo invece su internet. L’ ultimo combattimento infarinato e con i capelli dipinti di giallo per sarcasmo verso il mito della razza ariana. Non dice che per evitare al figlio le persecuzioni razziste aveva divorziato, non dice che fu poi sterilizzato prima di essere deportato nel lager e poi ucciso; con un colpo di pistola come accadeva agli zingari che si difendevano fino all’ultimo. (E non colpito da una sbarra di legno o di ferro come altri dicono). Su internet trovo ancora un confronto tra Johann Trollmann e Cassius Clay, entrambi perseguitati anche perché il loro successo atletico li rendeva bandiere di minoranze perseguitate e ignorate.    Fortunatamente non tutta la narrativa sugli zingari è sempre acritica o pietistica. Alessandro Robecchi in “ Questa non è una canzone d’amore”(edizione Sellerio) narra la complicata vendetta di un vecchio Rom, per gli omicidi razzisti avvenuti nel suo campo, vicenda che si intreccia con una complicata rete di altri delitti, e per cui- a proposito di memoria storica- mi suggeriscono di prendere appunti su fatti e personaggi, leggendo il romanzo.

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La deportazione degli zingari nei campi di concentramento cominciò nella Germania nazista in occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936. Anche per il nostro futuro, merita ricordare che ciò fu fatto in base a schedature preesistenti, di una cinquantina di anni prima. Non stupisca allora che ancora oggi gli zingari evitano finchè possono di dichiararsi tali. In Italia, dopo i campi di concentramento fascisti e le deportazioni nazi-fasciste, la vita degli zingari è sempre più invivibile. Le leggi antiterrorismo hanno privato chi vive in roulotte di ogni privacy e i campi nomadi sono diventati nuovi campi di concentramento da cui è vietato spostarsi.

 

L’amico Giuseppe Reinhart, sinto, mi narrò, chiedendomi di scriverlo, di quando da bambino salvarono un partigiano ferito dai nazisti, ma giorni dopo furono condannati  dai partigiani alla fucilazione come spie tedesche, salvati solo dall’arrivo del partigiano salvato. Ma davvero i partigiani credevano che la famigliuola zingara fosse spia dei tedeschi, o già prefiguravano una società di eguali abbattendo i diversi??                           

 

Come si dice: gli zingari in politically correct?   Gli zingari o gitani, gli egiziani come si presentavano un tempo, da 1000 anni  profughi dall’India invasa da ariani, si distinguono in due grandi gruppi: Rom e Sinti, transitati e sostati, rispettivamente dai paesi slavi o dalle zone del Mediterraneo. Una nota sulla Lingua ed emarginazione  che viene coltivata dall’alto: Si dice che non sia politicamente corretto usare il termine zingaro, ormai usato come insulto. Sul dizionario italiano, troviamo che Sinto, si dice “Sinti”, parola invariabile per maschile femminile singolare e plurale, come si fa per le parole straniere indeclinabili! Sinti, nella loro lingua è un femminile o un plurale in italiano, e la linguistica potrebbe chiedersi i motivi di questo strano pluralia tantum un po’ offensivo, come quando i nostri emigrati venivano chiamati sommariamente Napoli, oppure come la nostra moneta, l’Euro  che in Italia è un singularia tantum, mentre all’estero si declina al plurale come euros, dove l’economia va meglio.

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 Anche gli zingari hanno i loro tabù verbali, primo tra cui quello di  menzionare il nome dei morti. E certo questo modifica le nostre idee sulla memoria storica tanto celebrata ogni 27 gennaio .Ma il tabù zingaro non è oblio ma scaramanzia: Chiamandomi Adolfo quasi mai sono stato chiamato così da zingari, recentemente una ragazza zingara con cui mi ero appena presentato continuava a sbagliare il mio nome, seppur corretta. Salutandomi non disse più il mio nome ma allontanandosi disse: Non ti pare un po’ nazi?

 Che lezione storica ricavarne? La memoria deve essere occasione di ripensamento. Il “Diario di Anna Frank” giustamente molto proposto a scuola, ci guida a vedere l’umanità che resiste nelle situazioni persecuzione, così coinvolge i giovani lettori. Luigi Massignan, giovane partigiano  e psichiatra socialmente impegnato dedica nel sottotitolo de “Ricordi di Mauthausen “ai miei nipoti, cioè alle nuove generazioni. La mostra: “I bambini di Terezin”, nel lager di Terezin è nata una scuola autogestita. Disegni e poesie dei bambini rivolte anche ai bambini di oggi e agli adulti impegnati con bambini emarginati. Altre mostre di memorie sembrano inutili o negative, così una mostra sui lager, di un’associazione come l’O.N. e che toccò a me tenere aperta, ma nessuno venne in 3 giorni.

 

Santino Spinelli, antropologo rom, aveva scritto che tra i maggiori pericoli che incombono sulla cultura zingara ci sono le associazioni “pseudo- zingare”. Così a ben vedere lo statuto dell’Opera Nomadi mostra una sistematica svalorizzazione della loro cultura, un approccio pietistico  e norme di vita associative che rendono impossibile contrastarle e tanto meno uscire da tale logica. Così come nell'esperienza citata di Padova per cui chi aveva attivato il lavoro e affidi extracarcerari di zingari presso l’associazione come custodi o nel trasporto scolastico fu costretto con biasimo a dimettersi.

E “i violini cessarono di suonare” narra la tragica vicenda di un gruppetto di zingari deportati e di come fossero costretti a suonare ai festini dei carcerieri, e della loro indignazione. Recentemente un giornale titolava per il Giorno della Memoria: “ gli zingari suonavano il violino, mentre gli ebrei morivano” con evidente idea beffarda del titolista : Invece Annamaria Masserini in “Storia dei nomadi” (ed. GB, Padova, 1990), titolo banalizzante forse imposto dall’editore, tratta dell’internamento nell’Italia fascista nel grande campo di concentramento di zingari e cinesi sul Gran Sasso.  I prigionieri erano costretti senza scarpe anche d’inverno per evitare fughe. Una maestra volontaria che faceva scuola ai bambini fu rimborsata con la derisoria cifra di lire cinque. (Vedi anche Luca Bravi: “Altre tracce sul sentiero per Auschwitz”, ed. CISU 2002). Annamaria Masserini concludeva nel 1990 che le persecuzioni nazi-fasciste continuavano anche ai nostri giorni con i nuovi governi. Vicende su cui riflettere.

 

Invece Massimo Converso, allora dirigente nazionale dell’Opera Nomadi, presentando l’argomento, diceva che certo gli zingari abituati ad andare scalzi, uscivano dal lager e tornavano con pollame rubato da dividere con gli aguzzini per ingraziarseli. Gli zingari presenti, lo guardarono come se non ci fosse. Questo tipo di deformazione storica, che credevo impossibile, vive e si nutre nell’Opera Nomadi. L’indegnità storiografica di Converso si unisce a peculato, truffa e violenze sessuali, truffe per servizi mai attuati, come dirigente dell’opera nomadi, e perfino di altre associazioni ambientaliste, come riferisce  un articolo de “Il Messaggero” (1 Luglio 2016).

 

L’Opera Nomadi risulta coinvolta al Processo di Roma Mafiosa, lo stesso pietismo è quello che impone corsi scolastici ridotti, inutili e umilianti, la mancanza di diritti e l’incubo di vedersi togliere i figli per non aver mantenuto gli standard socio-economici, l'allontanamento dell'organizzazione di chi come me ha puntato a coinvolgere Rom e Sinti nei progetti loro rivolti, con compiti funzionali all’attività. E' da tempo che l'impostazione dell’Opera Nomadi è di tipo imprenditoriale e speculativo, giustificato con un pietismo che nega dignità all’utenza, difeso da una struttura gerarchica, totalitaria e autoprotettiva.

 

Celebrazioni o derisioni. Ancora negli anni ’80 la festa zingara di S. Antonio da Padova era patrocinata da Mirko Levach, zingaro partigiano. La festa si teneva nel veneziano per il sempre attuale divieto del Fascio. Io fui ospite e mi chiese di salutare i compagni partigiani di Padova. e mi tornano in mente i versi di De Andrè, cantore di Pellerossa e Gitani: << ci spiegò il meccanismo il poeta Andaluso: per la caccia al bisonte, il numero è chiuso!>>

I pellegrinaggi erano e sarebbero un’occasione d’incontro per matrimoni e continuazioni culturali. Così come Padovano, consigliere di Quartiere, promossi il Festival Tzigano di musica e balli - per rimediare all’oltraggio culturale fascista. Nel ’92 il primo festival saltò proprio per la normativa fascista mai abrogata. Finchè nel 92’ fu svolto con partecipazione di Sinti, Rom e cittadini e baristi contenti nelle piazze del centro. Ebbe poi due patetiche e contrastate riedizioni, poi l’Ufficio del Sindaco mi chiamò dicendo che il Sindaco voleva dedicare la festa del 25 Aprile all’Olocausto zingaro. I bambini delle scuole declamarono due o tre articoli della Costituzione, si applaudirono con le loro mamme e se ne andarono. Il dirigente dell’ ANPI (ex capo partigiano) biasimò gli zingari per essersi trovati inermi alla persecuzione, e rifiutò di salutare Mirko con cui per altro era stato carcerato insieme dai nazifascisti perché a quei tempi era più magro (Sic!). Fu una cerimonia oltraggiosa cui partecipai raggirato, e di cui vorrei ancora scusarmi con i Rom…. Un decennio dopo, un assessore disse più esplicitamente del Sindaco: loro vengono per S.Antonio: ma sappiamo che non sono i benvenuti!

Nota: tale argomento è stato più approfonditamente trattato in Adolfo Sergio Omodeo, Zingari e NO, ed. Sensibili alle foglie.

 

Ancora, a proposito di memoria e coscienza storica, come non menzionare W. Bion e la sua tematica “La memoria del futuro”, Bion d’accordo con Freud nota che l’oblio è un fenomeno attivo, una sorta di censura sul nostro pensiero. Solo un contesto relazionale di comprensione reciproca consente di guardare alla Storia e al Futuro, come accade con un flusso di sogni e di libere associazioni che consentono di prepararci al meglio a ciò che ci aspetta. Bion a dispetto di ottimismi eccessivi, nota pure che in tale processo di comprensione di se, grazie alla comprensione dell’Altro, certo restano , anzi si attivano altre difese psicologiche e relazionali che l’operatore sociale fa bene a siglare. 

 

Memoria e/o tabù?  Gli zingari per tabù non menzionano i morti ne le circostanze dell’ evento. Sembra che tale tabù getti nell’oblio la loro memoria storica, ma credo all’opposto che la loro coscienza storica venga trasmessa tra i tabù di quella cultura, per noi estranea con poche parole intensamente simboliche. La persecuzione nazista viene detta a volte “ il divoramento”, termine allusivo a un costante pericolo della vorace società circostante. Ricordo le cerimonie in memoria degli zingari deportati, organizzate accanto al festival di musica tzigana in occasione della festa di S. Antonio da Padova, loro patrono da cui vengono allontanati fin dai tempi del fascismo. Alla celebrazione Sinti e Rom erano tutti eleganti in scuro, serissimi e tutti con occhiali neri. Vedendoli, intuii forse i loro pensieri, diversi dalle frasi di circostanza e forse la loro preoccupazione per i pericoli ancora incombenti su di loro così scrissi in poesia: “La cerimonia in memoria”

Quando lo zingaro si mette in giacca

    si caccia in faccia gli occhiali neri

    che non si vedano i suoi pensieri

quando gli chiedono senza parere 

    se il suo Mercedes \ è suo davvero

quando gli spiegano con competenza

    che si ricordi  \ che torti ha subito

Ma  il suo silenzio non è l’oblio

    ma uno scongiuro per il futuro

 

 

                                                                                  Adolfo Sergio Omodeo    

 

 

Psicologo e operatore sociale, vive e lavora a Padova.

