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Che cosa stai aspettando! 2

Argomento: Poesia

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 05/02/2014 00:35:35

‘Che cosa stai aspettando!' 2, scrivi e pubblica, qualcuno prima o poi ti noterà, si accorgerà di te, che esisti, che respiri, che hai qualcosa da dire!

 

Navigando sulle acque sempre più affollate del WEB finisco spesso col perdermi in un mare di schede, portali nascosti che prima non c’erano, trabocchetti grandi come oblò o forse come fondali melmosi dai quali non riesco più ad uscire, finestre che si aprono improvvise dove s’affaccia qualcuno che chiama: Scrittore! Poeta! Dice a me? Sì, proprio a te! Sei già entrato in Facebook … e in Twitter … e in LikedIn? … Sì! Se non l’hai notato ti stanno cercando! A me? Certo, chi altro? Hai scritto un romanzo, racconti brevi, fiabe, hai raccolto le tue poesie in un e-book, vuoi pubblicare la tua tesi? Presto fatto, le offerte si sprecano, numerosissime, tutte fatalisticamente in attesa della tua penna, divenuta strepitosamente importante, e scommetto non te ne sei accorto? Accorto di che? Che sei uno scrittore importante, già ‘famoso’ ancor prima di inviare il tuo manoscritto. Da quando? Da oggi, beh no, magari facciamo da domani, dopo aver scelto tra i numerosi servizi che vengono offerti on-line, quello che più scopri adatto alle tue tasche. Si chiamano ‘on demand’, ‘self-publishing’ ecc. e rappresentano qualcosa di nuovo per il nostro mercato librario, polveroso e stantio, pieno di titoli riciclati di nomi altisonanti, e che invece s’avvia ad essere più immediato, leggi ‘cotto e mangiato’, senza passare per le lungaggini e le trafile degli EDITORI famosi, invecchiati insieme alle loro collane. Nulla di così veramente nuovo, all’estero lo si pratica il ‘self-publishing’ da almeno dieci anni e molti libri pubblicati con questa forma di editing sono poi entrati nella grande distribuzione. I casi sono migliaia e se ne enumerano di famosi. Tu, quindi, che cosa stai aspettando? Il salto che aspetti di fare da tempo, è a portata di ‘click’. Presto fatto, invia il tuo romanzo, il tuo e-book, la tua tesi, il tuo diario, la tua raccolta di poesie e fatti conoscere. Sei il benvenuto! E presto riscoprirai te stesso. C’è un poeta in te, un maniaco dell’horror, o forse un romanziere di successo, chi può dirlo? La cosa più immediata da fare è di mettersi alla prova. Quindi apri i tuoi cassetti segreti e pubblica, o almeno partecipa a uno dei tanti concorsi proposti da Concorsiletterari.net, col il piacere di farti un regalo che se arriva sarà davvero grande perché inaspettato. Ma fai attenzione, non lasciarti prendere la mano dall’avidità di un guadagno immediato, quelli ‘gratuiti’ sono forse quelli che danno maggiore soddisfazione. E se hai davvero la stoffa, qualcuno ti noterà, anche i muri dei ‘portali network’ hanno le orecchie. Ma forse dovrei dire hanno gli occhi per leggere. Poiché scrivo questa sorta di articoli per la rivista letteraria on-line intitolata a La Recherche di Marcel Proust, che inoltre consta di una sezione davvero molto interessante dedicata alla ‘poesia’, visitata da migliaia di giovani autori che si cimentano in quella che personalmente ritengo sia la ‘forma’ letteraria più stimolante della narrativa italiana; specialmente se letta con interesse guardando alle molte discipline linguistiche-socio-culturali-psichico-filosofiche che in essa si intrecciano a dar forma a un caleidoscopio immenso di prerogative. Da ciò il prevalere del mio interesse verso la poesia, forse anche perché io stesso oso cimentarmi con sostenuto piacere, al punto che qualche tempo addietro ho lanciato una sorta di indagine sul significato della poesia, proprio sulle pagine de larecherche.it con l’intento di indagare sul significato della poesia oggi.

