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’Recuerdo del Cafè Azul’ – letras

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 16/08/2015 19:13:17

Recuerdo del Cafè Azul – letras

Pedro toca la guitarra sobre la entrada
poco notas de un viejo tango
qué toma nombre 'Caminito.'
Un pasaje del Boca
dedicado al célebre tanguero
Filiberto es su nombre.
Al interior Carlos y Fernando José
hablan en lunfardo delante de un vaso
de vino teñido.
Una letra cosmopolita
febril y fascinador del hampa
del género portegno.
Antonio y Osvaldo juegan a los papeles
con otros dos hombres de que no conozco el nombre
qué pelean a alta voz.
Dicen sean barrio de Boedo
qué se vende para proletario y ganzo
en verdad disreputable y sgarro.
Los cuatro se disputa parece
delante de sus compadritos de pie
una sobra de terreno confinante.
Un nuevo asentamiento a Puerto Madero
dónde un tiempo se irguieron
los antiguos docks portuarios de Baires.
Algunos dicen se juega el partido de la vida
el viejo y la nueva suerte del tango porteño
llegado con el habanera de Cuba.
Una danza derivada del candombé llevada por los negros
de África prodigue o quizás
nacida en una milonga orillera.
El tango dice Carlos es pasión pura
improvisación
la danza infinita de una tierra: la Argentina.
Fernando José añade ser una danza
antigua y siempre nueva
confiada a la fantasía de los patanes.
Antonio de socalce juega de remesa
anuyendo al milonghero Osvaldo
el antagonismo que ata el tango al Boca.
Los otros de revancha reivindican a la danza
el arte apasionado
de los tangheros de Boedo.
Un sentir y concebir la vida
en cuanta expresión de una vivencia
desolado y solitario que vuelve.
El encuentro de un hombre y una mujer
protagonistas de él mismos
qué se reconocen él un el otro en el baile.
Una letras hecho de miradas
de instantáneas expresiones de pasos
de abrazos y de abandonos despiadados.
Como despiadados son los antagonistas
a la mesa de juego
la condición diferente de los un y de los otros.
La soledad y la melancolía de los muchos
frente al pasar del tiempo
delante de los recuerdos que afluyen a menudo a la mente.
Junto a los ritmos pulsantes de los esclavos negros
las melodías inolvidables de Andalucía
la música popular de los migratorios de Europa.
La nostalgia de los gauchos llegada por los pampas
y aquel de los criollos sobrevivientes de las guerras
por los estados de la independencia.
Los milongas de periferia y los prostíbulos desolados de los barrios
de los círculos 'por bien' y el destierro de Gardel
Evita Peron y la revuelta de los descamisados.
Las madres de Plaza de Mayo y los desaparecidos
tras las porras de la Policía
y el resplandecer ocasional de las hojas de los cuchillos.
Todo esto fue y todavía es tango
identidad de una música instrumental vuelto canto
en los sellos de la guitarra y el violín
qué se mezclan al bandoneón.
Al sonido de la flauta y el piano
extraviados casi al graznar de una radio encendida
a un Victrola que llora.
Músicos como Villoldo, Canaro, Fresedo, De Arienzo
Goyeneche, Troilo, Pugliese, Piazzolla
y los poetas Manzi, Castillo, Flores, Cadicamo, Discépolo…
Qué del Cafè Azul otro no queda
qué un pasaje soleado de un barrio arrabalero
y el silbar de un hombre milonguero.
Nacido en los suburbios
sórdidos y oscuros
de un tiempo que no hay más.
Pocas notas convenidas de un viejo tango
qué Pedro señala toca a la guitarra para los transeúntes
y qué tiene nombre 'Caminito.'


Ricordo del Cafè Azul - letras

Pedro suona la chitarra sull’entrata
poche note d’un vecchio tango
che ha nome ‘Caminito’.
Un pasaje de la Boca
dedicato al celebre tanguero
Filiberto è il suo nome.
All’interno Carlos e Fernando Josè
parlano in lunfardo davanti a un bicchiere
di vino tinto.
Una letras cosmopolita
febbrile e affascinante della malavita
del genere portegno.
Antonio e Osvaldo giocano alle carte
con altri due uomini di cui non conosco il nome
che litigano ad alta voce.
Dicono siano del barrio di Boedo
che si spaccia per proletario e ganzo
in verità malfamato e sgarro.
I quattro si contendono pare
davanti ai loro compadritos in piedi
un avanzo di terreno confinante.
Un nuovo insediamento a Puerto Madero
dove un tempo si ergevano
i docks portuali di Baires.
Alcuni dicono si giochi la partita della vita
il vecchio e il nuovo destino del tango porteño
arrivato de Cuba assieme all’habanera.
Una danza derivata del candombé portata dai neri
dall’Africa profonda o forse
nata in una milonga orillera.
Il tango dice Carlos è passione pura
improvvisazione
la danza infinita di una terra: l’Argentina.
Fernando Josè aggiunge essere una danza
Antica e sempre nuova
affidata alla fantasia dei tangheri.
Antonio di rincalzo gioca di rimessa
annuendo al milonghero Osvaldo
l’antagonismo che lega il tango a la Boca.
Gli altri di rivalsa rivendicano alla danza
l’arte appassionata
dei tangheros di Boedo.
Un sentire e concepire la vita
in quanto espressione di un vissuto
desolato e solitario che ritorna.
L’incontro di un uomo e di una donna
protagonisti di se stessi
che si riconoscono l’un l’altro nel baile.
Una letras fatta di sguardi
d’istantanee espressioni di passi
di abbracci e di abbandoni spietati.
Come spietati sono gli antagonisti
al tavolo da gioco
la condizione diversa degli uni e degli altri.
La solitudine e la malionconia dei molti
di fronte al passare del tempo
davanti a i ricordi che spesso affluiscono alla mente.
Assieme ai ritmi pulsanti degli schiavi neri
le melodie indimenticabili dell’Andalusia
la musica popolare dei migranti immigrati d’Europa.
La nostalgia dei gauchos giunti dalle pampas
e quella dei criollos reduci dalle guerre
per gli stati dell’indipendenza.
Le milongas di periferia e i postriboli desolati dei barrios
dei circoli ‘per bene’ e l’esilio di Gardel
Evita Peron e la rivolta dei descamiciados.
Le madri di Plaza de Mayo e los desaparecidos
dietro i manganelli della Polizia
e il risplendere occasionale delle lame dei coltelli.
Tutto questo era ed è ancora tango
Identità di una musica strumentale divenuta canto
nei timbri della chitarra e del violino
che si mescolano al bandoneón.
Al suono del flauto e del pianoforte
smarriti quasi al gracchiare di una radio accesa
a una victrola che llora.
Musicisti come Villoldo, Canaro, Fresedo, D’Arienzo
Goyeneche, Troilo, Pugliese, Piazzolla
e i poeti Manzi, Castillo, Flores, Cadicamo, Discépolo …
Del Cafè Azul altro non resta
che un pasaje assolato d’un barrio arrabalero
e il fischiare di un hombre milonguero.
Nato nei sobborghi
sordidi e oscuri
d’un tempo che non c’è più.
Poche note accordate d’un vecchio tango
che Pedro accenna appema alla chitarra
e che ha nome ‘Caminito’.

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