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Christmas Happiness / 3

Argomento: Religione

Articolo di Giorgio Mancinelli (Biografia)

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Pubblicato il 14/12/2017 08:00:19

CHRISTMAS HAPPINESS / 3
In cerca del regalo perfetto da fare agli altri (soprattutto a se stessi): qualche libro, un certo evento, quanto basta di poesia, qualche mostra, forse un concerto, il resto createlo Voi lettori … in fondo il Natale è anche Vostro, o no?

Ɣ - MEDITAZIONE DI DON LUCIANO - Anno B - III Domenica di Avvento
ci vuole un segnale luminoso! :

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8. 19-28):
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu chi sei?”. Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose. Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me; a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

La dimensione dell’attesa del Signore non può concludersi con la festa di Natale, ma la testimonianza del Signore che viene deve durare per tutta la nostra vita. La liturgia non ci parla mai in astratto. Ci dà degli esempi concreti; passa la parola ai testimoni.
In questa terza domenica di Avvento tocca ancora a Giovanni Battista: il primo vero testimone di Gesù. Dice l’evangelista Giovanni: il Battista venne come testimone; venne per rendere testimonianza alla luce (Cristo è la luce). La nostra felicità di uomini sta tutta nel vivere una bella relazione con Dio e in particolare con il Signore Gesù.

Mi piace allora soffermarmi un po’ sulla relazione stretta che intercorre
tra il Battista e Gesù:

Partiamo dal Vangelo. Sacerdoti e levìti, inviati da Gerusalemme, interrogarono Giovanni: ‘Chi sei tu?’ Giovanni risponde con tre ‘no’: Io non sono il Cristo! Io non sono Elia! Io non sono il profeta!
Dicendo: ‘Io non sono!’, in un certo senso Giovanni dimostra di non avere una sua identità. La sua identità è quella di non avere identità. L’identità di Giovanni consiste in una sorta di progressiva autoriduzione, così da occupare il minor spazio possibile;
Lui deve crescere, io devo diminuire (Gv 3,30).
Invece di scegliere la via dell’addizione (titoli, competenze), come spesso facciamo noi, preoccupati di gettare luce su noi stessi (identità narcisistica), lui sceglie la via della sottrazione: ‘Io non sono!’. Ma la sua non è una testimonianza negativa, come di un depresso, che dice di non valere niente, con il complesso di inferiorità a fior di pelle.
Perché subito dà di sé una testimonianza positiva:
‘Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore!’.
Come dire: io non sono quello che gli altri credono di me; io non sono il mio ruolo e neanche il mio peccato. Io sono voce, un Altro è la Parola; io sono trasparenza di qualcosa che viene da oltre. Io sono persona=suono che cresce, voce che sale. Io sono al secondo posto, Perché so chi tiene il primo posto!
Giovanni ha trovato la sua identità non in se stesso, ma in un Altro.
La sua identità è tutta relativa a Cristo, sta tutta nella relazione con Cristo.
Il Battista non lavora per se stesso, ma per un Altro. È voce che prospera e che indicherà il Cristo ai suoi discepoli. E i suoi discepoli seguiranno il Signore.
Del resto, a pensarci bene, solo Cristo può dire: ‘IO SONO’ (eco del nome divino: JHWH). Per cui, la nostra identità ci rimanda oltre a noi, ad un Altro; si fonda
tutta sull’IO SONO di Cristo.
Se noi non siamo ben collegati con l’identità di Cristo, noi ‘non siamo’, anzi, non siamo niente!
Senza di me non potete far (essere) niente!
La Chiesa deve preoccuparsi di indicare il Cristo e non se stessa. La tentazione del prestigio e del potere è sempre presente. Mi pare che il compito essenziale della Chiesa e del cristiano sia indicare Cristo e fare in modo che gli uomini incontrino lui personalmente, che interiorizzino la sua presenza.
L’azione rappresentativa è ciò che conta e non l’azione produttiva.

Il potere della Chiesa deve essere un potere di santità, di testimonianza:
il potere di S. Francesco, che affascinava e indicava il Signore con la sua presenza, con la sua povertà, santità e libertà interiore. Il cristiano è un ‘indicatore di Cristo’: la sua vita è lì, come il dito alzato del Battista, ad indicare la strada che porta a lui, il salvatore.
Il cristiano non ha un’identità forte come tutti vorrebbero avere. La sua identità è debole. Il cristiano non deve essere una presenza ingombrante, che faccia da schermo ad una presenza discreta che deve annunciare. Noi dobbiamo riconoscere colui che altri non conoscono ed essere il segno di lui, la sua voce.
Forse oggi l’annuncio del Vangelo spesso non è capace di conquistare e di accendere il cuore delle persone, perché viene dispensato dall’alto, da chi ama dire ‘io’ e si atteggia a professionista della Parola di Dio, invece di sentirsi discepoli e servitori.
Giovanni Battista ammonisce la Chiesa e gli evangelizzatori a non esigere sguardi su di loro, a non parlare di se stessi, a non trattenere presso di sé chi deve essere condotto solo a Cristo! In questo tempo di narcisismo religioso, Giovanni è una presenza che ci interroga e ci giudica.

