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Christmas Happiness / 4 in viaggio.

Argomento: Viaggi

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 24/12/2017 00:23:02

CHRISTMAS HAPPINESS / 4
In cerca del regalo perfetto da fare agli altri (soprattutto a se stessi): libri ‘strenna’ per il Natale che viene, quanto basta di poesia, qualche mostra, un concerto, per chi ha intenzione di fare un viaggio, il resto createlo Voi lettori … in fondo Natale è anche Vostro, o no?

Viaggiare nel passato, nel presente, nel futuro …
Ogni libro è un ‘viaggio’, o almeno è in divenire un ‘viaggio’ all’insegna della novità che rappresenta. Mi spiego meglio, lo è in funzione del tempo in cui il singolo lettore in esso si rappresenta. Il suo farsi ‘viaggio’ non è nel gioco di parole che riempieno le pagine, quanto nel dipanarsi del percorso via via che la storia narrata prende forma e ci coinvolge. Allora ‘viaggiare’ è come essere dentro le pagine del libro, condividere gli sviluppi narrati, farsi partecipi delle emozioni (idilli, concetti, metamorfosi, illusioni, sogni, amori ecc.) d’ogni singolo autore capace di trascinarci con sé, nel suo mondo reale oppure confinante con l’irrealtà, addirittura estremo, purché coinvolgente l’intimo dei nostri desideri reconditi, le nostre sensazioni epidermiche nell’effluvio di quell’essenza “che in noi respira”.
Sorpresi talvolta, in certi passaggi narrativi, di ritrovare noi stessi nel presente di una realtà ancora più sconvolgente, senza accorgerci che nel libro si sta parlando dell’antica Cina, o di un futuribile ‘viaggio’ su Marte; di ‘antiche sere’ passate sul Nilo o dell’ ‘odore dell’India’ che si respira sul Gange; sospesi sull’orlo dell’abisso della ‘garganta del diablo’ a Iguassù in Brasile, o dispersi nel deserto del Sahara, mentre siamo avvoltolati nelle coperte del letto o sdraiati comodamente sul divano di casa nostra a Roma, a Firenze o a Milano, come sul grattacielo più alto del mondo.
Ma se è vero che ‘tutto cambia nulla cambia’, è allora che dalle pagine di un libro possiamo amare ogni altro/a diverso da noi stessi allo stesso modo che provenga dall’appartamento di fronte o dal ‘pasadiso perduto’ alla periferia d’ogni grande città metropolitana. Possiamo finanche restare affascinati da ‘Il Barone di Munchausen’ o ‘Il visconte dimezzato’, da ‘La fattoria degli animali’o da ‘I viaggi di Gulliver’; essere dalla parte di Moby Dick o del Capitano Achab, dalla parte del Gobbo di Notre Dame o della bella Esmeralda; ed anche del Dott. Jeckyl o di Mr.Hyde, perché in fondo l’amore è universale e può chiamarsi amore solo quando è amore ‘nel bene e nel male’afferente alla nostra vita …

“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.” : (dal film ‘Blade Runner’).

Ma se “la felicità è reale solo quando è condivisa” : (dal film ‘Into the wild’), allora è ‘tempo di vivere’, e di vivere la vita fino in fondo. Per dire che possiamo viverla quando e quanto vogliamo, lasciandoci ‘prendere’ dalle pagine di un libro che ci coinvolge in nome di quell’amore che non accetta la diversità di pelle, di razza, di genere, e che ci pone tutti sulla stessa linea di partenza per un ‘viaggio’ che potrebbe non finire mai …

Ɣ – “LA VIA DELLA SETA”, Dèi, Guerrieri, Mercanti – di Luce Boulnois - Bompiani ristampa 2017.

