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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Le botteghe color cannella - una rivisitazione

Argomento: Letteratura

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 05/02/2013 19:42:01

“Le botteghe color cannella” Bruno Schulz – Einaudi (ristampa) 2012

Che fosse per il profumo di ‘cannella’ contenuto nel titolo o per via della copertina appunto ‘color cannella’ dell’edizione Einaudi del 2008, che sono andato a riscoprire questo autore “visionario” che, a suo tempo, mi ha così affascinato al punto di essermi votato alla sua straordinaria immaginazione senza remore. È un fatto di sensibilità mi sono detto, più o meno acuita da una qualche forma di insana follia scrittoria. Eppure so che non è così, che c’è in ognuno di noi, semplici lettori assorbenti, una tale volontà di accedere in ciò che leggiamo a un qualcosa che va ‘oltre’ le parole, oltre le righe della scrittura, oltre il libro che teniamo tra le mani, e che vogliamo ‘fortemente’ fare nostro. Qualcosa che ci riguardi da vicino. Qualcosa che avremmo voluto confessare e che non abbiamo mai confessato a nessuno, neppure a noi stessi. Oppure di voler vivere, in prima persona, quel qualcosa che non abbiamo vissuto ma che ci sarebbe piaciuto vivere. È allora che sopraggiunge l’accattivante e insana ‘fame’ del lettore che chiede solo di divorare il pasto che detiene tra le mani e che pagina dopo pagina in effetti divora fino alla fine, con voluttà. Allora va bene pure solo l’idea del profumo di una spezia ricercata, perché preziosa e rara come la ‘cannella’, per solleticare l’appetito e far pervenire alla bocca quel languoroso desiderio di tutto ciò che non abbiamo ancora assaporato o, al contrario, di riscoprire e riassaporare quel certo retrogusto di ciò che una volta abbiamo davvero gustato per la delizia del nostro palato. Che sia questa la molla che fa scattare il desiderio di rileggere un libro non lo so, tuttavia mi piace pensare che, di tanto in tanto, tornare a una sana lettura, in mezzo a tanta insana letteratura che ci viene proposta, non può che far bene, se non altro – almeno nel mio caso – mi riconcilia pensate, col resto dell’umanità e, nel caso di Bruno Schulz con la natura ‘immaginaria’ dell’essere persona. Di lui si è scritto essere uno scrittore ‘visionario’ e davvero non ne comprendo la ragione, perché nelle sue descrizioni oculate ho trovato piuttosto una certa ‘conoscenza’ delle cose, suggerita da un’osservazione attenta e scrupolosa, dove la natura corrisponde all’essere della natura, i colori sono quei colori e certe atmosfere descrittive, sono autenticate dall’ambiente in cui esse prendono corpo. Per Schulz che sia la neve o il chiarore della neve o l’idea della neve, oppure il ricordo della neve, non smette un istante di essere bianco e luminoso o, più semplicemente, luce, chiarore, neve. Tanto per fare un esempio “le botteghe” sono tutte color della cannella, almeno in una certa strada del suo perdersi, perché forse nel suo ricordo di fanciullo lì in quel posto egli sentì l’odore della ‘cannella’ che gli piaceva tanto, che lo deliziava, che lo stordiva. O perché, vai a sapere, quella strada era famosa per le botteghe di dolciumi e allora, la ‘cannella’ dal gusto esotico e dolciastro, eccitava il suo olfatto, assumeva quel significato ‘altro’ che lo portava a ‘sognare’. Perché più che ‘visionario’, come è stato definito, piuttosto lo direi un sognatore, un ‘creatore’ di sogni straordinariamente immaginifico. Di lui è stato scritto non moltissimo anche se oggi è ritenuto un caposaldo della letteratura contemporanea, ed io ho scelto quanto segue perché mi è sembrato che corrisponda a un mio modo di sentire che ho riscontrato nell’opera più famosa dell’autore e che riporto dalla postfazione di “Le botteghe color cannella” di Francesco M. Cataluccio:


«Il punto di partenza della fantasia visionaria di Bruno Schulz è l'affollata e disordinata bottega di stoffe del padre: un vecchietto-demiurgo che sconvolge in modo imprevedibile tutte le regole della fisica e della ragione. Jakob si arrampica come un ragnetto per gli scaffali, inseguendo i ragni; elabora arzigogolate cosmogonie interpretando a modo suo i segni del cielo; si circonda di specie bizzarre e variopinte di volatili, diventando anche lui una sorta di feroce condor; si trasforma in pompiere con tanto di divisa rosso fiammante e alamari d'oro... Metamorfosi, travestimenti, viaggi nello spazio e nel tempo (basta come pretesto, ad esempio, un vecchio album di francobolli) si accavallano con l'ausilio di una lingua poetica schioppettante di metafore. Scettico sulle possibilità di conoscenza umane, Schulz dette libero sfogo alla fantasia e alla «mitizzazione» della realtà. Nella infinita varietà dei suoi aspetti, l'opera di Schulz, sia letteraria sia pittorica, ha una sua unitarietà. I racconti, assieme ai disegni, costituiscono un Libro: una sorta di Bibbia dell'infanzia perduta, di quel periodo in cui, grazie al Padre, tutto sembrava - ed era - possibile: «Mi sembra che il genere d'arte che mi sta a cuore sia proprio una regressione, sia un'infanzia reintegrata. Se fosse possibile riportare indietro lo sviluppo, raggiungere di nuovo l'infanzia attraverso una strada tortuosa - possederla ancora una volta, piena e illimitata -, sarebbe l'avveramento dell’ ‘epoca geniale’, dei ‘tempi messianici’, che ci sono stati promessi e giurati da tutte le mitologie. Il mio ideale è ‘maturare’ verso l'infanzia». ‘Le botteghe color cannella’, la sua prima e più famosa raccolta di racconti, è un'autobiografia trasformata in una fantasiosa mitologia dell'infanzia. Uno dei massimi esempi di come la letteratura possa riscattare la banalità della vita quotidiana con le armi del grottesco e dell'invenzione linguistica».