Quello che segue è il resoconto dell’indagine. In verità non in moltissimi hanno espresso la propria opinione in proposito, né si sono gettati a capofitto nel rispondere, accettando un ‘colloquio’ fattivo che forse non era nelle cose, poiché, devo ammetterlo, il ‘contest’ non poneva domande specifiche. Bensì prendeva a pretesto una pubblicità apparsa sulla prima pagina del ‘Corriere della Sera’ riferita al lancio di una Collana di Libri di Poesia di autori celebri: "La poesia non cerca seguaci, cerca amanti" con il quale ricavato Alessandro Gasman sosteneva la campagna in favore di Amnesty International. Ma perché proprio la poesia per uno spot pubblicitario - mi sono chiesto, ma poi ammisi a me stesso che trovavo il messaggio davvero accattivante. Dunque lanciai l’appello “Voi che ne pensate? Vi sentite più seguaci o amanti?” Inviate i vostri commenti sul sito. Detto così, seguendo d’impulso di ciò che intendevo argomentare:

 

Cos'è la poesia tutti noi lo sappiamo: parola, verso, musica, canto, danza, bellezza, ecc. tuttavia volendo speculare sul significato intrinseco sul 'fare poesia', mi sento di assecondarla nel 'fare violenza', verbale s'intende, (ma non solo), poiché in fondo è questo che la rende 'viva' o quanto meno 'sentita', come dire, maggiormente 'vissuta', straordinariamente 'oltre' il senso della parola, così come va oltre il verso che la contiene, la musica che la diffonde, il canto e la danza che le danno forma, fino a raggiungere (quando la raggiunge) quella 'bellezza' che la rende sublime. Le risposte qui di seguito riportate, sono comunque molto interessanti per quanti scrivono o si occupano di poesia, e rivolgo questo appello soprattutto agli Editori che, a parer mio, dovrebbero attivarsi in tal senso con convegni, meeting e seminari sui diversi argomenti offerti dalla ‘poesia’ tout-court.

 

Lorenzo Mullon

Per me la poesia, per come la vivo, è una tecnica per avvicinarsi alla realtà così tanto da poter saltare dall’altra parte. Avevo scritto un aforisma su questo, è esattamente quello che sento. Credo che noi tutti (quasi tutti, insomma...) la poesia non la sappiamo utilizzare pienamente, rimaniamo troppo spesso all’involucro delle parole, all’aspetto intellettuale. C’è qualcosa che non riesce a realizzarsi, e si riflette negativamente nelle nostre vite concrete. Un parto che non avviene, un parto senza partenza. Restiamo dalla parte meno interessante della scrivania. Da qui una certa noia, di cui parlano molti poeti, che mi sembra davvero incomprensibile, se non in questo inceppo esistenziale. Gravissima la perdita della tradizione orale, aver staccato la parola dal corpo è un crimine forse non del tutto inconsapevole. Ahhh, il progresso...

 

Loredana Savelli

Indubbiamente più seguace, non credo di essere scelta come amante (troppa concorrenza! Tuttavia, se definiamo bene il termine "violenza", penso di essere d’accordo. Infatti la poesia di per sé, è inutile se provoca, invece, può avere una sua "utilità" nello scardinare certi vizi della parola stessa e ancora di più dei comportamenti. Però per "provocare" non è necessario essere "violenti", si provoca di più col silenzio, o con un suono sommesso che non appartiene al nostro mondo. Dipende. A volte uno strillo ben assestato è efficace. A volte basta uno sguardo, a volte una stretta di mano, a volte una battuta, a volte un delirio. Certo, io sono tra quelli che sostengono l’inutilità della poesia e dell’arte in genere. Che senso ha il movimento isterico di un contrabbassista in un assolo di jazz? Eppure poi tutto ti sembra più accettabile, più "semplice" (ho delirato?).

