eBook n. 121 :: Cinque passi, di Anna Belozorovitch
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Giorgio Mancinelli - 04/01/2013 10:12:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]
Non c’è fraintendimento nella dimensione dei ‘cinque passi’ della poetessa Anna Belozorovitch, così ben organizzati dall’essere esaustivi. Così come pure negli scatti strepitosi benché metafisici della Susanna Strapazzini. Siamo qui all’interno di quello che ben si può definire un ‘viaggio nel viaggio’, nel senso del bisogno interiore e nel recupero di una pratica che si fonda sulla trepidazione e sull’alterazione del quotidiano riscontro d’una eccezionalità intimistica che chiede, non pretende, di misurare in ‘passi’ il senso del proprio essere. E lo fa senza snaturare la sua essenza psichica ‘di donna’ prima, al di fuori di ogni giustificazione; e di ‘persona’ poi, che non abbisogna di legittimazione. Più come manifestazione della propria libertà, cioè di attribuire ‘un senso’ alla sua esistenziale capacità di essere. Non è comunque la sola ragione e, forse, neppure la più importante che mi riesce di cogliere in questa lettura pulita in senso ‘nichilista’ , vera in chiave di ‘verità’. È alquanto difficile essere ‘veri’ con se stessi quando tutto intorno suona falso e artato in misura eccessiva; quando non si riesce a dare un ‘senso’ alla quotidianità della vita, ad accettarla, cosa più dura questa, che vede insieme la ‘ribellione’ intima; il ‘successo’ perseguito perché altrimenti non si è nessuno; e la straripante voglia di chiedersi ragione di ogni cosa. Cinque passi che sono appunto ‘un viaggio’ intorno a se stessa, che colgono in sé quello ‘spirito del viaggio’ che spinge ognuno di noi a partire, ma se ci chiediamo ‘per andare dove?’ ecco che non sappiamo rispondere. Ed ecco che Anna Belozorovitch in breve, nel breve tempo di ‘cinque passi’ essenziali (per questo nichilisti), ci offre la ‘ragione’ del suo muoversi misurato:
“No, mai avere dubbi prima di partire. / Non e il termine. Non e l’arrivo. / Non e il viaggio. Partire e anche aprire / gli occhi, al mattino, il giorno di partenza. / E ogni discorso, anche inutile e privo / d’attinenza, che si fa sapendo / ch’e il momento ultimo di dire, / che l’attimo non si ripeterà, / che nessun gesto avrà ritorno. / Partire e molto prima di andare, / e senza muoversi, e il solo salutare. / Partire e anche ogni giorno”.
E continua, a muoversi in ogni direzione della bussola, per darci l’esatta dimensione della sua posizione, che è anche il suo punto di osservazione, dall’alto/nord al basso/sud, ad ovest come ad est, in cui la sua persona tenta la discesa come la risalita, la fuga e il ritorno dentro quella dimensione che non l’abbandonerà mai, perché l’ha fatta sua:
“E tanto che sono in viaggio. / Son scese notti e risaliti soli, / spazzate nuvole, sbocciati fiori, / fiorita neve, sciolto il ghiaccio. / M’affretto, accelero: non m’avvantaggio. / M’affretto, perdo il fiato. Sudo. / Mi spoglio, ho freddo. Mi ricopro ancora, / ma sento il mio corpo nudo”.
“Forse non e lo spostamento. / Forse non c’entra la distanza. / Forse non c’e un arrivo. / Forse rincorro solo il destino. / Forse non mi aspetta niente. / Ovunque guardo vedo segni della mia memoria. / Chiunque incontro nel cammino /narra la mia stessa vita. / In ogni luogo riconosco, come in un sogno ricorrente, /qualcosa che credevo di aver inventato, /e ogni nuova pagina che sfoglio / sembra rubare un pezzo della mia storia”.
Liricità e canto, non ricercato, non voluto, ma spontaneo nel suo ‘vivido’ fluire, meravigliato e meraviglioso come d’una ingenuità che è ancora candore, sbigottimento di donna davanti all’oscuro presagio dell’alba portatrice di una speranza nuova, d’una nuova reincarnazione che fa l’effetto di un brivido sulla pelle:
“Poi, l’alba. / Un’alba come ogni mattino, ma diversa. / La luce come dopo ogni oscurità, / ma questa e più luminosa e più bianca. / Forse l’oscurità era più densa, / forse la notte era stanca, / forse quest’alba ha una nuova età”.
E così, passo su passo, dopo l’abisso, lo stordimento, il recupero, l’incanto, il tornare ad essere se stessa in chiave che più ‘poetica’ non si può:
“E sento d’essere arrivata. / E sento che ogni cosa inizia ora. / Non c’e alcun viaggio che io debba fare, / non c’e alcuna vera meta, / nulla da conquistare, da raggiungere... Non c’è. /
C’è solo il bagliore dell’aurora. / E sono io, sono io la strada, / ed è la vita che percorre me”.
Sì, viene da dire, “C’è solo il bagliore dell’aurora”, che precede l’alba, ed è pretesto di rinascita, di ascensione al mantra dei primordi, o se vogliamo alla fede degli avi ancestrali, dove la parola era ancora strumento del pensiero, formula che attendeva solo d’essere pronunciata.
Loredana Savelli - 14/12/2012 08:48:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]
Ho ritrovato nelle-book molte poesie del volume cartaceo "Cinque passi" pubblicato per Greta edizioni, libro agile ed elegante, con la copertina rossa e bellissime foto. I testi, nella loro limpidezza, rendono tangibile il viaggio di cui si parla, passo dopo passo, senza dare mai unesatta definizione della meta, né del percorso. Dice infatti lautrice: "Forse non è lo spostamento/Forse non centra la distanza/Forse non cè un arrivo".
E nel "forse", a mio avviso, la sintesi della poetica di Anna Belozorovich. Intendo la disposizione mentale e poetica ad una eventualità di senso, nella molteplicità delle dimensioni della persona, sicché il viaggio "sono io, sono io la strada, ed è la vita che percorre me."
Consigliato!
Franca Alaimo - 12/12/2012 22:28:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]
La Belozorovitch scrive una poesia limpida che traccia senza perplessità il senso dell’esistere. Il topos del viaggio è interpretato in modo molto personale, accogliendone tutte le tappe come inesauribili metafore: la voglia di conoscere l’ignoto, la partenza, il movimento spesso deluso attraverso nuove terre ed incontri, una breve angoscia della vanità dell’itinerario, ed infine la reiterazione del cerimoniale della natura che ci ripete con il sorgere del sole che ogni giorno della nostra vita è una partenza, un’avventura verso ciò che ancora non si conosce.
L’autrice ci offre uno specchio in cui ciascuno di noi può riconoscere in quale momento del viaggio ci troviamo.
Un apprezzamento anche per Susanna Strapazzini, mia dolce amica, che cura i quaderni delle "girovaghe" di cui anch’io faccio parte.