 

 

 


Id: 1825 Data: 26/01/2017 21:31:04

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- Psicologia

Psicologia e sociologia del tempo che passa

PSICOLOGIA E SOCIOLOGIA DEL TEMPO CHE PASSA
LEZIONE DI ADOLFO SERGIO OMODEO
PER IL CORSO DI SOCIOLOGIA DEL PROF. IVANO SPANO
diceembre 2010-


Crimini estivi e omicidi- suicidi natalizi sono temi ricorrenti nella nostra stampa . I crimini estivi tendono ad essere attribuiti agli effetti deò clima su persone predisposte,. A proposito della cosiddetta metereopatia, bisogna notare che gli effetti del clima operano psicologicamente per vie simboliche, dal caldo vissuto come opprimente come un abbraccio troppo possessivo al freddo che evoca le reazioni all’abbandono .Anni addietro incontrandomi a un convegno sull’aggressività con colleghi norvegesi, che lavoravano alla prevenzione dei crimini estivi, mi facevano notare che alle loro latitudini non potevano essere attribuiti al caldo ma alla deregulation dei rapporti sociali comportata dalle vacanze


Mc. Luhan tracciando la storia dei mass media che condizionano, quasi a nostra insaputa, la vita sociale,, considera fondamentali, gli strumenti di misurazione del tempo, dai calendari ai calcoli dell’ora, dalle campane agli orologi , per consentire all’ uomo giornate coordinate , appuntamenti, viaggi ecc. Hall, studioso di prossemica, cioè l’interpretazione delle posture e delle distanze reciproche, in un suo scritto su Tempo e Spazio, le dimensioni inconsce delle culture nota che il sensoi del tempo, da cui deriva poi la puntualità deriva dalla scala di valori sociali in cui si è inseriti (esempio gli impegni lavorativi oppure quelli familiari): e come da ciò derivino problemi imprevisti, non coscienti, nei rapporti sociali e commerciali tra culture diveri

Secondo la psicoanalisi i miti rivelano aspetti inconsci e tabu della nostra vita quotidiana : A proposito della simbologia del tempo , il mito di Crono che divora i figli svelerebbe che il rapporto col tempo non rimanda solo alla durata della nostra vita, ma all’alternarsi delle generazioni umane e alla loro conflittualità reciproca .. vedi, Maria Bonaparte Eros Cronos e Tthanathos e Facchinelli La freccia Ferma, tre tentativi di fermare il tempo .

La nostra vita sociale è coordinata dai calendari, ma la misura del tempo ha a che fare con la storia e la cultura dei popoli ed è un sottile modo per valorizzare differenze tra le culture . Ogni popolo ha feste diverse e diversi sistemi di calcolare il tempo e diverse date di inizio . Il giorno di festa settimanale dei cristiani è la domenica, quello degli ebrei è il sabato e quello dei musulmani il venerdì Arabi ed ebrei considerano l’inizio della giornata dal tramonto precedente .

Il calendario occidentale , vede il Natale di Gesù, in occasione della risalita del sole già celebrato dai Romani..così il calendario romano – cristiano fa riferimento al culto del sole, esclusa la Pasqua, calcolata sulla prima luna piena di primavera. Diversamente l’anno del calendario musulmano segue una serie di cicli lunari e risulta più breve di una dozzina di giorni e i capodanni e le altre festività si anticipano ogni anno di una dozzina di giorni rispetto al nostro; Credo che in tal modo il calendario musulmano risponda al clima tropicale dove meno si avvertono la stagioni , ma soprattutto risponda all’intenzione di distaccarsi dalla mitologia cristiana- solare considerata pagana .

I popoli e le nazioni celebrano pure ricorrenze e festività di origine storica. Riporto alcune date che messe a confronto sembrano sviluppare un discorso simbolico generale sullo sviluppo dell’Umanità :1° maggio la festa dei lavoratori ; 1° giugno Festa internazionale dei bambini : 25 aprile liberazione sia di Italia e sia del Portogallo ; 4 luglio indipendenza dell’America e 5 luglio indipendenza dell’Algeria ; 15 agosto carnevale nero di Londra e Ferragosto,antica festa italica; 1°ottobre, festa nazionale cinese e indipendenza della Nigeria …

Per favorire l’incontro interculturale, per oltre un decennio l’Associazione Progetti Interfaccia di Padova ha proposto durante le vacanze natalizie dei momenti di festa e di gioco rivolta a bambini italiani e stranieri e ai loro familiari, proponendo ai bambini un calendario interculturale da illustrare con le diverse feste da loro preferite, e da esporre poi a scuola, a casa, negozi ecc.. La preparazione e la promozione stessa dell’iniziativa attivava la collaborazione tra esercizi commerciali stranieri che rappresentano un positiva aggregazione di immigrati, oltre le scuole e i Consigli di Quartiere ed ha sempre ottenuto il patrocinio dell’Unicef di Padova .

Oltre l’illustraszione del calendario con la festa preferita dai bambini di vari popoli,la costruzione e il rogo del pupazzo della ”vecchia” rito popolare di rinnovamento presente in molte e forse tutte le culture . Va detto che ogni operazione volta all’incontro tra culture suscita delle difese ( spesso inconsce ) collettive e individuali . La festa del rogo della vecchia, come noto rappresenta il liberarsi delle cose brutte del passato, e suscita da sempre il massimo divertimento dei giovani partecipanti, ma suscita pure le massime reazioni fobiche di altri . a partire dalla credenza diffusa che il rogo della vecchia sia vietato perché pericoloso, mentre i Vigili del Fuoco riferiscono che, tenute le norme di prudenza, non esiste alcun divieto: La fobia della Vecchia e del suo rito di rinnovamento sembra una conferma dell’ipotesi del conflitto generazionale trasmesso dal mito di Chronos.

 

                                                                                                                                          Adolfo Sergio Omodeo


Id: 1814 Data: 19/12/2016 17:15:27

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- Psicologia

Psicologia delle festività

PSICOLOGIA DELLE FESTIVITA’
Adolfo Omodeo. Psicologo e psicoterapeuta.

Da un punto di vista psicologico , festività come quelle natalizie hanno una funzione di socializzazione collettiva, proponendo mitologie e riti socializzanti che vanno dal culto religioso allo shopping , dall’albero al presepio, fino alle calzette della befana.e al rogo della “vecchia” . Nei periodi natalizi si verificano però il massimo di ricoveri ospedalieri correlati a disturbi da stress, attivati dai forzati incontri di famiglia. Si verifica pure il massimo di suicidi e di disturbi depressivi di anziani isolati, e non ultimo il massimo di microcriminalità e accattonaggio da parte dei più esclusi.

Si dice che festività come Natale e Pasqua ci rendano buoni, e come conferma indieretta noterei che lo scambio di regali ha un interessante aspetto psicologico, quello di sublimare l’aggressività e l’invidia reciproca. Il fenomeno del cosiddetto scambio simbolico , scoperto tra i popoli primitivi ha la funzione di evitare la rapina inducendo a una sorta di baratto . Nella nostra civiltà la funzione del dono simbolico si mantiene e si sviluppa, dai regali scambiati tra amici e parenti, alle campagne fedeltà di prodotti di consumo e di utenze telefoniche che ci legano alle ditte produttrici ( Ogni natale le compagnie telefoniche propongono pacchetti natalizi di chiamate e sms per auguri, che hanno l’effetto indiretto di abituarci a consumi sempre maggiori…)

Dal dono simbolico agli studi di marketing: Dal classico testo sui trucchi pubblicitari, i Persuasori Occulti ho ricavato un quiz detto Panettone a Nehandertal che ci informa sulle nostre emozioni profonde evocate dalla festa natalizia: a) preferisci panettone o pandoro? b) scarti i regali stracciando la carta o la ripieghi? Cosa avete risposto? Pare che masticare i canditi e l’uvetta del panettone evochi i nostri istinti di caccia, come pure stracciare l’incarto dei regali, ma non tutti giocano al cacciatore, altri all’allevatore o al coltivatore . Dal canto suo il marketing ci offre dolci più o meno teneri e incarti più o meno adatti a essere scartati o dilaniati a seconda dei gusti e la personalità di ognuno.

Per concludere, le festività ci confrontano con impreviste situazioni di branco , e possiamo proporre due indicazioni per parteciparvi adeguatamente; farsi vivi con amici e parenti più isolati non solo per gli auguri ma più volte nell’anno . Per chi vive in modo stressante gli incontri familiari si suggerisce di mantenersi distaccati, e di ricercare rispetto e comprensione, piuttosto che cedere a disturbi psicosomatici.

 

 

                                                                                                                                           Adolfo Sergio Omodeo


Id: 1813 Data: 19/12/2016 17:13:01

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- Psicologia

Linguistica, simboli, valori nel marketing interculturale

 

LINGUISTICA, SIMBOLI, RUOLI E VALORI nel marketing interculturale .

Adolfo Sergio OMODEO , Studio di Psicologia Relazionale, Padova.



Una decina di anni orsono mi fu chiesto di elaborare un progetto formativo per managers impegnati nel commercio in Sicilia. Mi fu detto che molti bravi giovani dirigenti dell’isola, impegnati, preparati e possibili ottimi operatori, sembravano soffrire di una sorta di complesso di inferiorità verso il contesto nazionale, per cui non arrivavano mai a divenire propositivi e competitivi come richiesto dalla professione. Il progetto che elaborai portava il titolo Manager – Italia - Europa e proponeva una strategia formativa basata su giochi di ruolo ed esperienze di analisi e gestione della componente emotiva della professione, costruendo peraltro un obbiettivo aggregante nel nuovo contesto della dimensione europea. Qualche tempo dopo con mia sorpresa mi fu chiesto di svolgere quel tipo di corso non in Sicilia, ma a Bolzano, dove si riscontravano analoghe difficoltà di autostima nei possibili responsabili del settore commerciale. Accettai così di gestire alcuni seminari formativi per operatori commerciali, esercenti, commessi e esperti pubblicitari, corsi promossi dalla Provincia Autonoma di Bolzano, la Confesercenti e l’Agenzia di formazione Tangram.

Come detto furono svolti vari corsi con piccoli gruppi, proponendo essenzialmente esperienze psicologiche di gruppo, volte alla comprensione e alla gestione di fenomeni relazionali legati alle attività commerciali I corsisti erano generalmente delle due etnie e data la mia ignoranza del tedesco la lingua adottata nei seminari risultava l’Italiano

Bilinguismo e marketing; comunicazione e autostima. La mia conoscenza della situazione bolzanina specifica era limitata a quanto riferitomi dagli organizzatori, il metodo del brain –storming, un gioco di gruppo in cui si costruisce l’analisi di una situazione sommando il contributo breve e sintetico di tutti i partecipanti, su una lavagna e poi ridiscutendolo ha portato a esplicitare una serie di indicazioni e problemi. Bolzano era una delle città d’Italia con maggior numero di esercizi commerciali ma con un minor giro di affari. Italiani e tedeschi sembravano preferire negozi del proprio gruppo etnico, ma in caso di incertezza evitavano negozi sconosciuti D’altra parte il tedesco parlato a Bolzano risultava essere un dialetto diverso dal tedesco studiato a scuola o nei corsi e la lingua degli Italiani (in gran parte immigrati durante il fascismo) risultava composta da dialetti meridionali spesso divergenti da zona a zona.:. In sintesi la funzione della comunicazione linguistica più che favorire l’intesa sembrava quella di segnalare la differenza dello straniero, come acutamente nota Desmond Morris, l’autore de la scimmia nuda.

Un gioco di gruppo: one – tow way comunication (Pfeifer e Pfeyfer) nato e utilizzato per la formazione dei manager, ha portato a considerazioni estremamente interessanti. Al gruppo viene proposto di disegnare sotto dettatura una serie di figure geometriche fornite dal conduttore, colui che detta deve improvvisare i codici da usare e chi disegna deve decodificarli adeguatamente, con prevedibili difficoltà Nella prima parte del gioco non sono ammesse domande di chiarimento e chi detta è voltato in modo da non vedere le reazioni dei riceventi; segue un replay con immagini analoghe, dove però è consentito chiedere chiarimenti e chi detta può vedere il pubblico. Si verifica il tempo impiegato nelle due diverse prove, le risposte verificate giuste nonché quelle stimate giuste prima della verifica. Generalmente si verifica che la prova alla cieca comporta 1/ 3 di errori e analoga valutazione di possibili errori; e che la prova con Feedback richiede un paio di minuti di più ma porta ad azzerare errori e incertezza dei risultati: Stranamente nelle varie applicazioni a Bolzano i risultati sono stati diversi. In entrambe le prove i risultati giusti sono stati oltre il 90% ma la valutazione di possibili errori nelle due prove è rimasta oltre 30%, cioè la capacità di trovare e capire codici adeguata è stata altissima fin dall’inizio ma si è verificata una sfiducia di gran lunga superiore, risultati presumibilmente indicativi della maggiore capacità di intesa e della maggiore incertezza indotta dal contesto del bilinguismo.


