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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Momenti d’Autunno / 3 foglie, musica,castagne, vino e libri

Argomento: Libri

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 23/10/2019 12:09:11

Momenti d’Autunno / 3
(..foglie gialle e buona musica, castagne arrostite, film, vino e pagine di libri).

‘dias in luminis oras’
(Lucrezio: “De rerum natura”)

viviamo
‘nelle divine regioni della luce’
avvolti
dell'alone immanente delle cose
create
nell’imprevedibile ricchezza d’ogni dove
nell’aria

(GioMa

«Rileggendo alcuni classici greco-romani – scrive Giovanni Teresi (*), metterei ora nel baule alcuni testi di storia e filosofia greca che hanno ben descritto la condizione umana. […] Oggi sarebbe bene rileggere ed analizzare il pensiero di alcuni famosi autori greci e latini per assaporare la loro intramontabile attualità. Poi, la nascita della commedia greca è stata una espressione del pensiero libero di molti commediografi. […] Ad esempio la commedia Νεφέλαι / “Le nuvole” di Aristofane (*), grazie ad una scoppiettante successione di trovate, si chiude con un finale amaro che lascia tutti beffati e punisce imbroglioni e imbrogliati, disonesti e aspiranti truffatori. Quindi, considerati i tempi di alcune crisi bancarie italiane, direi che la trama di Aristofane calza bene nel contesto socio-economico.»

“Certamente più veritieri delle notizie politico-economiche che si leggono sui Quotidiani!” – penso, ma non trattengo le parole che mi escono di bocca.
“Ma George di cosa vai farfugliando?” – chiede lei.
“Niente, stavo leggendo che il cielo non promette nulla di buono!” – dico io.
“George, ma che dici, è una giornata splendida, non vorrai mica restare in casa? – chiede lei.
“Ma no, ma si … uscirei pure … però!”
“Siamo alle solite, piuttosto perché non dici che non hai voglia di uscire?”
“Di certo il tempo cambierà, lo dice Goethe (*) osservando ‘La forma delle nuvole’.”
“Goethe chi?”

Vi risparmio il seguito. Fatto è che sono rimasto in casa a leggere il sempre valido vademecum-meteorologico sopracitato. Quando mi accorgo che la data riferita al giorno, non corrisponde con quella di oggi, e neppure l’anno. Infatti recita quanto segue:

«Mattinata serena, nuvole lievi durante la giornata. Notevole corteo di nubi provenienti da sud-ovest nella regione superiore. Molto caldo, serata tranquilla. Magnifica notte di luna.»

Per quanto, credo che il cielo d’Autunno non possa cambiare di anno in anno, mantenendosi conforme alla norma, anche se nel testo leggo Giovedì 25 Maggio, e ora siamo al 19 Ottobre. Credo di aver fatto un po’ di confusione con le stagioni. Tutta colpa di Vivaldi (*) – dico io, poiché alla Radio stanno passando i brani delle sue “Quattro Stagioni” e, senza che me ne accorgessi, sono passati da ‘L’Autunno’ a ‘L’Inverno’, mentre ancora mi adagiavo, dopo ‘Il ballo e canto de’ villanelli’, su ‘Gli ubriachi dormienti’. Ma la musica preannuncia cattivo tempo, mentre leggo il meteo del giorno in arrivo:

«Come ieri (oggi è prevista) una maggiore tendenza alla pioggia e, di tanto in tanto, pioggia accompagnata da tuoni. Questo si protrasse oltre mezzogiorno fin verso le 5, come scoprimmo. Poi si rasserenò e alle 8 di sera la luna splendeva chiara nel cielo, successivamente incupito da leggerissimed nuvolette.»

Posso sempre sperare nel diluvio – mi dico, nel mentre mi ostino di continuare a leggere, prendendo a caso tra i libri accatastati sul piccolo tavolo accanto alla poltrona. Nulla di inquietante, direi piuttosto adeguato, mi si lasci passare il termine, allo spirito di quell’ipotetico viaggio che la lettura spesso invita a fare, pur nell’inerzia dello sfogliare le pagine. Come nel caso di “La traversata infinita” di Margherita Orsino (*) con testo spagnolo a fronte, accompagnata dalle visioni ‘oniriche’ dei dipinti di Josè Scacco:

“Attraversare / pietra dopo pietra / fino al limite ultimo / fino a che il raggio / prima di scomparire, / solo, tracci un orizzonte di luce. // Non c’è un sentiero in questo finis terrae. / Il camminoè la linea / ma è anche la pietrta, suo punto, / e la sua ombra incerta.”

