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SERGIO ENDRIGO : ’La favola dell’uomo’

Argomento: Musica

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 28/02/2013 19:19:24

SERGIO ENDRIGO: 'LA FAVOLA DELL’UOMO'

Nel momento in cui la scena musicale italiana si arricchisce di nuove voci e volti, mentre altre e altri si accomiatano da noi, mi piace ricordarne alcune in particolare che pure ci hanno regalato momenti intensi che possiamo rivivere nell’ascolto delle loro canzoni, riassaporare quel tanto di generoso che c’era nelle loro parole, negli arrangiamenti e nelle musiche scritte appositamente per accompagnare quei sentimenti che talvolta riuscivano a smuovere in noi; a dare forma alla ‘colonna sonora’ dei nostri accadimenti personali. Che, appropriarsi di un motivo, di fare nostre certe frasi d’amore, o ricalcare certe emozioni che a loro volta noi stessi, ancor giovani, avevamo provate, è sempre stato uno sport molto in voga. Chi altro ci avrebbe suggerito certe frasi ‘spicciole ma ficcanti’ che poi avremmo utilizzate nel linguaggio quotidiano, in situazioni a dir poco, emotive e sentimentali. Quante canzoni ancora oggi a riascoltarle ci smuovono dentro quei ricordi che giacciono in fondo, o magari in cima, alla nostra anima sensibile e catturano la nostra attenzione, quante? E che il solo riascoltarne le frasi d’avvio riaffiorano alla nostra mente come se le avessimo scritte e cantate noi stessi, ieri, oggi, sempre, e che fanno ormai parte della nostra storia personale, o del film che un tempo, una volta, ci siamo fatti con la regia del nostro cuore, quante? O che hanno segnato ‘i migliori anni della nostra vita’ (dal titolo omonimo proprio di un vecchio film di William Wyler degli anni ’40; di una canzone portata al successo da Renato Zero; di una ormai famosa trasmissione televisiva condotta da Carlo Conti), quante? Tra le tante voci che ritornano ho scelto quella di Sergio Endrigo e le canzoni che ci ha lasciate: ‘Adesso si’, ‘Se le cose stanno così’, ‘Lontano dagli occhi’, ‘Io che amo solo te’, ‘Canzone per te’, ‘Era d’estate’, ‘Gli uomini soli’, ‘Marinai’, ‘Il dolce Paese’ ecc. ecc.


‘ADESSO SÌ’ – Ed.: Fonit Cetra Music Publishing S.r.l.

Adesso si
Adesso che tu vai lontano
Sono acqua chiara
Le nostre lacrime
E non servono più

Adesso è tardi
Per ritrovare le parole
Che tante volte
Volevo dirti
E non ho trovato mai

Senza di me
Tu partirai per altri mondi
Ti perderai
Tra gente e strade sconosciute
Non ci sarò
Quando qualcuno mi ruberà
Gli occhi tuoi

Adesso si
Adesso che tu vai lontano
Il mio pensiero
Ti seguirà
Sarò con te
Dove andrai ... Dove sei.

Di lui sappiamo che è nato a Pola il 15 Giugno del 19…; ma che importanza può avere l’età, i poeti non hanno età, specialmente quando le loro canzoni sopravvivono ad essi e continuano a regalarci ancora tante emozioni. Dopo diverse attività giovanili ha intrapreso la carriera di cantante al Lido di Venezia: “..era un bar all’aperto (è lo stesso Endrigo a raccontarlo dopo una ripresa televisiva), dove un quartetto suonava canzoni italiane per i turisti durante l’estate. Terminata la bella stagione, continuai a cantare in una sala da ballo di Mestre per tutto l’inverno. Mi esibivo il giovedì, il sabato e la domenica. Di orchestra in orchestra e di città in città sono riuscito a sbarcare il lunario per ben sette anni. Alla fine mi sentivo così stanco di cantare per ore e ore di filato con l’unica soddisfazione di ritirare la paga. Così decisi di tentare la strada discografica, ma non fu facile trovare compositori disposti a puntare una lira sulla mia voce, e così decisi di scrivere le canzoni da me”.