Emozioni e immaginari collettivi diversi. Il classico test dei colori prevede di ordinare una serie di colori diversi, da quelli preferiti a quelli meno graditi o rifiutati: l’interpretazione si basa sul presupposto che i colori scelti indichino sentimenti diversi, e che le prime scelte esprimano il ruolo che il soggetto gestisce, e poi via -via i ruoli non espressi, i sentimenti inconsci e infine i sentimenti rifiutati quali le difese psicologiche o le fobie. Avremo colori di aggressività, azione, calma, neutralità, e l’analisi consente quindi di indicare le diverse dialettiche coscienti e inconsce delle personalità D’altra parte la psicologia del marketing ha da sempre utilizzato i colori per comunicare, e più spesso aggiungere significati, ai prodotti o alle pubblicità e dopo l’auto- analisi del test dei colori (rimasto peraltro riservato ai soli interessati) l’analisi dell’uso del colore nelle réclame sulle riviste è stata un ottimo esercizio di riscaldamento per il seminario. Ricordo in particolare l’immagine preoccupante di due gambe femminili inguainate in un intatto collant che sporgevano da sotto il cofano di una spider rosso fuoco: no, non era un incidente, ma la ragazza stava riparando qualcosa da sola sicura di non sciupare le calze.

Le differenti lingue mediano valori e simbologie diverse così per es. la Morte, femminile in Italiano , e ispiratrice di metafore quali… venga quella Signora dagli uomini detta la Morte. In inglese risulta maschile ed è rappresentata nei quadri come un vecchio uomo. I corsisti notano a questo punto che in tedesco il sole è femminile e la luna è maschile, cosicché tutto l’universo delle frasi d’amore , come pure le simbologie dei disegni infantili sembrano capovolgersi , una corsista tedesca conferma che lei vede il sole come entità femminile, e la casa sottostante nei disegni del figlio come entità maschile, anzi fallica dato il camino che vi si erge .

Merita riferire a questo punto una serie di considerazioni sulle componenti emotive implicite in lingue diverse, che andavo sviluppando allora nei corsi di lingua e cultura italiana per immigrati che dirigevo a Padova col patrocinio della Provincia. In particolare in cinese non esistono i generi dei nomi e l’insistenza didattica su maschili e femminili, per di più spiegata in rapporto ai sessi umani se proposta fin dalle prime lezioni, viene vista con disagio come un’insistenza morbosa, come peraltro la pronuncia della erre è difficile per i cinesi, non solo perché estranea al loro parlare, ma perché appare loro come un suono volgare, e quando l’allievo la pronuncia tende ad arrossire. , D’altra parte il Swahili, lingua dell’Africa Nera, prevede numerosi generi, uomini, donne, animali, piante, oggetti e azioni, e sembra a noi richiedere un pensiero animistico esasperato, per esempio uccello e aereo si dicono allo stesso modo, a parte l’articolo diverso da usare nei due casi.

Messaggi, emozioni e tabù. Tornando a Desmond Morris, e alla sua ipotesi che la varietà di lingue e dialetti serva per far riconoscere e isolare chi si tradisce straniero, nei corsi emergeva come l’uso della formula di cortesia del lei, sia una trappola infernale nella lingua italiana, che con le sue difficoltà di una gestione corretta scatta contro lo straniero proprio quando cerca di rispettare le gerarchie della cortesia.; d’altra parte il lei è effettivamente una forma femminile che sottintende la Sua Signoria, introdotto in Italia dall’occupazione spagnola, La funzione di esclusione del lei è tale che anche nel contesto dei corsi di italiano risulta quasi impossibile spiegare tale metafora a chi non la conosce già.( da notare che anche nei colloqui di psicoterapia la cortesia del lei sembra esprimere una valida difesa contro le intrusioni, tant’è che accade di dover precisare: no non lei, mi riferivo alla moglie).

La psicolinguistica ha elaborato tecniche specifiche per valutare le componenti emotive legate alle diverse parole: il differenziale semantico è un metodo che richiede di attribuire per i termini da analizzare, una serie di punteggi su scale bipolari quali buono – cattivo, forte – debole, simpatico – antipatico. Dai punteggi si ricavano quindi dei profili emotivi dei termini proposti. Per esempio come i corsisti consideravano Vienna prima della gita di studio nella città, e al ritorno? Un po’ una delusione si dedurrebbe dal fatto che non hanno voluto ripetere il quiz per non esprimerla.

Altri metodi di valutazione della pubblicità sono risultati più interessanti e divertenti: i corsisti hanno raccolto i commenti spontanei di italiani e tedeschi sulle immagini del neonato di Benetton e della propaganda sulla prevenzione dell’AIDS che mostrava una folla compatta e combattiva in marcia, stile Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Le immagini, private dei messaggi scritti hanno suscitato risposte molto omogenee per gruppo. Il neonato otteneva risposte qual:” poverino! Che bellino!” costanti tra italiani e tedeschi, solo le donne mostravano di accorgersi che il neonato era una bambina, usando il femminile nella seconda parte della risposta. La marcia suscitava invece risposte diverse per popolo; gli Italiani la interpretavano come: vanno avanti, sono incazzati, i tedeschi invece come: sono insieme, fanno festa. Certe immagini come il neonato sembrano evocare risposte istintive molto generali, mentre la gestualità e la espressività di una folla sembra soggetta a codici culturali diversi e sono possibili equivoci tra combattività e festosità, che nel contesto di strategie di marketing sono rilevanti e preoccupanti.

Coinvolgimenti e incontri. Hall, uno dei fondatori della prossemica, ramo della psicologia che interpreta le posture e le distanze interpersonali. In un interessantissimo saggio dal titolo Spazio e tempo, dimensioni nascoste delle culture nota che per gli occidentali risulta apprezzata la puntualità sugli appuntamenti di lavoro, mentre per molte culture orientali impegni verso la famiglia o problemi di amici induce costanti ritardi, segno di disponibilità assolutamente da apprezzare. Hall ipotizza un caso rappresentativo di un difficile accordo commerciale tra un businessman americano e uno arabo Quando malgrado le difficoltà commerciali, superato l’imbarazzo per mancata puntualità, si arriva a definire l’accordo, l’americano soddisfatto tende a dare una pacca amichevole all’interlocutore dicendo, “lo sapevo che ci saremo accordati perché siamo amici”, l’orientale non potrà che biasimare in cuor suo la superficialità dell’occidentale che dopo non aver capito nulla dei suoi affetti per familiari e amici badando solo alla puntualità per l’affare, si sente autorizzato a credersi amico per essere riuscito a fare l’affare con lui. ’

Alcuni studi di psicologia della comunicazione svolti da Festinger sono stati riferiti per commentare la difficoltà umana a superare i propri pregiudizi In particolare sottoponendo ai lettori di un giornale di una certa linea politica, i testi di giornali di linea opposta ma impaginati sotto la testata preferita, i lettori tendono a giustificare i testi considerandoli del giornale indicato, mediante più o meno complessi ragionamenti e razionalizzazioni (il giornale satirico Il Male ai tempi del compromesso storico produsse false edizioni de l’unità titolate Basta con la Democrazia Cristiana! e di Repubblica titolate Lo Stato si è estinto : si sono avverate le più cupe previsioni di Marx! verificando in entrambi i casi , tra i lettori più affezionati i più assurdi consensi) Ricorderei a questo proposito che nei seminari ipotizzammo un esperimento di comporre nei bar giornali con pagine in italiano e pagine in tedesco, per verificare le reazioni degli avventori, ma rinunciammo poi per evitare possibili reazioni di fastidio degli avventori dei bar.
Mentre ero a Bolzano ebbe inizio peraltro la Guerra del Golfo, chiamata allora con eufemismo di Stato operazione di Polizia Internazionale.; l’unico sostegno al mio impegno pacifista venne quando la telecronista della RAI riferì la preoccupazione del Papa “ per quella che insisteva a considerare una guerra “, e poi quando in strada vidi una ragazza apparentemente tedesca che indossava come sciarpa la chefia araba

Quali speranze contro i pregiudizi? Lo stesso Festinger ha sviluppato più recentemente una ricerca interessante. In un centro di alloggi per studenti à stato rilevato che gli studenti di diverse etnie sceglievano di aggregarsi in gruppi omogenei in palazzine diverse e a evitare rapporti tra gruppi. Una serie di telecamere hanno monitorato per anni la situazione ,scoprendo che nel corso degli anni le differenze inter-etniche venivano superate e nascevano perfino rapporti di amicizia, a partire da incontri ravvicinati fortuiti, non imposti e non programmati. A questo proposito una corsista italiana riferì di come aveva trovato utile in caso di difficoltà con clienti tedeschi di chiamare con il cicalino il magazziniere tedesco che fungesse da interprete, l’osservazione fece sì che nel corso del mio lavoro a Bolzano altri commercianti scegliessero la linea innovativa rispetto alla tradizione di assumere collaboratori dell’altra lingua.

Ruoli messaggi e marketing. In varie occasioni dei seminari abbiamo sperimentato la tecnica classica della simulazione del colloquio di vendita, Il metodo della simulazione di colloquio consente di sperimentare varie strategie di trattativa, di invertire le parti per far analizzare dall’interno il ruolo dell’interlocutore. Ogni manche viene seguita dall’analisi delle emozioni vissute dai protagonisti , dalle impressioni degli osservatori, si raccolgono così una serie di proposte e ipotesi nuove da sperimentare ulteriormente, coinvolgendo via via diverse persone. La situazione più interessante costruita per ottimizzare lo stile di colloquio era quella di una telefonata tra una agenzia di rinfreschi e buffet a domicilio e una cliente che avendo prenotato il servizio per una festa , protestava perché il furgone non era arrivato e la festa era in corso. In una serie di appassionanti replay sono state confrontate strategie aggressive e seducenti, ironiche o amareggiate, con l’obbiettivo costante sia di valorizzare lo stile più rispondente alla personalità di ognuno, sia di esprimere l’intenzione di collaborare per la soluzione del problema e di non perdere il cliente.

Una costante indicazione per ampliare la gamma della clientela dei negozi, dato il disagio registrato a entrare in negozi sconosciuti temendo di trovarsi spaesati o in imbarazzo, è stata quello di fare di necessità virtù, e pur rispettando il bilinguismo d’obbligo nelle insegne dei negozi, è stato ipotizzata l’opportunità di far intuire dall’immagine del negozio, a partire dalla vetrina, la lingua meglio parlata dai gestori e la buona volontà di comunicare nell’altra lingua .E’ quindi stato attivata una piccola inchiesta di mercato tra i corsisti stessi che hanno prima elaborato a piccoli gruppi una serie di slogan promozionali da esporre nelle loro vetrine, e hanno poi proceduto a una valutazione dell’apprezzamento ottenuto, tra i colleghi delle classi. In generale risultavano preferiti temi stile mitologico o favolistico tipo. La grotta di Polifemo o Il Bosco delle Fate, minimamente apprezzati invece slogan e termini inglesi, proposti – merita notarlo- da una ragazza meridionale timida ma impegnatissima nello studio delle lingue e dichiaratamente critica verso l’ambiente che riteneva limitativo. Ispirate dal nostro seminario alcune corsiste proposero alla Provincia di sviluppare una pubblicità turistica. Per anni è poi stata diffusa sulla stampa una promozione della Provincia di Bolzano che mostrava l’immagine di una ragazza che interrompeva di studiare, accompagnata dal testo Snack snack ? Speck Speck !! Slogan che esprime una strategia comunicativa che ironizza proprio sul confronto e le ambiguità linguistiche come da noi proposto .