Il narrare che segue è di Angelo Maria Pellegrino (*) che “In Transiberiana” avverte fin dalla partenza una: «Sensazione di assenza corporea, di mancanza di peso e d’esistenza reale, in un luogo greve e noto, quello del quotidiano … mi trascina, già tutto intirizzito da questo primo acquazzone d’autunno. Chissà perché venuto giù proprio oggi che sto per partire. È un cattivo auspicio? Se ne avessi la certezza tornerei subito indietro … Non so se avrei più la forza domani o dopo, di ripartire ancora: 12.503 chilometri di sola andata sino a Pechino, e sono ancora imbottigliato nel traffico nero, fango, asfalto, pioggia di Roma.»
Di certo non si sta parlando di quella Roma due volte imperiale, feudale e papalina, romanica e rinascimentale, manieristica e barocca, sopravvissuta ai secoli, attraverso la compresenza e la sovrapposizione dei suoi molteplici aspetti. Al dunque elaborata e accresciuta nelle tele e nelle immagini dei molti artisti che l’hanno immortalata, nelle penne dei poeti che l’hanno inneggiata, fino ai tanti cantori spontanei, colti e di strada, che hanno saputo cogliere il fiore del suo vernacolare prosaico e scanzonato, come quella descritta da Giorgio Mancinelli (*) sulla pagine della rivista letteraria Larecherche.it.

«Sebbene sia questa un’altra Roma, che per contrasto possiamo dire ‘sommersa’, attende ancora d’essere narrata, meno conosciuta e meno fotografata, capace di una facezia pungente e villana ad ogni angolo di strada. Talvolta ironica e beffarda, talaltra bonaria e sorniona, ludica e trasognata, che pur chiede d’essere evocata dal ceppo della tradizione annosa che sempre si rinnova e che qui assume forme imprevedibili di grande fantasia, consapevole al tempo stesso di appartenere alla storia e al mito che ne rivendicano la sorte.»

Come sempre si dice: “un libro è un viaggio al seguito delle nuvole sospinte verso l’infinito”. Di mezzo, per chiunque s’impegni nel leggerlo, c’è che si visitano luoghi insoliti, ci si misura con le diverse realtà climatiche e le diverse altitudini, si fanno incontri straordinari, si conoscono le trame della storia, i resoconti di cronache sempre diverse ecc., prima di tornare indietro, una volta chiuse le pagine del libro, a sedersi sulla stessa poltrona. Come del resto, da qualche tempo, vado facendo anch’io, travolto dalla commozione e del ricordo di tante letture del passato. Ed è come un risvegliarsi improvviso dalla fiaba alla realtà: “..come nel mezzo di un sogno, quando si ha paura di dimenticarlo”.
La frase non è mia ma di Pinar Selek (*) che nel suo libro “La Casa sul Bosforo” si lascia trasportare dalle emozioni, conducendolo il lettore in un continuo ‘viaggiare’, solo apparentemente senza meta, all’interno dei propri sentimenti, quelli più reconditi che scaturiscono dalla sensibilità profonda dell’animo umano. Quella incontestabile quanto vilubile ‘sensibilità’ di donna che nel comune pensare riscontriamo come sostanziale ‘leggerezza’, tuttavia mai banale e quindi da non sottovalutare, perché confidenzialmente ‘passionale’, per lo più legata all‘incertezza’ che l’odierna società produce. Che non è quella dell’inizio del libro, dove le ‘certezze’ sono ben altre, legate alla terra, così come lo erano i costumi e le tradizioni secolarizzate che costituiscono la spina dorsale di un popolo, e ne definiscono la sua dignità.

“Noi siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni”, ricordate?

