Pubblicato il 15/03/2023 15:42:08
LUPEN THE CAT / 11 ... di quando il mio stupendo gatto nero è scappato di casa, per poi fare ritorno prima che andassi a denunciarne la scomparsa.
L’aveva preannunciato più volte, detto non più tardi di ieri sera, e quando sono rientrato nell’abitazione dopo una serata passata con gli amici, non lo trovo in casa…
«Lupen! Lupen! Micio!, dico alzando di un tono la voce.»
No giocavo, micio non l’ho detto, non sia mai mi abbia sentito, è un tabù che già non rientrava nel nostro repertorio linguistico, ciò che rappresentava una pessima variazione sul tema del ‘rispetto’ dell’animale in se. Che dico, animale? Già fremo all’idea che possa entrare all’improvviso, mentre mi preparo a ritirare il tutto…
«Ma no scherzavo Lupen, mio caro, lo sai per me sei un amico fraterno.» «Che dico? Sei molto di più, un vero fratello.» «No, davvero non volevo dire ne amico ne fratello, tu sei il migliore dei miei consanguinei, va bene così?»
Neppure, non mi resta che chiedere venia per un’assoluzione che so che non arriverà mai, che in qualche modo me la farà pagare allorché s’affaccerà dall’angolo della stanza. Farò bene a fare come se nulla fosse. In fondo non so niente di quanto può essergli accaduto…
«Lupen! Lupeeennn! Dove ti sei cacciato mio tesoro?» «Cacciato?»
Sono pronto a giurare di non averlo detto.
«Lupen, vieni ho in serbo una leccornia per te.»
Non risponde, strano, eppure tutto sembra essere a suo posto, solitamente non è così che trovo l’appartamento quando sbadatamente uscendo, magari per la fretta, dimentico di salutarlo o di avvisarlo del mio successivo rientro. Specialmente quando per una ragione qualsiasi mi capita di fermarmi fuori a dormire lasciandolo in ansia per il resto della notte., anche se non lo darebbe mai a vedere. Incredibile a dirsi ma Lupen è capace di restare immobile a guardare l’uscio per ore in attesa di vedermi arrivare…
«Lupen, Lupeeennn, dove sei? Adesso ad essere preoccupato sono io, hai forse deciso di farmi stare in ansia per il resto dei miei giorni?»
Ovviamente non risponde, non posso che prenderne atto di una realtà inconfutabile, imprescindibile dell’essersi volutamente allontanato dall’appartamento senza aspettare il mio ritorno. Almeno il tempo di parlarne, vi pare? Nel mio caso è una questione di sopravvivenza. Ho qualche rimorso ma, diciamolo pure, va sottolineato un concetto basilare, quello di confidare nel ‘rispetto’ moralistico degli altri. Ovviamente mi sbaglio. Non so se mi spiego, quello che intendo è che non basta avere il pregio di avere un gatto nero in casa che fa ‘chic’ seppure qualcuno lo addita come menagramo ma, in quanto, a dover subire apertamente tutte le sue scorrettezze rende la cosa decisamente insopportabile, lo direste accantonabile? Neppure per sogno, pretendo una spiegazione…
«Lupen, Lupeeennn!!!!!!»
Una spiegazione che se anche dovesse presentarsi tra un minuto non mi darà mai, anzi come di solito farà il sostenuto, guardandomi coi suoi occhioni gialli sgranati e fissi che incutono fermezza, nel senso che blocca lo sguardo di chiunque voglia indagare sulla sua figura, sui suoi pensieri, sulle sue intenzioni, capace com’è di sollevare la coda e mostrare il culo con indifferenza al suo interlocutore. Ecco ciò che può dirsi una vera mancanza di ‘rispetto’, in questo caso verso di me che lo ospito nel migliore dei modi. Già che dirlo ‘ospite’ l’offende, meglio chiamarlo ‘anfitrione’, perché senza alcun dubbio il vero padrone di casa è lui, io sono solo una figura secondaria, il suo maggiordomo, ancor meglio mi si direbbe il suo servitore visto che provvedo a preparargli e a servigli i pasti e non solo…
«Miao George!» «Buonasera Lupen!» «Vogliamo dire buongiorno George, non ti sei neppure accorto che s’è fatto giorno, hai passato una buona nottata?» «Lupen non credi che dovrei essere io a porti delle domande, ti sembra normale che non ti fai trovare al mio ritorno, pretendo il ‘rispetto’ che mi è dovuto!»
«Miao, proprio tu parli di ‘rispetto’, non sei realistico George allorché perso come sei nei meandri dell’attuale complessità sociale, multietnica e multiculturale, ti poni un interrogativo fondamentale che riguarda il ‘senso’ del proprio agire individuale, mentre invece riguarda la società nella sua percezione globale e comunque comunitaria, che va esaminata nel suo insieme. Non ti pare?»
«Cioè Lupen, mi stai impartendo una lezione sul ‘senso morale’?»
«Perché no George, visto che tu fai finta di ignorare che in questa società ci sono anch’io, anzi ci sono io e poi forse ci sei tu, la cosa diventa una questione metodologica basata sul riconoscimento dell’uguaglianza, sul consenso individuale alla reciproca fiducia.”
«Non posso crederci Lupen, riguardo all'applicazione ‘morale’ del senso, va detto che c’è molta incoerenza relativamente se applicarla alla società e/o agli individui, tantomeno a un gatto quale tu sei, o lo hai dimenticato?»
«Miao, ti rammento che i gatti sono animali razionali indipendenti, semmai sono gli uomini come te che hanno bisogno delle virtù. Del resto, qualsiasi affermazione in merito, non ha risolto un dualismo da sempre renitente, tra voi antropici e noi, insito nella possibilità di una ‘critica morale’ che possiamo impartirvi sui valori centrali dello stare insieme. In un mondo in cui sia presente il ‘libero arbitrio’, a una società di persone simili ad automi come siete voi, è preferibile quello ‘animale’ che non possono commettere azioni malvagie, quanto quella che pensavi di impartirmi la notte scorsa.»
«Stai scherzando Lupen o dici sul serio?» «Non scherzo affatto, voi antropici, avete sempre pensato di essere al centro del mondo, entro il quale far maturare quelle virtù che costituiscono una scelta di buona vita. Niente affatto, non funziona così, oltre a voi ci siamo tutti noi, gatti compresi, oltre alle piante e a tante altre specie, per cui ognuna risponde al proposito di una specificità razionale.»
«Quindi, vai al dunque Lupen.»
«Miao, miao e poi miao! Quando si dice che nessuno è perfetto si parla proprio di voi umanoidi dei miei stivali, nella consapevolezza che dovete fare i conti con l’imperfezione, la malattia, il limite della morte, tu m’intendi George, è un fatto di attribuzione, di riconoscimento.»
«Miao Lupen, grazie, mi hai suggerito un’ottima intuizione, credo che domani sarà proprio questo il tema della mia conferenza universitaria, sulla necessità del ‘riconoscimento’ nella società multiculturale.»
«Miao George, gatti compresi?» «D’accordo, gatti compresi.» «E adesso vogliamo passare alla promessa in serbo alla leccornia per me?» «Come lei desidera Maestà.»
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