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Porvoo

di Rita Mura
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Pubblicato il 20/09/2024 15:24:05

Erano le prime luci dell’alba, quando il mercantile preannunciò il suo arrivo a Porvoo. Mark intento nelle sue letture e appunti commerciali, riviveva l’arrivo in questa città come una sorgente di nuova di vita. Il fiume faceva riaffiorare ricordi e l’osservazione incantata di quelle case portava i pensieri ad una calma ricercata. La città di Porvoo appariva, vista dal lungofiume, incastonata in un passato dimenticato, rappreso in un sogno variopinto. Quelle case colorate in legno, di rosso cangiante e quei tetti spioventi, donavano quel senso così familiare che la lunga attraversava, attendeva da tempo.

Era la fine di settembre e le colline circostanti donavano alla vista quella sembianza ocra, luminosa di cambiamento e preparazione al nuovo manto. L’aria pungente, avvertita in una leggera brezza mattutina, sembrava quasi ridestare il pensiero da un torpore lavorativo e guardingo. Poggiata in una banchina portuale, avvolta nel suo cappotto rosso, attendeva il suo arrivo impaziente una cara amica e cliente che era solita organizzare la sua permanenza. Graine, amava ordinare prodotti per la sua azienda dolciaria ed era solita rivolgersi a Mark che con precisione, riusciva a trovare curiosità ma soprattutto novità in ogni angolo del mondo.

Era passato un mese dall’ultima volta che Mark era passato per Porvoo. Aveva passato periodi difficili dalla scomparsa del caro amico, la depressione lo aveva portato ad un isolamento forzato e alla perdita di gran parte delle sue energie. Era arrivato il momento di una pausa che decise di conciliare con l’arrivo in questa città e le ultime consegne del mese. Si era riproposto più volte di conoscere meglio questi luoghi incantati e sicuramente la vicinanza di Graine con la sua radiosità lo avrebbe aiutato.

Sceso nel molo, passò le ultime consegne delle merci e degli ordini e si incamminò nella direzione concordata con la sua amica. Graine sembrava assorta nei suoi pensieri, osservava un gatto arancio raggomitolato al sole. Mark le si avvicinò silenzioso, non voleva distogliere i pensieri dell’amica, rimaneva sempre incantato nell’osservare l’amica e il suo aspetto elegante ma allo stesso tempo semplice e quei capelli ondulati nella loro rossiccia sofficità. Era la persona più dolce che conoscesse, non solo per il suo lavoro ma  anche per il suo aspetto e il suo profumo, riconoscibile anche a distanza, sapeva di cannella e vaniglia.

Arrivato poco distante, Graine prese finalmente vitalità e girandosi accolse la sua vista con un grande sorriso. Non furono necessarie tante parole e così si incamminarono verso l’alloggio prescelto poco distante dal suo piccolo laboratorio dolciario. Sistemate le poche cose, fecero subito un salto per sistemare il magazzino circostante e per accogliere la merce arrivata. Graine aveva preparato i suoi conosciutissimi biscotti alla cannella e preparato un piccolo pacchetto con della liquirizia salata che non poteva certo mancare.

Si rese subito conto che qualcosa non andava nello sguardo di Mark, era più cupo e chiuso. Sembrava stanco perciò decise di farlo riposare un pochino e dedicarsi al riordino dei prodotti e dolciumi. Mark era solo, era stanco ma non fisicamente aveva bisogno di respirare e riassaporare un aria di libertà e svagatezza. Si incammino verso un colle poco distante in cui si intravvedeva una vegetazione fitta ma pronta all’arrivo autunnale.

 Il suo sguardo rimase ipnotizzato da una roccia dalle forme strane e che sembrava salire come una scala nel sentiero che si era prefissato. Pronto a scalare i grandi e imperfetti scalini, fu distolto da una voce “Mark aspetta. Dove stai andando?” Graine era alle sue spalle e con una mano lo aveva attirato a sé strattonandolo dalla giacca. “Non uscire senza sapere e conoscere le strade. “Devi avvisarmi, questa strada non è sicura.” Mark non capiva questo improvviso timore che rigava lo sguardo di lei e cercò di indagare. “Cosa ti succede? Stavo soltanto passeggiando, avevo bisogno di aria fresca e volevo recarmi sulla collina.” Graine che aveva in mente altri progetti decise di non girare troppo intorno alle sue paure e decise di parlare.

