I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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- Teatro
Breve introduzione al dramma in versi liberi
Ingólf Arnarson di Emanuele Marcuccio Dramma epico in versi liberi Introduzione a cura dell’Autore Un dramma epico1 in versi liberi, in un prologo e cinque atti ambientato in Islanda ai tempi della colonizzazione e intitolato, Ingólf Arnarson2. Si tratta di un lavoro lungo, frutto di un’attenta ricerca storiografica, che ho seguito dal 1990. Il dramma, pur partendo da alcuni episodi storici documentati3, sviluppa una trama che è prevalentemente fantastica e che non ha, dunque, nessuna pretesa di carattere cronachistico. Ingólf Arnason (norreno Ingólfr, islandese moderno Ingólfur), da cui prende il nome l’intera opera, è un personaggio storico-leggendario del folclore islandese mentre gli altri sono frutto della mia invenzione. I loro nomi sono stati ricavati direttamente dall’onomastica islandese (lingua che non conosco ma sulla quale mi sono documentato). Nel dramma mi sono servito di una mia personale e astorica presenza in Islanda di popolazioni indigene di stirpe germanica, di credenza pagana e prossime alla conversione al cristianesimo, alle quali ho contrapposto, di volta in volta, i normanni4 (o i vichinghi) ossia gli uomini del nord (norsemenn), i norvegesi che furono grandi colonizzatori del nord Europa, di fede pagana. Si tratta, ovviamente, di una mia scelta utilizzata per la caratterizzazione dei personaggi che non è motivata da fondamenti culturali-letterari né storici-documentatistici. Nell'opera chiamo l’Islanda con l’antico nome di “Thule”, in riferimento al suo primo scopritore, l’esploratore, astronomo e geografo greco Pitea di Marsiglia (380 - 310 ca. a.C.) che, secondo la tradizione, scoprì l’isola durante un viaggio di esplorazione dell’Europa nord occidentale, intorno al 325 a.C. La decisione di ambientare un dramma in Islanda, genere letterario inedito nella mia produzione, è scaturita dalla fascinazione verso questo paese nata dalla visione di una brochurecon meravigliosi paesaggi di quel paese. Mi sono documentato su quella realtà e ho letto l’interessante racconto ottocentesco, Viaggio nell’interno dell’Islandadi Natale Nogaret. A partire dal maggio 1990 ho iniziato la stesura del dramma in versi liberi che, ho completato il 19 aprile 2016: un totale di 2380 versi con un lavoro di ben diciannove anni escludendo i sette complessivi di interruzione, cesellando il verso, sempre alla ricerca della migliore musicalità e fluidità nel ritmo, nella cadenza e alla lettura. Versi liberi e non certo anarchici, versi di varia lunghezza, sorretti da una diversa metrica, costituita non dal numero delle sillabe o dalla rima, ma da assonanze, consonanze, figure di suono e dalle necessarie figure retoriche. Con tutto il rispetto per i grandi poeti della nostra letteratura, i quali, fino all'Ottocento hanno fatto largo uso di metrica quantitativa, al punto da comprendere che il suo impiego non era più necessario. E se nella poesia tout court, dal gennaio 2013 ho abbandonato la punteggiatura, sempre alla ricerca di una maggiore sintesi ed essenzialità, nella poesia del dramma non mi è stato possibile farlo, in quanto lo ha richiesto l'ars narrandi, la quale ha dovuto sottostare al dolce giogo dell'ars poetandi. La poesia fa parte del mio essere, la prosa non è nelle mie corde (preferisco leggerla), non riuscirei mai a scrivere un racconto, né un romanzo. Ho scelto quindi il teatro e un dramma in versi liberi per cercare di esprimere la mia vena narrativa e, al contempo, continuare a cercare di esprimere la poesia che il cuore mi detta. Benché in molti mi abbiano espresso perplessità sulla difficoltà dell’opera sono estremamente contento che un caro amico compositore si sia gentilmente offerto di scrivere le musiche di scena per questa mia opera teatrale. Anzi, alla fine del 2015 un critico letterario ha deciso di