 

Chiarissima Loredana, mi scuso per aver atteso a rispondere, perché ho aspettato di sentire qualche altra voce del coro, pure chiamata all’appello, e non è la prima volta che lo faccio, che invece è rimasto disatteso. Se hai notato in quasi tutti i miei articoli o saggi c’è sempre una richiesta di collaborazione che ritengo utile non solo per noi frequentatori di poesia, volendo così rendere viva la rivista a cui collaboriamo. Ma è del tutto inutile, alla fin fine siamo i ‘soliti quattro amici al bar’ che rispondono, anzi se di privilegio si può parlare, puoi dire di essere la prima e la sola privilegiata a voler ‘comunicare’, grazie. Talvolta temo che le mie tematiche, sempre provocatorie, spaventino, oppure che siamo tutti così presi dal ‘leggerci addosso’ che non impostiamo queste pagine come un richiamo, come uno scambio di pensiero collettivo, e me ne dolgo. Comunque tengo a dire la mia supposizione di ‘violenza’ viene proprio da questo ‘forzare la situazione’ di quella ‘realtà’ che in qualche modo ci sfugge e che vorremmo far nostra, o che forse vorremmo ‘sfuggire’ al pari di una ‘fuga dalla realtà’ che non ci piace, o che non ci soddisfa. In questi lunghi anni che mi dedico allo studio della ‘psicologia del profondo’ credo di aver fatto delle scoperte sull’umano sentire che mi hanno lasciato interdetto. Per farti un esempio riporto qui un brano di un filosofo francese ancora poco studiato che si chiama Georges Bataille: “Tutte le scappatoie sono benvenute per allontanare l’immagine eroica (che costruiamo di noi stessi) e seducente della nostra sorte: non c’è più posto in un mondo dove il bisogno di essere fa difetto, se non per l’immagine senza attrattiva di essere utile. Ma se questa mancanza di bisogno è ciò che di peggio può capitare, essa è tuttavia sentita come una beatitudine. Il male appare soltanto se la persistenza dell’ ‘amor fati’ rende estranei al mondo presente”. Ti assicuro che c’è molto, ed è tantissimo di più. Ma questo per dirti ben venga chiunque sente il bisogno di comunicare. Se non altro significa che siamo vivi!

 