Una storia semplice, di un allora ragazzo determinato a mettersi in gioco, a cavarsela da solo ed esternare le proprie capacità facendone partecipi gli altri, tutti quei ‘noi’ che alla fine abbiamo cantato e ancora cantiamo le sue canzoni. Divenuto un cantante affermato Endrigo si trovò a raccogliere i frutti di un successo pacato, confidenziale, delle tante esperienze vissute che man mano si facevano più mature, quasi le sue canzoni volessero sottolineare una sua (e anche nostra), più intensa partecipazione alla vita.


‘ALTRE EMOZIONI’ di Endrigo / Incenzo - Ed Verba Manent / Noah’s Ark

E siamo arrivati fin qui
Un po’ stanchi e affamati di poesia
Le mani piene di amore
Che non vuole andare via
Abbiamo vissuto e fatto figli
Piantato alberi e bandiere
Cantato mille e più canzoni
Forse belle forse inutili
Altre emozioni verranno
Te lo prometto amica mia

E siamo arrivati fin qui
A cantare per chi vuol sentire
Abbiamo vissuto all’ombra
Di troppe false promesse
Oggi è tempo di pensare
Oggi è tempo di cambiare
E ancora cerchiamo e camminiamo
Sognando negli occhi
Di donne e uomini
Altre emozioni verranno
Te lo prometto amica mia

Abbiamo attraversato i deserti dell’anima
I mari grigi e calmi della solitudine
Abbiamo scommesso sul futuro
Abbiamo vinto e perso con filosofia
Altre emozioni verranno
Amica mia

E sono arrivato fin qui
Con questa faccia da naufrago salvato
E questo svelto andare
Da zingaro felice
Valige piene di speranza
Amici perduti e ritrovati
Qualche rimorso e pentimento
Senza rimpianti e nostalgia
Altre emozioni verranno
Te lo prometto amica mia

Abbiamo attraversato i deserti dell’anima
I mari grigi e calmi della solitudine
Abbiamo scommesso sul futuro
Abbiamo vinto e perso con filosofia
Altre emozioni verranno
Amica mia

Altre primavere verranno
Non di sole foglie e fiori
Ma una stagione fresca
Di pensieri nuovi
Altre emozioni verranno
Te lo prometto amica mia.

È così che ‘un po’ stanchi e affamati di poesia’ com’eravamo in quegli anni abbiamo apprezzato i suoi testi che, prima ancora di ricalcare un genere del tipo ‘ballata’ aprivano al confidenziale, in cui Endrigo andava raccogliendo i ricordi dismessi, il profumo dei giorni dell’amore, e li trasferiva in versi, nel realizzarsi di una sua visione del mondo, accettandone la buona e la cattiva e pur sempre umana sorte. E che lui stesso dedicava a una sua donna 'ideale' o forse amata, e gli apriva il suo cuore, come a quella: “Marianne che cos’è questa gran voglia che hai di correre.. non ti fermi mai.. se per sognare vendi i tuoi sogni, forse è disperata la tua gioventù (?)” . E' così che Endrigo compone, scrive, canta, ponendo in essere un aspetto del ‘sociale’ poco affrontato fino allora, se non dalla canzone di tradizione e da quella cosiddetta di 'protesta' che s'andava trasmettendo in quei lontani giorni.

‘DOVE CREDI DI ANDARE’ – Ed. Fonit Cetra Music Publishing S.r.l.

Dove credi di andare
Se tutti i tuoi pensieri
Restano qui
Come pensi di amare
Se ormai non trovi amare
Dentro di te

Con tante navi che partono
Nessuna ti porterà
lontano da te
Il mondo sai non ti aiuterà,
ognuno al mondo è solo
Come te e me

Dove credi di andare
Se il tempo che è passato
Non passerà mai
Povere le tue notti
Se tu le spenderai
Per dimenticare

Il mondo non è più grande
Di questa città
La gente si annoia ogni sera
Come da noi
Dove credi di andare
Se ormai non c’è più amore
Dentro di te

Con tante navi che partono
Nessuna ti porterà
Lontano da te
Il mondo sai non ti aiuterà,
Ognuno al mondo è solo
Come te e me

Dove credi di andare
Se il tempo che è passato
Non passerà mai
Povere le tue notti
Se tu le spenderai
Per dimenticare

Il mondo non è più grande
Di questa città
La gente si annoia ogni sera
Come da noi
Dove credi di andare
Se ormai non c’è più amore
Dentro di te.