Ma il viaggio è davvero mai finito? Certo che no! Continua ancora fin dai tempi di quell’intraprendente di Marco Polo autore de “Il Milione”, (1295 circa) una vera e propria enciclopedia geografica che riunisce le conoscenze essenziali disponibili alla fine del XIII secolo, ricco della descrizione geografica, storica, etnologica, politica, scientifica (zoologia, botanica, mineralogia) dell'Asia medievale. Le sue descrizioni contribuirono alla compilazione del “Mappamondo” di Fra Mauro ed ispirarono i viaggi di Cristoforo Colombo.
Un libro redatto in una nuova edizione aggiornata che vale la pena di rispolverare, ideale per tutti coloro che intendono approntarsi al viaggio della loro vita, ma … “Cosa intendiamo in realtà quando diciamo Via della Seta? Una promessa di bellezza, bellezza di paesaggi, di montagne sovrumane e deserti leggendari. Bellezza dell’arte di un lontano passato buddista, dell’architettura musulmana. Un viaggio lungo dodicimila chilometri che separano la Grande Muraglia dalle sponde del Mediterraneo.”
Così, in questo libro magnificamente scritto che copre più di dieci secoli di storia, attraverso un’analisi rigorosa e documentata, risponde a ognuna di queste domande, raccontandoci i rapporti tra Oriente e Occidente e le reciproche influenze alla luce delle ultime scoperte archeologiche e dei recenti sconvolgimenti geopolitici. Un compendio di nomi di luogo ‘in indice’ e dei nomi di persona ‘in analitico’ che hanno fatto la storia, di luoghi sognati che spesso hanno fatto la stravaganza di viaggiatori; di mercanti che hanno favoleggiato sulle cose viste dando luogo a leggende; di divinità e di eroi vividi solo nella fantasia di scrittori audaci, favolosi regni che oggi diremmo di mondi paralleli alla nostra esistenza, rintracciabili ‘in indice’ alle numerose cartine di riferimento, di grande interesse per studiosi e ricercatori; nonché per l’insieme delle note esplicative al testo.

L’autrice, Luce Boulnois, scomparsa nel 2009 è stata una storica e ricercatrice nel vero senso della parola, ha lavorato per trent’anni al Centre national de la recherche scientifique, riconosciuta come autorità mondiale sulla Storia della Via della Seta e degli scambi transhimalayani, che ha riversato nello studio prodigioso e appassionato di tutta una vita.

Ɣ – “LA VIA DELLA SETA”, Una storia millenaria tra Oriente e Occidente – di Franco Cardini e Alessandro Vanoli – Il Mulino 2017

È il caso di dire ‘Il viaggio ricomincia’ (cap. conclusivo) ma questa volta colto da un altro punto di vista che non è solo quello emerito storico-professionale, quanto quello del vademecum che accompagna il lettore attraverso le fasi più autentiche, investigate e accertate della Via della Seta di cui rilevanti sono gli aspetti socio-economico-politici qui trattati con rigorosa affermazione. C’è molto dell’Italia in queste pagine in cui la storia ‘inusuale’ (spesso ignorata o poco trattata) che scorre dal Mediterraneo alle vie d’acqua dell’Oceano che dal passato giunge fino ai nostri giorni,la cui trattazione tocca “Le trasformazioni della via della seta verso un mondo globale” (cap. XIII), fino ad entrare ne “Il grande gioco” (cap.XVI) in cui l’Asia incontra l’Europa attraverso il colonialismo, l’avvento delle ferrovie famose, e tutto ciò che ne consegue …

“C’è al mondo, che si sappia, solo un’altra cupola come quella della tomba di Tamerlano a Samarcanda. Dunque le ciminiere devono essere dei minareti. Mi sono coricato, come un bambino la notte della vigilia di Natale, con l’impazienza dell’indomani. Viene il mattino. Esco e mi sposto sul tetto adiacente all’albergo da cui vedo sette colonne celesti che sorgono dai campi spogli e si stagliano contro le diafane montagne colore dell’erica. L’alba getta su ciascuna uno sprazzo d’oro pallido. In mezzo ad esse risplende un’azzurra cupola a forma di melone, con la sommità smozzicata. Hanno una bellezza che va oltre l’elemento scenografico, legato alla luce e al paesaggio. Visti da vicino, ogni piastrella, ma anche ogni fiore e ogni petalo del mosaico, danno il loro contributo geniale all’insieme. Perfino allo stato di rovina quest’architettura parla di un’età aurea. La storia l’ha forse dimenticata? Non è un oblio totale. Ma gli artisti e la vita che le hanno prodotte, e questi edifici, occupano uno spaziio esiguo nella memoria del mondo.”

“Oggi quel percorso sta cominciando a unire paesi che aspirano a svolgere un ruolo dominante sulla scena mondiale. Difficile fare previsioni su come tutto questo trasformerà Oriente e Occidente. ... Ecco perché riprendere oggi il filo di questa storia millenaria può essere così importante: che lo si voglia o meno la Via della Seta ha a che fare con le nostre radici e col nostro destino.”

