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Una piccola bestia di gioia #poesiapoeti

di Amina Narimi
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Pubblicato il 20/03/2014 14:50:57

Stringeva tra le mani  come un canto

una piccola bestia di gioia, consumata, 
con la nuvola la cima il gambo, l'ho seguita.
Entrando  nello spazio stretto dedicato ai libri,
con un ritmo che nasceva da lontano
ho percepito un movimento sacro di saluto
 
Tutto di lei è muto, tranne quelle mani
nelle pause di ogni libro, come dicesse delle cose
con qualcuno che le scorre in fondo al sangue
che si effonde nel fiato e d’improvviso
mi è parsa saltare sulla terra, così leggera, 
al gioco del mondo, in cima a tutto lo scaffale,
nella rayuela, continuo a sentire  più forte
il jazz del suo  silenzio. Si allunga con le braccia
come immersa in un'acqua veloce
e gli occhi grandi ondeggiano tra i pesci
di De Luca. Nelle sue infinite forme
si guarda risplendere e nuotare
fino al giardino dei pensieri, a Pennabilli,
assottigliando i piedi  a farsi niente. È ferma
tra i frutti dimenticati e le corsie
 
s'illumina la pelle, al contatto della costa, 
quando sfiora la polvere di stelle,
posati i propri nervi sulla neve,
di  Tonino Guerra. Raccoglie  un nuovo libro
ora, come un velo, lascia andare gli occhi 
con i miei
 
è ricordo ciò che chiama, nella calma
unisce due lembi tra le pagine,
mi apre un varco  al collo 
senza ali  né vocali 
avvicina la memoria. Entra tutta in una stanza
a non sentir più niente di com’è
là fuori il mondo. Trema nell’abisso
con Primo Levi nell'ombra si copre il viso,
se questo è un uomo, sussulta a un cuore così bianco
e danza con tutti i figli di dio, danzano
insieme al percorso dell’amore in un tempo differente,
e un pezzo di strada con qualcuno. Due passi ancora,
accarezza  Il suo vero nome in copertina 
disegnando un otto con le dita,
senza curarsi di nessuno
quando porta alla bocca  il libro 
con l’eleganza di una curva
mettendo un bacio tra le pagine di mezzo..
 
ma più di tutto sono state le sue lacrime
a fermarmi, incontrando la Szymborska,
con la Gioia di scrivere piegata in mezzo al seno:
ha premuto tanto forte quelle uniche poesie
ricoverate nella  stanza,  così piccola
da sembrare  un animale nella tana
quando gli esce il nato fra le zampe.
 
La fisso. Aspetto che si giri verso me,
dove finirà la pagina, di sentire il suo respiro
che non smette più di andare, di vedere.
 
Nell’atto di volgersi
tocca la sua  lingua con un dito,
stringendo l’aria prima dell’incontro,
e si offre allo sguardo.
 
Non credo cercasse qualcuno
nel riflesso del mio silenzio
se non quelle carezze sui capelli,
mettendo fine ai suoi  pensieri
un nuovo nascere,
come si fa correndo verso il bosco
andando a trovare gli alberi
 
 

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