Penso e mangio, addento e sono.
Oh-o!, faccio anche peggio
da buon umano che va scomparendo,
ma quando penso e dico mordo il letto
come se bocconi cercassi il piacere
alla lingua partecipe, precipitando
dalla balaustra dei denti - incisivi,
credo, quanto buona parte degli accenti.
Tonici, finché non terrorizzano il ventre
- molle per la brutta piega che prende
il fremito, fior fiore del famelico.
Sono morsi e rimordenti da una sorta
di rumine del cervello: rimestano l’idea
che per taluni paralleli in continenti
anche le briciole farebbero festa.
Se smettessi di pensare perderei peso
come già feci, a difesa del reso.
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