Ho smesso con l’odio: la coda soprattutto
tende la cometa nell’orbita, io la lasciai
di ghiaccio perché si sciogliesse dove fioriva
l’acqua. E l’acqua mostrò come in un adulto
si muovono le remore. Corpi accostati ma
di tutt’altro genere. La finisco con l’odio,
simulo in fretta il vento, sbuffo, accalco
sul muro altri rinvenimenti, figure temo.
L’estate morta cadeva dal costume sulla sedia,
scostumatamente poggiata alla spalliera.
Per questo sbandai, ma era un riccio lacrimale
con la piccola voce velata insistente controllata
da un lato, per dire prendi una legittima indifferenza
dall’odio, dalla coda dell’occhio, dall’orbita,
prendi il costoso timbro dell’abbandono
e prendi il distacco dalla mancanza di seguito
per menare passi sopra una lastra incandescente:
è la strada quando riparti carico del fervore
dell’universo - ammettendo che l’universo
si allarghi con la stessa dinamica nel vuoto
sempre - e solo sono resti.
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