Endrigo è stato più volte appellato il cantautore intellettuale per quel distacco che dimostrava nell’interpretare le sue canzoni e per quella sua voce stentata, a volte stereotipata che immancabilmente esprimeva in pieno la sua personalità di uomo e di cantautore impegnato, come in ‘La guerra’, ‘Perché non dormi fratello’, 'Canzone per la libertà’ ecc. ecc. Problematiche queste che egli ha saputo misurare, prendendo l’amore come metro di tutte le cose. Ma anche colui che ha vissuto personalmente le proprie canzoni, riscattandole, una dopo l’altra, nel momento creativo in cui trovava la sua ispirazione, e che dedicava al nome di una donna (di ogni suo amore segreto): ‘Maddalena’, ‘Annamaria’, ‘Teresa’, ‘Elisa’ e le tantissime altre che ci ha raccontate come solo un nostalgico avrebbe potuto fare. Si potrebbe parlare di Endrigo come colui che ha dichiarato al mondo il suo amore ‘per le piccole cose’ che all’improvviso, nelle sue parole diventavano ‘grandi’, di una grandezza ricolma di nobili sentimenti:

‘LONTANO DAGLI OCCHI’ – di Endrigo/Bardotti/Bacalov – Ed. Fonit Cetra Music.


Che cos’è?
C’è nell’aria qualcosa di freddo
Che inverno non è
Che cos’è
Questa sera i bambini per strada
Non giocano più
Non so perché
L’allegria degli amici di sempre
Non mi diverte più
Uno mi ha detto che

Lontano dagli occhi lontano dal cuore
E tu sei lontana lontana da me
Per uno che torna e ti porta una rosa
Mille si sono scordati di te
Lontano dagli occhi lontano dal cuore
E tu sei lontana lontana da me

Ora so
Che cos’è questo amaro sapore
Che resta di te
Quando tu
Sei lontana e non so dove sei
Cosa fai dove vai
E so perché
Non so più immaginare il sorriso
Che c’è negli occhi tuoi
Quando non sei con me

Lontano dagli occhi lontano dal cuore
E tu sei lontana lontana da me
Per uno che torna e ti porta una rosa
Mille si sono scordati di te
Lontano dagli occhi lontano dal cuore
E tu sei lontana lontana da me.

Oppure di un Endrigo trovatore medioevale che riafferma la validità del folklore: ‘Il treno che viene dal Sud’, ‘La ballata dell’ex’, ‘ Vecchia Balera’, ‘Via Broletto’, ‘San Firmino’ ecc. ecc. ma il discorso infine andrebbe comunque a cadere necessariamente sulla linea tradizionale dell’uomo politicamente impegnato, per poi divagare in concessioni a volte popolari (oggi diremmo populiste), altre fin troppo di parte, come ad esempio in ‘La Colomba’ da una poesia di Rafael Alberti, e ‘Anch’io ti ricorderò’ dedicata a Ché Guevara, e quella ‘Camminando e Cantando’ adattata da un testo del brasiliano Gerardo Vandré che fece il giro del mondo.

‘CAMMINANDO E CANTANDO’ - Endrigo/Bacalov - Ed. Fonit Cetra Music Publishing.

Camminando e cantando la stessa canzone
Siamo tutti uguali chi è d'accordo e chi no
Nelle fabbriche, a scuola, nei campi in città
Camminando e cantando la stessa canzone

Fa chi vuole fare e chi vuole andare va
Chi è stanco di aspettare una strada troverà
Fa chi vuole fare e chi vuol sapere sa
Che la speranza è un fiore ma frutti non ne dà

Il soldato armato, amato o no
Con in mano il fucile non sa cosa fa
In caserma si insegna una antica lezione
Di morir per il re e non sapere perchè

Fa chi vuole fare e chi vuole andare va
Chi è stanco di aspettare una strada troverà
Fa chi vuole fare e chi vuol sapere sa
Che la speranza è un fiore ma frutti non ne dà

Nelle fabbriche, a scuola, nei campi in città
Siamo tutti soldati armati o no
Camminando e cantando la stessa canzone
Siamo tutti uguali chi è d'accordo e chi no