E allora non ci resta che chiudere gli occhi e tornare a sognare sul “La via della seta” di Franco Cardini e Alessandro Vanoli (*) e/o l’omonimo libro di Luce Boulnois (*), e affrontiamo il nostro prossimo viaggio nella leggenda. Un lunghissimo viaggio tra Oriente e Occidente ed a ritroso in compagnia di questi due libri che coprono un arco di tempo che dal Medioevo arriva fino ai nostri giorni; o meglio un meraviglioso viaggiare sulle ali del mito di Marco Polo (*) che ha suggestionato milioni di lettori in tutto il mondo, ma che è anche l'inizio di un'avventura entusiamante che ci consente oggi di intraprendere un cammino molto più agevole del suo e di gustare appieno quanto c'è di 'favoloso' nel suo racconto diaristico, trasformato per l'occasione in un vademecum suggestivo di rivisitazioni stupefacenti.
C’è tutto questo e moltissimo altro in questi due 'grandi libri' citati che, al confronto di quanto vi si può trovare, diventano taccuini piccolissimi, dove pure si parla in modo approfondito di città come Aleppo, Babilonia, Baghdad, Bukhara, Costantinopoli, Damasco, Edessa, Esfahan, Herat, Gerusalemme, Palmira, Samarcanda, Khotan o Chang’an, ed anche Alessandria, Petra, Goa, Malabar, Patna; ma anche Pechino e il Cathai, Aquileia, Palermo e la serenissima Venezia, luogo di partenza dell’intraprendente Marco Polo,, del cui viaggiare abbiamo appreso ne “Il milione” (op.cit.), e del suo modo stravagante di raccontare romanzato, divenuto meta ambitadi ogni reporter.

La musica più adatta ad accompagnarne questo genere di lettura spazia, per gli amanti del Jazz fusion contemporaneo, dall’incontro di Jack De-Johnette con Michael Cain e Steve Gorn (*) partecipi dell’elaborata chemistry dell’album “Dancin Wit Nature Spirits”; ai suoni ‘ricercati’, talvolta neutri come di voci a-cappella, di strumenti inusuali, nelle elaborate e quanto più originali composizioni di Stephan Micus (*), da “Passing Cloud” (tanto per restare in tema) a “As I Crossed a Bridge of Deams”; da “Before Sunrise” a “Equinox”, ai numerosi bani dedicati ad altrettanti “Desert Poems”; da “Listen to the rain” allo strepitoso intero CD “Ocean” (*).

Sullo stesso genere, ma diversamente Jazz, inconriamo Anouar Brahem (*) autore del bellissimo “Conte de l’incroyable amour”, intimistico e raffinato i cui suoni ricavati dagli strumenti originali bene introducono e accompagnano il ‘viaggiatore estemporaneo’, che come me ama vagare ‘solitario’ nei luoghi da visitare, scoprendo i molti riferimenti etnici dei paesi attraversati nel nostro ipotetico viaggio letterario e documentaristico che, suggerisco di cercare nelle esecuzioni originali, strumentali e vocali, nonché nelle tradizioni corali dei diversi popoli. Come pure nelle opere di un altro autore da seguire con attenzione: Armand Amar (*) le cui ‘colonne sonore’ accompagnano tra i migliori documentari che si sono visti in questi ultima annida “Faces” a “Human” ed altri, i cui brani accolgono voci e suoni provenienti da ogni angolo della terra, mixati ed elaborati con mestria suprema.

È il caso di citare l’ormai classico libro “Orient Express” di John Dos Passos (*), Un 'lungometraggio' di Km di scrittura dinamica come solo può esserlo lo scorrere della pellicola sullo schermo, eppure non è un film, bensì il reportage autentico di un dopoguerra visto attraverso lo sguardo, un tantino cinico e distaccato, del viaggiatore eclettico quale doveva essere John Dos Passos nel 1922. Ma non immaginatevi un percorso visto soltanto attraverso il finestrino del treno, in quegli anni, almeno fino a oltre il 1950, l’Orient Express non era ancora la gloria delle ferrovie nel mondo, piuttosto rappresentava un viaggio nel segno dell’avventura, che il guizzo rapido dell’autore, con una scrittura lineare e avulsa da pregiudizi di sorta, racconta con brio e un pizzico di ironia, senza lasciarsi prendere da facili sentimentalismi o piagnistei sulle cause e le conseguenze di un sfacelo imperiale che stravolse il mondo.
Lo si direbbe un diario di viaggio, e almeno in parte lo è, se non fosse per quella trama sottile che l’autore insegue in ogni pagina, quasi come in un romanzo noir, e che porta a fare del suo viaggio, un costante avvenimento di situazioni e circostanze che arricchiscono il viaggiatore di notizie sugli usi e i costumi della gente che incontra, sui modi di essere e di comportarsi di intere popolazioni viste attraverso il caleidoscopio del reporter colto e raffinato che serba la sua dignità sulla punta della penna. Chissà se forse la vecchia ricaricabile col pennino d’oro non abbia influenzato la sua scrittura (?), tant’è che risulta erudita ed efficace ad ogni passaggio, senza urti e scossoni di sorta. Tale da far pensare che seppure qua e là può risultare un poco approssimativa, lo si deve senz'altro a un difetto di traduzione.