Domenico Morana

Forse attendersi qui che un "coro" risponda a un appello è già autopunirsi arresi alla delusione, considerato che chi si vota a contribuire con i propri scritti a questa bellissima avventura che è LaRecherche, lo fa proprio perché si sente voce "fuori dal coro". Questo mi sembra, se non mi sbaglio, al di là di maggiori o minori consapevolezze o di "scelte" di "poetica", lo spirito che anima pressoché tutti gli autori che pubblicano qui. Anche il "leggersi addosso" non credo sia vizio comunemente diffuso, a giudicare dal fatto che, commenti o non commenti, partecipazione a forum e discussioni o confronti o altro (abbiamo assistito, per la verità raramente, anche a vere e proprie gazzarre), la vita della rivista scorre sana, come è normale se vuole essere duratura: tra alti e bassi, tra accensioni "corali" e periodi in cui è l’andamento "sottotono" - sottotraccia direi piuttosto - a dominare, in cui si zittisce la voglia o la capacità di "confronto", quasi ciclicamente. E la corrispondenza quasi perfetta col susseguirsi di feste sacre e profane, il volgere delle stagioni o il richiamo a pubbliche o personali cronache negli idioletti multicolori che virano d’età in età, di sesso in sesso, dalla morte al mattino, dal grigio allo scarlatto sangue al nero più fondo, al verde, ad accensioni azzurre, non fa che parlarci di terrestrità, d’umanità che vuol esser letta mentre e perché scrive la propria vita o vive la propria scrittura. E, in breve, sempre di tensione all’altro si tratta, in muto o parlante desiderio, di uscita dalle prigioni del sé, a patto di tornarci nel momento in cui s’intende scrivere/descrivere il doppio movimento dell’impossibile fuga... E intendi che alludo proprio al poeta Bataille (guarda caso un filosofo rinnegato) e al suo "impossibile". Era in nome suo proprio la mia "Battaglia", pubblicata giorni addietro, il cui titolo aveva incuriosito il carissimo Nando per "affinità semantiche". Che dire, d’altro? Mi ripeto, o meglio ripeto quanto, prima e meglio detto da altri: non si fa letteratura con la letteratura, non si fa vita con la vita. Stiamo qui, tutti, mettendoci in gioco, tutti con generosità e talvolta rischiando (il senso d’incomprensione, la frustrazione, l’indifferenza, il dolore, la felicità, ecc.). Ti dico che io non so cosa è la poesia. Come non so cos’è la mia vita. Vedo solo che s’intrecciano e l’una attinge forza dall’altra, trova senso, vive e muore nell’altra, e viceversa. Altro non so. Mi sembra d’essere perfettamente d’accordo con te. Per il resto trovo le idee e le argomentazioni che le sostengono tutte estremamente convincenti. Soggiaccio sempre alla forza delle idee, specie quando vengono presentate in modo brillante. Sarà per una certa loro virtù d’attrazione magnetica. Ma mi resta sempre un fondo di sospetto, forse sono solo interessato a uscir fuori da me stesso piuttosto che rientrarci o forse sono solo una testa di legno. Pensavi a qualcuno in particolare, speravi che fosse proprio quel qualcuno a rispondere all’appello? È in gioco quella meraviglia che s’impossessa di noi quando vediamo come la nostra opinione sugli esseri che ci toccano da vicino possa modificarsi senza posa? Definiamo questo: metterci in gioco. Ma per gli altri, ci contentiamo di giudicarli alla grossa, e una volta per tutte. Come capita di fare nelle chiacchierate tra quattro amici al bar... Non è che forse non si trattava di dare un diverso taglio, meno "tecnico", alla tua "provocazione"? Magari puntando più direttamente al perché, diverso certo per ognuno di noi, di stare qui su LaRecherche? Forse non sarebbe stato disertato il tuo appello, o forse ugualmente. Ma gli splendori e le miserie di chi si vuole ‘indimenticabile’ saranno il solito affare dei biografi. Più che evocare Proust faremmo meglio a sperare in un nuovo Balzac, capace di rimpolpare di poesia gli esangui ectoplasmi delle nostre virtuali commedie umane. Con simpatia e affetto.

 

Lorena Turri

"Il mio sguardo si stupisce, si inchina, il mio cuore chiude tutti i suoi cancelli, per meditare di nascosto sul miracolo. Sei tanto bella." La frase è di Garcia Lorca che ha scritto inoltre: "Ah che fatica mi costa, amarti come ti amo!" Ecco, la poesia questo vuole: non essere seguita, come si segue una bella donna (o un uomo) invaghiti dalla scia del suo profumo, ma l’amore, quello faticoso degli amanti, disposti ad affrontare ogni ostacolo in nome del sentimento che li lega. Amanti nel senso "latino" della parola, guidati da un trasporto quasi involontario, da un ardore e una passione travolgente impensata, un sentimento più istintivo che razionale. Così, non basta sostenere un progetto e condividerne gli intenti,seguirlo, magari solo a distanza, ma occorre quella passione veemente che spinge all’azione, che è l’unico modo per giungere alla realizzazione effettiva. Personalmente dirmi amante della poesia potrebbe sembrare presuntuoso, ma, nel mio piccolo, mi sento tale solo per il fatto che scrivo guidata da una passione che ancora non ho ben capito da dove sgorghi e con grande fatica. Se fossi seguace, l’apprezzerei e la scriverei senza troppi tormenti interiori, come chi elabora o appoggia un progetto ma lascia poi faticare gli altri. Sono anch’io convinta del potere verbale della poesia, del suo "agire con forza", dunque della sua "violenza". Perchè poesia non è incanto, ma parola che smuove e scuote. Emily Dickinson diceva che era Poesia quando, leggendola, le scappellava la testa, e non credo si riferisse propriamente alla sua cuffietta.

 

Loredana Savelli a Lorena Turri.