Facciamo in modo che la nostra relazione con Cristo diventi talmente stretta da arrivare a dire anche noi con S. Paolo:
Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me! Non agisco più secondo la mia coscienza, ma secondo la coscienza e l’Io di Cristo.
Solo così il cristiano è uno che ‘fa problema’ agli occhi degli altri. È uno che con la sua presenza interpella, scuote, sconcerta, mette in crisi le certezze abituali e costringe a cercarne delle altre.
‘Dicono gli empi: “Tendiamo insidie al giusto, che è per noi di incomodo... è diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade...’ (Sap 2, 12. 14-15).
Se siamo presenza neutre e insignificanti, perché pienamente omologate al mondo circostante, integrate nei gusti, nelle scelte, nei rituali mondani di tutti, abbiamo già fallito la nostra identità di cristiani. Ciò che importa è essere in mezzo ai fratelli con la massima naturalezza, ‘da cristiani’. Questo sicuramente porterà gli altri a interrogarsi sul segreto di questa diversità. Proclamare la differenza cristiana in mezzo agli altri nella massima naturalezza.
‘I cristiani irradiano, in maniera molto semplice e spontanea, la fede in alcuni valori che sono correnti... Con tale testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono vivere, domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira?...’ (EN 21).
È ben giusto che Giovanni, inviato per annunciare l’imminente venuta del supremo giudice, riceva il titolo di angelo, di messaggero, perché il suo nome non deve essere indegno della missione che svolge. È un titolo elevato, senza dubbio, ma la sua vita non è meno sublime. Eppure anche voi, se volete, potete meritare un nome così grande. Ciascuno di voi, infatti, secondo la misura della grazia che ha ricevuto dall’alto, può distogliere il proprio prossimo da una vita disonesta ed invitarlo a fare il bene, ricordando a coloro che si sono smarriti la ricompensa eterna, o il supplizio senza fine; quando, con le proprie parole, si annunciano così le verità della fede, si svolge indubbiamente il ruolo di un angelo.
E che nessuno mi venga a dire: “Io non sono capace!”. Se credete di aver fatto qualche passo avanti, cercate di trascinare anche gli altri con voi; guardatevi dal rifiutare al prossimo l’elemosina della parola. E’ su di lui, il giudice sovrano, che dovete fissare lo sguardo del vostro cuore; è lui che dovete rendere presente allo spirito di coloro che vi circondano. In questo modo, se non trascurate di annunciare la sua venuta per quanto siete capaci di farlo, meriterete di essere annoverati da lui, come Giovanni, nel numero degli angeli’ (S. Gregorio Magno).
Come Giovanni anch’io devo essere semplicemente una voce che grida al deserto perché fiorisca giacché la primavera è vicina.
Come Giovanni anch’io devo essere un piccolo mezzo che tu, o Signore, adoperi per farti strada nel mondo.
Come Giovanni anch’io devo dare testimonianza che la tua luce già splende come città posta sul monte.
Come Giovanni anch’io devo attrarre verso di me il cuore della gente non per possederlo, ma per condurlo a te.
Come Giovanni anch’io non sono che un piccolo e indegno frammento di una grande storia che tu, Signore, conduci e scrivi anche attraverso di me. Amen.
Chiediamo perdono al Signore per il nostro silenzio, per non essere voce che ‘grida nel deserto di oggi’ la sua presenza di salvezza. È necessario ‘gridare il Vangelo con la vita!’ (b. Ch. De Foucault).