Ma come si sa il passaggio da una lingua all’altra necessariamente lascia indietro qualcosa. Il percorso ferroviario che, solo ipoteticamente all’epoca era ‘diretto’ da Venezia attraverso i Balcani fino a Costantinopoli, e di lì attraverso i Balcani fino a Baghdad e Damasco, non corre su un binario unico o preferenziale. Come nel “giro del mondo” di Verne si è qui alle prese con interruzioni e soste improvvise, personaggi che entrano ed escono dalla scena in un battibaleno, giusto il tempo di prendere un tè, una volta nell’antica Bisanzio, un altra a Trebisonda o lungo le pendici dell’Ararat, un’altra a Baghdad e ancora a Damasco “in nome della Libertà, dell’Uguaglianza e della Fraternità”.
Ma non sono questi i temi della Marsigliese, come lo erano un tempo della Rivoluzione? Di quel passato e di quegli sfaceli non poi così remoto che sembra non averci insegnato niente, se ancora oggi stiamo qui a combattere gli uni contro gli altri, per la supremazia di questo e l’altro stato, per la subordinazione di uno o l’altro popolo, come se non fossimo tutti uguali, tutti quanti bisognosi di pace e di serenità. Che cosa ci facciamo noi qui? Dove stiamo andando? Lo stesso Dos Passos se lo chiedeva già allora se scrive: “Con il passare dei giorni, le colline si fanno sempre più aride e spoglie, [...] e poi ci ritroviamo a serpeggiare tra un mare verde brillante e promontori gialli riarsi dal sole. D’un tratto il treno è intrappolato in mezzo a mura fatiscenti color senape, e le rotaie si infilano tra cipressi e cumuli di immondizia, […] e poi si arresta impercettibilmente come a un binario morto”. E dire ch’era solo ieri, e il tempo davvero sembra essere passato invano.

Non resta che riprendere il cammino intrapreso mentre sognavo ad occhi aperti, di là dalle apparenze tomistische dei due rispettivi volumi “La via della seta” citati precedentemente, e che, per aspetti diversi, si intersecano e si completano a vicenda, senza necessariamente limitarsi al puro nozionismo storico, non senza una certa curiosità intrinseca del viaggiare. Se non altro, in certo qual modo, per dare seguito al fluire costante della ‘poesia orale’, popolare e colta, in gran parte da noi ancora così poco frequentata, che pure ha svolto e continua a svolgere un ruolo importante nella scena culturale, oggi patrimonio incontestabile dell'eredità del passato, favorente l'incontro e l'interazione tra Oriente e Occidente.
Per quanto, tutto ciò non sia meno entusiamante dei racconti contenuti in “Le mille e una notte” (*), ripresi dalla tradizione orale-letteraria Orientale in cui sono narrate le avventure di personaggi (forse) leggendari, è della massima importanza venire a conoscenza di quanti in passato ci hanno tramandato la ‘storia’ così come essi stessi l’hanno vissuta e/o conosciuta attraverso la voce dei loro contemporanei. Nomi noti certo ma oggigiorno così poco letti che quasi ci sembrano sconosciuti, come: Strabone, Plinio il Vecchio, Claudiano, Pausania, Erodoto, Galeno, Hu Han shu, Menandro, Plutarco, Procopio di Cesarea, Niceta Coniata.

Autori letterari questi che vanno ad aggiungersi a una pletora di scrittori fra condorrieri, sovrani, imperatori, apostoli, missionari, santi che, in un modo o nell’altro, hanno percorso a tratti la ‘via della seta’ lasciandone memoria in testi e lettere, encomi e anatemi, destinati a personaggi autorevoli come Gengis Khan, Solimano, Tamerlano, Gran Kan, Alessandro Magno, Carlo Magno e i tanti altri che sarebbe qui impossibile stilarne una lista prioritaria. «Il libro delle “Mille e una notte” è, come tutti sanno, un labirinto dai mille ingressi. Qualche volta quel labirinto appare concentrico e un centro potrebbe essere – come un tempo era l’enigma di uno specchio – la desolata e sibillina leggenda di un luogo difficile da raggiungere.