I due ‘autorevoli’ autori:
Franco Cardini, prof emerito di Storia medievale all’Istituto Italiano di Scienze Umane e Sociali Scuola Normale Superiore. Directeur de Recherches nell’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi e Fellow dellaHarward University. Autore di moltissimi libri di Storia Medievale. Ha un curriculum ampio da riempire un toma, colmo di pubblicazioni in tutto il mondo. Per il Mulino ha tra l’altro pubblicato «Gerusalemme » (2012), « Istanbul » (2014), « Samarcanda » (2016), tutti recensiti dall’autore sulla rivista letteraria larecherche.it

Alessandro Vanoli, esperto in storia della filosofia medievale presso l'Università di Bologna. Ha studiato arabo presso la Bourguiba University di Tunisi ed ebraico a Bologna. E' attualmente docente di Politica comparata del Mediterraneo presso l'Università di Bologna (sede di Ravenna) e docente di Cultura Spagnola presso l'Università Statale di Milano. Ha svolto ricerca presso università e centri scientifici in Germania (2000), Tunisia (1999, 2000, 2004), Argentina (2004), Spagna (1999, 2000, 2005). Con il Mulino ha pubblicato “La reconquista” (2014), “Andare per l’Italia araba” (2014), “La Sicilia musulmana” (2016).

Ɣ - Di ‘viaggio’ al di là del conosciuto si narra nel visionario e apocalittico “Lanark: una vita in quattro libri”, di Alasdair Gray – Safarà Editore (in cofanetto 2017), in cui si narra dei destini di due città che corteggiano il dissolvimento, Unthank e Glasgow, mentre fluttuano incerte sul limitare del passato e del futuro. Lungo le loro strade tortuose verranno dipanati gli intricati fili che uniscono le vite di Lanark e di Duncan Thaw i quali, nell’attraversare un vasto e labirintico universo simbolico, ci conducono nei sentieri battuti dell’uomo contemporaneo, tanto pericolosi quanto seducenti, tanto impensabili quanto reali.
Pubblicato per la prima volta in lingua inglese nel 1981, Lanark ha immediatamente collocato Gray nell’empireo dei più importanti autori britannici ed è stato comparato, tra gli altri, a Dante, Blake, Joyce, Orwell, Kafka, Huxley e Lewis Carroll. Per una più completa informazione sull’opera propongo qui di seguito il commento di Vanni Santoni pubblicato mercoledì, 20 settembre 2017 sul blog di approfondimento culturale Minima & Moralia:

Le possibilità dell’indagine postmoderna nella prefazione di Jeff VanderMeer a “Lanark” di Alasdair Gray.

La casa editrice indipendente Safarà ha recentemente finito di pubblicare, per la prima volta in Italia, nella traduzione di Enrico Terrinoni, i quattro volumi di ‘Lanark’ di Alasdair Gray, testo cruciale della speculative fiction anglosassone e della letteratura scozzese in generale, apparso per la prima volta nel 1981 propone alcune riflessioni su uno dei miei libri preferiti: Lanark di Alasdair Gray, di Jeff VanderMeer.