Mirella Clementi miry.clemy@gmail.com


Ɣ - GLI INTELLETTUALI GIUDICANO LA RELIGIONE
Da 'Almanacco di filosofia di MicroMega newsletter | 14 dicembre 2017 | micromega.net

l rapporto fra gli intellettuali e la religione è il tema principale dell’Almanacco di filosofia di MicroMega, in edicola, libreria, ebook [Amazon Apple BookRepublic Feltrinelli] e iPad da giovedì 14 dicembre.
A distanza di quasi settant’anni, la rivista diretta da Paolo Flores d'Arcais ripubblica il questionario che la storica rivista della sinistra americana Partisan Review sottopose nel 1950 ad alcune delle più importanti personalità dell’epoca. Per la prima volta sono presentate oggi al lettore italiano le risposte che diedero allora il poeta W.H. Auden e i filosofi John Dewey e J.A. Ayer, i quali si interrogavano sui motivi di ciò che appariva come un ritorno della religione.
Tra gli autori contemporanei che hanno risposto ora allo stesso questionario riproposto da MicroMega corredato da un addendum, Ian Tattersall, Jack Miles, Silvio Garattini e Giulio Giorello si concentrano sul difficile rapporto che ha sempre caratterizzato fede e scienza. È invece più direttamente il connubio fra religione e politica al centro di un altro gruppo di risposte: Niles Eldredge ricostruisce dal punto di vista della biologia evoluzionistica la relazione fra organizzazione socio-economica e dimensione teologica; Paula Fredriksen delinea una breve genealogia della relazione fra fenomeno religioso e istituzioni politiche a partire dal pluralismo pratico pagano; Siri Hustvedt rileva un dualismo manicheo, che caratterizza la società contemporanea, denunciando i limiti di una cultura fondata sulla paura della contaminazione. Infine, secondo Boualem Sansal, la crisi delle ideologie del XX secolo è una delle ragioni di un revival della religione che sfocia in quei fenomeni sempre più noti quali fondamentalismo, integralismo e settarismo, mentre Ayaan Hirsi Ali mette a confronto l’evoluzione storico-filosofica del cristianesimo e dell’islam, sottolineando come quest’ultimo sia la cartina al tornasole di una sfida che l’Occidente deve affrontare.

Il numero ospita anche la voce di Roger Lenaers, rappresentante della ricerca teologica di frontiera nota come paradigma post-religionale, che si esprime sul rapporto fra modernità e fede. In conversazione con Claudia Fanti, il gesuita belga racconta il suo impegno per una riformulazione completa della dottrina cattolica e per una religione senza dogmi né gerarchie.
È ancora la religione il tema di uno dei due inediti pubblicati per la prima volta in italiano: alcuni estratti di Il Sacro Contagio scritto dal barone Paul-Henri Thiry d’Holbach – accompagnati da una presentazione di Paolo Quintili – opera chiave della battaglia filosofica dell’Illuminismo e uno tra i testi fondatori dell’ateismo contemporaneo. Il secondo inedito è una conferenza di Theodor W. Adorno, La cultura risorta, scritta nel 1949 in occasione del ritorno a Francoforte dall’esilio americano, in cui, come spiega l’introduzione di Leonardo V. Distaso, l’autore si interroga sulle reali condizioni di una rinascita, sul futuro della Germania e, più in generale, dell’Europa. In omaggio uno dei maggiori filosofi italiani del dopoguerra, MicroMega ripubblica inoltre il saggio di Guido Calogero, Leggendo Heidegger, serrata critica all’autore di Essere e Tempo, il cui pensiero si caratterizza – come sottolinea nella sua presentazione Giorgio Cesarale – per una commistione fra gnoseologia moderna e ontologia antica, risultando così ostile a una mentalità scientifica.

Arricchisce il numero una sezione dedicata all’“antifemminismo dei gender studies”, la quale comprende tre testi – di Vojin Saša Vukadinovic, Judith Butler e Sabine Hark, e infine Alice Schwarzer – che hanno animato ad inizio anno il dibattito in Germania sulla deriva identitaria e settaria degli studi di genere, sul rapporto fra sessismo e razzismo, emancipazione e appartenenza, diritti e politiche identitarie, interrogandosi su cosa vuol dire oggi esser femminista.
A dieci anni dall’uscita del volume The Lucifer Effect pubblicato dallo psicologo P. Zimbardo e dallo scandalo di Abu Ghraib, Carlo Scognamiglio ritorna nel suo saggio sul tema dei processi di deumanizzazione, che trasformano l’uomo in carnefice e chiamano a una riflessione sull’origine del male.

Chiude il numero lo scambio fra la psicoanalista Simona Argentieri e il premio Nobel per la letteratura J.M. Coetzee: un dialogo che affronta la questione della verità e della narrazione, si allarga dalla dimensione individuale a quella collettiva e tocca i nodi salienti delle società contemporanee, come il pregiudizio, le illusioni trascendenti, le culture post-coloniali fino all'aggressività umana e ai tentativi di controllarla.

