Di Loredana Savelli
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Giorgio Mattei
- 01/09/2011 10:01:00
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Poesia o metapoesia? Direi entrambe, in questa pubblicazione così ricca di spunti e di suggestioni. Quanta lettura (e letteratura) si cela dietro questopera, cara Loredana? Davvero tanta: dalla Merini a Magrelli, fino al graditissimo omaggio a Rodari. "Un poeta scrive sempre la stessa poesia": è solo uno degli aspetti, (e dei versi) con cui mi trovo daccordo con te (insieme allamato confondersi del confine "tra musica e poesia"). E se "Le parole allontanano gli amanti", "Chi dirà lultima parola", dunque? Forse resterà opportunamente non detta, celata in quei "Silenzi" così fecondi e gravidi di poesia, che sono un rifugio sicuro per tutti noi seguaci della "Lampada/ charda soave", come affermava Pascoli. "Chi ha paura della poesia?" Potrebbe essere il titolo per un convegno! Credo davvero in tanti, a cominciare dai lettori fino ai politici... perché la poesia, per chi scrive e legge, è uno specchio dabisso che riflette la Verità: su di noi, sullumano; di conseguenza è inevitabile che provochi vertigini, e paure. Complimenti ancora e un abbraccio!
Roberto Maggiani
- 08/07/2011 11:40:00
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@ Alessandra, hai detto cose molto belle sulla poesia di Loredana, penso che sia proprio ciò che la caratterizza. Chiaramente ognuno che legge vede diversamente o diversi aspetti, ma questo che dici aderisce molto bene anche al mio pensiero.
Alessandra Ponticelli Conti
- 08/07/2011 10:18:00
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Ho letto con grande interesse il tuo libro e mi complimento per la bellezza e la varietà delle liriche. Ciò che più mi ha colpito è il tema ricorrente della funzione del poeta, che mi ha evocato poeti come Victor Hugo, Alfred de Vigny e soprattutto Baudelaire. Nei tuoi versi, davvero, quelle " Correspondances" attraverso le quali luomo può entrare in contatto con i misteri del mondo che lo circonda e decifrarli si concretizzano. Complimenti sinceri, Loredana e un saluto affettuoso.
rosaria di donato
- 07/11/2010 17:49:00
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Poesia lieve che scorre sulla pagina come acqua tra le dita. Scrittura chiara e trasparente filtrata dallo sguardo sereno di una donna che accoglie i colori del mondo!
Rosaria Di Donato
Maria Musik
- 29/10/2010 18:23:00
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Questo libro è del tutto simile alla Loredana che ho avuto modo di conoscere: attento, preciso, a volte minuzioso, colto, umile e temerario, attento ai particolari, un po ritroso ma infinitamente amorevole pur nella severità, anzi, austerità che si autodemolisce con un guizzo, unironica strizzata docchio. Questo libro è pieno di apprendimento e lapprendista non dissimula la sua ricerca e non si sostituisce al maestro. Grazie, Loredana, so che questo "piacere" ti è costato molto. Grazie perchè, non smentendoti, hai chiuso con gli omaggi, chinando il capo, con gentilezza e gratitudine, davanti ad autori che nessuno di noi avrebbe avuto il coraggio di ricordare con più di una frasetta estratta, per paura di sbiadire nel confronto. Grazie, perchè ci hai messo "la faccia": in cambio, potrai ben dire, che in molti ti abbiamo riconosciuta.
Eugenio Nastasi
- 26/10/2010 17:56:00
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Se cè un limite che svapora dai versi di Loredana Savelli è il non lasciar correre la sua poesia come evidentemente fa con la musica: la leggo un pò troppo sorvegliata, curata nella forma, anche se lo scatto finale non manca e ci dà lo spessore del dettato, invitandoci ad attendere il suo work in progress. Allora gli auguri sono amicali e dobbligo.
