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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Vorrei essere bambina

di Eunice Odio 

Proposta di Loredana Savelli »

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Pubblicato il 19/04/2011 08:24:25

VORREI ESSERE BAMBINA

Io vorrei essere bambina
per accoppiare le nubi a distanza
(alte claudicanti della forma),

per giungere all’allegria delle piccole cose
e domandare,
come chi non lo conosce,
il colore delle foglie.
Com’era?

Per ignorare ciò che è verde,
il verde mare,
la risposta salubre del tramonto in ritirata,
il timido gocciolare degli astri
sul muro del vicino.

Essere la bambina
che cadeva d’improvviso
dentro un treno con angeli,
che arrivavano così, in vacanza,
a correre brevemente tra le uve,
o attraverso notturni
fuggiti da altre notti
di geometrie più alte.

Però adesso, che cosa devo essere?
Se mi sono nati questi occhi così grandi
e questi chiari desideri di sbieco.

Come potrò essere ora
quella che voglio io
bambina di verdi,
bambina vinta di contemplazioni
che cade da se stessa rosea

... se mi dolse moltissimo dire
per raggiungere nuovamente la parola
che fuggiva,
saetta scappata dalla mia carne,

e mi ha addolorato molto amare a tratti,
impenitente e sola
e parlare di cose incompiute,
tinte cose di bimbi,
di candore dissimulato,
o di semplici api
aggiogate a tristi rosari.

O essere colma di questi scatti
che mi cambiano il mondo a grande distanza.

Come potrò essere ora,
bambina in tumulto,
forma mutevole e pura,
o semplicemente, bambina alla leggera,
divergente in colori
e adatta per l’addio
in ogni momento.

(testo tradotto per la prima volta in Italia nel volume “Questo è il bosco” di Eunice Odio, 2009 Edizioni Via del Vento, a cura di Tomaso Pieragnolo)

In lingua originale:

YO QUISIERA SER NIÑA

Yo quisiera ser niña
para acoplar las nubes a distancia
(claudicadoras altas de la forma),

para ir a la alegría por lo pequeño
y preguntar,
como quien no lo sabe,
el color de las hojas.
¿Cómo era?

Para ignorar lo verde,
el verde mar,
la respuesta salobre del ocaso en retirada,
el tímido gotear de los luceros
en el muro del vecino.

Ser niña
que cayera de pronto
dentro de un tren con ángeles,
que llegaban así, de vacaciones,
a correr un poquito por las uvas,
o por nocturnos
fugados de otras noches
de geometría más altas.

Pero ya, ¿que he de ser?
Si me han nacido estos ojos tan grandes
y esos rubios quereres de soslayo.

Cómo voy a ser ya
esa que quiero yo
niña de verdes,
niña vencida de contemplaciones,
cayendo de sí misma sonrosada

...si me dolió muchísimo decir
para alcanzar de nuevo la palabra
que se iba,
escapada saeta de mi carne,

y me ha dolido mucho amar a trechos
impenitente y sola
y hablar de cosas inacabadas,
tintas cosas de niños,
de candor disimulado,
o de simples abejas,
enyugadas a rosarios tristes.

O estar llena de esos repentes
que me cambian el mundo a gran distancia.

Cómo voy a ser ya,
niña en tumulto,
forma mudable y pura,
o simplemente, niña a la ligera,
divergente en colores
y apta para el adiós
a toda hora.

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