Nella terribile devastazione dello scenario che ci offre Alasdair Gray nel suo romanzo, mentre sulla distopica città di Unthank spira un vento freddo «misto all’odore salato di alghe putrescenti», bocche giganti calano dal cielo per divorare il protagonista Lanark. Lanark ne viene inghiottito, e lo stesso accade al lettore. Le visioni evocate da Gray nel suo capolavoro sono tanto apocalittiche quanto politiche: «Io credo che esistano città in cui il lavoro è una prigione, il tempo uno stimolo e l’amore un peso» dice Lanark; la dragonite, affezione che da subito lo colpisce, è «una patologia comune, come le bocche, i mollicci o il rigor pigolante», che incrosta gli arti dei cittadini con una «pelle fredda e lucida di intenso verde scuro» portandoli a far emergere la propria natura nascosta. Ma quando il tema della giustizia sociale si intreccia a tal punto con la dimensione fantastica, un critico che cercasse di smontare e analizzare tali visioni rischia di essere a sua volta inghiottito.
Gray esplicita le sue intenzioni attraverso le parole della nemesi di Lanark, Sludden: «La metafora è uno degli strumenti più essenziali del pensiero. Ma l’illuminazione a volte è tanto brillante da abbagliare anziché rivelare». 
Se la fortuna di Lanark può risiedere nell’uso della metafora in prosa, il genio di Gray sta nella sua abilità di ritrarre la lotta dell’individuo contro istituzioni disfunzionali mantenendosi sempre nei duplici termini del personale e del fantastico.
Come lo stesso Gray ha affermato durante un’intervista: «Il mio approccio ai dogmi e agli standard istituzionali, chiamiamolo “il mio approccio alle istituzioni” riflette il loro approccio nei miei stessi confronti. Nazioni, città, scuole, agenzie di marketing, ospedali, forze di polizia, sono state create dalla gente per il bene della gente. Non posso vivere senza di loro, non lo desidero e non mi aspetto che possa accadere. Ma quando li vediamo lavorare per aumentare la sporcizia, la povertà, la sofferenza e la morte, allora qualcosa è andato storto. Tutti soffrono di tale distorsione, e per questo motivo è un aspetto presente in tutti i miei romanzi, eccetto quelli più blandamente d’evasione».Il romanzo, oltre alla vita di Lanark nella città fantastica di Unthank, ha un secondo epicentro in quella di Duncan Thaw, sua precedente incarnazione, in quella reale di Glasgow. Thaw cresce e si forma in una Glasgow ostile e decadente, che cercherà di illuminare dando vita a un’arte grandiosa; fallirà nel tentativo, e si toglierà la vita dopo aver verosimilmente ucciso un’amica.
Lo ritroveremo trasfigurato in Lanark nella città di Unthank, quasi essa fosse l’inferno a cui è destinato. Lanark arriva a Unthank senza alcuna memoria del suo passato come Thaw, del quale riceverà nozione, grazie all’intervento di un oracolo, solo alla fine del primo libro. Mentre cerca di scoprire la propria identità, Lanark si aggira per quello che è lo specchio deformato di una città, in cui tutti i vizi e i problemi del mondo “reale” sono stati amplificati e distorti. Ma non appena Lanark recupera la memoria della sua vita come Duncan Thaw, e quindi della ragione del suo essere lì, si lancia nel frenetico tentativo di salvare la città di Unthank dalla distruzione: il piano fantastico diventa la “realtà” e le letture si ribaltano.
Gray divide di proposito il suo romanzo in quattro “Libri”. Tuttavia, quello che tecnicamente è il primo libro, è chiamato Libro Terzo; seguono il Libro Primo e il Libro Secondo (nei quali si racconta la storia di Thaw) e infine il Libro Quarto, dove è nuovamente protagonista Lanark. La ragione più pragmatica di una simile dislocazione cronologica è quella di introdurre per prima cosa il lettore al fantasmagorico mondo sotterraneo di Unthank. Considerata la qualità intensamente realistica e piuttosto cupa della sezione dedicata a Glasgow, l’estremo surrealismo di Unthank sarebbe stato troppo stridente per il lettore se presentato dopo i primi due libri. Invece, Gray si assume il rischio calcolato di posizionare le sezioni realistiche in mezzo, così da farle apparire più integrate nella narrazione, e nell’utilizzare quest’ordine riesce a far percepire le scene naturalistiche come fantasy, perché sono “fantasy” agli occhi degli abitanti di Unthank, e apre così alla possibilità di un’interpretazione alternativa in cui Glasgow è l’inferno e Unthank la realtà, e non viceversa …

“Vuol dire che siamo casi eccezionali. Non sono in molti a pregare per ottenere una via d’uscita. la maggior parte passa la vita a temerla” (Alasdair Gray)

Non a caso ‘Lanark’ è stato definito in molti modi da molti scrittori e critici. Anthony Burgess lo ha innalzato a capolavoro. John Crowley e Micheal Dirda hanno elogiato la straordinaria visione e la genialità delle singole scene dell’opera, mentre hanno criticato l’accresciuto contenuto allegorico dell’ultima parte del romanzo. L’opera vira in effetti verso l’astrazione nel Libro Quarto, e il rapporto tra dialogo ed esposizione si alza pericolosamente. Gray arriva a far dialogare Lanark con se stesso e dedica un capitolo a catalogare i propri furti ai danni di scrittori morti. Se è vero che un capitolo del genere può rallentare l’impulso della narrazione, nel caso di Lanark simili critiche sono irrilevanti, per la stessa identica ragione per cui sono irrilevanti le critiche ai capitoli sulla caccia alla balena in Moby Dick. La correzione di questi “difetti” deruberebbe entrambi i libri della loro genialità: il marchio di fabbrica di uno scrittore originale è quello che rende l’autore diverso e non può essere separato da quello che rende lo stesso scrittore bravo, e gli “spigoli” di Gray finiscono anzi per assomigliare a delle profezie.