Come abbiamo visto per favorire la comunicazione commerciale abbiamo favorito un incontro interculturale che utilizzando una metodologia abbastanza rigida come i giochi psicologici e le tecniche di analisi di marketing, ci ha portato a una serie di scoperte spesso impreviste e divertenti su differenze e possibili incontri, su temi quali difficoltà di comprensione e autostima, simbologie inconsce e tabù In altre parole ritengo che una pedagogia formativa volta all’interculturalità debba necessariamente riferirsi a temi e metodi di psicologia sociale, come pure integrarsi con un approccio antropologico.


Id: 1797 Data: 28/11/2016 16:30:48

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- Letteratura

Babbo Natale giustiziato e altre persecuzioni natalizie

PERSEGUITATI Babbo Natale, Befane , Presepi
A rischio anche i calendari interculturali?


Subito dopo la seconda guerra mondiale, Levy Strauss analizzava un fenomeno sociale allora in corso,. Nella Francia che risolleva appena la sua economia, si aggirava la figura di origine nordamericana di Babbo Natale, e la Chiesa Cattolica tentava la sua condanna a morte, bruciandolo in effige sul sagrato delle chiese. Tale martirio ne comportava però una sorta di santificazione, ravvivando e integrandosi con altri miti e riti di regalini per i bambini, come Santa Claus e San Nicola dalla barba bianca, che il famoso antropologo nota rimandino al rapporto tra le generazioni; ma aggiungerei pure Santa Lucia e la Befana e il quasi totemico Ceppo di Natale destinato a bruciare per giorni, tra Natale e l’Epifania, simboli di rinnovamento cosmico.

L'anno scorso in Veneto sono state praticamente vietati i tradizionali roghi della Befana, festa che il Papa spiegava essere rivolta all'intercultura dato che i Magi venivano da vari paesi. Quest'anno il vescovo di Padova ha auspicato che non si facciano presepi per non indispettire i mussulmani. Così mi viene in mente che il presepio è stato inventato da s. Francesco , respinto dai Crociati dalla Terra Santa perché aveva convinto il sultano alla pace e alla possibile convivenza interreligiosa a Gerusalemme. Ho preparato un bel presepio di statuine nere africane e lo espongo sulla finestra. come messaggio di pace visibile ai passanti. Ma sono persuaso che non siano le religioni che si scontrano ma le istituzioni che le manovrano o le strumentalizzano ..Il brano è già pubblicato sul mio mio blog "robota nervoso". ho inserito il rimpianto per i roghi della befana che divertivano i bambini più poveri, nel mio recente libro "Zingari e No".


Per anni con l’Associazione Progetti Interfaccia abbiamo promosso la diffusione di calendari interculturali per i bambini italiani e non. Il calendario, va preparare ogni anno con una ricerca specifica,un tempo rivolgendosi a persone delle altre culture,coinvolgendole ,più recentemente su internet. Così il calendario riportava le feste dei diversi culti e le feste nazionali dei popoli,quasi sempre legate alla loro emancipazione dal colonialismo.
I bambini partecipano alla Befana che venivano propagandate nei negozi stranieri,veri ritrovi di culture,e ricevevano calzette di vera lana con dolcetti (calzetti e dolcetti regalati da negozi arabi,cinesi e africani).Illustravano il calendario interculturale con la loro festa preferita e lo portavano a scuola dopo le feste per esporlo in classe.

Riferisco la vicenda dei rapporti con i marocchini e mussulmani. Un Bazar di marocchini marsigliesi promette con entusiasmo di regalare i calzetti di lana per i bambini, dico che la befana mi pare un’occasione di festa per i bambini tutti. Un papà con bambina dice ironico: Ci siamo accorti di essere in Italia! Poi dicono che per trovare i bambini devo andare alla moschea, e mi mettono in contatto tramite l’Associazione Marocchini di Padova. Andiamo per la Befana. L’imam ci riceve, colloquio di verifica e garanzie sorridenti di rispetto reciproco. Mi fa dono di un Corano e ci introduce, me con il Corano ben in vista tra le mani, e due tirocinanti psicologhe nell’aula della catechesi con ragazzini e ragazzine (garbatamente a capo coperto come madonnine ) . Dice che siamo amici venuti con un bel gioco per conoscere e farsi conoscere, e ci lascia. Spieghiamo il calendario interculturale, accenniamo alla struttura del Calendario mussulmano. E chiediamo di rappresentare sul calendario la loro festività preferita e un rigo di presentazione, e ognuno illustra il suo calendario, qualcuno anche un secondo, L’indomani li porteranno a scuola per essere esposti a compagni e insegnanti. Un informale rito di dono simbolico che propone rispetto reciproco.
Si dice spesso che l’incontro con l’altro ci può rendere interiormente più ricchi o almeno più aperti. Per me era che faceva un freddo tremendo l mi appoggio alla ringhiera gelata che mi dà fitte di dolore . mi chiedo. Ma perché sono qui, cosa sto facendo, e non posso che rispondermi:che Allah’ me ne renda merito.. In cima alla scola mi accoglie l’imam, calvo come me ma a capo scoperto, entrati chiedo senza parere se dovessi scoprirmi; Sarei io che dovrei cprirmi mi risponde una signora ma veramente nessuno ci fa caso. Penso ora che l’imam si fosse scoperto la testa malgrado il freddo in segno di saluto per noi. Una tirocinante mi riferisce quasi commossa che ha sentito una bambina che diceva all’amichetta: …e pensare che non volevo venire, è stata la più bella giornata del corso. - Grazie alla reciproca disponibilità di tutti all’incontro interculturale



Adolfo Sergio Omodeo - Psicologo e operatore sociale.


Id: 1791 Data: 10/11/2016 17:34:30

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- Letteratura

Poeti e lettori- Stili e ruoli

 

 

 

Poeti e lettori- Stili e ruoli nella letteratura contemporanea

                            di Adolfo Sergio Omodeo

 

Dice Rimbaud già nell’ 800: “Perché io è un altro”, e la psicoanalisi Lacaniana nel 900 specifica: “c’è chi parla in noi, riferendosi all’inconscio, ma pure specificando che: “l’inconscio è il discorso dell’Altro”. D’ altro canto la “pragmatica della comunicazione” ha rivelato che su uno stesso flusso di eventi e/o di comunicazioni possono celarsi i più imprevedibili conflitti interiori e\o relazionali a seconda di cosa venga considerato più o meno rilevante nel flusso della comunicazione reciproca, poiché la cosiddetta punteggiatura  della comunicazione sottende ipotesi diverse  di causa-effetto, e conflitti di ruolo tra parlanti.

 

La punteggiatura è funzionale all’alternanza dei diversi punti di vista degli interlocutori. Màrquez abolendola in larga parte dei suoi romanzi ci da l’idea di ascoltare un chiacchiericcio pettegolo senza individuare  chi di volta in volta mette bocca. Ancora su punteggiatura e interlocutori: si è detto che l’Ermetismo era tra l’altro una risposta polemica alla censura fascista. Montale non solo- come si dice- ha inventato di dare del tu al lettore così da coinvolgerlo di più. Spesso ci da l’impressione di spiare la corrispondenza tra un lui e una lei, come faceva l’impiegato che copriva per sempre  con la pecetta le frasi più delicate.

 

Come accennavo la poesia tende ad affrontare  censure personali e/o culturali. La vicenda del primo manoscritto dei “Canti Orfici” di Campana, persa nella redazione della "Voce" inidente apparentemente  involontario ma proprio per questo interpretabile come “atto mancato”, quando l’inconscio interviene a sorpresa nel quotidiano. La perdita del manoscritto mostra come  l’ostilità inconscia possa portare una censura distruttiva di testi e di teste, visto che Campana fu accusato di pazzia pericolosa anche per la sua disperazione alla perdita.

 

Già Palazzeschi aveva rinunciato all’uso della punteggiatura e delle maiuscole, affidando a versi brevi e spezzati il possibile alternarsi di punti di vista diversi. Freud notava che la poesia può esprimere conflitti profondi dell’animo umano prima che la psicologia li comprenda; d’altra parte dalla nuova psicoanalisi francese viene l’attenzione allo Specchio, come occasione di coscienza e di inconscio: vedersi, guardarsi, identificarsi ma pure considerarsi oggetto di desiderio, narcisista o altrui e a volte di rifiuto. Tra queste ipotesi psico-dinamiche e psico-linguistiche , volte a spiegare  l’ ambiguità  inevitabile del linguaggio quotidiano e del linguaggio poetico, si sviluppa  la poesia.

 

Dobbiamo  a Freud l’aver esplicitato l’ambiguità tra amore e odio degli affetti umani, dal saggio sui sogni fino al suo scritto su “La Negazione”. Cosicché in poesia, le varianti lasciate dagli autori e studiate dalla critica, non indicano solo progressive correzioni di un testo, ma la varietà delle ispirazioni dei poeti. Farei una nota su “l’etimo incerto” e le interpretazioni di brani ambigui: dice la Pia dei Tolomei in Dante  “Salzi Colui che inanellata pria/  disposata m’avea con la sua gemma”, significa secondo alcuni, veramente sposata, oppure rifiutata come sposa fino a far intravedere un gestaccio col dito ingioiellato.

 

Un'altra via per tenere coinvolto il lettore è la "suspance": l'attesa di un chiarimento del testo nel suo contesto. Cito Alberto Arbasino: "Ci si è a poco a poco trovati/ a intrattenere le truppe/ su una nave di pirati/ senza scialuppe." Dove il lettore è indotto a ricordare gli artisti impegnati degli eserciti della seconda guerra mondiale, metafora forse dell'arte impegnata, scoprendo poi trattarsi di una nave di fuorilegge internazionali che non si potrebbe abbandonare neppure in caso di naufragio. La suspance come narrazione sconnessa è trucco abusato da cattivi scrittori per accattivarsi i lettori; ma qui il dispiegarsi dei significati risulta tragicomico, se come dicono Freud e Pirandello, il comico nasce da un dato emotivamente inaspettato.

 

Un’ultima nota sul gioco di ruolo tra poeti e lettori di poesia. I salotti e le riviste letterarie davano un feedback a chi scriveva, e facevano scuola. Oggi tale funzione sembra trasferita ai concorsi letterari con giurie generalmente anonime dal giudizio insindacabile, che si snodano tra siti internet e antologie di autori selezionati; tant’ è che la forma più standard della nostra poesia da salotto, il sonetto, sembra soppiantata da una pagina standard di 35 righe o versi compresi gli eventuali spazi tra le strofe. Non necessariamente internet banalizza la poesia. Come accennavo, la poesia classica difendeva la sua struttura con una metrica standardizzata. Credo che recentemente la poesia di stampa divulgativa, ma soprattutto di possibili registrazioni, dal cinema ai dischi fino ai PC difenda la ricchezza dei suoi significati con la ripetizione e la ridondanza dei messaggi.

 

E qui farei un rimando a W. Benjamin che ne  "L’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica" sembrava annunciare il fenomeno. Sembra che l’aumento di possibilità di divulgazione  comporti una perdita di rapporto e di discussione sulla poesia, tra i poeti. Rischio non inevitabile perché il più grande sito di poesia web USA: All Poetry, richiede che per pubblicare un testo si debba leggerne e commentarne almeno altre due. All Poetry diviene così un nuovo tipo di cenacolo, dove si affrontano e si affinano sia la poesia sia la discussione su di essa.

 

 REFERENZE IMPREVEDIBILI E INEVITABILI

 

Chi scrive della luna in Italia non può non fare riferimento- consapevolmente o inconsciamente- a Giacomo Leopardi.

Tutta la letteratura continua a giocare su poche metafore, in questo senso, fare poesia significa sfidare delle ovvietà coatte.

 

Due autori francesi, Rimbaud e Baudelaire sembrano aver affrontato un inevitabile confronto fra loro, inevitabile tanto più perché Rimbaud significa “arcobaleno” e Baudelaire significa “bello dell’aria”. Il primo ha scritto “Una stagione all’inferno” e il secondo ha scritto “Albatro” come metafora del volo poetico in cui troviamo non a caso un intrecciarsi di tragici destini.

Rimbaud prende la sifilide e rimane paralizzato; Baudelaire va a vedere gli scavi, cade in un buco- rimane paralizzato.

 

Altre metafore si intrecciano da secoli nella poesia su morte e amore. I soli possono morire e rinascere, noi quando siamo morti una volta, una sola notte ci tocca dormire.