Antonio De Marchi-Gherini
- 24/10/2010 23:05:00
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Fresca e leggera, ma anche piagata e dolorante. Una poesia dai molti volti e dalle infinite mani. Bene, un po più di controllo come dice Bettarini, ma continua così senza perdere la freschezza e lingenuità, un po alla Lamarque e un po alla Mullon.La voce mi sembra ben impostata e il ritmo buono. Il testo, si presta a più letture, e questo credo sia un valore aggiunto, auguri e un abbraccio, antonio
Maura Potì
- 24/10/2010 22:01:00
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Sono in grave ritardo, ho appreso solo ora di questo evento, che peraltro attendevo da tempo. Loredana, voglio leggere questo e-book con tutta lattenzione che merita e ti chiedo scusa se non lo commenterò subito. Sarà interessante leggere i tuoi testi poetici con la successione che hai scelto: ti leggo da più di un anno, quasi ogni giorno, ma leggere una raccolta è unaltra cosa, si colgono altre sfumature, si coglie "il senso dellopera", perchè ogni opera ne ha uno che può essere sfuggito allo stesso autore durante il processo di scrittura, per poi venir fuori come una vera e propria "illuminazione". Troppo lunga questa premessa, mi fermo qui, in attesa di leggere con piacere le Poesie al Quadrato di quella che considero una mia amica di penna.
Narda Fattori
- 24/10/2010 15:29:00
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La poesia della Savelli è in cerca di una giustificazione e nello stesso tempo demistifica il detto e levento, si arrotola sulle parole, si fa le unghie come un gatto strusciandole sulla pelle del vissuto e dellesperito. Ma è come una partitura triste che irride il suo tentare di essere " musica "; poesie, poeti, parole, sillabe,... sono termini che ricorrono di frequente; pare una poesia sulla poesia , epistemologica. E le parole entrano dentro e a volte si limitano a stare a guardare. E la vità, limpossibilità di viverla tutta nella sua complessità , è la poesia che non cambia il mondo ma aiuta a vivere.
leopoldo attolico
- 23/10/2010 22:49:00
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Se l"onorevole" Bondi raggiungesse questi risultati ( v. esaurienti commenti precedenti ) sarebbe sicuramente un poeta . Ora è una ipotesi . Ma siamo certi che si farà. I suoi occhi dartista bruciano di desiderio , e la Musa è con lui .
Daniela Ronchetti
- 23/10/2010 19:38:00
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Piacevolissima lettura. Leggendoti sono sempre piu convinta, che il web da a tutti noi la possibilita di leggere opere di autori, che pur non facendo parte del paradiso dei grandi nomi conosciutissimi, riescono forse piu di quelli,a trasmetterci emozioni, che spesso, sono le stesse della nostra vita di tutti i giorni, ma forse per questo, piu sentite e amate.Ciao e complimenti per il tuo bel lavoro.
Mariella Bettarini
- 23/10/2010 18:58:00
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Ho letto con molto piacere questo tuo (può andar bene il "tu"?) testo poetico, che sono lieta lamico Roberto ti abbia suggerito, invitato a pubblicare in e-book. Euna poesia assai "sentita", interiorizzata, amata (e dunque del tutto "amabile"), con una "lingua (quasi sempre) esatta" e buoni risultati stilistici. Emblematici i cinque versi della poesia dal titolo "Poesia", per esempio. "Tra musica e poesia", dunque, ti faccio molti complimenti e vivissimi auguri per questo tuo appassionato lavoro poetico (e per la tua attività musicale, naturalmente). Con amicizia, un saluto da Mariella Bettarini
Stelvio Di Spigno
- 23/10/2010 10:03:00
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Cantabile ma essenziale, lirico fino allo spasimo ma senza mai ledere la sensibilità del lettore, quindi direi liricamente energico e organizzato per temi e misure, anche misure ampie. Complimenti a Loredana per il suo lavoro. Un caro saluto anche agli amici de LaRcherche.
liliana ugolini
- 23/10/2010 06:35:00
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E vero, ogni poeta scrive sempre la stesa poesia perché narra il suo pensiero in una storia di segni. Nella sua poesia cè anche molto della sua musica interiore lieve e dissonante. Un buon testo che ho letto con piacere.
Roberto Perrino
- 23/10/2010 04:52:00
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È quasi un anno che leggo Loredana su queste pagine web, e ho seguito il raffinarsi del suo esercizio di scrittura, prolifico e incontenibile. La necessità del poetare, quasi taumaturgica, ha fatto sentire la sua potenza attraverso Loredana, e lha sostenuta nella progressiva scoperta di una capacità espressiva sempre più ispirata ed evoluta nelle forme. Nella lettura di questa sua Poesia <<al quadrato>> mi sono immerso in un viaggio di ritorno verso il mio Paese, verso risonanza e afflato, onorato dellinvito: <<Ora raccontami tu del tuo giardino>>, convinto che <<anche io dovrò imparare la lingua esatta per dire>> e che <<la poesia Non abbia niente a che fare Con la paura.>>
Loredana Savelli
- 22/10/2010 21:38:00
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Ringrazio tutti. Uno dei temi delle-book (forse "il" tema) è lincomunicabilità. Se sono riuscita a comunicare anche una sola immagine poetica, per me è una vera soddisfazione. Un caro saluto e un augurio ai lettori.