Nella mente l'amore e negli occhi la gioia
La certezza nel cuore, nelle mani la storia
Camminando e cantando la stessa canzone
Imparando e insegnando una nuova canzone

Fa chi vuole fare e chi vuole andare va
Chi è stanco di aspettare una strada troverà
Fa chi vuole fare e chi vuol sapere sa
Che la speranza è un fiore ma frutti non ne dà


Non in ultimo in ‘L’Arca di Noè’ che gli fruttò il riconoscimento della critica italiana per il miglior testo letterario (oltre alla soddisfazione di vedersi assegnato il disco d’oro per aver venduto un milione di copie):


‘L’ARCA DI NOÈ’ di Endrigo/Bacalov Ed. Fonit Cetra Music Publishing.

Un volo di gabbiani telecomandati
E una spiaggia di conchiglie morte
Nella notte una stella d’acciaio
Confonde il marinaio
Strisce bianche nel cielo azzurro
Per incantare e far sognare i bambini
La luna è piena di bandiere senza vento
Che fatica essere uomini

Partirà la nave partirà
Dove arriverà questo non si sa
Sarà come l’arca di Noè
Il cane il gatto io e te

Un toro è disteso sulla sabbia
E il suo cuore perde kerosene
A ogni curva un cavallo di latta
Distrugge il cavaliere
Terra e mare polvere bianca
Una città si è perduta nel deserto
La casa è vuota non aspetta più nessuno
Che fatica essere uomini

Partirà la nave partirà
Dove arriverà questo non si sa
Sarà come l’arca di Noè
Il cane il gatto io e te.


Il successivo impegno di Endrigo ci presenta una diversa silloge di ‘temi’ che egli raccolse in “La voce dell’uomo”: “..il primo amore cos’è? Il matrimonio che cos’è? La religione che cos’è? La solitudine di cos’è? Che cos’è la libertà se non si gode in gioventù? A volte è tutta una vita la gioventù. Che cos’è la verità? Da quando ero bambino c’è sempre stato qualcuno che ha voluto impormi la sua volontà, che cos’è allora, la libertà?”. A tutte queste domande Endrigo ha sempre dato una risposta che si è rivelata poi una risoluzione poetica: “..dove l’uomo non arriva giungono le parole … pensa, pensa, ragazzi e ragazze che tornano dal mare a raccontare che è finita la paura e partono domani per raccontare al mondo la pura verità”; e sono forse quei ragazzi marinai e quelle ragazze pulite, che da sempre, e di cui oggi ci sarebbe ancora bisogno, che si danno una mano per fare quel ‘girotondo intorno al mondo’ che Endrigo auspicava in pace e fraternità.

Un Endrigo dall’utopia facile, direste voi, ma è forse utopia guardare a un orizzonte più sereno dove i popoli si scambiano doni e i giovani si sorridono e si abbracciano felici? È utopia guardare sorgere l’alba o assistere al tramonto del sole con trasporto e gli occhi commossi, o assistere al miracolo della nascita di un figlio, o guardare alla trovata pace alla fine di una vita? Tutto questo ci suggerisce ‘la favola dell’uomo’ (dall'album omonimo) composta da Sergio Endrigo, colui che ha visto “..uomini soli che non sanno il perché … e donne sole che sognano storie d’amore, ma l’amore dov’è? … giovani soli e ragazze già vecchie chiuse in cucina ad inventare minestre ... e vecchi aspettare la morte senza parlare ... per tutti c’è un solo Dio … ma è solo anche Dio”. Colui che nella solitudine creativa dei suoi ultimi anni ha ascoltato 'la voce dell’uomo' anche quando era violenta e uccideva il fratello; 'la voce dell’uomo' più forte del vento della vita e del tempo; 'la voce dell’uomo' che quando chiama, gli rispondo”.

Successivamente Endrigo ha trovata una personale autodeterminazione che lo riconduce al mare, a quella ‘isola nella corrente’ che è dentro ogni sua espressione artistica, ragione per cui non è stato sempre facile classificarlo, anche se oggi ci chiediamo perché di questa necessità che già allora non aveva senso. Importanza rilevante assumono altre sue produzioni artistiche realizzate con Giuseppe Ungaretti, Vinicius De Moraes in cui sono raccolte sue poesie e canzoni: “La vita amico è l’arte dell’incontro’, ‘La casa’, ‘L’Arca’ che raccoglie canzoni-fiaba di Vinicius indirizzate ai bambini, ma che non dispiacciono neanche agli adulti.