Amiamoci mia lesbia e freghiamocene dei rumori dei vecchi. (Catullo)

 

Nel ‘900 commentando l’occupazione nazista della Francia, Aragon riprende la metafora del sole per dire che il sole muoia o rinasca, suoi colori per dire che la Francia non è più la stessa da quando è stata invasa dai nazisti.

Scrive nel settembre del 1940 una poesia sulla morte dei soli. (…) Que le soleil meure/ Ou renaisse/ Le ciel a perdu/ Ses couleurs/ Tendre Paris de ma/ Jeunesse/ Adieu printemps du/ Quai- aux- fleurs/ Je reste roi de/ Mes douleurs

 

 

Un altro link imprevisto ma automaticamente inevitabile si crea fra Cesare Pavese e Andrea Zanzotto che non poteva non conoscere la poesia di Pavese, che dice: <<Tu non sai le colline/ dove si è sparso il sangue./ Tutti quanti fuggimmo/ tutti quanti gettammo/ l'arma e il nome. Una donna/ ci guardava fuggire./ Uno solo di noi/ si fermò a pugno chiuso,/ vide il cielo vuoto,/ chinò il capo e morì/ sotto il muro, tacendo. (…)>>

 

Così Pavese spiega, anzi giustifica la fuga dei partigiani <<Una donna ci aspetta sulle colline>> con un breve rimpianto per il povero partigiano morto. Zanzotto con un fitto intreccio di metafore in  “Ai compagni corsi avanti” descrive una serie di stati d’animo contraddittori con un imprevisto richiamo finale alla follia di Hitler. La poesia di Zanzotto è così ambigua da esprimere una miriade di significati convergenti e divergenti. In una versione americana ho apprezzato il coraggio del traduttore che ha dovuto scegliere alcune interpretazioni.

 

Come sappiamo Rimbaud dopo la sparatoria con Verlaine smise di scrivere poesie e andò in Africa da cui tornò con una paralisi da sifilide. Citerei a doc i versi con cui Arthur si presentò a Verlaine.

<<Se cerco l’acqua d’Europa/ è la pozzanghera fredda e nera/ dove un triste fanciullo in ginocchio/ lascia un fragile battello come una farfalla di Maggio.>>

 

Adolfo Sergio Omodeo, psicologo, operatore sociale e saggista, sviluppa qui argomenti proposti in “Metrica e Stilistica”, pubblicati sempre sul sito “La Recherche”.

Si prega di citare la fonte facendo riferimento alle idee qui espresse.

 


Id: 1788 Data: 02/11/2016 17:18:56

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- Antropologia

Fertily day

 

I MOTIVI PROFONDI DELLA DENATALITÀ IN ITALIA

 

 

La pubblicità del Governo per il Fertily day risulta di pessimo gusto; i buoni amici, contrapposti ai cattivi che fumano e di cui uno è perfino nero! Giustamente il commento de “Il Mattino” è che la pubblicità si valuta dagli effetti che suscita. Come psicologo di marketing ricorderei che la buona pubblicità nasce da una prevalutazione su un campione ridotto, un pre-testing, come si dice, che evita errori di immagine e spese inutili, cosa che evidentemente non interessa pubblicitari del Ministero. Ricordo di aver svolto tale lavoro per una ditta di prodotti macrobiotici: Cosa ne apprezzavano i clienti? Primo il gusto, poi la convivialità e infine (per ultimo) la tutela della salute; dati articolati poi per età, sesso, ideali di vita. Proprio dalle frasi di apprezzamento dei clienti, nacquero pure i criteri e la promozione pubblicitaria ulteriore.

 

Tornando alla denatalità: Negli anni ’80 l’ Italia era il paese europeo con maggior natalità e di casi di handicap infantile. Nel mio lavoro di psicologo ricordo i commenti quasi costanti delle mamme: “Dio ci ha mandato questi bambini”… L’ utenza più laica  diceva: “Ho comprato questo..”, già derise da insegnanti e operatori senza figli che ben sapevano come nascono i bambini. Avanzava infatti una nuova morale, più permissiva e prudente, sorretta dagli anticoncezionali e dalla penicillina che aveva sconfitto la sifilide. Ci fu poi il referendum per l’aborto e arrivò l’ AIDS. Le becere offensive ed emarginanti campagne pubblicitarie di “prevenzione” ancora lamentate dai sopravvissuti alla malattia. L’Italia divenne il paese con il minor tasso  di natività.

 

Come psicologo ho discusso e riflettuto su AIDS, aborti, aborti spontanei, disturbi sessuali e crisi sentimentali e coniugali. Ho anche studiato natalità e denatalità. Tra gli umani rinchiusi nei lager e gli animali rinchiusi negli zoo la natalità si azzera; cresce invece paradossalmente in popoli che si sentono in guerra e tra immigrati e ceti più poveri che confidano in aiuti economici per le nuove nascite. (... E non si deve credere che lievi aspetti simbolici non possano devastare la fertilità umana. Se l'etologo italiano Mainardi ha dimostrato che profumando alla violetta le mamme dei ratti da esperimento si ottengono topini maschi che, tra una femmina di ratto e altri maschi profumati alla violetta preferiscono questi con una sessualità appassionata ma sterile.) Il calo di natalità degli italiani sembra dipendere dal fatto che si sentono ingabbiati, reclusi in uno zoo senza uscita come ben ripetono politici e media e a proposito di profughi immigrati che ci assediano. Meglio così che peggio. Negli USA le stragi nelle scuole sembrano attribuibili ad analoghe motivazioni, aggravate dal diritto di detenere armi da guerra; come emerge da un recente programma di Rai Storia.

 

Credo che fertilità e infertilità dipendano da equilibri ormonali interni, indotti dal contesto sociale, e non da piccoli vizi o virtù personali, buone o cattive frequentazioni. Nell’Italia del boom demografico (ed economico), come vediamo ancora dai film, tutti gli uomini fumavano sigarette e bevevano vino sfuso a fiaschi. All’inizio del calo demografico (lavoravo in un consultorio familiare) una collega osservò che i nuovi nati erano per lo più figli di tossicomani, ancorché eroina e coca  riducevano il desiderio sessuale. Marijuana e hashish sono euforizzanti e disinibitori e non a caso vediamo nei film che introducono a giochi sessuali. Il viagra, nuovo farmaco, legale invece, non libera il desiderio ma aumenta  le reazioni fisiologiche e non a caso è pericoloso per il cuore.

 

Le donne nigeriane sono generalmente circoncise, rito che secondo l’antropologia e secondo le donne intervistate, ne valorizza la femminilità. Media e politici biasimano le circoncisioni come lesiva della loro femminilità e del loro erotismo; invece quasi confermando Freud che vede nell’orgasmo interiore più profondo l’esprimersi della sessualità generosa e riproduttiva, le nigeriane risultano donne passionali e madri fertili. Fanno però disperare i medici al momento del parto perché arrivano in gruppo, fanno tutto tra loro per evitare  e rifiutare il parto cesareo, ormai rito standard nella nostra sanità.

 

"Kirikù e la Strega", di Michel Ocelot, è una moderna favola che come le belle favole di un tempo, trasmette insegnamenti morali. Kirikù nasce settimino con entusiasmo, in un paese senz' acqua per colpa della Strega, che pare abbia anche divorato suo padre. Cresce ma rimane piuttosto piccolo di statura, si fa amici, combatte la Strega, recupera l'acqua, ritrova il padre, e sposa la Strega. Riassumo le prime pagine: la mamma sente la voce del bambino che sta aspettando che le chiede, -Mamma quando si nasce?- Lei risponde, -Se già parli, puoi anche venire fuori-, e lui salta fuori. Allora la mamma gli indica una mezza tazza d'acqua rimasta, dove il piccolo si lava e poi chiede del padre...

 

Una favola edipica si direbbe, dove però il figlio non concupisce la madre e uccide il padre, ma lo spodesta sposandone l'amante Strega. Variante ben adatta a società di tradizione poligama. Una favola che con linguaggio adatto ad ogni età evoca paure, preoccupazioni e mostra come affrontarle, ma coltiva pure quelle fantasie dei genitori che la psicoanalisi chiama "L'attesa del figlio meraviglioso" e che consentono di affrontare le difficoltà di farli crescere. Una variante particolare del cosiddetto "Mito Edipico" che indica desideri, pericoli e tabù, nei rapporti tra generazioni. Il messaggio della favola risulta poco accettato o poco accettabile in Italia, perchè nelle ultime edizioni l'incipit è stato soppresso, censurato si direbbe con termine psicoanalitico, ora che la censura sulla stampa è stata abolita.   

 

 

Una  nota sulla delicatezza indispensabile  nell’intervenire sulla moralità e sessualità altrui. Già il rapporto Kinsey, 50 anni fa, rivelava differenze impensabili tra i ceti sociali, e di come gli stili sessuali di un ceto risultavano spudorati e inibitori visti dagli altri; ma tale analisi differenziata veniva subito negata e ignorata in nome di presunti varoli morali. Il biasimato rapporto Kinsey sui costumi sessuali è sicuramente da aggiornare. Dalle riviste e dai video erotici possiamo però notare una certa evoluzione del costume: Dall’inizio degli anni ’90 nei porno, sono rigorosamente depilati sulle parti intime e il culmine degli atti sessuali è di tipo masturbativo. Si direbbe che si promuova l’immagine di una sessualità prepubere e quindi sterile, e non si dica che è colpa della pornografia, che risponde invece alle richieste del mercato. Già Pavlov, elaborando le tecniche di rilassamento per il parto osservava che le difficoltà di parto umane sono maggiori rispetto a quelle degli animali. E le attribuiva a fattori culturali quali il biblico motto “ Tu partorirai con dolore”. Nei primi corsi per educazione alla gravidanza si diceva che l’eventuale cicatrice restava nascosta dal pelo pubico. Ora diremmo che è un marchio, una stigmate che esclude dall’erotismo.

 

Ancora sulla fertilità africana: Discutendone con immigrati e immigrate africani, mi dicono sempre che se non avessero figli sarebbe un dolore grandissimo per i loro genitori, una motivazione alla fertilità che psicoanaliticamente si direbbe che rimanda all'Edipo dell'Edipo, cioè ai sentimenti dei nonni. Tornando alla pubblicità del Fertily day, è certamente una pubblicità sbagliata, pagata con soldi pubblici... ma perchè dovrebbe essere prioritario evitare gli amichetti di colore, forse per salvaguardare la purezza della nostra razza in estinzione?!

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Adolfo Sergio Omodeo

 

 

Adolfo Sergio Omodeo, sono psicologo e operatore sociale. Ho insegnato materie psicologiche ad assistenti sociali e operatori socio sanitari, e ho collaborato ai corsi di Antropologia Culturale presso l’Università di Padova. Svolgo esperienze di animazione e di segretariato sociale partecipato con l’Associazione Progetti Interfaccia. Vivo e lavoro a Padova. Sul mio blog Robota Nervoso, ho affrontato altri temi analoghi con il titolo: Sessuologia ed Etnologia.

 

 

 


Id: 1773 Data: 03/10/2016 14:56:31

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- Letteratura

Metrica e Stilistica

 

 

QUALCHE   NOTA  DI   METRICA  E  STILISTICA

NELLA  POESIA  CONTEMPORANEA       di Adolfo Sergio Omodeo

 

Parlando di poesia con amici e lettori, spesso emergono considerazioni di metrica e di stilistica, che rischiano però generalmente di essere travolti da concetti di estetica dati per ovvi, che credo meriti approfondire. Si può considerare la poesia rispetto alla prosa, per l’uso dei versi e della metrica. Ritengo la poesia più adatta ad esprimere sentimento ed emozioni e credo si possa osservare una correlazione tra uso dei versi e della metrica, con il respiro e il ritmo del lettore- anch’esso correlato ad emozioni e sentimenti.

 

Altra funzione della metrica è quella di sostenere la memoria di chi recita la poesia, ma pure di segnalare eventuale omissione o censura sul testo. La poesia si difende quindi dal rischio di censura. Così la metrica a terzine intrecciate della Divina Commedia, e poi della poesia satirica, ha come si direbbe oggi una buona funzione di antivirus contro tagli e tentativi di modifica. Ogni forma metrica comporta ritmi che evocano emozioni diverse: all’esatto opposto delle terzine dantesche troviamo forse i versi tendenzialmente trisillabi de “La fontana malata” di Palazzeschi; versi ritmati e connessi non più dalle rime ma da un crescendo di enfasi di disperazione, una connessione data  della retorica  piuttosto che dalla metrica.