Il Sommario:

Heri Dicebamus
Guido Calogero con una presentazione di Giorgio Cesarale - Leggendo Heidegger
Oggi c'è chi, con aria di novità, afferma che la filosofia di Heidegger sia contro la scienza. Una critica perfettamente condivisibile, che però non è affatto nuova. Già nel 1942 Guido Calogero analizzava con lucidità e una punta di sarcasmo tutti i nodi critici del pensiero heideggeriano. A partire dalla intollerabile commistione fra gnoseologia moderna e ontologia antica. Un testo, pubblicato nel 1950 dalla Rivista di Filosofia, che riproponiamo al lettore come omaggio a un filosofo ingiustamente trascurato.

ICEBERG 1 - gli intellettuali e la religione (2)
W.H. Auden - La religione minacciata dall’arte
“Viviamo in un periodo storico di rivalità tra diversi fanatismi religiosi”, “vivremo in un mondo sempre più contraddistinto da una sola cultura ma da tante fedi (assumendo, beninteso, che il comunismo non conquisti infine l’intero pianeta)”. Nel pensare il rapporto fra religione e intellettuali si è portati a ragionare sulla maggiore o minore compatibilità della prima con la scienza. Ma per il grande poeta anglo-americano, interpellato nel 1950 dalla Partisan Review nell’ambito della sua inchiesta su ‘intellettuali e religione’ quello con la scienza non è affatto il rapporto più problematico, perché la Chiesa avrebbe ormai imparato ad accettare le acquisizioni della scienza. Il vero conflitto è fra religione e arti, per le quali dogmi e miti sono la stessa cosa.

A.J. AYER - L'illusione consolatoria della religione
A molti risulta insopportabile l'idea che ciò che esiste e accade – inclusi noi stessi – sia del tutto contingente, con la conseguenza che il valore e il senso della vita dipendono interamente da noi. E per questo trovano consolatoria l'illusione fornita dalla religione che ci possa essere una risposta alle domande di senso. Eppure, concludeva quasi settant'anni fa uno dei capiscuola della filosofia analitica interpellato dalla Partisan Review, prendere coscienza della propria finitezza avrebbe una conseguenza della massima importanza: riconoscere che, “se la vita dev’esser degna di essere vissuta, sta a noi renderla tale”.

John Dewey - La scienza nell'epoca della sfiducia
Le due guerre mondiali hanno rappresentato uno spartiacque nella storia, mettendo in crisi la fiducia, prima piuttosto diffusa, in un costante progresso dell'umanità. Questa crisi ha travolto anche la scienza, che ha dimostrato di poter servire anche la causa della morte e della distruzione. Questa, secondo il celebre filosofo statunitense, la ragione del ritorno del religioso sperimentato agli inizi degli anni Cinquanta, quando la Partisan Review propose la sua inchiesta. Anche se le stesse religioni – e la storia lo dimostra – sono state foriere di conflitti e violenze.

Boualem Sansal - Vuoto esistenziale, violenza e ritorno della religione
La religione si caratterizza da sempre per la sua forza evocativa, la sua capacità di mobilitazione e il potere di rispondere a un bisogno di senso. Radicata nella realtà antropica in virtù della prospettiva escatologica che consola l’essere umano dalla paura della morte, implica però dinamiche di potere e si costituisce come sistema di governo e organizzazione. A seguito della crisi delle ideologie del XX secolo, della delusione della promessa democratica, della cultura dell’eccesso assurta a hybris edonista, e delle conseguenti frustrazioni, assistiamo ad un revival della religione: che nella società contemporanea riconquista una centralità come violenza apocalittica e purificatrice, con i caratteri del fondamentalismo, dell’integralismo e del settarismo.

Silvio Garattini - L'amore per l'altro che unisce scienza e fede
Se scienza e religione si fondano su princìpi completamente diversi e dunque in sé non possono ‘dialogare’, scienziati e ricercatori possono – e sarebbe auspicabile che lo facessero – mettersi in reciproco ascolto. Perché quel che muove – o dovrebbe muovere – entrambi è l'amore per il prossimo e per il nostro pianeta. Su temi come la salute e l'ambiente, pertanto, un simile dialogo non può che portare frutti positivi.

Siri Hustvedt - Contaminazione vs dogma
Le tesi psicoanalitiche di Melanie Klein e Otto Kernberg e la cibernetica di Norbert Wiener – così come i discorsi demenziali del senatore McCarthy settant’anni fa e di Donald Trump oggi – mettono in luce come la nostra cultura si fondi su un dualismo comune a politica, religione e scienza. Teso ad assicurare purificazione, ordine e immortalità, tale dualismo rischia di produrre una concezione manichea che, attraversando la società in generale, mette al bando ogni forma di contaminazione, ambiguità o compromesso. Contro ogni dogma sembra allora opportuno, come afferma l’autrice attraverso il riferimento a Mary Douglas, prendere coscienza del fatto che la purezza è nemica del cambiamento e augurarsi un allentamento di confini netti fra ordine e caos, bene e male.