Bella risposta! Chi non vorrebbe vivere una passione nei termini in cui l’hai descritta? Io sottoscriverei immediatamente. Ma, data la rarità del dono (poetico), ribalterei la questione: "Chi la poesia sceglie come amante e chi come seguace"? Scusate il pessimismo, direi che ben pochi sarebbero i prescelti, perciò io personalmente mi accontento di essere un segugio (più che un seguace), in questo esercitando un’insospettabile fedeltà.

 

Lorena Turri a Loredana Savelli.

Se la poesia cerca amanti, amanti dobbiamo farci trovare! E non sappiamo neppure se sceglie o prende tutti gli amanti che trova...Non defilarti a prescindere! Noi tutti che scriviamo poesia abbiamo ricevuto un dono. Anche il più piccolo ha un grande valore. E’ un atto di umiltà riconoscerlo. Rammenta il proverbio: a caval donato è il dentista disoccupato! Non so se ho reso l’idea!

 

Leonora Lusin

Definire è operazione antipoetica all’estremo e la violenza si addice, anzi è la natura della filosofia. Io mi sentirei forse di parlare degli effetti della poesia oppure di andare a spiarne concepimento, gestazione e nascita sulle orme di Diotima. Può interessare?

 

Rispondo volentieri al tuo commento Leonora, perché ritengo che ogni apporto è senz’altro utile per me, nel trovare quel ’filo’ che inseguo da tempo riguardo alla possibilità della poesia di essere in qualche modo ’aggressiva’ (per stemperare un poco quel ’violenza’ che pure ho usato interrogativamente). In realtà lo intendevo più nel senso di Horderlin che in quello di Diotima. Ma ben venga ogni possibile interpretazione, perché solo in questo modo potrò avere una gamma maggiore di ’concetti’ su cui muovermi e (forse) risolvermi nell’intricato labirinto in cui mi muovo (ahimè ancora al buio). Grazie per esserti proposta di interloquire con me su questo argomento.

 

Nando

Grazie, Giorgio, per averci proposto questo tema; e buon Natale! Forse non è la Poesia a cercare amanti, ma gli amanti a cercare la Poesia; in fondo, si cerca solo ciò di cui avvertiamo la mancanza e il bisogno, e noi abbiamo bisogno anche di quella bellezza che si dà in poesia. E in ciò, non vedo una distinzione tra autori e lettori, in questo la Poesia è un’amante "trasversale", e perciò non vuole seguaci... Cosimina Viscido Solo la Poesia ha occhi per la Poesia ovvero "La Poesia cerca Poesia, negli amanti e nei seguaci"...e non solo.

 

Un’altra occasione mi è stata offerta invece un pomeriggio domenicale (senza tè e biscottini) in occasione della presentazione alla Libreria Odradek, Via dei Banchi Vecchi, 57 Roma, in occasione della presentazione del “quaderno di poesia” edito da Edizioni L’Arca Felice di Salerno, di “Quanti di Poesia”, un’interessante quanto innovativa raccolta poetica dell’eclettico Roberto Maggiani.

Tra l'altro è stato detto: (sunto)

Non c’è ragione di prendersela necessariamente con qualcuno se oggi le cose vanno come vanno, se la poesia propriamente detta, dopo anni che se ne discute, si è definitivamente trasformata nella sorella ancora più povera della Cenerentola delle fiabe, se non con noi stessi. Indubbiamente ci sono stati tempi migliori, ad esempio, quando i poeti e i fini dicitori erano chiamati a esibire le loro capacità oratorie ed a far sfoggio della loro cultura, negli auditorium e nelle ‘public readings’. Tuttavia nel confronto con l’oggi, convengo che l’invito di Roberto Maggiani a misurarci e coniugare le nuove tecnologie con la poesia scritta e le nuove opportunità che la scienza offre, onde cercare nuove fonti di ispirazione: “nelle forme la cifra nascosta di una scrittura straordinaria”, e non solo per il poeta versatile, ma all’uomo stesso, come osservatore del nostro tempo, di questa realtà (o fantastica irrealtà) che lo rende tale. E ha ragione lui, c’è spazio per tutto e per tutti, ancor più dobbiamo cavalcare il drago a più teste (internet, web, i-Pad, ecc.), che non basta più recidere, ma imparare a domare e ricondurlo alla nostra utilità. Un po’ come fa l’eroe di Avatar che riesce a addomesticare l’indomabile drago di fuoco, che gli permetterà infine di vincere sul male e a riportare la pace su Pandora.