 

Ogni tipo di verso, con la sua lunghezza e i suoi accenti, evoca sentimenti ed emozioni diverse. Vittorio Campanella, mio professore al liceo faceva osservare come la metrica del Pascoli, generalmente data da versi multipli di tre, rimandava alla musica del valzer, allegro o triste che sia. Sulla base di queste considerazioni la metrica di una poesia potrebbe essere valutata in analogia alla musicoterapia, che in base al tipo di musica valuta le emozioni che possono essere attivate nell’ascoltatore. Rime e assonanze: La rima, soprattutto se lega versi regolari, da una sensazione di completezza; all’opposto l’assonanza, detta anche rima imperfetta, produce una sensazione di ricerca, per certi versi simile alle libere associazioni  in psicoterapia, dove infatti spesso emergono spontaneamente. E un’assonanza tira l’altra si direbbe pensando alle “stanze” di assonanze della antica poesia francese. Come esempi di assonanze: “mi bacia, e il suo bacio brucia come il fuoco”, dice D’Annunzio, proponendo questa serie di delicate assonanze quasi inavvertite; ma se avesse continuato dicendo  “brucia come brace” sarebbe forse risultato più esplicito e atroce. A volte una rima chiude una serie di assonanze  dando forse un senso di ricerca conclusa o un’affermazione definitiva. Per esempio Montale:E andando nel sole che abbaglia/ sentire con triste meraviglia/ com’è tutta la vita e il suo travaglio/ in questo seguitare una muraglia/ che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

 

 

Come dicevo, oggi che il rischio di tagli, censure e distorsioni sui testi poetici sembra superato dal dominio delle tecniche di stampa e dell’informatica, possiamo notare che fare poesia è un modo per cercare di superare soprattutto censure e tabù che dirò tra poco. A conferma ricorderei che Freud nota che la poesia riesce a dire prima, ciò che la psicologia capirà dopo; e cioè una via per dire il non detto dell’animo umano, un modo per giocare a superare censure e tabù, che gravano sui nostri pensieri e sul linguaggio. Censure che secondo Freud sono di vario tipo e più o meno accettabili: da quelle delle nostre inibizioni interiori a quelle imposte dalla convivenza e dalla buona educazione, fino a quelle che il saggio impone a se stesso per non essere escluso dall’ascolto (vedi a proposito David Bakan, “Freud e la tradizione mistica ebraica”, ed. di Comunità, 1977). In generale noterei allora che la psicoanalisi come è noto, lavora soprattutto sui simboli da quelli dei sogni a quelli dei nostri sentimenti quotidiani, cioè come noto lavora esplicitando metafore. Possiamo dire quindi che i sogni e la poesia sono fatti un po’ della stessa materia leggera che sono le metafore.

 

Si dice a ragione che versi brutti e sconnessi emergono nell’espressione di sentimenti difficili complessi e contrastati. Così ritengo che, facendo poesia, riconoscere e migliorare quei versi comporta un approfondimento interiore e direi una sublimazione o una  “catarsi”. Una nota sullo stile personale dei poeti; credo che si possa esprimere con aggettivi: stile vivace, prolisso, lugubre, ecc. Ogni poeta ha personali tabù stilistici che rispetta: chi scriverebbe oggi “l’alma”, il luogo di “anima” per facilitare la metrica! Io per esempio inoltre rifuggo dalle rime in -are. Così ogni poeta ha parole, frasi metafore che (a torto o  ragione) rifugge o che non osa sperimentare, finché a volte trova l’innovativa catarsi espressiva che dicevo.

 

La poesia recente mi pare connessa oltre che dalla metrica, dalla struttura sintattica, cioè la forma della frase e il coordinamento del discorso. Francesco Soave e Filippo Piccini nel 1840 spiegano la funzione di connettivo della sintassi: “Alle volte i termini di una proposizione composta sono tra loro legati in modo che non possono separarsi e ciò accade [ad esempio quando l’attributo è il risultato di un paragone].Come sappiamo dallo strutturalismo linguistico tale coordinamento della frase deriva dalle intenzioni del parlante ( pensiamo all’uso di un eufemismo piuttosto che una frase di biasimo ). Sempre dallo strutturalismo sappiamo che le frasi rischiano sempre di essere più o meno ambigue, e solo tale verifica può disambiguarle. Assumendo che la poesia esprima conflitti e ambiguità dell’animo umano, una certa ambiguità del testo poetico sembra apprezzabile.

 

 Il verso libero ha favorito l’abolizione della punteggiatura, favorendo così una lettura della poesia più variata e potenzialmente più ambigua nel senso di consentire interpretazioni  diverse e parallele. Ancora una nota su rime e altri marcatori di ritmo, i ritornelli di Lorca, le assonanze care alla poesia russa, francese, e alla canzone popolare; e le ripetizioni di Palazzeschi. Non ultimo il ricorrere di chiasmi che ritengo comportino un’accentuazione psicologica di parti del testo: “Immensa appare- immensa nudità”- dice D’Annunzio.

A proposito di una forse inevitabile ambiguità del linguaggio, citerei Shakespeare che a proposito del nero Otello dice: “Se la bellezza accompagnasse la virtù, vostro genero sarebbe più bello di quanto non appaia nero”,  frase che con finti eufemismi sembra anticipare il buonismo del politico “politicamente corretto”. Si vede anche Simone Consorti che dice: “È così lontana l’altra costa/ quando la salvezza/ è in direzione opposta/ Non conosceremo la sua faccia/ né le nostre braccia/ riusciranno mai a stringerlo/ noi che lo aspettavamo/ per respingerlo.” Qui un’alternanza di punti di vista, sorretta da una sintassi apparentemente sconnessa induce a coinvolgerci oltre i pregiudizi sui profughi.

 

Una nota sulla traduzione di poesie da una lingua ad un’altra: in ogni lingua sappiamo che ogni parola presenta delle componenti simboliche e affettive. “Mare” in francese è femminile, evocando meglio che in italiano simbologie sottese che rimandano alla madre e alla femminilità. Come esprimere  questo in Baudelaire che dice: “Uomo libero, tu sempre prediligerai il mare”. Si pensi pure che in tedesco Sole e Luna sono di genere inverso rispetto all’ italiano rendendo quasi intraducibili metafore cosmogoniche o erotiche diffuse nelle letterature. In inglese la Morte risulta legata (nella pittura e certo nell’immaginario collettivo) all’immagine di un vecchio uomo con falce. Come rendere allora in inglese Corazzini che dice: “… mio cuore, per te solo m’accora/ che venga quella Signora/ dagli uomini detta  La Morte”. 

 

Vediamo un classico esempio in cui citazioni e traduzioni si intrecciano: “Disperato dolor che il cuor mi preme”, fa dire Dante ad Ugolino, ricordando Virgilio che con versi ripresi poi da  Annibal Caro nel sedicesimo secolo traducendo  diceva “Infandum regina iubes renovare dolorem “. Ancora a proposito di traduzioni la mia poesia New York ’77, scritta conoscendo T. Eliot ed E. Pound, tradotta in inglese ha consentito di cercare e usare le parole dei poeti suddetti con apprezzato effetto letterario. Si dice a volte che la poesia non dovrebbe essere tradotta per salvarne la musicalità e la pienezza espressiva delle parole. Le traduzioni hanno però la funzione interculturale  di farci conoscere la poesia straniera e anche quando si conoscesse la lingua fanno riflettere su diverse interpretazioni e modi di esprimerle.

 

Una nota merita l’antologia di Spoon River di Lee Masters, tutta una serie di dolorosi casi umani, tradotta in italiano da Fernanda Pivano durante il Fascismo,  che fu imprigionata per questo. L’opera, famosa in America ha acquistato crescente fama e attenzione in Italia e a proposito di musicalità, ne ha trovata una specifica, cantata da De Andrè. Lacan, psicoanalista francese dice: “c’è chi parla in noi” riferendosi all’inconscio, ma dice pure che “l’inconscio è il discorso dell’ Altro”. Riferendosi a come diversi valori morali vivono nelle diverse lingue dice: “chi parla una lingua straniera non può non mentire”. Ma come dice Pessoa, “ il poeta è un mentitore”.

 

Borges nota che la storia della letteratura può essere intesa come una lunga rielaborazione di un ristretto numero di metafore. Così concetti dello strutturalismo “quali le varianti di una favola”, risultano utili per analizzare costanti e innovazioni nelle tematiche letterarie.

Palazzeschi ha lavorato molto su questi temi: si vedano le sue poesie sulle vecchie; “la casa di Mara”; “la vecchia del sonno”, “Corbetta” , oppure le poesie sulle principesse tristi e incomprese. A lui dobbiamo pure uno spregiudicato rimando forse polemico al “Manifesto Futurista”che diceva: “L’asta ideale del volante dell’automobile attraversa della terra…” cui lui risponde:“ Qualcuno cammina più profondo e pigia una sua stampella credendo di sfondare il mondo.”

Ma  a sua volta quando Marinetti dice che l’auto sportiva, forse un’ Alfa Romeo in corsa è più bella della Nike di Samotracia, viene a dire che le auto sportive sono migliori delle Rolls Royce di cui la Nike è il marchio, come fosse una moderna pubblicità comparativa subliminale.

 

                                                                           Adolfo Sergio Omodeo

 


Id: 1759 Data: 15/09/2016 16:45:36

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- Psicologia

Placebo VS Nocebo

PLACEBO VS NOCEBO

 

Il Placebo è un effetto curativo non attribuibile ai farmaci, ma alla suggestione mentale.

Negli studi sugli effetti dei farmaci si inseriscono campioni di controllo che credono di essere curati con i farmaci per verificare appunto che l’effetto non sia dato da fattori psicologici.

Ciò non toglie che l’effetto placebo sia interessantissimo da un punto di vista della psicologia.

All’inizio dell’epidemia di AIDS furono segnalati alcuni casi di recessione della malattia, la notizia aggiungeva che si stavano studiando i possibili motivi genetici. I soggetti in miglioramento si erano fatti fotografare in postura di meditazione yoga, estremo tentativo di comunicare che stavano cercando  e forse stavano trovando  modalità di autosuggestioni curative efficienti.

Le tecniche di suggestione terapeutica sono difficili da definire perché devono adattarsi alle diverse psicologie di soggetti. Milton Erickson dice che  è l’ipnotizzato che guida l’ipnotista mediante piccoli segni di accettazione a rifiuto  delle suggestioni. Eysenck  utilizza teste di personalità per individuare le suggestioni più adatte, nonché le aspirazioni al benessere e le tendenze auto-punitive che si attivano con le malattie.

In tal modo Eysenck ha verificato la triplicazione del tempo di sopravvivenza dopo  interventi di tumori o cardiaci, pur proseguendo le terapie mediche previste; un esempio di come  chirurgia, medicina e suggestioni tipo placebo  possano interagire e come queste siano efficaci.

Analogamente all’opposto è stato rilevato l’effetto di suggestioni nocive. Il cosiddetto effetto nocebo: informando i pazienti dei possibili effetti nocivi di un farmaco si raddoppia e si triplica l’emergere di tali disturbi.

Vengo quindi a un’osservazione preoccupante- la pubblicità televisiva che utilizzando suggestioni negative  rischia di risultare nociva alla salute.

Una reclam di dentifrici dice: se vedi sangue quando ti lavi i denti potrebbe essere… è un messaggio non verbale, ma per questo più incisivo, mostra lo schermo rosso di sangue.

Una pubblicità di yogurt è ancora più micidiale- dice con voce lugubre:  credevo di essere in salute  ma mi sbagliavo, ma per il mio cuore il mio colesterolo era eccessivo. Una nuova variante della reclam dice: con voce dal lamento funebre: credevo che mia mamma fosse in salute, mi sbagliavo… dove l’atroce mestizia della voce rafforza la nocività suggestiva del messaggio.

Le due pubblicità sono volte ad accentuare il malessere degli ascoltatori, due messaggi nocebo.

