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The Entertainers Oh! That Cello - Charlie Chaplin

Argomento: Musica

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 21/04/2012 10:24:45

THAT’S ENTERTAINMENT III by Giorgio Mancinelli.
“Oh! That Cello” - The music of Charlie Chaplin (*).

Quando nei titoli di testa di “Luci della Città” (1931), apparve la dicitura: “Commento musicale di Charlie Chaplin”, si pensò da parte di molti a una ‘civetteria’ ma i fatti dovevano smentire in maniera sostanziale l’atteggiamento negativo che alcuni critici dell’epoca assunsero nei confronti dell’improvvisato musicista. Non poi così ‘improvvisato’ direi, poiché il suo sodalizio con la musica risaliva a vecchia data, quando cioè all’età di soli cinque anni aveva debuttato sul palcoscenico del teatro di Aldershot (Inghilterra), interpretando un motivo allora molto in voga: “Jack Jones”. Va anche ricordato che nel 1916 aveva diretto l’Orchestra di Sousa nell’ouverture di “Poeta e Contadino” e che a quello stesso anno risale la partitura strumentale utilizzata in seguito per “La pattuglia della pace”.
Riandando indietro nel tempo va detto che Charlie Chaplin prima ancora di essere ‘quello che è stato’, nasce come musicista autore di canzoni di successo che hanno fatto il giro del mondo e che ancora oggi entrano a far parte del repertorio standard di molti cantanti famosi. Solo per ricordare alcune delle sue canzoni più note: “Oh! That cello”, “There always someone you can’t forget” del 1916; “Sing a song” e “With you dear in Bombay” del 1920, in seguito utilizzate nella riedizione sonora del film “La febbre dell’oro” (1925). Nonché quella “Falling Star” entrata nella colonna sonora de “Il grande dittatore” (1940), senza omettere i tre motivi “A Paris Boulevard”, “Tango bitterness” e “Rumba”, scritti per “Monsieur Verdoux” (1947). E che dire di “Smile” inserita in “Tempi Moderni” (1936), il cui strepitoso successo fece il giro del mondo e ancora se ne ascolta l’eco in numerosi arrangiamenti canori e per orchestra, banco di prova di ogni cantante di un certo riguardo.
Ma interrompiamo qui questa scaletta di successi che ogni artista a buon titolo vorrebbe annoverare nel proprio curriculum, e occupiamoci invece di Charlot, quell’omino dall’aria triste e dinoccolata, eternamente in lotta con un destino più grande di lui. A Charlot il cinema deve davvero molto, senza il suo personaggio, la bombetta, il passo incerto e indeciso, il “teatro delle ombre” (come era chiamato il cinema degli esordi), avrebbe stentato anni, forse, prima di diventare un’arte veramente popolare. Il film, lungo appena pochi metri di pellicola, in cui Charlie Chaplin veste per la prima volta i panni di Charlot venne presentato dalla Keystone il 2 Febbraio 1914, col titolo davvero premonitore “Per guadagnarsi la vita” (1914). Fu quello l’inizio di una ininterrotta serie di avventure eroicomiche apparentemente in bilico fra il patetico e il sentimentale, seppure con una forte introspezione psicologica nel risvolto della realtà che veniva mostrata.
Con l’avvento del sonoro nel 1929, l’ombra del dubbio appannò per un momento la certezza di Charlie Chaplin, il quale, dopo la proiezione di una delle prime pellicole sonore annotava: “Uscii dal teatro convinto che il sonoro avesse i giorni contati”, ma ben presto, come poi si vedrà, non ebbe altri tentennamenti. “Era il tramonto del cinema muto. Fu davvero un peccato, perché cominciava a perfezionarsi proprio allora. (..) Io però ero deciso a continuare a fare film muti, perché credevo che ci fosse posto per ogni sorta di svaghi. (..) Proseguii pertanto la lavorazione di “Le luci della città”. Impiegai più di un anno a girarlo, non restava che da registrare la musica. Uno dei vantaggi del sonoro consisteva nella possibilità di controllare la musica che perciò composi personalmente. Cercai di comporre una musica romantica ed elegante, che fosse in contrasto con il personaggio del vagabondo, perché la musica elegante conferiva ai miei film una dimensione emotiva. Questo gli arrangiatori lo capivano di rado. Loro volevano che la musica fosse divertente. (..) Io volevo che fosse un contrappunto di grazia e delicatezza”.
La conferma e, se vogliamo, la svolta arrivò dopo “Melodie di Broadway”, una commediola musicale sonora a lungometraggio, scadente sotto il profilo artistico, che però riscosse un buon successo economico, le sue incertezze cedettero il posto a una nuova creatività. Prima di ogni suo film entrava regolarmente in sala di registrazione e incideva la sua musica. Ed erano tutti brani straordinari, chi non ricorda: “Eternamente”, e quel “Limelight” leit-motiv di “Luci della ribalta” (1952); o “This is my song”, “Mandolin Serenade”, “Napoli march”, per “La Contessa di Hong Kong” (1967). Tuttavia nei suoi film troviamo, accanto ai propri temi musicali, brani composti da altri spesso con intenti comici o dissacratori come “La violetera” e “Io cerco la Titina” cantata dallo stesso Chaplin in un guazzabuglio linguistico in “Tempi Moderni”.
Ma se nel cinema il suo genio concepì una forma d’arte autonoma, la veste musicale che ha accompagnato i suoi film, ha indubbiamente, aggiunto una rara vitalità nella pur sua essenziale intuizione. Ciò che sempre sfuggiva ai suoi detrattori e ai critici della sua epoca, e che ancora oggi sfugge ai ‘conoscitori’ del suo estro musicale, è che in Chaplin tutto era, e lo è tutt’ora ogni qual volta visioniamo un suo film, trasposizione in musica di emozioni e sentimenti, ‘fotogramma dopo fotogramma’, dove il gesto diventa essenziale, ogni movimento poesia, scansione musicale, e nel suo insieme un’irripetibile coreografia.
“Sono nato il 16 Aprile 1889, alle otto di sera, in east Lane, Walworth. Subito dopo ci trasferimmo in West Square, St. George’s Road, Lamberth. Stando a mia madre il mio fu un mondo felice. Le nostre condizioni erano relativamente agiate; abitavamo in tre stanze arredate con gusto...”. Con queste parole Charlie Chaplin da inizio alla sua nota “Autobiografia” (*), il cui destino di attore, mimo, ballerino e musicista, era già segnato. Il resto è storia, anzi leggenda!