Cosa ancora più importante, nei termini del contenuto fantastico, Lanark offre un esempio unico dell’uso dell’elemento fantasy nella critica sociale. A differenza della Fattoria degli animali (1945), di Candido (1759) o dei Viaggi di Gulliver (1726), Lanark non intende essere solo una parodia, una satira o una parabola. Se Gray tende a incorporare fantasy e fantascienza, lo fa per poter sfruttare appieno tutti gli strumenti appropriati, e perché l’idea di un’immaginazione priva di confini rappresentano la stessa personale ricerca della luce da parte dello scrittore. Anche se non è un surrealista, Gray appoggia l’idea della “bellezza convulsiva”: la bellezza, anche quella più feroce, al libertà. L’umorismo nero, l’ossessione per la giustizia sociale, la formazione di un artista, i difficili atti di comunicazione fra i sessi, l’omaggio, anche se in forma alterata, a Glasgow: tutto questo, pur miscelandosi a una dimensione assolutamente fantasy, si manifesta con pienezza in Lanark, il romanzo che rappresenta lo zenit dell’eccentricità di Gray, del suo difficile genio e delle possibilità stesse dell’indagine postmoderna.

Jeff VanderMeer è autore di racconti e romanzi con i quali ha vinto il Nebula Award, il BSFA Award e il World Fantasy Award, e con cui è stato finalista allo Hugo Award. Nel 2015 Einaudi ha pubblicato Annientamento, Autorità e Accettazione, volumi della “Trilogia dell’Area X”.

Vanni Santoni (1978), autore del commento, dopo l’esordio con Personaggi precari (RGB 2007, poi Voland 2013), ha pubblicato, tra gli altri, Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011), Terra ignota e Terra ignota 2 (Mondadori 2013 e 2014), Muro di casse (Laterza 2015), La stanza profonda (Laterza 2017, dozzina Premio Strega). È fondatore del progetto SIC – Scrittura Industriale Collettiva (In territorio nemico, minimum fax 2013); per Minimum Fax ha pubblicato anche un racconto nell’antologia L’età della febbre (2015). Dal 2013 dirige la narrativa di Tunué. Scrive sulle pagine culturali del Corriere della Sera e sul Corriere Fiorentino.

Ɣ - Ci sono molti modi di viaggiare più o meno organizzati da grandi compagnie del turismo che salvaguardano l’aspetto commerciale di iniziative non sempre all’altezza degli impegni presi sulla carta, oppure, al contrario sviluppare un interesse da ‘turista fai da te’ non proprio consigliabile. Un altro modo è quello di affidarsi alla propria idea del viaggio culturale ‘come finestre da esplorare’; come nel caso dell’iniziativa realizzata dal Mulino con Viaggi di cultura di Bologna, che propone un modo diverso di viaggiare, occasione di confronto con intellettuali e uomini di cultura per entrare in contatto con la storia viva di un paese.
Viaggiare quindi fuori dai tracciati fisici e mentali di un frettoloso consumo turistico, può rivelarsi un'avventura culturale emozionante e profonda, una finestra che si apre su nuovi orizzonti da esplorare. È questo il senso dell’iniziativa pensata per piccoli gruppi di viaggiatori che hanno in comune l’amore per la scoperta culturale, accompagnati da una guida esperta e appassionata, sono condotti a scoprire la ricchezza di valori che ogni luogo foggiato dagli uomini possiede e può dispiegare, se lo si sa vedere con gli occhi giusti, se lo si esplora anche negli angoli più riposti, nelle molte facce della sua storia.