“ Questa scala è chiamata la scala del diavolo e si dice che sia stata costruita proprio da Lucifero che con la sua forza ha tramutato la roccia in grandi scalini. Tutti qui in città cercano di evitarla perché porta alla luce tutte le più grandi paure e può tramutare il bello in brutto e addirittura si narra che molte persone non siano più ritornate perché trasformate in roccia.”

Mark era senza parole, sembrava una delle tante storie che venivano raccontate dagli anziani ai giovani. Decisero di rientrare, oramai il sole calava e la notte preannunciava il suo arrivo. Le giornate così corte erano una caratteristica che era rimasta impressa a Mark.

Ritornato nel suo alloggio, decise di assaporare la liquirizia salata famosa per il suo effetto calmante e conciliante il sonno. Non passò molto che fu avvolto in un sonno ristoratore che però fu interrotto da alcuni suoni strani e indecifrabili. Messosi a sedere nel letto, rimase in ascolto e sembrava quasi di sentire un vociare sommesso e urlante. Decise di uscire verso l’incedere di quel suono ma rimase bloccato da una visione che si presentò poco distante. Le rocce sembrava quasi essersi rianimate e mutavano forma e aspetto. Impietrito non sapeva se scappare o avanzare ma un qualcosa attirò il suo sguardo, un luccichio intermittente continuava a persistere e attirare il suo sguardo.

Durante la sua navigazione in tanti anni aveva imparato il codice Morse e capì ben presto che quel lampeggiare era un messaggio. Concentratosi, prese appunti e rimase senza fiato. Non poteva essere e non voleva credere a quello che gli stava capitando. Chinò il capo e rilesse ciò che aveva appuntato “ Mark, sono Claude il tuo amico, salvami. Non avere paura, per togliere questa maledizione, dovrai far rivivere l’amore eterno e calare una lacrima di felicità in queste rocce.” Mark era sconcertato e allo stesso tempo impaurito. Corse e bussò alla porta di Graine non rendendosi conto dell’ora. Lei lo accolse e provò a rassicurarlo ma soprattutto calmarlo.

 Ascoltato il suo racconto, crebbe in lei una preoccupazione sempre più forte. Non capiva questo cambiamento di Mark e decise di consolarlo donando la sua vicinanza per tutta la notte. Passarono i giorni e la mente ritrovò leggerezza e spensieratezza, il sorriso e l’allegria di Graine erano così contagiosi che ben presto lui si invaghì pensando che quello stato potesse donargli gioia in eterno.

Una mattina Mark si risvegliò come era suo solito, alle prime ore dell’alba. Era una giornata cupa e piovosa. Aveva tanti progetti, voleva regalare i migliori fiori e profumi di campo per risvegliare con la rugiada del sorriso il suo più grande amore. Spinto dal vento e dalla leggerezza dei suoi pensieri, bussò alla porta di Graine ma non ci fu risposta. La porta era adagiata e decise di entrare. Lei era distesa nel letto e aveva un viso angelico e sorridente. Cercò di svegliarla ma nessuna fu la risposta. A breve si rese conto che era morta e preso dallo sconforto ricadde su di lei in un mare di lacrime. Era stata malata da tempo ma niente aveva voluto condividere, aveva voluto vivere solo i suoi ultimi momenti.

Mark oramai senza un significato di vita e col cuore spezzato vago per la città senza rendersi conto dei luoghi e percorsi. Lacrime inondarono rocce e prati, divenendo piccoli rivoli. Apparvero sole e luna, stelle e tramonti, farfalle e piume, tutto rinacque e dissolse malefici. Apparve Claude che con un lungo abbraccio lo avvolse e fu per sé, la spalla che tanto aveva aspettato, nel conforto e compagnia di vita. La morte dell’amore, adesso era divenuto nuova vita e speranza, nel dono di un nuovo percorso di vita.


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