Ubriachi eravamo, nel ritorno imminente
Cesare Pavese
I.Se la poesia fosse
Uno stridere di guance
Terra secca sugli occhi,bacio
Di umida atmosfera
E se i tuoi occhi fossero
La prima luce della notte
La stella
Bagliore di nuvole stese su oceani
Se la poesia fosse un ramo
Un cencio
Basho che piange sul naso della Luna
Allora le mie dita parrebbero ali
E non soffrirei più
Ma io non so più scrivere
Osservo in crisalidi di vento
Osservo le tue gambe formose e il tuo seno
Osservo i tuoi fianchi come nude montagne
Come un gatto sul terrazzo
Vede il gabbiano nell'amplesso in volo
Come le iridi taglienti
Della lucertola
Io vedo,
Io piango
E non c'é nulla più di questo:
Concretezza
II. Le spire immobili di questa vita
Nulla,
Nulla è mio
Solo una timida tristezza
Solo le brulle coperte la notte
Conosco la rabbia, conosco la paura
Il tuo sorriso mi ha insegnato
Tremori diversi
Ma ancora preme il futuro
Possibile
Perché ho paura di gridare troppo forte
Che il suono erompa e dia alle fiamme ogni cosa
Tutto ciò che è vivente
E tutto ciò che è vero
III
L’amore dei gatti e delle lucertole
L’amore fragile che sventra ogni parola
Ho dato vita a ricordi di schiuma
Per darvi forma e ritrovarci il tuo volto
Ché mi mancavano le forze per toccarti
parlarti
Ché mi mancava l’ingenua energia
Dei primi amanti
Ché mi mancavi tu
Ed una volta ti dissi:
“sei sempre stata la luce nel buio”
Dopo che a Nizza ti ho guardata come uomo
-Tu che eri donna-
Senza baciarti o accennare a stringerti
lasciando i dubbi alle carezze dell’acqua
Amo quando mi parli
E copri il silenzio della mia mente
Amo il solco del tuo corpo nudo
Sulle mie membra che bramano il confronto
Noi,
fusa di gatto
pelli di lucertole
Inadatti alla vita fino quasi ad amarla
Ti porterò nella mia poesia
Come mi porti nelle labbra quando siamo avvinti
Tu, appassionata e bella
Che mi hai toccato fino a dove esplode
La scheggia ardente delle mie viscere
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