Nando
- 22/10/2010 19:54:00
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Le parole hanno bisogno della vita; e la vita ringrazia le parole, perché attraverso di esse può raccontare se stessa.
Complimenti Lory, una bella ed improtante tappa nel tuo percorso poetico.
Maria Grazia Cabras
- 22/10/2010 19:06:00
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Gentile Loredana Savelli,
si veste di autenticità, sensibilità, ricerca di senso questa Sua ri-nascita in versi. Le giungano i miei auguri più calorosi e sinceri.
pietromenditto
- 22/10/2010 17:37:00
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Quello che impressiona della poesia di Loredana Savelli è il contrasto - che è già sigillo di una poetica - tra la “leggerezza” del suo raccontare, rivendicata per autografia già in esordio (La mia musa), e il rapporto ossessivo, ma nel senso positivo del sentirsene per privilegio assediata, con la parola e la sua destinazione finale: la scrittura. Solo ad elencarli, ne sono bastevole testimonianza i titoli delle sezioni, che non lasciano dubbi sull’asse intorno al quale gira la terra abitata dalla scrittrice. Un pianeta che rivela tutta la complessa trama dell’incontro-scontro tra il detto e il non detto, il dicibile e l’ineffabile, che si svolge sia nell’alto di cieli insidiosi che – se è attendibile la sentenza della Tavola di Smeraldo – nel basso, precipitando, meteora significante, al cospetto della poetessa, facendosi giardino-laboratorio dove tra le petunie e le ragnatele (grandi simboli per chi va cercando) leva quei vapori magici che, dissolti, sveleranno la vittoriosa fissazione grafica di una ricerca febbrile, dei sogni e della sapienza di senso che questa produce. E qui non è lecito sorvolare sulla particolare affinità che lega l’ Eden-specola della Nostra a quello della americana Louise Glück, il giardino nel Vermont, che le ha ispirato la raccolta "L’iris selvatico" (1992), una appassionata interrogazione, rivolta al Dio creatore del giardino, dalla poetessa che il giardino lo cura e pone domande. Le differenze tra le due poetiche – metafisica quella della Glück, altrettanto profonda ma laicamente ‘teologica’ e più legata ai dati della realtà concreta quella della Savelli – non proibiscono questo parallelo, che risulta ancora più illuminante se sostituiamo al “padre irraggiungibile” della prima il suo dispiegarsi come Verbo, come parola-Verità, che la fatica del poeta (la Nostra) deve incanalare nell’involucro dei significanti, perché alla fine quella possa rilucere nel circuito delle parole ritrovate. A corroborare l’uso che abbiamo fatto in limine dell’aggettivo “ossessivo” (nel senso positivo già precisato) è la quasi assoluta mancanza di componimenti che rimandano all’amore o ad altri temi topici della poesia, se facciamo eccezione per il mesto e rassegnato riferimento alla poesia-poetessa di "Quando la poesia mi viene a trovare", che “ha detto tutto / Quando era il tempo di scrivere lettere / Come Eloisa aspettando Abelardo / - E intanto innaffiava i suoi crisantemi -.” e nella conclusione di "Le parole allontanano gli amanti" (che nasconde, forse, una dichiarazione di poetica contrassegnata dalla volontà di non condividere il frutto della parola finanche con la persona amata). Ma questa potrebbe anche essere una plausibile scelta dell’autrice, che, al suo esordio, ha voluto mettere in chiaro innanzitutto il tema o i temi dominanti, se non esclusivi, della sua poetica. Dicevamo: i titoli delle sezioni. "Ispirazione": quella a cui non credono coloro che sono deprivati del dono della poesia non artefatta. "Poeti": una serie di folgoranti agnizioni che illuminano la figura del poeta, questo interprete della musica invisibile dell’essere. Il poeta “sa che la strada non finisce” (Un poeta scrive sempre la stessa poesia); i poeti “preferiscono il mare / Perché hanno un conto aperto col cielo” che, aggiungiamo noi, si nega e li colpisce, “la luce li incenerisce” precisa l’autrice (I poeti preferiscono il mare); il poeta “Ha il corpo / Di un uomo qualunque”, “Forse legge una storia di segni”, che