Bonadè Lorenzo, alias Lorenzaccio, (Codogno 1980), poeta, vive a Piacenza. Ha pubblicato: Vicolo del Tarocco (2006, poesia in lingua e in vernacolo), Contrappunti e fughe (2007), Mattatoio (2007, 20092).
Sulla sua produzione poetica hanno stritto, tra gli altri: F. Buldrini [Mattatoio] «...già il titolo suggerisce il clima generale nel quale è immerso il libro, vale a dire una dissoluzione totale, che demolisce ogni punto di riferimento morale e dissacra il valore della vita. È un testo decostruito intorno ad asserzioni frammentarie, come se affiorassero dal peggiore degli incubi. Richiama la sistematica protesta dei surrealisti e l’irriverenza di Bukowski, nonché la “sublime perversione” di Baudelaire... Tra le righe si legge una profonda ansia di avere un’altra possibilità per essere migliore, per rendersi accettabile a se stesso quando si guarda allo specchio. Le stesse espressioni blasfeme sono una rivolta della propria interiorità alla meschinità di ogni compromesso e alla mistificazione della menzogna. Il merito di questo libro è tutto nella sincerità di questa disperata, ma allo stesso tempo coraggiosa protesta, alla capacità di guardarsi dentro senza ipocrisia e senza filtri, nella propria oscena nudità.»; L. Nanni [Contrappunti e fughe] «...Ha ventisei anni, ma la sua poesia (la sua vita?) suona autentica: ha forza, carattere. Da tempo non leggevamo composizioni così affascinanti nella loro crudezza. Ben inteso, gli eccessi non mancano (Arcangelo), ma sempre nel segno dell’autenticità. E ci sono versi che si imprimono, forti, nella memoria: ‘Oh, arti uccisori così dolci, altrettanto rari | similmente all’amore il delitto è offerto’ (Sonatine, vv, 6-7); oppure: ‘nell’aurora | creature favorite dagli oceani’ (Salvador, vv. 3-4): non è bellezza questa? Sarà opportuno seguire il percorso di questo interessante poeta.»; V. Serofilli [Contrappunti e fughe] «la personalità spiccata porta il poeta all’incontro scontro con l’altro da sé e quindi all’inevitabile contrappunto, al “ponere punctum contra puctum”. La forte sensibilità poetica lo conduce tuttavia all’isolamento e alla riflessione meditativa.»; F. Simonelli, in "Poesia" «...rientra nel filone letterario dei poeti 'maledetti', in quella linea che va dai simbolisti francesi agli epigoni della Beat generation, con una matrice che a tratti si potrebbe definire vicina alla filosofia del Marchese De Sade».