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chissà le stelle come sono, voglio
dire le stelle vere, quei puntini
appesi in cielo come sulla carta
blu del presepe. Come sono nate
le costellazioni? Lo spiega Efesto
nello scudo di Achille?
Orione, l’Orsa, la Stella Polare:
i vostri nonni sugli asini carichi
la chiamavano Puddara: era il faro
la luce a notte fonda. Trasportavano
gesso già cotto mille o più anni fa.
Sarà da mille anni, o duemila–
secondo Glauco che l’uomo si cerca
nel cielo nero, però la risposta
la trova forse nella terra dura–
la mietitura è festa, festa grande:
il re seduto sul solco ne gode
le code delle vacche fanno l’alba
e nella stalla nasce un salvatore.
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certo che Ciro non guarda al suo dito,
ma alle stelle– lampade accese, spente
di giorno quando c’è il sole ma a volte
anche la luna e le pecore stanno
con la pancia a terra, temendo pioggia,
tuoni come massi dalla collina–
(forse la grandine che squassa e rompe
le gemme sui rami). Ciro sa che
nel pomeriggio a sonno lieve passa
accanto alla mannara un diavolo o un santo:
non se ne cura, per lui è soltanto
un compagno, perché la solitudine
(lui non lo dice) gli fa dentro il petto
la muffa.
*
Ciro ci ha detto che gli figlia l’asina–
l’ha aspettata da mesi, la scuola
potrà attendere, pensa; Piera, l’asina,
no, che già ci ha le doglie e a novembre
le notti sono scure, e la luna
la vedi forse solo a giorno fatto.
Sentirà la solitudine Piera
come chiunque, uomo o animale
di fronte al cielo nero, nella notte
che a volte fa una pioggia fina fina
e la roggia qui nel paese canta
canzoni roche, dà gorgogli, fischi:
tutti temiamo che un giorno si porti
le case le bestie le cose tutte
nello scuro più scuro della morte.
[ Premio Letterario Il Giardino di Babuk - Proust en Italie, V edizione 2019, Opera seconda classificata nella sezione A (Poesia inedita) ]