deve tradurre e l’autrice sottintende questa fatica insita nel mestiere di poetare (La morte del poeta è uguale alle altre); i poeti devono sopportare l’incomprensione e la persecuzione “Non c’è più tempo / per la musica e la poesia” e, alla fine, “Nel Fanum dissacrato / né canto né incanto”. "Vuoti e pieni": una acuta riflessione su "la pagina bianca", "lo spazio bianco", "il foglio bianco", più che sul pieno, condotta stupendamente soprattutto in "Il trauma della pagina bianca" e "Lo spazio bianco", con la domanda filosofica: “Perché parlare se / Tutto /E’ già successo?” (Perché parlare?) che da sola potrebbe rendere sapide tutte le composizioni del volume, se queste non fossero già ricche del loro. E questa (mi si perdoni l’abuso del termine) ossessione del bianco ci fa irresistibilmente pensare a Moby Dick, all’incubo dello scrittore che è quello di Achab; al gesto di strappare il foglio (l’immagine è nostra, n.d.r.) che corrisponde a quello di sconfiggere la balena che indossa il colore della rinuncia, come il nero è quello della perdita. Forse Melville immaginò bianca la balena anche per questo. "Tranelli": in cui (La lingua esatta) l’autrice realizza che dovrà “imparare la lingua esatta per dire / Che sul sole è apparsa una ruga di saggezza ”, confermando una volontà di ricerca delle parole conformi al vero, di parole pesate per verificarne la loro aderenza alla realtà sorpresa nel suo offrirsi alla facoltà poetica, capace di tradurla o circolarmente e umanamente ritradurla nel Verbo di cui è manifestazione universale o particolare. "Silenzi": che in "Hanno rapinato le parole" annovera il termine parole ben quattro volte, secondo una coazione a ripetere che quasi tende a farsi mantra liberatorio dall’amato-odiato versificare; e in "Enigma" registra la vittoria del nome (ha–shem “il nome” biblico), che da sbriciolato, in un contesto di rovine che coinvolge l’intero alfabeto diviso, perduto il volto, mosso da forze a lui estranee, arriva a ricomporsi, ritrovando il fil rouge ma non i giocatori-poeti (ci chiediamo, riconoscendo l’Enigma: per affermare una assoluta autonomia dallo scrivente o per temporanea incapacità di questo?). E, ancora, la dolente constatazione in "Musicalità" di non aver ancora appreso (Il canto tenue della sera), dichiarandosi meno delle foglie che “ Hanno un orecchio / Più sensibile”; e, poi, nella stessa sezione, la rinuncia alla defatigante caccia all’ “infinito e inaudito” da riporre “in quel cassetto / che sprigionava un odore / Di naftalina scaduta”. O la confessione struggente in "La voce" di un desiderio carnale e spirituale insieme di “Poter toccare la voce!” e le “Coralline / Barriere” erette dalla parole che “Navigano / Distanze / Sconfinate” pur di sfuggire alla caccia del poeta. "Detto/Non detto": sei volte il termine dominante di parole compare in sei componimenti (e non è per nulla scontata tale pervasività) attraverso i quali le parole stesse si fanno “polvere” e “L’istinto, stranamente, non ha parole” (Giri di parole); le parole sono “senza rumore”, “praticamente inutili”, “già dette”; il discorso "Era tutto sottinteso" (titolo che dolorosamente riassume la condizione del cercatore d’oro poetico e delle pepite sotto uno strato di sabbia e ghiaia da setacciare); il tempo di “Una sola parola un punto-luce / Sufficiente per illuminare / La vita già trascorsa / e quella da attendersi” ; vengono liberate dalle pagine scritte, per essere metamorfizzate dall’elemento “giorno” e l’inconcludenza espressiva (Metamorfosi) di oggi viene rimandata a domani. Davanti a tale invocazione al dire, desiderando con tutta se stessa poter “tenere nelle mani un’anguilla” – per citare la metafora di Girolamo che si riferiva all’imprendibilità del senso del Libro di Giobbe – davanti a tale composta e vibrante passione, come si fa a non pensare ad un analogo “delirante fermento” che bruciava l’Ungaretti di Commiato? Alla parola trovata, che è scavata come un abisso nella vita del poeta, del trovatore? Come si fa a non collocare Loredana Savelli nel mainstream di una ricerca che l’ha condotta ad esiti