Certi psicoanalisti hanno pensato che la nostra cultura religiosa induca una certa compiacenza della sofferenza, io credo con Melanine Klaine che a partire dalla primissima infanzia dolori e malessere come ad esempio un mal di pancia vengano interpretati inconsciamente come punizione, punizioni meritate e quindi accettate.

Melanine Klaine  introduce in psicoanalisi il termine di “ malocchio”, inteso come intenzione di nuocere, espressa simbolicamente. Le pubblicità  apparentemente salutari sono in realtà malocchi diffusi via etere? Forse allora dobbiamo adottare tradizionali gesti di scongiuro scaramantico che ritengo attivazione almeno nei maschi reazione di difesa al pericolo.

 

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Un esempio di messaggi nocebo sono le scritte sulle sigarette: “Il fumo uccide”, con varie aggiunte, tra cui la notizia che provoca disturbi sessuali o che invecchia la pelle. Frasi si direbbe scritte solo con l’intento di dissuadere dal consumo, ma dalla psicologia sappiamo che messaggi troppo bruschi e traumatici provocano l’effetto contrario sul nostro cervello, effetto detto “Burnout”. Cioè il messaggio viene ignorato, come quando si distoglie lo sguardo da scene traumatiche.

 

I  messaggi di pericolo attivano adrenalina e ci fanno sentire in combattimento, e ciò riduce pure la nostra attenzione  al benessere e riduce le nostre difese fisiologiche, in alcuni casi attivando allergia. All’opposto ci sono messaggi che evocano situazioni di piacere, attivano endorfine e provocano effettivamente maggior benessere. La buona pubblicità utilizza quelle che sono suggestioni positive; un esempio potrebbe essere un piccolo esercizio per rendere positivi i messaggi sulle sigarette. Io proporrei: “Fumando meno, ogni giorno ti sentirai più giovane” oppure “Una sigaretta in meno migliora il tuo sorriso”

 

Le pubblicità negative non solo tendono ad essere ignorate per effetto del Burnout ma possono risultare nocive sia sul piano dei rapporti umani che della salute dei signoli. 

Molti anni fa in un articolo breve su Uno-Magazine  criticava la pubblicità televisiva di prevenzione dell’ AIDS  che mostrava gli ammalati circondati da un sottile profilo violetto quasi invitando a sfuggirli piuttosto che a una prevenzione del contagio. Di recente in tv, un protagonista di quell’epidemia accusava che quello spot di Pubblicità e Progresso che mostrava i possibili malati circondati da un profilo violetto, aveva aggravato le incomprensioni verso di loro, e le loro motivazioni di salute.

 

 

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AIDS 1990

 

L’attuale spot anti-AIDS in programmazione nelle principali reti televisive nazionali ha suscitato molte richieste di chiarimento fra i nostri lettori. Abbiamo girato le richieste allo psicologo Adolfo Sergio Omodeo, il quale nell’articolo che segue ci ha fornito questo suo interessante commento.

 

Tre anni fa Pubblicità Progresso patrocinò un’impegnativa e delicata campagna sul tema dell’AIDS: un ragazzo nudo rannicchiato per terra,  “chi è colpito dall’AIDS lotta con un nemico dentro di se e uno dentro di te:  la tua paura, ma il virus non si trasmette con rapporti umani”.  Altri spot della campagna: un ragazzo ed una ragazza fanno l’amore,  “il contagio può avvenire attraverso rapporti sessuali con partner sconosciuti e senza l’uso di siringhe infette … fate l’amore proteggendovi” e la ragazza dello spot porgeva seducente il preservativo ad un ragazzo un po’ imbarazzato. L’attuale campagna pagata dal Ministero della Sanità va, invece, gravemente in senso opposto: in televisione  vediamo una scritta nera che minaccia l’aggressione crescente dell’AIDS, poi la telecamera scruta dall’alto di un cesso pubblico due tossicomani, un profilo viola ci fa capire che sono infetti dall’AIDS; poi vediamo incontri, appuntamenti e infine gente in strada che, col profilo viola, ci mostra l’invisibile diffondersi del contagio. Infine viene offerto un preservativo ancora sigillato. La pubblicità a mezzo stampa riporta una scritta sconcertante: “ETERO SESSUALI” (tra virgolette nel testo!) e si annuncia che dopo i tossicomani sono anch’essi a rischio di AIDS. Un disinvolto atteggiamento sessuale può essere pericolosissimo e si suggerisce al minimo dubbio di sottoporsi al test gratuito a anonimo.

AIDS se lo conosci lo eviti. Se lo conosci non ti uccide. Il  decorso di molte malattie è gravemente influenzato da stress di vita e stress psicologici, il terrorismo sull’ AIDS è soprattutto nocivo per chi è ammalato: tutti gli studi sull’AIDS rivelano un altissimo effetto placebo, effetti cioè dovuti alla suggestione psicologica più che alla cura medesima. Nella mia pratica terapeutica ho purtroppo seguito vari casi di AIDS, e l’atteggiamento del paziente sembra essenziale per il decorso della malattia: per esempio i tossicomani risultano molto meno colpevolizzati rispetto a chi contrae il contagio tramite rapporti sessuali, marcanti di più la vita affettiva.

Da un punto di vista psico-somatico la campagna anti-AIDS del ministero evoca solo pregiudizi e stress. Una recente inchiesta svolta in Francia ha rivelato che la gente si attende dai medici, in modo equivalente (30-35%), le seguenti caratteristiche: professionalità, comprensione umana, correttezza e riservatezza. Solo un 5% apprezza un medico autoritario. Da questo punto di vista la campagna anti-AIDS, per chi non rientra nel citato 5%, appare “insufficiente” perché non calibrata sulle attese del pubblico e, questo è più grave, insoddisfacente come strategia di sensibilizzazione. Sappiamo infatti dalla psicologia  della pubblicità che pressioni esasperanti, in questo caso che colpevolizzano e gettano il sospetto sulla propria vita affettiva e sul partner, portano il pubblico ad un black-out sull’argomento.

 

                                                                                                       Adolfo Sergio Omodeo


Id: 1698 Data: 04/05/2016 18:01:51

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- Psicologia

Basaglia e C.

 

 

 

 

Basaglia & C.

 

 

Basaglia: un cane morto? Un marxista a sua insaputa? Da frasi come queste, lette in articoli presunti seri ebbi tempo fa l’idea di ripensare a Basaglia; ripensare alla complessità del suo operato, e a quella del contesto di allora. Vorrei ricordare oltre che lui alcuni sui collaboratori che hanno contribuito alla mia formazione e alla depsichiatrizzazione in Italia in particolare Terzian a Dalla Barba.

 

Avevo conosciuto Terzian ad un convegno sindacale sulla salute. Raccomandava  agli operai di non fare operare  di appendicite le ragazze  loro figlie ,come allora la moda medica suggeriva, guidando a pensare che quei dolorini interni di cui potevano soffrire potevano essere correlati alla loro nascente e conflittuale sessualità. L’intervento avrebbe rappresentato una punizione non cosciente. Una lezione di derivazione freudiana, pensai. Venne varie volte da Verona alle nostre iniziative  culturali a Padova. Spesso concludeva i suoi interventi  con una favoletta zen: in un paese di feroce dittatura si trovavano in carcere un uomo politico, un povero sciocco, e un uomo qualunque, il politico si ingegna per l’evasione, dice all’uomo normale: aiutami, cosa fai? Dice quello, sto cercando di capirmi con questo povero sciocco. Se riusciamo ad evadere  non vorrai mica lasciarlo qui. Quando nascevano i primi centri antidroga aveva organizzato un convegno di operatori e tossicodipendenti, insieme per raccogliere idee e proposte. L’ultima volta che vidi Terzian era diventato rettore a Verona, e stava promuovendo un incontro tra università, sindacati e imprenditori, cercando di avviare quello che si auspicava: la gestione sociale dell’università e della ricerca.

 

Il gruppo del PCI di psicologia, di cui ero segretario, aveva promosso una assemblea per chiedere la “gestione sociale” della facoltà e svolgere tirocini nella realtà sociale. Conobbi Dalla Barba, direttore del reparto di neurologia di Monselice  per proporgli di svolgere tirocini di psicologia nel suo reparto, cosa che fu accettata. Gianpietro Dalla Barba, prima che neurologo era stato psicologo militare, anche lui come Terzian si poneva il problema del rapporto tra  psichiatria e società. Per esempio diceva che occorreva distinguere almeno tre tipi di alcolismo  con le loro diverse dinamiche: l’alcolismo alimentare di chi, come i muratori che lavorano all’aperto, combatte fame e freddo, quello da bar, dei disoccupati che cosi socializzano e ultimo quello “per dimenticare” più borghese e soggetto a interpretazioni psicoanalitiche.

 

Lessi su sua indicazione Camon, “Un altare per la madre”, nuova   mitologica edipica, come mi fece notare. Lessi Zanzotto come poeta che accettava  di guardare l’inconscio, e che citai nel mio libro psicologia  per operatori sociali. Lessi “Fiori per Algernon” storia di un fantascientifico intervento neurologico su un debole mentale, e delle impreviste evenienze sociali e mediche.Disse: come Omodeo tutti da giovani siamo stati affascinati dalla psicoanalisi. Poi mi suggerì di studiare  il training autogeno di Shultz, allievo di Freud impegnato a favorire l’autogestione dei propri problemi psicologici; cosa che feci per vari anni, seguendo corsi e poi tenendoli presso l’ ARCI di Padova, con l’ipotesi che il metodo potesse essere adatto a terapie brevi, di gruppo e che il confronto reciproco favorisse una coscienza sociale del disagio e una sua soluzione.

 

Avevo intanto conosciuto Basaglia. Un giorno ero con Dalla Barba a neurologia di Monselice e mi trattenne in mensa. Arrivò Basaglia -discutevano  nervosamente e io cercando di capire chiesi un chiarimento per rapportarmi alle mie conoscenze di studio a psicologia. Si arrabbiavano entrambi; non volevo o non riuscivo a capire il loro punto di vista?!  Ripensai e ripensai a quel confronto. Capii che si rifacevano alla psicologia esistenzialista piuttosto  ignorata e tabuizata. Non si trattava di diagnosi e percorsi di reinserimento adeguato, come io proponevo, ma di accettare il cosiddetto”vissuto”esistenziale dei ricoverati, e cercare di capirli. Lessi l’io diviso di Ronald Laing su consiglio di Dalla Barba, capii ripensandoci la profondità del test delle macchie di Rorschach che nella loro assurdità fanno esprimere l’emozione   di essere gettati nel mondo, forse senza senso.

 

L’ultima volta che vidi Basaglia era a Siena per  un grande incontro con medici e infermieri dei servizi psichiatrici. Lui proponeva di valorizzare le competenze di ognuno, valorizzando con rapporti interdisciplinari. Rivolgendosi a medici infermieri ma pure a volontari e tirocinanti. Queste due ultime categorie, erano forse un po’ strumentalizzate, pensai varie volte parlando con qualcuno di loro.Dice la collega Sartena che a Belluno fu avviata una fase di de-psichiatrizzazione del manicomio di Trieste. Una sorta di casa-famiglia aperta. I volontari furono coinvolti a socializzare e far socializzare ex ricoverati: conversare, uscire insieme, affiancarli nella giornata, fino a invitarli a pranzo a casa. Dopo l’avvio assembleare con Basaglia, l’esperienza si sviluppava purtroppo tra vecchie conflittualità. Per esempio gli infermieri biasimavano come ricerca di sesso, l’impegno di una già corteggiatissima psicologa cieca dedita, impegnata  a seguire una persona diagnosticata come psicotica; riproponendo purtroppo così il gioco della psichiatrizzazione, con resistenze volte a screditare contributi esterni imprevisti.

 

In effetti era sembrato a quei tempi che la sinergia tra competenze diverse, il “tecnico polivalente”, fosse una soluzione sociale e produttiva inevitabile per il futuro. Però una notte tornando in auto da un incontro di Dalla Barba da Monselice, un sindacalista della Sanità della CISL disse: si è affermato nel nuovo contratto un tipo di mansionario differenziato e gerarchizzato che blocca ogni tipo di collaborazione, e aggiunse : non si sa chi deve intervenire se un paziente ha una caduta, e nessuno può intervenire.