Ian Tattersall - Quel pendolo che oscilla tra scienza e fede
La recente rinascita della religione negli Stati Uniti – e la sua rinnovata espressione nella sfera politica – ha radici profondamente economiche. La fase di espansione senza precedenti che caratterizzò la seconda metà del XX secolo, vide scienza e secolarismo avanzare, mano nella mano, verso quello che si pensava un futuro migliore e più razionale per il genere umano. Oggi che l'economia mondiale procede a tentoni verso l'ignoto, vediamo un'attività religiosa fondamentalista militante non solo proliferare negli Stati Uniti, ma espandersi progressivamente da una parte all'altra del nostro già sovrappopolato pianeta. In tempi buoni, a quanto pare, abbiamo meno bisogno di Dio. E viceversa.

Jack Miles - La scienza non spiega tutto
Quando la Partisan Review pubblicò la sua indagine sul rapporto tra intellettuali e religione, l’adesione alle varie Chiese aveva raggiunto livelli mai registrati prima (e mai più raggiunti). In Europa, i partiti dichiaratamente cattolici andavano al potere giocando un ruolo fondamentale nella ripresa dal fascismo. Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schuman: erano tutti politici accomunati da un cattolicesimo condiviso, tra i quali, naturalmente, occorre annoverare anche Charles de Gaulle. Oggi invece né da una parte né dall’altra dell’Atlantico è dato trovare un loro equivalente contemporaneo, antifascista e formato su ideali religiosi. A contrastare il declino verso la disintegrazione sociale non sono emerse ideologie laiche o nuove visioni religiose. Il panorama è dominato da una desolante ipocrisia spirituale.

Paula Fredriksen - Dal pluralismo pagano al Dio totalitario. Breve storia del rapporto fra religione e politica
La storia ci insegna che tra religione e politica c’è sempre stato un rapporto inscindibile, tanto che l’Illuminismo rappresenta una breve parentesi di secolarismo che non mette però in questione questo legame che caratterizza l’Occidente. A partire dalle forme di evangelicalismo della destra americana e del jihadismo islamico contemporaneo, l’autrice delinea una breve genealogia dei rapporti fra fenomeno religioso e organizzazione politica: risalendo fino al pluralismo pratico dell’antica Grecia, il saggio ripercorre le tappe che hanno condotto alle persecuzioni e al mondo moderno per mostrare così le implicazioni fra istituzioni e fede.

Giulio Giorello - La scienza antidoto al fanatismo
Se da un lato ciascuno, dunque anche gli scienziati, può credere in quel che vuole – credenze che sono libere finché però non nuocciono agli altri – dall'altro, chi lavora nel campo della scienza non dovrebbe permettere che la sua eventuale fede interferisca con la sua ricerca. Peraltro, al contrario di quel che di solito si sostiene, scienza e tecnologia “sono riuscite a realizzare, seppur con non poche 'contorsioni', una profonda unità spirituale, ben superiore a quella tentata senza successo da troppi 'folli di Dio'”.

Niles Eldredge - La genesi della religione spiegata dalla biologia evoluzionistica
L’intreccio fra scienza, religione e politica caratterizza la cultura americana, che si distingue, non solo negli ultimi anni, per un diffuso atteggiamento antiscientifico e per la persistenza di posizioni creazioniste. Eppure scienza e religione hanno due ambiti di pertinenza separati: la prima si occupa dei dati naturali e dei processi causali sottostanti, mentre la seconda concerne lo spirituale. L’ ripercorre il processo evolutivo dagli ecosistemi locali alla rivoluzione agricola per mostrare come la religione abbia sempre a che fare, allora come oggi, con il dominio sulla natura, con il nostro posto nel mondo e con la nostra auto-comprensione come specie.

Ayaan Hirsi Ali - Islam senza libertà e cristianesimo secolarizzato
Riflettere sul ruolo della religione nella nostra società o sul suo rapporto con la cultura implica declinare ‘religione’ al plurale poiché, per limitarsi a un esempio, cristianesimo e islam sono molto diverse tra loro. La scrittrice somala autrice di Infedele e della sceneggiatura del film ‘Submission’, costretta ad abbandonare l’Olanda dopo l’assassinio del regista Theo van Gogh, ripercorre le tappe storico-filosofiche di entrambe le confessioni per evidenziarne le differenze – le dichiarazioni di papa Gelasio I e trattati di Vestfalia per il cristianesimo, il passaggio da La Mecca a Medina per l’islam. Per concludere che, mentre la tara dell’islam è il disconoscimento del singolo, il mondo occidentale ha conquistato con Locke e l’Illuminismo libertà di espressione e di coscienza come secolarizzazione del cristianesimo.