Hanno detto e scritto di lui i colleghi:

Vittorio De Sica – “Noi tutti usciamo dalla sua celebre bombetta, come gli autori russi dell’Ottocento dicevano di uscire tutti dal “Cappotto” di Gogol!”

Michelangelo Antonioni – “Non posso non riconoscere in lei un grande maestro della comunicabilità”.

Federico Fellini – “Io, Maestro, mi chiamo Federico Fellini: senza di lei non sarei scappato di casa a diciotto anni, non avrei fatto il disegnatore o lo scrittore umoristico, non avrei ‘guardato’ in faccia la vita. Da lei ho appreso la lezione della libertà ed ho imparato a guardare l’uomo a tutto tondo, restituendone le malinconie canine, i soprassalti della coscienza, la disperazione, la grande ambizione e anche la sgangherata speranza”.

 

Robert Bena-Joumn, noto vritico cinematografico - "E' meraviglioso vedere come il suo entusiasmo e la sua cultura riescano ad entrare perfettamente in ogni personaggio. Un istrione che non conosce ne calcolo ne metodo, ma che si affida per ogni cosa ad una certa purezza interiore".

Hanno scritto di lui i poeti:

Umberto Saba - “In volto / Sotto il cappello a bomba un poco obliquo / Ha gli occhi attenti del cane che in fretta / va per paura. / Oscura / è la sua pena, e forse invoca d’essere / Raccolto, / O almeno ucciso”. 

Vladimir Majakowsckij – “Una città d’Europa. / Ammiccano / Gli occhi delle case. / E negli occhi / lacrime multicolori. / Sui pali, nello spazio, in mille modi. / Un nome solo: Charlie Chaplin! / Un debole omino calpestato / da Los Angeles a qui / recita attraverso gli oceani”.


Raffaele Carrieri – “Hai fatto col freddo e la fame / l’America umana / e umano l’americano / che piange i suoi conigli / nel cassone del frigorifero. / Ha smesso di prenderti a calci / nei giorni dispari / e il sabato quando è un po’ brillo / pagherebbe fino a tre dollari / la visita di un angelo”.

Corrado Govoni – “ Con le tue scalcagnate scarpe / buone da far bollire nella pentola / nei giorni della carestia; / pagliaccio schiaffeggiato dai milioni: / girerai sempre l’ironico disco / della luna dei poveri / col tuo sacco di eterno vagabondo, / usignolo fischiato dal silenzio, / sull’ipocrita cadaverico cuore del mondo”.


Bibliografia:
(*) Charlie Spencer Chaplin, “La mia autobiografia” - Mattioli 1885. Ripubblicata da Mondadori nel 1964.
“Opinioni di un vagabondo” (Mezzo secolo di interviste) – Minimum Fax
“Un comico vede il mondo” – Le Mani-Microart’S

Discografia:
“Oh! That Cello” musica di Charlie Chaplin, straordinariamente eseguita al violoncello da Thomas Beckmann e al piano da Kayoko Matsushita – 2 CD BMG – 1993.
“I film di Charlie Chaplin” – Lonnie Baxter Orchestra – Vedette.
“A tribute to Charlie Chaplin” – Stanley Black dirige la London Festival Orchestra & Chorus.
“Omaggio a Charlie Chaplin” – Orchestra M. Villard – Vogue.
“La musica di Charlie Chaplin” – Gli Oscar del Disco – Ariston.
“Musiche per i film di Charlie Chaplin” – Alphonse Ensamble – Carosello.


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