 

Basaglia venne a Padova. Si era dimesso da Direttore del manicomio di Trieste per protesta contro le ostilità al suo progetto di depsichiatrizzazione, ma era stato sostituito burocraticamente dal Prof. Massignan direttore dell’O.P di Padova. Conoscevo Massignan come aperto, attento e stimolante interlocutore. Aveva insegnato ai suoi figli a giocare con i bambini zingari delle carovane di passaggio accampate davanti al manicomio, tanto è che loro furono le mie prime guide tra i rom. Da giovane era stato deportato ad Auschwitz, e moribondo era stato salvato in estremis da un americano nero. A differenza di Basaglia non voleva però essere rivoluzionario, tanto è che criticava il troppo facile delle mode della trasgressione ideologica. Devo a lui la visione della statistica sociale come un modo di vedere ciò che la società e i cattivi operatori sociali non vogliono sapere.  

 

Ma gli sgarbi padovani non erano finiti. Basaglia e Dalla Barba furono invitati a concorrere per insegnare nella nuova facoltà di psicologia; ma mi disse Dalla Barba che erano stati invitati a ritirarsi per evitare il giudizio negativo della commissione su di loro. Un docente rappresentante sindacale commentò che la nuova facoltà di Psicologia nasceva con l’intento di non dare ombra, non mettere mai in discussione la tradizione. Al di là della difesa della tradizione, mi sono interrogato sul grande impegno morale di questo gruppo veneto di “antipsichiatri”. Dalla Barba teneva nel portafoglio, e di tanto in tanto lo estraeva e lo leggeva, un ritaglio della poesia iniziale di “Se questo è un uomo” di Primo Levi; Terzian mi diceva che come armeno sentiva il peso delle persecuzioni etniche subite dal suo popolo; Basaglia, come leggo dalla figlia era stato imprigionato come partigiano dai nazifascisti e certo aveva analizzato su di se l ‘angoscia della reclusione senza chiare prospettive. Noterei anche l’uso sistematico dell’animazione artistica collettiva promossa da Basaglia e che portò a costruire il grande Cavallo di cartone che fu il cavallo di Troia per aprire il manicomio di Trieste.Trovo tra gli scritti di Basaglia  un saggio sulla funzione dei test di disegno nella terapia psichiatrica. La figlia riferisce che suo padre, quando lei studiava la materia, interloquiva con precisione che smentiva chi lo accusava di non scientificità. 

 

Basaglia era un tipo coinvolgente ma non faceva nulla per essere simpatico e poneva sempre nuovi problemi. Con la chiusura dei manicomi come si sarebbe sviluppata la politica del controllo sociale? Creando camicie di forza  farmacologiche o criminalizzando quella che ora lui chiamava la s/ragione. Una delle ultime volte che ci trovammo chiesi ancora  come si dovesse procedere metodologicamente. Mi gridò di rileggere l’istituzione “negata”. Riletta di nuovo recentemente, trovo un costante impegno di rigore. Metodologicamente insiste a dire che le assemblee di pazienti e operatori non sono terapie di gruppo che presuppongono ruolo di terapeuta e malato. Sembrava una stramberia politichese, ma oggi la ricerca psico-sociale offre metodi di analisi sociale e partecipazione elaborati nel campo del marketing; metodi ben diversi da i problemi di diagnosi e intervento, per esempio cosa fare con uno schizofrenico o con un depresso ascoltando invece problemi e proposte dagli interlocutori.

 

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Allego di seguito un breve ricordo di Basaglia con titolo: “Un sogno su Basaglia” pubblicato sul blog robota nervoso il 3/03/2013

 

I sogni che più fanno riflettere uno psicologo sono quelli che chiamano in causa la professione e il ruolo terapeutico, perché consentono considerazioni che integrano la logica corrente del dibattito politico . Così riferisco il sogno di un mio paziente che mi ha indotto a superare le censure del buon senso e di luoghi comuni sui temi proprio della picoterapia e del rapporto con i pazienti


Un paziente mi riferisce un sogno: Sotto una pergola conviviale incontra Basaglia, lo psichiatra da lui conosciuto a un dibattito decenni fa. Lo psichiatra appare affabile per quanto un po’ stanco e invecchiato e un po’ sfumato nei tratti. Il paziente in sogno giustifica il proprio imbarazzo per l’incontro dicendo che lo ha cercato inutilmente ma non credeva che lui fosse a Pisa, e poi si è rivolto ad altri operatori... Qualcuno al tavolo commenta: operatori più adatti ad affettare un fegato che a lavorare in campo sociale.

Il metodo delle associazioni spontanee del paziente esplicita il significato del sogno. La prima è Pisa dantescamente detta vituperio delle genti!... e sembra che pochi sono stati vituperati come Basaglia per una riforma che lui stesso vedeva nascere limitata, contro le sue aspettative; Il richiamo al fegato rimanda alle tecniche di preparazione dei vetrini per il microscopio, ai danni degli abusi di psicofarmaci, ma pure alla separazione delle competenze degli operatori negando il loro ruolo interdisciplinare auspicato da Basaglia .

Un giovane collega straniero, esperto in musicoterapia mi diceva il suo stupore quando venuto a Padova, gli psichiatri dei servizi territoriali si mostravano ben contenti che lui “intrattenesse” gli utenti, in modo che loro potessero più specificamente dedicarsi alle loro prescrizioni di psicofarmaci, ma reagivano quasi indispettiti quando lui citando Basaglia insisteva che per accedere all’animo umano e ai suoi travagli era indispensabile evocare la dimensione artistica

Come spesso accade in psicoterapia, il paziente si trova ad interloquire con lo psicologo e con la sua attività: o meglio lo psicologo è chiamato in causa dai problemi dei pazienti . Da tempo infatti propongo di programmare un momento di studio sulle speranze tradite della riforma Basaglia, e con i contributi umani e culturali che lui aveva suscitato, di psichiatri, psicologi, sociologi infermieri e parallelamente dei pazienti e dei loro familiari, per analizzare tra l’altro cosa resta da fare per il reinserimento dei pazienti e non per fronteggiarli; non a caso forse, nel sogno Basaglia appare infatti sfumato nei tratti.. .

Le ultime volte che ho incontrato Basaglia insisteva che bisognava imparare a capire la “sragione” degli altri. Come notava Laing ne “l’io diviso”, quando il pazientre dice di sentirsi andare in pezzi come uno specchio, dice qualcosa che fa appello alle angosce comuni ad ogni uomo ma che la medicina ufficiale classifica come psicosi e contrasta con uso e spesso abuso di farmaci, confermando che permane la paura umana di guardare dentro se stessi, come già a suo tempo denunciava anche Freud commentando le troppo facili e superficiali critiche contro la nascente psicoanalisi.

 

                                                                                  Adolfo Sergio Omodeo

 

Psicologo e psicoterapeuta a Padova.

 

 

 

 

 

 


Id: 1696 Data: 02/05/2016 17:39:26

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- Letteratura

Simone Consorti, tra psico-linguistica e poesia

 

          SIMONE CONSORTI, TRA PSICO-LINGUISTICA E POESIA

                                                                             di Adolfo Sergio Omodeo

 

Dice Rimbaud già nell’ 800: “Perché io è un altro”, e la psicoanalisi Lacaniana nel 900 specifica: “c’è chi parla in noi, riferendosi all’inconscio, ma pure specificando che: “l’inconscio è il discorso dell’Altro”. D’ altro canto la “pragmatica della comunicazione” ha rivelato che su uno stesso flusso di eventi e/o di comunicazioni possono celarsi i più imprevedibili conflitti interiori e\o relazionali a seconda di cosa venga considerato più o meno rilevante nel flusso della comunicazione reciproca, poiché la cosiddetta punteggiatura  della comunicazione sottende ipotesi diverse  di causa-effetto, e conflitti di ruolo tra parlanti.

 

Già Palazzeschi aveva rinunciato all’uso della punteggiatura e delle maiuscole, affidando a versi brevi e spezzati il possibile alternarsi di punti di vista diversi.

Freud notava che la poesia può esprimere conflitti profondi dell’animo umano prima che la psicologia li comprenda; d’altra parte dalla nuova psicoanalisi francese viene l’attenzione allo Specchio, come occasione di coscienza e di inconscio: vedersi, guardarsi, identificarsi ma pure considerarsi oggetto di desiderio, narcisista o altrui e a volte di rifiuto.

 

Tra queste ipotesi psico-dinamiche e psico-linguistiche , volte a spiegare  l’ ambiguità  inevitabile del linguaggio quotidiano e del linguaggio poetico, si sviluppa  la poesia di Simone Consorti, che dopo una tesi di laurea su “il lapsus freudiano in Pirandello”, ha proseguito come scrittore. Grazie alle pubblicazioni on-line de la Recherche ho letto i suoi ultimi testi, con trasporto, e riletto come occorre fare per entrare nei doppi sensi, nelle ambiguità e nei paradossi della vera poesia.  Dei suoi scritti, “Mi sono affacciato allo specchio di un altro” è una lunga e sofferta storia d’amore che si conclude con il brano omonimo: vedersi e/o vedere qualcuno sicuro di sé, e sapere tuttavia che dentro di lui stanno sgozzando un maiale. Dove malgrado l'ambiguità del testo, sembra che il poeta si sia specchiato senza riconoscersi, soffrendo tuttavia lo strazio interiore di quello che nel riflesso sembra sicuro di se

 

Nell’ultimo scritto “Finestra d’ Italia” Consorti guarda invece all’attualità e al sociale, come per esempio alle tragedie dell’immigrazione <<È così lontana l’altra  costa/ quando la salvezza/ è in direzione opposta/…./ Non conosceremo  la sua faccia/ /…/ noi che lo aspettavamo/ per respingerlo.>> poesia che grazie a un ambiguo gioco di possibili sottintesi e di soggetti diversi, ci porta a identificarci nell’ Altro e poi di nuovo in noi stessi con occhi nuovi e più critici.

 

Finestre d’ Italia integra poesie e foto (poste dopo le poesie): “Non posso abbracciarmi/ anche se mi voglio bene/ anche se mi odio/ non posso tagliarmi le vene” ci fa riflettere e ci guida a immedesimarci sulla foto di un mendicante con le braccia amputate. Oppure:<< immagino/ pensionato anziano/ e il giovane badante/…/ vedo un vecchio  impasticcato/ davanti alla tele/ che urla e non la smette/ e un giovane al PC con le cuffiette>> e la foto mostra un anziano spinto in carrozzina, che ascolta lui stesso le cuffiette…Qui l'immagine è divergente dal testo ma indica comunque una possibilità, una volta rincasati, su cui ci induce a riflettere. Così il gioco tra i messaggi verbali delle poesie e quelli visivi delle foto può portare a concepire altre situazioni umane possibili (d'altronde l’amico fotografo Gianni de Polo mi fa notare che noi siamo portati a concepire noi stessi come ci si vede allo specchio, per es. invertendo destra e sinistra, cosicché le foto hanno un effetto straniante pur mostrandoci meglio come ci vedono gli altri, e ci paiono più belle e  veritiere se vengono sviluppate invertendo il negativo).

 

Consorti torna varie volte sul tema dello specchio e sul tema dei ciechi:  << di giorno vanno di notte deserti/…/ ma ho visto ciechi/ che hanno visto ciechi che hanno visto se stessi allo specchio>>;  versi dove l’apparente sconnessione logica e sintattica ci guida a immedesimarci nei ciechi, ( direi meglio di Baudelaire  che si chiede cosa domandano al Cielo tutti questi ciechi con i loro sguardi persi) e rimanda alla nostra cecità verso noi stessi.

 

Una nota merita l’uso della metrica, sempre imprevista e delle rime, anch’esse impreviste, confermando una ricerca tra contenuti e forma stilistica che vuole evitare costantemente di essere banale o consolatoria, come purtroppo mi appare gran parte dell’attuale poesia italiana. Grazie allora a Simone Consorti e al sito editoriale de La Recherche che propongono nuove interessanti letture ma anche inducono  considerazioni sulle nuove vie della poetica attuale, in cui anche io mi sento coinvolto.

 

                                                                                               Adolfo Sergio Omodeo

 

 


Id: 1695 Data: 02/05/2016 17:34:17