che sembrano esaurire tutte le possibilità della disposizione poetica intorno, dentro e ‘fuori’ della parola? Perché noi che scriviamo non conosciamo solo questo esordio, ma siamo anche testimoni della continua militanza dell’autrice nel territorio impervio e pieno di tranelli (non a caso il titolo di una sezione del volume) della "parole" che comincia dove finisce quello rassicurante e prevedibile della "langue". "Fine della poesia": aggiungiamo noi: provvisoria. La stagione invernale, la nigredo alchemica che prelude all’ottenimento della parola filosofale, descritta con una apparente rassegnazione che affila già gli artigli che ghermiranno nella maturità del tempo il frutto del giardino delle Esperidi. "Ripensamenti": con la stupenda e linguisticamente abbacinante "Tra musica e poesia", dove un’impasse raffigurata come caos espressivo viene risolta con gustosissima ironia e sapiente, modernissima scrittura e il dubbio sul “movente” dello scrivere “E’ segreto”, pur attenendo “All’essere vivente” (Scandalo). Ma subito interviene a sorpresa la mossa del pensiero dominante a suggerire saggiamente che “Smettere di parlare, ora, / Sarebbe come consegnare / Le mani alla mutilazione”. La bellissima parafrasi woolfiana (dal dramma di Albee) “Chi ha paura della poesia?” (Dicono che la poesia) “rivoluzione” senza paura, chiude le composizioni prima degli omaggi. Ma noi, con questo breve scritto, è a Loredana che intendiamo rendere omaggio. Alla sua perseverante e appassionata endura che tra battaglie vinte nella felicità linguistica raggiunta o provvisoriamente perse con valore, per la soverchiante forza del nome (dell’ha-shem), della voce, che si da e si nega nell’eterna ritualità di un sapienziale, iniziatico corteggiamento, riesce comunque a disegnare il cerchio perfetto di una ricerca esclusiva e a tratti apparentemente estenuante. Che forse più dalle sconfitte - releganti momentaneamente nel silenzio - che dalla gloria dell’incatenamento dei significanti al loro volto esposto fuggevolmente all’occhio poetico, trova il coraggio e, con esso la forza, di proseguire all’infinito la battaglia per la conquista di un senso, del senso.
Pietro Menditto
Tiziana Colusso
- 20/10/2010 16:08:00
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con passo lieve, corporeo e riflessivo, la poesia di Loredana Savelli trova la sua andatura. Mi è piaciuta molto la sezione PIENI E VUOTI, il suo sottinteso al respiro, allalternanza tra pagina bianca e scrittura. Ho ritrovato con piacere un mio verso recentissimo "Accade la poesia per pieni e vuoti in bilico tra tecnica/e magia - techné candoblé - motori e penne remiganti...... ": è bello vedere che tra i poeti esiste una rete di pensieri, di sensazioni, di intuizioni, come fossimo tutti frammenti di un unico organismo vivente...
Guglielmo Peralta
- 19/10/2010 19:44:00
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Per Loredana, lo sappiamo, la Poesia è (del resto, come per tutti i veri poeti) una "passione" inestinguibile, una presenza costante, "un ritmo/ Vagamente ossessivo" e "una meditazione". E, dunque, è una ricerca infinita, perché la poesia, generata dalla Poesia, è limperfezione ("Quasi-poesie") ed è linfinito della scrittura poetica, in cui la Poesia resta irraggiungibile, ineffabile. "Un poeta scrive sempre la stessa poesia". Questa ripetizione, in cui le parole sono moltiplicate, è solo un elevare a potenza ciò di cui non si conosce la radice. Tuttavia, la Poesia è sentita, avvertita visceralmente, ed è un parto difficile: "Il trauma della pagina bianca", che toglie "il respiro", che ci consegna allangoscia; limpossibilità di abitare il Linguaggio che ci domina, di parlare per sottrazione, fino alla "resa", fino allimitazione del silenzio. "Perché parlare se/Tutto/E già successo?" La creazione è un punto. E una poesia compiuta, un miracolo irripetibile, un infinito chiuso in un "puntino piccolo piccolo", "svanito tra le stelle". Partorire, allora, è andare a capo, ricominciare, sperando di potere duplicare il miracolo, di trovare la radice quadrata dellinfinito poetico!