Come accade in questa “Storia della Città di Rame” (*), raccontata dalla bella Sharazade a ora tarda, nella 556° notte. Ma questa sta solo per introdurre una piccola curiosità che spesso è sfuggita agli insigni studiosi e critici d’ogni epoca che si sono occupati degli innumerevoli ‘viaggi’ di Simbad il favoloso marinaio che incontriamo nella leggenda (?).
Leggenda o no, «..solo gli occhi dei viaggiatori che vanno incontro alla ‘Città di Rame’ (*) (Cristina Campo traduttore), che inutilmente oggi cercheremmo di trovare, lì dove il mortale capriccio dei sensi non sia più, che la traccia dolente di una musica, la memoria di un’ombra tramontata da secoli sul quadrante del tempo. […] Come nei sogni oracolari l’aria non è che un vuoto senza confini, e insieme spessa come una nube ardente.»
Ed io, come Borges (*) in “L’immortale” … «Ignoro se credetti mai alla Città di Rame, penso che allora mi bastasse il compito di cercarla.»

E voi, sì tutti voi che mi leggete, l’avete mai cercata?

All’ epopea narrativo-letterario, musicale e teatrale ispirata alle ‘Mille e una notte’, si abbina felicemente l’ascolto della straordinaria composizione musicale in forma di suite sinfonica’ “Shahrazād” Op. 35 (in russo “Шехерезада”) di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov nel 1888.

Un attimo e poi inserisco nell'Hi-fi il CD della Concertgebouw Orchestra Amsterdam magistralmente diretta da Kiril Kondrashin, quando, sulle prime note della splendida “The Sea and Sindbad’s Ship” subentra la voce fuori campo: (indovinate di chi?)…

“George! Non dirmi che sei rimasto tutto il tempo a non fare nulla?”
“Ma veramente io …”
“Non c’è nessun ma che valga, non hai messo neppure su la pentola dell’acqua per la pasta, vuol dire che oggi starai all’asciutto. Se vuoi puoi mangiare un hamburgher e un po’ di formaggio … e nient’altro.”

Di solito mantengo le promesse, non disperate, è mia intenzione di scrivere una recensione al libro di Jean-Claude Carrière e Umberto Eco: “Non sperate di liberarvi dei libri” – beh, prima o poi lo farò. Nel frattempo ascoltate anche voi la bellissima partitura di Rimskij-Korsakov e … continuate a viaggiare, seppure con la fantasia.


Note:
Libri.
(*) Giovanni Teresi, poeta contemporaneo e scrittore benemerito dell'Istituto Italiano di Cultura di Napoli è docente di Economia Aziendale e Discipline Giuridiche, e Accademico di Sicilia.
(*) Aristofane, Νεφέλαι / “Le nuvole”
(*) J.W.Goethe, “La forma delle nuvole” – Archinto 2017
(*) Margherita Orsino, “La traversata infinita”, in ‘Limina’ – Anterem Edizioni / Cierre Grafica 2019
(*) Angelo Maria Pellegrino, “In Transiberiana” – Stampa Alternativa 1985
(*) Giorgio Mancinelli, “Roma in fabula” , articoli in Larecherche.it. 2018/19
(*) Pinar Selek, “La Casa sul Bosforo” – Fandango 2018
(*) Franco Cardini - Alessandro Vanoli, “La via della seta” – Il Mulino 2017
(*) Luce Boulnois, “La via della seta” – Bompiani 2005
(*) Marco Polo, “Il Milione” – collana ‘I Millenni’ – Einaudi 1954
(*) Anonimo, “Le mille e una notte” – collana ‘I Millenni’ – Einaudi 1964
(*) Anonimo, “Storia della Città di Rame” – All’Insegna del Pesce d’Oro 1963
(*) Cristina Campo, nota a “La Città di Rame” – (op.cit.)
(*) J. L. Borges, “L’immortale” – in ‘L’Aleph’ – Adelphi 1998

Musiche:
(*) Antonio Vivaldi, “Le Quattro Stagioni” Op. 8, Concerto n.3 “L’Autunno” - Musici/ Pina Carminelli – CD Philips 1982
(*) Jack De-Johnette / Michael Cain e Steve Gorn, “Dancin Wit Nature Spirits” – CD ECM - 1996
(*) Stephan Micus, “Passing Cloud” – CD ECM - 1992 / “As I Crossed a Bridge of Deams” – JAPO 60045 - 1983
(*) Stephan Micus, “Ocean” – CD ECM -1986
(*) Anouar Brahem, “Conte de l’incroyable amour” – CD ECM - 1992
(*) Armand Amar, “Human” – CD ERATO – 2016
(*) Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, “Shahrazād”, op. 35, Concertgebouw Orchestra Amsterdam / Kiril Kondrashin, CD Philips – 400021-2 -1979





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