‘LA CASA’ - Bardotti / de Moraes – Ed. Fonit Cetra Music Publishing S.r.l.

Era una casa molto carina
Senza soffitto senza cucina
Non si poteva entrarcdi dentro
Perchè non c'era il pavimento
Non si poteva andare a letto
Perchè in quella casa non c'era il tetto
Non si poteva fare la pipì
Perchè non c'era vasino lì

Ma era bella, bella davvero
In via dei matti numero zero
Ma era bella, bella davvero
In via dei matti numero zero

Era una casa molto carina
Senza soffitto senza cucina
Non si poteva entrarcdi dentro
Perchè non c'era il pavimento
Non si poteva andare a letto
Perchè in quella casa non c'era il tetto
Non si poteva fare la pipì
Perchè non c'era vasino lì

Ma era bella, bella davvero
In via dei matti numero zero
Ma era bella, bella davvero
In via dei matti numero zero

Era una casa molto carina
Senza soffitto senza cucina
Non si poteva entrarcdi dentro
Perchè non c'era il pavimento
Non si poteva andare a letto
Perchè in quella casa non c'era il tetto
Non si poteva fare la pipì
Perchè non c'era vasino lì

Ma era bella, bella davvero
In via dei matti numero zero
Ma era bella, bella davvero
In via dei matti numero zero.

Nel frattempo, Endrigo ci parla ancora di sé: “Parlando di me, mi piace la calma, la buona tavola, i buoni amici, i buoni libri, i francobolli, le armi antiche, la natura, gli animali, la pesca subacquea, i luoghi poco affollati; non mi piacciono i dritti, i disonesti, i dilettanti presuntuosi, i seccatori, gli invadenti, le salse agrodolci…”; lo dice con quella sua voce da narratore convincente che va raccontando le favole di sempre ai tanti bambini che ormai non gli prestano più ascolto, come facciamo noi ormai divenuti grandi, non poniamo più orecchio del resto, a quelle verità intrinseche che un giorno, a un poeta, hanno permesso di scrivere quel ‘la favola dell’uomo’ che è un po' anche nostra:

 

'LA VOCE DELL'UOMO', di Endrigo /Jubal /Noah's.

 

Ho sentito la voce del mare

di uccelli e sirene

le voci del bosco del fiume e tamburi

e chitarre di Spagna le orchestre profane

e l'organo in chiesa ho sentito

la voce dell'uomo

anche quando è bugiardo

e tradisce il fratello

la voce dell'uomo

quando parla gli rispondo.

Ho sentito l'urlo di belve

in gabbia e in catene

il passero in cerca di pane il silenzio

della prigione il grido degli ospedali

che nasce e chi muore ho sentito

la voce dell'uomo

che canta per fame

per rabbia ed amore

la voce dell'uomo

quando canta io l'ascolto.

Ho sentito fanfare di guerra

e passi in cadenza

per le strade imbandierate le canzoni

dei soldati di trionfo o di dolore

chi vince e chi perde ho sentito

la voce dell'uomo

anche quando è violenta

e uccide il fratello

la voce dell'uomo

quando parlo mi risponde

è più forte della tortura e dell'ingiustizia

delle fabbriche dei tribunali è più forte

del mare e del tuono più forte del terrore

più forte del male più forte

la voce dell'uomo

più forte del vento

della vita e del tempo

la voce dell'uomo

quando chiama gli rispondo.

 

La sua è stata una breve stagione, anche se negli anni, negli incontri e negli amori ha certamente incontrato validi colleghi tra compositori e orchestratori  e cantanti che lo hanno supportato nel suo 'andare per mari sconosciuti' in cerca di quell'  'isola in mezzo alla corrente' che egli stesso era e che abbiamo conosciuto.

‘UNA BREVE STAGIONE’, di Endrigo/Bardotti/Morricone.

Mia, è la tua gioventù
Nel mare dei tuoi occhi chiari
Già so che mi perderò

Mia, la tua felicità,
È come un vento che ci prende per mano e ci porta via

Dove andrai sarò
Nessuno al mondo può dividere due mani
Dividere noi due

Mia, per sempre mia, la tua stagione può finire
Ma ormai tu non morirai in me
Ma ormai tu non morirai in me.