INEDITO 1
Paul-Henri Thiry d'Holbach con una presentazione di Paolo Quintili - Il Sacro Contagio, o storia naturale della superstizione
Chimera nociva, albero dai frutti nefasti, vaso di pandora colmo dei peggiori mali: sono solo alcune delle metafore con cui l’ descrive la religione, foriera di superstizione, menzogne e schiavitù. Attraverso l’espediente della dissimulazione, nel XVIII secolo il barone d’Holbach pubblica sotto falso nome una vera e propria requisitoria contro la religione (fin qui inedita in italiano) mettendone in luce le incongruenze, i limiti e le imposture. Dalla questione della teodicea alle contraddizioni di una presunta rivelazione fino alle conseguenze politiche come l’idolatria, la religione appare, da un punto di vista teorico, incoerente e illogica e, nei suoi effetti pratici, strumento di potere e giogo dei popoli. Il principale scopo raggiunto nel corso dei secoli è l’aver soffocato la capacità di giudizio e impedito il libero uso della ragione umana.

ERESIA CATTOLICA
Roger Lenaers in conversazione con Claudia Fanti - Un gesuita contro il Dio Onnipotente
È possibile pensare a una religione senza dogmi, senza gerarchie, senza la pretesa di possedere la verità assoluta? È la domanda alla base della ricerca teologica di frontiera nota come paradigma post-religionale, che negli ultimi anni ha visto un fiorire di riflessioni a opera di teologi come John Shelby Spong, José Maria Vigil e molti altri. Una ricerca che intende riformulare ogni aspetto della dottrina, a cominciare dalla stessa immagine divina, perché nel mondo moderno non c'è più posto per un Dio concepito come un essere con un potere soprannaturale che dimora al di fuori dell'universo. Parla il gesuita belga autore de Il sogno di Nabucodonosor. La fine di una Chiesa medievale, tra i libri apripista in materia.

INEDITO 2
Theodor W. Adorno con una presentazione di Leonardo Distaso - La cultura risorta
In questo testo, pubblicato qui per la prima volta in italiano e scritto in occasione del suo ritorno a Francoforte nel 1949 dopo il periodo di esilio, Adorno prende in esame la situazione tedesca e il clima intellettuale dell’epoca attraverso un confronto con l’esperienza vissuta negli Stati Uniti e, soprattutto, con gli anni successivi alla prima guerra mondiale. La stagnazione della cultura, l’aridità e l’isolamento che il nazionalsocialismo ha lasciato dietro di sé spingono il filosofo a una riflessione sulle reali condizioni di una rinascita culturale, sul concetto di spirito, sul futuro del pensiero critico, nonché sul destino della Germania e, più in generale, dell’Europa. L’analisi di uno dei teorici più importanti del secolo scorso fra barbarie ed emancipazione, passato e utopia, conformismo e libertà.

ICEBERG 2 - l'antifemminismo dei “gender studies”
Vojin Saša Vukadinovic - Dall’emancipazione della donna alla difesa del burqa
La deriva che stanno avendo i gender studies è paradossale. Il punto di partenza di questo nuovo ambito di ricerca, infatti, era la completa emancipazione dell'essere umano da ogni vincolo, fosse anche quello del genere biologico. Il punto di approdo, invece, sembra oggi essere quello della censura e del politicamente corretto. Fino all'assurda e incomprensibile giustificazione del burqa e delle mutilazioni genitali femminili da parte di Butler&Co.

Judith Butler e Sabine Hark - Diffamazione
Judith Butler, insieme alla collega tedesca Sabine Hark, risponde con veemenza alle critiche che da più parti vengono rivolte ai gender studies, accusati di aver perso la bussola del femminismo. Nella loro replica, Butler e Hark arrivano a denunciare le critiche subite come trumpismo e ad accusare i loro detrattori di aver deliberatamente ignorato la complessità degli studi di genere, utilizzando spudoratamente una 'grammatica della violenza'.

Alice Schwarzer - Razzista a chi?
Con la retorica del rispetto ‘dell'alterità dell'altro’ molti esponenti dei gender studies, Judith Butler in testa, finiscono per giustificare intollerabili violazioni dei diritti umani in generale, e dei diritti delle donne in particolare, quando queste vengono perpetrate in contesti ‘altri’ dal nostro. Ma per una femminista, come spiega la fondatrice e direttrice della rivista tedesca Emma, i diritti universali delle donne devono essere l'unico faro, contro l’intimidazione rappresentata delle accuse di razzismo e islamofobia.