Ottimale dunque la ragione che interpone Loredana Savelli agli altri poeti sulla leggibilità in chiave musicale della poesia, sulla aleatorietà del suono che si fa parola, e viceversa. Come pure ha affermato l’accompagnatore di Leopoldo Attolico, intervenuto nel dibattito che ha fatto seguito all’incontro, sull’impostazione di un richiamo/rimando (effetto eco) del verso, onde “il suono prende il posto del sentimento che si è voluto esprimere con la parola di rinvio, far ritorno come suono di parola recepita, avvalorato/a di sentimento, che anzi crea sentimento”. Un concetto questo che non va preso come un semplice gioco di parole, bensì si apre al cospetto della sensibilità di tutti coloro che esortano per un ritorno allo stato puro della parola, (come appunto hanno detto in molti), e che dovrebbe essere il tè forte della nuova riscossa poetica che da qualche parte si avverte. Del resto i connubi tra poesia e musica, tra musica e pittura, così come tra poesia e pittura (arte più in generale) non si contano più, lo hanno bene espresso con le loro opere poeti del calibro di Rimbaud, Baudelaire, Apollinaire, musicisti come Satie e Debussy, pittori come Monet, De Chirico, Picasso, solo per fare qualche nome eccellente.

Qualcuno ha portato ad esempio l’opera di Bach “Variazioni Goldberg” a parafrasare un certo variare della scena, della situazione, del momento della poesia come qualcosa di non statico, di non stabilizzato, e non a caso ha citato Glenn Gould un interprete eccezionale se vogliamo, quanto personalissimo, delle “variazioni” di cui ci ha fornito, pur nella sua breve vita, almeno due versioni per piano, straordinarie e impareggiabili. Due versioni che sono due opere distinte, quasi a rappresentare l’una quand’era ancora giovanissimo, l’idea primaria (di Bach); la seconda più vicina alla sua maturità concertistica (di Gould), incomparabili tra loro se non per l’eccesso di virtuosismo che le distingue e che, invito tutti voi ad ascoltare. In verità in quell’occasione sono state dette alcune cose sagge, per il resto si sono sentite invettive, sabotaggi, dismissioni del tipo: la poesia va letta così, interpretata così, dichiarata così ecc. senza ravvisarvi una qualche concretezza. Ma è davvero così che dobbiamo fare così, scrivere così, leggerla così? Così è se vi pare!, avrebbe risposto Pirandello, che della libertà espressiva ha fatto un baluardo ancora non espropriato dagli attacchi della contemporaneità.

Così rispondo io (un nessuno qualsiasi) a quanti hanno intenzione di inglobare la poesia all’interno di una categoria, non è oggetto da merchandising, né tantomeno da mercatino delle pulci, semmai è la pulce che può far crollare l’andamento mercatale della letteratura. E probabilmente sbaglia chi, come qualcuno ha detto, che la poesia non lo rappresenta e che forse voleva dire che non lo raffigura. Semmai è vero il contrario, a sua insaputa le parole della poesia parlano per lui e di lui più che se avesse scritto il romanzo della sua vita. Lo sa bene chi ha dimestichezza con lo scrivere e il fruire la produzione letteraria che la poesia è ancor più capace di svelare (e quindi rivelare) anfratti segreti della nostra psiche più che una confessione.