Endrigo debuttò al Festival di Sanremo nel 1966 con ‘Adesso sì’ (che in quello stesso anno venne incisa anche da un esordiente e sconosciuto Lucio Battisti in una raccolta sanremese della Dischi Ricordi, divenendo la sua primissima incisione). Sempre nel 1966 uscì il terzo LP che si intitolava di nuovo Endrigo e comprendeva, oltre inoltre ‘Girotondo intorno al mondo’, ‘Teresa’, ‘Dimmi la verità’, ‘Mani bucate’, ‘La donna del Sud’ di Bruno Lauzi, e ‘La ballata dell'ex’ (canzone che tratta il tema della guerra partigiana e della fine delle speranza che aveva alimentato la lotta a causa della continuità tra l'Italia di prima della guerra e quella degli anni '50). Nel 1967 fu ancora a Sanremo con ‘Dove credi di andare’, abbinato con Memo Remigi. L'anno seguente ottenne la vittoria con ‘Canzone per te’ in coppia con Roberto Carlos. Lo stesso anno Endrigo partecipò anche all'Eurovision Song Contest con ‘Marianne’.

 

Nello stesso periodo usciva il nuovo LP, sempre intitolato Endrigo, che comprendeva, oltre alla vincitrice di Sanremo, classici come ‘La colomba’, ‘Il primo bicchiere di vino’, ‘Dove credi di andare’, ‘Anch'io ti ricorderò’, ‘Perché non dormi fratello’, ‘Il dolce paese’, ‘Il treno che viene dal Sud’. Nel 1969 Endrigo arrivò secondo a Sanremo, cantando in coppia con la gallese Mary Hopkin la sua ‘Lontano dagli occhi’. L'anno successivo si classificò terzo con ‘L'arca di Noè’ cantata assieme a Iva Zanicchi. Di minore riscontro fu la sua sesta partecipazione consecutiva nel 1971, quando si posizionò undicesimo con ‘Una storia’, abbinato con i New Trolls che ne diedero una versione in stile rock-progressivo. Endrigo quindi tornò a calcare il palcoscenico sanremese nel 1973 con ‘Elisa Elisa’, nel 1976 con ‘Quando c'era il mare' e l'ultima volta nel 1986, con ‘Canzone italiana’, che a differenza di tutte le altre con le quali aveva gareggiato in passato, non era scritta da lui ma da Claudio Mattone.


È questa la ‘favola dell’uomo’ che Endrigo ci ha lasciato e che è ancora di grande attualità, ma che a differenza di allora, oggi avrebbe assunto di certo quella rassegnazione che gli faceva cantare d’essere nato in ‘un dolce paese’:

‘IL DOLCE PAESE’ – Musy/Endrigo/Bacalov - Ed. Fonit Cetra Music Publishing.

Io sono nato in un dolce Paese
Dove chi sbaglia non paga le spese
Dove chi grida più forte ha ragione
Tanto c’è il sole e c’è il mare blu

Noi siamo nati in un dolce Paese
Dove si canta e la gente è cortese
Dove si parla soltanto d’amore
Tanto nessuno ci crede più

Qui l’amore è soltanto un pretesto
Con rime scucite tra cuore e dolore
Per vivere in fretta e scordare al più presto
Gli affanni e i problemi di tutte le ore

In questo dolce e beato Paese
Vive la gente più antica del mondo
E con due soldi di pane e speranza
Beve un bicchiere e tira a campà.

Sergio Endrigo, ha cantato in tantissimi paesi del mondo: Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile, Cuba, ex Unione Sovietica, ex Jugoslavia (Croazia, Bosnia e Serbia), ex Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, Giappone, Israele, Grecia, Svizzera, Spagna, e le sue canzoni sono oggi ancora interpretate da molti giovani cantanti che oltre a riscoprire la validità di certi suoi testi, ce li ripropongono in nuove versioni che nulla tolgono alla 'poesia' di cui sono impregnate le parole. Grazie Sergio!

Parte dell'intervista è ripresa da un articolo apparso in "Super Sound" del 5 agost


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