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al testo di Emilia Filocamo
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Nonna, i nostri posti sono foto di bottoni: tutti lì, fossa comune, nella scatola blu del borotalco, spurgo vintage delle asole, i cordoni variopinti tagliati senza cura, bava asciutta di orfanezza, di giovane ripudio, monete a quattro fori, altre storpie, veterani ad una gamba, tavoli miniati evocano gli spiriti. Nonna, Assergi è un gufo arrugginito dal tramonto e sulle sue spire stanno le rocche, il pennacchio argento della nevicata, Montazzoli la bugia di un bambino. Avezzano sta tutta in un paio di scarpe: il calzolaio fece un buon lavoro quell'inverno. Nonna hai fatto anche tu quelle scale e svoltato a destra fra la Chiesa ed il portale svenduto e detestato? Ora so perchè il mio ventre non vuole sale e perchè a riva la mia onda è sempre nebbia, perchè cerco l'incornata dei temporali. Io sono la tua bambina, i calzettoni strozzati sotto il ginocchio, sono la coccarda, la prima campana di Agnone, le interiora massaggiate col prezzemolo, il ruoto ustionato dalle castagne. Sono l'uva passa e la candela, il rosmarino evitato dal gatto e la consolazione. Nonna che dici il tuo dialetto, nonna che non dovevi cadere qui, ma dormire nella neve.
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