C’è stato anche chi ha fatto l’elogio di se stesso, ma è umano e glielo perdoniamo; ed anche chi ha fatto prevalere il proprio ego su quello che scrive, migliorando o peggiorando con la lettura di un proprio testo, quello che aveva precedentemente scritto, per cui l’inflessione della parola, il sottostare al suo peso, il rimarcare un’allocuzione, un aggettivazione, infine è risultata la somma di una investitura autocertificata. Insomma ai poeti piace (chi non lo ammette è semplicemente un ipocrita) indossare la casacca del poeta, declamare per sentire la propria voce, per sentirsi dire le proprie parole, per poi dire che non è quello che vuole o che cerca. Perché? Si domanda uno stupido come me, non riusciamo ad essere veri, vivi, sinceri neppure con noi stessi? Che cosa c’è di banale o di recriminatorio ad ammettere di essere chi si è, a fare le cose banali del quotidiano come chiunque altro, che pure è chiamato a testimoniare della propria esistenza su questa terra, in questa logora società, su questo sporco mondo in cui viviamo? Ve lo dico io: niente! Quindi smettiamola di fare i piagnoni o di prendercela con un ipotetico qualcuno che è causa della nostra alienazione, e impariamo, una volta per tutte a denunciare tutto quello che c’è di contrario ai nostri principi, coscienti che sono i nostri principi, che non sono necessariamente quelli degli altri e, soprattutto, che non sono universali. Chi qualche volta ha affrontato le delizie e le peripezie di un viaggio in altri continenti, ben sa che altre popolazioni, altre etnie, e quindi altri esseri umani la pensano esattamente all’opposto di noi, e non è detto che non siano nel giusto, che in qualche modo non abbiano ragione.

Ce lo ha insegnato Marco Polo e siamo comunque in gran ritardo sul ‘quindi’, che non possiamo mettere un punto fermo su nessuna delle cose del mondo in continua evoluzione, così come è stato ribadito da Roberto Maggiani sponsor e organizzatore dell’evento che ha visto l’intervento di un gran numero di persone, addetti ai lavori e avventori, che hanno decretato il successo che la sua raccolta meritava.Il volume "Quanti di Poesia" si attesta quindi come un ottimo veicolo promozionale "con la duplice finalità di promuovere sias le peculiarità (nascoste) del singolo autore, sia un discorso critico globale, perseguendo l'intento di tracciare un possibile 'nuovo' itinerario rappresentativo delle 'voci' più interessanti della poesia contemporanea.

 

Un encomio particolare va alle Edizioni L’Arca Felice di Salerno e alla direttrice editoriale Ida Borrasi per il suo impegno (non indifferente di questi tempi) a proporre e a divulgare la poesia contemporanea con la sua Collezione di arte-poesia intitolata ‘Coincidenze’, di grande pregio tipografico e stilistico per le scelte oculate ma anche rappresentative di gran parte del patrimonio poetico italiano.

 

Ma già altri Editori di un certo riguardo si affacciano nel mondo onirico e surreale della poesia scritta con ‘collane’ nella più vasta produzione letteraria che gli compete. Di più recente pubblicazione, sono le uscite dell’Editore Manni, presente a “Più Libri Più Liberi” spazio incontri Bibliolibreria Fiera di Roma tenutasi al Palazzo dei Congressi in Dicembre in occasione della quale l’Editore ha tra l’altro annunciato l’uscita del libro di Alda Merini “Il sigillo della poesia” - La vita e la scrittura.

 

'Punto a capo' Edit., a cura di Luca Benassi, Manuel Cohen, Salvatore Ritrovato, con l’intervento di autori e collaboratori, è presente sul mercato on-line con “Punto. Almanacco della Poesia Italiana” - n. 3/2013. Più di una rivista e non solo un annuario, punto mira ad osservare con occhio attento e curioso il panorama frastagliato della poesia italiana e non. Infatti, raccoglie le recensioni dei migliori libri di poesia, e ha raggiunto ormai una diffusione capillare in Italia e ben attestata a livello internazionale. Lo scopo non è soltanto quello di dare visibilità alle migliori pubblicazioni di poesia e si avverte da più parti la necessità di dare una visibilità maggiore e più autorevole alla miglior produzione editoriale del settore, che tenti di ovviare almeno a livello informativo alle carenze distributive; ma anche quella di analizzare con occhio imparziale il passato recente e le possibili direzioni di sviluppo. Il che, crediamo, giustifica con chiarezza lo straordinario contributo della sua esistenza. Quale base migliore per costruire anno per anno una biblioteca virtuale della poesia italiana? Le recensioni dei primi due anni - in totale oltre 150 - sono già disponibili e scaricabili sul sito; quelle del numero attuale, 3/2013, lo saranno a inizio 2014: puntoacapo editrice almanacco.wix.com/punto