SAGGIO
Carlo Scognamiglio - La normalità del mostro: a dieci anni dall’‘Effetto Lucifero’
Una decina di anni fa, durante il processo a uno dei militari statunitensi accusati di abusi in Iraq, il team della difesa coinvolse il celebre psicologo statunitense Philip Zimbardo al fine di dimostrare come vi fossero delle responsabilità non direttamente imputabili al loro assistito, bensì alla catena di comando che aveva in qualche modo predeterminato quegli esiti distruttivi. Da quella esperienza nacque il famoso The Lucifer Effect: How Good People Turn Evil nel quale Zimbardo – che già aveva familiarità con la questione, essendo stato l’ideatore del celebre esperimento carcerario di Stanford del 1971 – analizza i modi in cui ciascun individuo può trasformarsi in carnefice. Lo scopo non è quello di sottrarre il singolo alle proprie responsabilità ma di allargare la platea dei responsabili in modo da limitare il più possibile l’esercizio di tutti quei potenti condizionamenti situazionali che incidono sulla capacità di decisione dell’individuo.

FUORI SACCO
Simona Argentieri - La verità come mestiere
Qual è il rapporto tra il racconto di sé – in letteratura e in psicoanalisi – e la verità? Che ruolo gioca l'ambiguità nella dimensione psicologica individuale e in quella collettiva? Quale valore attribuire al perdono, nella storia personale di ciascuno di noi e anche in quella dei popoli, che inevitabilmente ciascuno di noi si porta appresso? Sono solo alcune delle sollecitazioni che la psicoanalista italiana Simona Argentieri propone sulla scorta della lettura dei testi del premio Nobel per la letteratura Coetzee.

J.M. Coetzee - Il vero, il buono, il bello
Perché continuiamo a raccontare ai nostri bambini la storia di Babbo Natale, pur sapendo perfettamente che è falsa? Perché non si vive di sola verità: ‘La verità è troppo misera e nuda per coprirci’. Il premio Nobel per la letteratura Coetzee, di opere come Vergogna e Terre al crepuscolo, riprende in queste note alcune delle riflessioni proposte dalla psicoanalista italiana Simona Argentieri.
www.micromega.net


Ɣ - IL DIO IGNOTO
Libro di G. Napolitano, G. Ravasi, coord. F. De Bortoli ed. Corriere della Sera - Instant Book 2013.