Tra le proposte dell’inizio del 2018 è di notevole interesse il viaggio nella “Grecia classica”: ‘quando tutto era nel segno degli déi, di santuari e oracoli’, con l’assistentza culturale di due esperti: Claudia Lambrugo e Donatella Puliga. In programma ad Aprile:

“La religione del mondo greco - scrisse Walter Burkert - in certa misura è conosciuta da sempre, però è tutt’altro che nota e comprensibile; apparentemente naturale, eppure atavicamente straniata, insieme raffinata e barbara, essa venne presa come guida nella ricerca dell’origine della religione in senso assoluto, mentre invece rappresenta un fenomeno storico unico e irripetibile...”

La religione greca sopravvisse nella cultura occidentale grazie a molteplici forme di tradizione: in primo luogo la sua presenza nella letteratura antica e la polemica che i Padri della Chiesa ingaggiarono in modo pressoché sistematico contro di essa. Eppure nulla contribuì così tanto a una sua popolarità quanto l’uso e l’interpretazione allegorica che se ne fornì nel corso dei secoli. Gli dei trasformati ora in princìpi naturali ora in entità metafisiche; le loro emozioni, vicende, storie che diventavano allegoria della vita umana condussero l’intero mondo religioso greco all’interno del Cristianesimo senza che se ne avvertisse il contrasto, o l’opposizione.
La religione greca sopravvisse per secoli - misteriosa e incompresa - come una abituale compagna di strada, di cui si crede di conoscere tutto e a cui non si domanda più nulla, perché - si pensa - tutto è già noto. Solo recentemente la religione dei Greci è uscita da questa improbabile collocazione e ha iniziato il lento recupero di una sua dimensione più vera e scientifica. Figlia di un’aggrovigliata preistoria, essa affiora già nelle grotte umide e mai abitate dall’uomo, nelle fronde delle querce, nell’oscurità impenetrabile degli spazi e delle esperienze. Nella sua profonda alterità, che è una sfida scoprire, soprattutto se presumiamo di partire dai nostri monoteismi.

In breve la religione greca resta una delle più misteriose e complesse questioni dell’umanità occidentale. A questo mistero è dedicato il nostro itinerario di aprile. Le vette delle montagne, le fonti; gli innominabili riti, le follie orgiastiche dei culti legati a Dionisio; l’immoralità del comportamento degli dei, la loro dissolutezza sessuale; l’egoismo più sfrontato; il non arrestarsi neppure davanti al crimine più mostruoso: il parricidio. Eppure nel segno di questi dei, ora a loro ispirandosi ora a loro contrapponendosi, il cittadino e la polis greca costruirono un sistema morale di tutt’altro segno, e che pare a noi quasi familiare. Ma nulla è più lontano di ciò che sembra assomigliarsi.

Un viaggio completamente nuovo. Raccoglie alcune delle vedute più selvagge della Grecia, coinvolge divinità fondamentali per la conoscenza di quel mondo: tra queste Apollo, Artemide, Atena, Dionisio, Poseidone. Coglie le loro forme di comunicazione con il mondo degli uomini e delle donne. Un viaggio che ha l’ambizione di aprirci un varco nuovo in una cortina di note vicende mitologiche, per penetrare nell’oscuro silenzio che in gran parte ancora avvolge la spiritualità del mondo greco. E consegnarci alla meraviglia e allo stupore di cui tutti - oggi più che mai - abbiamo bisogno.

In programma ad Aprile /Maggio “Gerusalemme”, La Città Santa per Ebraismo, Cristianesimo e Islam, con l’assistenza culturale diell’ormai ‘mitico’ Franco Cardini.
Non è un viaggio di religione, ma sarà impossibile affrontare Gerusalemme senza inserirla nel contesto di città santa a tre religioni. L’occupazione del luogo e le sue vicende hanno creato uno spazio che - unico al mondo - è anche luogo dello spirito. Ne è seguito un impegno a testimoniare al tempo stesso la fede e la cultura di chi l’ha professata, generando dinamiche che nella loro spesso tormentata complessità hanno creato questo unicum urbano, culturale e spirituale.

