Pubblicato il 08/10/2011 19:53:00
Entrammo. Un’unica enorme sala, Silenziosa e vuota, dal pavimento Come ghiaccio per pattinare. Abbandonato. Tutte le porte chiuse. L’aria grigia.
Alle pareti dai quadri si affollavano Immagini senza vita: scudi, Bilance, pesci e figure di combattenti In un mondo sordomuto sull’altro lato.
Una scultura era esposta nel vuoto: Da solo in mezzo alla sala un cavallo. Dapprima non lo notammo Presi da tutto quel vuoto.
Più debole di un sospiro in una conchiglia Era il suono, e le voci dalla città Salivano in quella stanza deserta, Mormorando e cercando un potere.
Ma anche altro, qualcosa di oscuro Si installò sulla soglia dei nostri sensi Senza oltrepassarla. Scorreva la sabbia nelle clessidre mute.
Era ora di muoversi. Ci avvicinammo al cavallo. Era gigantesco, Nero come un ferro. Un’immagine del potere stesso Rimasta dopo che i principi se ne erano andati.
Il cavallo parlò: “Io sono l’Unico. Ho disarcionato il vuoto che mi cavalcava. Questa è la mia stalla. Cresco lentamente. E mangio il silenzio che regna qui dentro”.
(Tratto da Songs of Spring. Quaderno di traduzioni, Marcos y Marcos, 1999 - Traduzione dallo svedese, di Franco Buffoni)
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