Secondo Thadeus Kantor, che ha costruito ‘La classe morta’ da un suo racconto, «tutta la nostra generazione è cresciuta di fatto all'ombra di Schulz. Piú leggo Schulz - forse non dovrei dirlo - ma in alcuni dei racconti [...] direi che sia meglio di Kafka. Vi è un vigore piú grande in alcune delle sue storie».

Isaac Bashevis Singer, ha scritto di lui: «Tutti i racconti di uno dei maggiori scrittori del Novecento, per molti ormai un mito, pubblicati per la prima volta con le illustrazioni originali dell'autore; Il libro idolatrico: un sorprendente racconto in forma di immagini; gli scritti teorici e critici, molti dei quali ritrovati fortunosamente soltanto negli ultimi anni».


Così Bohumil Hrabal: « Ricordo come fosse oggi che, letta mezza pagina de Le botteghe color cannella di Bruno Schulz, riposi il libro e me ne andai a passeggiare; mi si era fatto buio davanti agli occhi, e ancor oggi è lo stesso, mi sento mancare per quanto insolito è quel libro, per quanto prezioso e penetrante è quel testo, un testo che rientra nella sfera della genialità...»


Ed anche Italo Calvino: «Dopo Kafka e Musil il sorprendente libro di uno dei maestri della letteratura mitteleuropea che apre gli infiniti universi che stanno accanto e dentro di noi».


Ma c’è di più, molto di più, a settanta anni dalla sua scomparsa Ugo Riccarelli dalle pagine di ‘La Lettura n.53’, (supplemento al Corriere della Sera), così ricorda il suo impatto con questo libro di racconti dal titolo singolare: « “Le botteghe color cannella” si rivelano un caleidoscopio inesauribile di metamorfosi e di visioni, di immagini e di poesia. Schulz era scrittore e disegnatore, era un poeta che fu spazzato via dalla furia del suo tempo poco incline nel permettere a qualcuno di addentrarsi nella “Repubblica dei sogni” da lui propugnata, tantomeno a un sognatore ebreo, piccolo e gentile. Bastò una pallottola, sparata a bruciapelo per una sorta di vendetta trasversale dalla pistola del capitano Gunther delle SS, per togliere di mezzo quel fastidioso esploratore dei nostri universi interiori: era il 19 novembre 1942, esattamente 70 anni orsono».

L’autore dell’articolo prosegue poi «… fortunatamente le pallottole non uccidono i libri e oggi possiamo conoscere Schulz attraverso una bella edizione de “Le botteghe color cannella” in una edizione curata da Einaudi, originale nel vero senso della parola, perché è stata ricomposta assieme alle illustrazioni con cui l’autore aveva ideato “Il sanatorio all’insegna della clessidra” , una delle due raccolte di racconti comprese in questa edizione. Inoltre, sempre nel volume sono presenti altri frammenti, testi critici e autocritici, testi politici e l’incredibile panorama di immagini del “Libro idolatrico”, la geniale opera grafica che, per la prima volta in Italia, è stato possibile ammirare dal vivo in una esposizione organizzata qualche anno fa a Trieste e a Genova».

C’è tuttavia un altra ragione che mi ha spinto a tornare oggi a parlare di Bruno Schulz, e che va oltre la commemorazione, ed è il riconoscimento, attraverso le parole di Ugo Riccarelli del suo essere ‘poeta’. Perché in fondo è di questo che stiamo parlando, di un autentico poeta che si esprime in prosa, quasi che ogni verso di questo capolavoro dia forma a una riga di poesia, fitto di richiami, di rimandi, di sollecitazioni che sono tipici della poesia. Vi invito pertanto a leggere su tutti ‘La bufera’, uno dei molti racconti della raccolta, ma anche ‘Primavera’ o ‘La notte della Grande Stagione’, e perché no ‘Pan’ , ‘Agosto’, inoltre ovviamente, 'Le botteghe color cannella’ che da il titolo al libro. La scoperta della sua ‘Poesia’ lineare, diretta ma anche imprevedibile, vi sconvolgerà e per una volta almeno vorrete essere rapiti nel ‘suo’ sognare, nella sua ‘mitologia’ ricreata dell’infanzia che vi portate dentro, ognuno lo fa, anch’io che scrivo, fra ‘gesti’ esoterici, nascosti, riservati, incomprensibili; con parole ‘in-folio’ ricolme di illustrazioni di ciò che non avete/abbiamo dimenticato, ma solo accantonato in chissà quale ripostiglio della memoria: “..fra discorsi assonnati di tempo, inosservato, passato di corsa disuguale, formando una sorta di nodi nello scorrere delle ore, divorando qua e là intere pause vuote”.

Tutto questo, e molto di più, mentre “… Adela fa risuonare il mortaio, pestando la cannella. Mia madre riprendeva la conversazione interrotta, mentre il commesso Teodor, nel tendere l’orecchio alle vaticinazioni del solaio, faceva ridicole smorfie sollevando alte le sopracciglia e ridacchiando fra sé”.

Buona lettura!


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