Il progetto, pur nella consapevolezza che esistono questioni complesse e fedi profonde, è ispirato alla città stessa. Come coloro che l’hanno fondata e abitata per secoli, l’hanno vissuta prima e dopo la distruzione di epoca imperiale romana fino all’epoca presente. Come gli ebrei di Gerusalemme e quelli che qui si recavano sono sopravvissuti alla diaspora, all’islamizzazione del territorio circostante fino all’epoca contemporanea.
Come i cristiani si mossero in questi spazi che erano sacri a Israele e a partire da Elena se ne appropriarono anche dal punto di vista monumentale, costruendo alcuni degli edifici più straordinari del periodo costantiniano. Infine cosa fu Gerusalemme per l’Islam e come avvenne che la città si ornasse di edifici che non hanno eguali nel mondo islamico. Sicché a partire dall’epoca omayyade e poi per tutto il grande periodo mamelucco la città fu viva e ricca e - talora - servì a rivendicare una sorta di autonomia da La Mecca.

La storia di una capitale religiosa che conobbe momenti drammatici – come ben sappiamo – ma che è assai più lunga e complessa dei franchi, delle Repubbliche Marinare e della tragedia delle Crociate. In definitiva, e per molti secoli, Gerusalemme è stata la testimonianza più indiscuribile e famosa di un lungo processo di condivisione. Della possibile coesistenza di popoli e di fedi che hanno più cose in comune di quanto non sembri o non vogliano, in determinati momenti, confessare. Un itinerario splendido, magistralmente condotto.

Il programma è indubbiamente tra i più impegnativi e interessanti da farsi ma non l’unico, molti altri si susseguiranno durante l’intero arco dell’anno. Per maggiori informazioni:
www.viaggicultura.com / segreteria@viaggicultura.com,
Viaggi di Cultura tel. 051233716 (09-13,30).

Ma se Natale può sembrare ormai una parola consumata e ambigua è pur sempre reale, dunque proviamo a pronunciarla in modo differente fino a capovolgerne il senso allo stesso tempo diverso e uguale, facciamone il ‘meeting point’ per una lettura nuova del mondo, contrasssegnamolo come lo spartiacque fra due ere: ‘prima e dopo di noi’ e ritrovarne il naturale prosiegue all’interno di quell’unione che sfocia nella famiglia, in cui la nascita di un figlio segue al viaggio intrapreso dal progenitore. Ecco che allora ‘Natale’ trova il suo posto in un nuovo calendario delle nostre azioni attraverso ogni territorio che avremo scandagliato; tramite d’unione di noi con gli atri, divenendo esso stesso parola, addobbo, luminaria, regalo, dono, musica e folklore di cui nessuna cultura saprebbe privarsi.

Soprattutto sarebbe l'inizio di un ‘viaggio’ intrapreso senza biglietto di ritorno, alla scoperta di quei luoghi che nessuno ormai più conosce, legato a storie dimenticate nell’invenzione nostalgica di qualcosa ch’è stato, come per un ritorno alle origini di un linguaggio figurativo animato di docile stagnola che ognuno modella secondo la propria fantasia, con personaggi re-inventati all’uopo per un teatrino che si configura, ogni volta diverso, che pure si ricrea, in un gioco interscambiabile di quinte, di sfondi e paesaggi ‘impossibili’ che pure ogni volta si ricrea nell’invenzione di più rischiosa utopia quale il nostro costante andare. O meglio, come il nostro viaggiare nel passato, nel presente, nel futuro, nel nostro ‘Presepe’ quotidiano …

Così accadeva anno dopo anno, e accade ancora, generazione dopo generazione nel prosieguo della nostra eternità, di costanti ‘viaggiatori’ sulle ali del tempo:

‘In viaggio’(di Gioma)

Nessun viaggio ci porta lontano
così lontano
come il rimuginare della Terra
la nostra Terra (che trema)

né la scossa che dall'Inferno avanza
né l'acqua che dal Cielo cade
né la speranza che può venir meno
né il canto che talvolta il cuore inganna

sopravvivremo
nel rigenerarsi del Tempo
nei sogni che avremo avanzati
nei 'figli' che avremo lasciati

perché noi siamo la voce
dell'eterno evolversi del Mondo
seppure un giorno, sappiamo
dovesse esplodere questa nostra Terra

allora saremo polvere cosmica
molecole di luce che il poetare produce
che nella continuità di questa Vita
di per sé non abbandona

che l'amore è canto
e non basterà l'annientamento
che la parola esalta
sublime la presenza del Tutto

no, nessun viaggio ci porterà lontano
così lontano da qui perché noi siamo
viaggiatori sulle ali del Tempo
in cerca di un'ultima parola.

Buon Natale … e buon viaggio.




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