Lascio Wyslan alla fonda sul letto
- il distributore dei sogni fuori servizio -
e sempre più mi pare Cohen, Leonard,
che da poco ha attraccato al molo di sottoterra.
Me lo sento.
I tratti del loro viso insinuano circostanze
d'altro genere e halleluja, Atlantide: who by fire,
ma sono scrostature dall’idioma di turno,
paradigmi di contorno.
Il naso come il promontorio di capodorso,
sotto lo zenit increscioso degli occhi
fissati nel silenzio fotogenico, oltre il golfo
labiale, oltre le parole misurate a frotte.
Questione di stili da non prendere con le mode:
ascolta la voce di questi - dicevo alla testa
del gruppo -, non il mormorio di fondo.
Dance me to the end of love o tell me
the truth about love.
Preso da queste note, entro in una goccia
per scoprire se sul loro oceano versato a mano
ci sia un tifone tremendo. La poesia è doccia o scolo?
La chiromante direbbe di seguire la linea letta
mano a mano che il cuore viene spinto fuori
ad un palmo dal cervello. Sudo, sì:
fatico a capire chi ha lasciato il letto e perché.
E poi chiamo chi amo, per scrivere solo.
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