Lorena Turri
- 19/10/2010 18:54:00
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Prendo spunto da quanto espresso da Franca per esprimere un mio pensiero. Se penso alle petunie su un balcone, riesco a vedere anche tante piccole ragnatele che i ragnetti tessono proprio perchè tra i fiori si trova il cibo giusto per loro: gli insetti. Sappiamo tutti qual è il rapporto fiore-insetto. Linsetto si nutre col fiore, favorisce la sua riproduzione, lo fa ammalare, talvolta morire. Il ragnetto con la sua ragnatela non può che essere utile al fiore. Detto questo, che è un semplice dato di fatto, e ritornando alla "Musa di Loredana", vedo sia la petunia che la ragnatela come "luoghi" distinti dellispirazione. Da una parte la Natura e le sue bellezze, la realtà semplice, la famiglia e dallaltra il web da cui lautrice riesce a fruire muovendosi al suo interno con intelligenza. E una mia lettura.
Franca Alaimo
- 19/10/2010 17:24:00
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Loredana Savelli si muove allinterno della poesia con quellentusiasmo di chi ha scoperto da poco quali possibilità espressive essa conceda a chi la scelga come compagna di vita. Per ben due volte Loredana apparenta la poesia con lorgano riproduttivo femminile dellutero, ("utero atavico/ che genera favole" e "Nellutero della terra/ germinano parole nuove") per spiegare come la sua esigenza di poetare sia di natura viscerale e salga dal più profondo di se stessa. Altrove parla di "parole-scheletro/ dentro carni vive" sottolineando la funzione portante della poesia nella sua vita di donna, al punto di avvertire che, se mai dovesse smettere di parlare, "sarebbe come consegnare / le mani alla mutilazione"; immagine questultima che ritengo una tra le più belle e vigorose della raccolta. Nonostante questa autentica passione per la poesia, Loredana non la enfatizza, anzi, spesso rappresenta la sua musa come una semplice e modesta signora che traffica tra petunie e ragnatele; che mette a posto le masserizie e si dedica alle cose quotidiane. Di fatto, una simile Musa somiglia moltissimo alla poeta,la quale sa come la poesia non abbia bisogno di una vita straordinaria, per il semplice fatto che è essa stessa a renderla straordinaria. Infatti, quelle petunie e quelle ragnatele conn le quali la Musa umile di Loredana traffica sono davvero solo petunie e ragnatele, o, invece, piuttosto, non si fanno simboli rispettivamente di vita e morte, splendore e squallore? Le cose, infatti, le cose toccate dalle dita della poesia si trasformano sempre in qualche altra cosa. Loredana lo ha capito ed è per questo che non vuole solo più le mani per fare tutto ciò che esse possono e sanno fare, ma vuole mani cha tessono parole su parole.
Lorena Turri
- 19/10/2010 11:21:00
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Buongiorno Loredana! Come ci si sente dopo aver superato una tale prova? Credo di poterlo immaginare, per quella similitudine che riesco a percepire nei nostri entusiasmi. La lettura del tuo e-book ha chiuso la mia giornata. Sono stata quasi la prima a scaricarlo (la seconda, in verità) e lho letto prima di coricarmi. Purtroppo era molto tardi e, volendo leggerlo tutto, lho fatto in fretta e pertanto penso di ritornarci sopra con calma e gustarmelo a piccole dosi giornaliere. Ho ritrovato la Loredana di sempre, che da sempre conosco. Nota come il "sempre" abbia valore temporale soggettivo, in fondo sono solo un paio danni che ci "conosciamo" attraverso le nostre parole. E le tue parole sono ben modellate e ben modulate, sono petunie sul balcone della Poesia, instancabili nelle loro fioriture e tu stessa sei petunia in quellamore (per la Poesia) che non riesci a nascondere. Davvero tanti complimenti. Ho apprezzato molto la presentazione di Roberto Maggiani, pulita e mirata. Accetta i miei auguri e il mio abbraccio.
Con stima, Lorena
Giuseppe Terracciano
- 19/10/2010 09:59:00
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Cara Loredana, innanzitutto ti faccio i miei complimenti per questa prima prova. Lho letta con molta attenzione dallinizio alla fine. In più di unoccasione cè stato qualcosa che mi ha piacevolmente colpito. Non avendo molto tempo a disposizione, devo uscire per un controllo medico, mi riprometto di analizzarlo con più calma. Complimenti anche a Roberto Maggiani per la capacità e limpegno e alla fotografa per la bella foto di copertina Buona giornata! Giuseppe
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