 

Da non sottovalutare, il Concorso di Poesia promosso dal Forum di Poesia Contemporanea che, come ogni anno, si attiva nell’ambito delle cerimonie del Premio Lorenzo Montano, promosso dalla rivista “Anterem” in collaborazione con la Biblioteca Civica di Verona. Forum di poesia dal titolo significativo “Agorà” che si tiene negli spazi della Biblioteca Civica di Verona, via Cappello 43; nel corso dei quali la poesia incontra la filosofia, la musica, la psicoanalisi e l’arte. La finalità del Forum curato da Flavio Ermini e Ranieri Teti, è far emergere l’intima relazione che unisce la poesia e le complesse problematiche del nostro tempo. La manifestazione muove da un’identità poetica molto precisa, caratterizzata dalla posizione concettuale e dal percorso di conoscenza della rivista “Anterem” avente come intento di far amare a un numero sempre più vasto di lettori la grande poesia contemporanea. Con questa iniziativa “Anterem” vuole dare una visibilità critica sempre maggiore alle opere dei poeti vincitori, dei finalisti e dei segnalati per tutte le sezioni in cui il Premio Lorenzo Montano si articola: “Raccolta inedita”, “Opera edita”, “Una poesia inedita”, “Una prosa inedita”, “Poesie scelte”.

 

Novità librarie anche nella ‘collana ‘Perle di Poesia’ di Giuliano Ladolfi Editore – 2014, oltre il già segnalato “Quarantun Poesie” di Vladislav F. Chodasevič - a cura di Nilo Pucci, ecco le novità più recenti: “Legni” di Paolo Pistoletti che, “..nel comunicare sottili emozioni senza mai alzare retoricamente il volume del dettato poetico, mantenuto nel solco di un’essenzialità non tanto scabra (secondo l’ormai usurata formula montaliana) quanto sobria, talora incline a disinvolte trasgressioni dell’ortodossia sintattica in ossequio a una mimesi del sermo cotidianus (si veda l’insistito uso della congiunzione dichiarativa che in apertura di periodo). Per converso, lampeggiano qua e là scorci di stile medio-alto, scanditi da un ritmo prossimo al registro lirico e spesso destinati a siglare la chiusa di un testo con un’immagine icastica” (Marco Beck).

Fino alla recentissima “Il ciliegio dei baci rossi: Una storia poetica di luoghi e stagioni”, di Giuliana Rigamonti con la quale l’autrice si presenta al suo pubblico ormai numeroso dopo il successo della precedente “L’acino della notte” una storia poetica svolta per capitoli “..che si aggruma intorno ad esperienze vissute e conservate in quel «nido d’ombra» che è il cuore, che solo più tardi riesce a restituirle in parole, a tradurle in colori che pure sono eco di quell’ombra, che pure sanno conservare la loro intensità intatta, senza perdere la forza e il calore con cui sono stati vissuti, pronti a disporsi nuovamente nel ritmo dei luoghi e delle stagioni; luoghi che solo una volta si incontrano, oppure luoghi che si ritrovano anno dopo anno, sono appuntamenti dell’anima, piuttosto che il rosario di giorni della vita quotidiana” (Laura Novati).

 

Giunti al dunque, non vi manca che darvi da fare e presentare le vostre raccolte a questi Editori che ,in un modo o nell’altro, prima o dopo vi risponderanno. E chissà che non sia la volta buona. L’importante è che continuiate a scrivere e a pubblicare amorevolmente e con la gioia nel cuore su larecherche.it.


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