In apertura di questo piccolo quanto interessantissimo libro è riportata una breve epistola del non ancora dimenticato Papa Benedetto XVI, risalente al 21 dicembre 2009 poco conosciuta o forse sottovalutata e che qui trascrivo per l'importanza profonda del messaggio lasciato da questo Apostolo di Pietro. Non in quanto teologica, bensì per il suo rapporto interno alla Chiesa, che risponde a una domanda che ci si poneva prima delle sue improvvise dimissioni che hanno lasciato tutti stupefatti: ‘dove sta andando la Chiesa?’
In realtà quanto in essa enunciato, esponeva a chiare lettere quella che Papa Benedetto XVI, in ragione di una possibile apertura ‘spirituale’ della Chiesa, rivolgeva a tutte le genti cui riferiva il suo ‘messaggio apostolico’.
Una missiva che, nell’abbraccio con le altre confessioni, guardava a un possibile colloquio ‘aperto’ con gli atei e quindi con i non credenti, con i diseredati e con tutti coloro che, per una ragione o per l’altra, erano (e sono) tenuti lontani dalla Chiesa, anche se non necessariamente dalla fede:
“Penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di «cortile dei Gentili» dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”. (S.S. Benedetto XVI)
Il riferimento è storico culturale, lo rivela Armando Torno nella postfazione al libro: “I Gentili nell’Antico Testamento erano gli appartenenti a stirpe non giudaica. Il termine corrisponde all’ebraico goyim. Indica, appunto, nazioni, popoli o etnie diversi da quella ebraica. Nel Nuovo Testamento, senza allontanarsi dalla sua accezione, diventa sinonimo di pagani, tanto che Paolo, impegnato a diffondere ovunque la parola di Cristo, è chiamato«Apostolo delle Genti». Nel Tempio di Gerusalemme, eretto durante i giorni e per volere di Erode il Grande, c’era un porticato esterno denominato Atrio dei Gentili. Si trattava dell’unica zona accessibile anche ai non ebrei. In essa, pur non potendo superarne i limiti, era possibile ritrovarsi, discutere, verificare le proprie tesi. Insomma, era un luogo dove la fede di coloro che si sentivano i veri credenti e quella degli altri aveva la possibilità di confrontarsi”.
È dunque questo il messaggio ultimo e forse il primo importante segno del pensiero di questo Papa dimissionario che tutti noi credevamo solamente concentrato nel far rispettare le ‘regole’ ferree di una Chiesa d’altri tempi e che, al contrario, ci lascia una grande importante eredità, cui la Chiesa, ma ancor prima tutti noi, dovremmo tener fede: la ri-costruzione oggettiva di quel ‘Cortile dei Gentili’ non più relegato al passato storico, quanto di apertura che guarda al futuro, che auspica l’incontro e il colloquio con le Genti.
“Papa Benedetto XVI ha pensato a questo spazio sito nell’antica Gerusalemme – scrive ancora Armando Torno – per favorire la nascita di una serie di incontri culturali che, sparsi nel mondo, si adoperino per rinnovare la consuetudine al dialogo. L’iniziativa è stata affidata al Pontificio Consiglio della Cultura e al cardinale Gianfranco Ravasi in particolare, volutamente chiamata «Cortile dei Gentili». Il 5 e il 6 ottobre del 2012, dopo importanti tappe a Parigi, Svezia, Spagna Albania, gli incontri sono avvenuti in Italia a Bologna, a Firenze e ad Assisi. (..) L’invito di papa Benedetto XVI si è concretizzato con eventi che si svolgono ormai, per l’intensità dei contenuti, nel desiderio di «raccogliere e dae forma al grido spesso silenzioso e spezzato dell’uomo contemporaneo» verso Dio. Che , per un numero crescente di persone, rimane uno “sconosciuto”.
Va detto che ‘il fatto’ di per sé sorprende non poco se, a una tale corposità di intenti, riscontriamo aver partecipato personaggi di rilievo quali il Presidente Giorgio Napolitano, in un confronto diretto con il cardinal Gianfranco Ravasi, condotto da Ferruccio de Bortoli nelle due giornate che hanno avuto come tema, appunto ‘Dio, questo sconosciuto’. Un titolo che, nato nell’ambito del Pontificio Consiglio della Cultura, sotto l’egida di Papa Benedetto XVI, ha in sé una lieve provocazione e, al tempo stesso, riflette una problematica di non poco conto. In quell’occasione il conduttore F. de Bortoli ha posto domande sia a Napolitano sia a Ravasi, portando le due esperienze in una sorta dio zona franca, dove entrambi hanno potuto parlare del loro rapporto con Dio senza preoccuparsi dei rispettivi ruoli istituzionali.
È in questo la forza di questo piccolo libro (poco più di 100 pagine) in cui il dibattito si discioglie in affermazioni di tipo ‘personale’ che mettono in luce sì le diverse e pur rispettabili posizioni ma, ancor più, si evidenzia lo spessore ‘umano’ la gentilezza d’animo dei due personaggi che, non in ultimo e lo si sente attraverso le righe, documentano perorare la stessa fede, anche se osservata e ‘vissuta’ da punti di vista diversi. Laurent Mazas che ha curato la prefazione al libro avverte essere “in questa prospettiva che s’intende l’aprirsi del Cortile dei Gentili come luogo di dialogo tra credenti e non credenti” e con “le altre religioni”, “soprattutto con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto, (..) cercando di scavare nel cuore delle questioni aprendosi alle ragioni dell’altro, fecondando il confronto con la coerenza della propria visione dell’essere e il rispetto per la visione altrui, a cui si riservano attenzione e verifica”.
Di particolare interesse sono i riferimenti testamentari all’Antico come al Nuovo Testamento (Ravasi), e quelli bibliografici ai contemporanei Bobbio, Bufalino, De Benedetti, Elia, ma anche a Nietzsche a Mann (Napolitano, De Bortoli) ed a personaggi della nostra storia-politica più recente (Napolitano), che destano non poche sorprese. La circostanza del tutto eccezionale – riferisce De Bortoli – cade nell’anno della Fede,il fatto che questa si svolga ad Assisi, luogo dello spirito e del messaggio francescano, la cattedra del dialogo interreligioso, il cenacolo della pace tra i popoli, aggiunge un significato particolare: il segno di un evento che resterà nella memoria di molti. Noi, non possiamo che ringraziare Ferruccio De Bortoli per aver permesso con questo libro, la testimonianza di un evento degno di essere ricordato che arricchisce di significato questo nostro tempo.

Recensione/saggio di Giorgio Mancinelli apparso in la recherche.it la rivista on-line che potete sfogliare gratuitamente che si avvale di numerosi autori, poeti, saggisti, giornalisti che raccolgono il plauso di tanti stimati lettori. Ai quali va il mio personale e augurio di buona lettura.

(continua)










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