lavorare a un saggio monografico sul dramma in versi, che ha completato a dicembre 2016. E la pittrice Alberta Marchi ha realizzato un dipinto ispirato al dramma, che ho scelto come immagine per la copertina. Il dramma è stato pubblicato il 28 agosto 2017 per i tipi della marchigiana Le Mezzelane Casa Editrice, nella collana di Poesia "Ballate". La prefazione è a cura dello scrittore e critico letterario Lorenzo Spurio che attendeva fin dal 2011 che lo completassi; come postfazione, d’accordo con la Bonanni, ho scelto il penultimo capitolo (“Una introduzione alla drammaturgia dell’Ingólf Arnarson“) del suo inedito saggio monografico, che pubblicherà prossimamente; impreziosisce il tutto una nota storica a cura del Prof. Marcello Meli, ordinario di Filologia germanica presso l’università di Padova e una quarta di copertina a cura del critico letterario e poetessa Francesca Luzzio. Emanuele Marcuccio (Ultima modifica, 01 settembre 2017) Per un maggior approfondimento si rimanda a questo post su "LaRecherche". Sito-web: www.emanuele-marcuccio.com Pagina Facebook: www.facebook.com/emanuelemarcuccioautore 1 «Nell’autore c’era anche la volontà di poter ascrivere il suo lavoro a un dato filone o categoria letteraria a partire dalle forme e dalle strutture che lo caratterizzassero. Se inizialmente l’autore definì l’opera poema drammatico, con una maggiore riflessione, e portando esempi concreti di questo genere di opera con le necessarie divergenze dal suo manoscritto, ha pensato che forse la definizione più consona e pregnante - sebbene abbastanza verbosa - fosse quella di dramma epico in versi liberi. L’intenzione era stata quella di privilegiare nella catalogazione in un genere non solo il contenuto (l’epica) ma anche la forma (quella teatrale, appunto, di un dramma).» (dalla Prefazione di Lorenzo Spurio a Emanuele Marcuccio, Ingólf Arnarson - Dramma epico in versi liberi. Un Prologo e cinque atti, Santa Maria Nuova (AN), Le Mezzelane, 2017, p. 27). 2 Su suggerimento del linguista e antropologo, Dario Giansanti, direttore e fondatore del progetto “Bifröst”, ho preferito utilizzare la lezione onomastica dell’islandese antico Ingólf, filologicamente più corretta, piuttosto che quella moderna di Ingólfur. Sempre su suo suggerimento i nomi norreni sono stati semplificati eliminando, dove possibile, la desinenza (-r) del nominativo singolare. 3 I riferimenti storici presenti nel dramma sono: la colonizzazione dell’Islanda, con approdo nella baia dell’attuale Reykjavík (874 ca. d.C.); l’insediamento eremitico dei papar, monaci irlandesi (inizio del IX sec.) e la fitta vegetazione islandese di salici e betulle, in seguito scomparsa, per la costruzione navale, la forte presenza di pecore e l’edilizia. 4 Il termine “normanni” è inteso solo in senso etimologico, come uomini nordici (civilizzati), non in senso storico, differenziandoli dai vichinghi che sono pirati e selvaggi (barbari).
Id: 219 Data: 08/06/2010 23:09:34
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- Letteratura
Vi parlo del mio libro di poesie: Per una strada
Ho intitolato la mia raccolta “Per una strada”, proprio perché l’ispirazione, furtiva e svelta, mi ha raggiunto, la maggior parte delle volte, proprio per strada: camminando, sull’autobus, ecc… E pensare che, la poesia da cui ho tratto il titolo per questa raccolta, dapprima l’ho appuntata sul retro di un semplice scontrino della spesa; quando la scrissi, la misi da parte, in seguito capii che, quell’apparentemente semplice poesia nascondeva in sé l’essenza della mia stessa ispirazione, furtiva e svelta, che passa e vola via e, se non l’afferro e la trattengo nel mio cuore con i versi che metto sulla carta, passa e vola via e nessuno sa più dove mai sia. Cerco nelle mie poesie di essere spontaneo, semplice e allo stesso tempo profondo; quando uso dei termini un po’ antiquati o difficili, lo faccio unicamente per la loro insita musicalità, non perché io voglia sembrare anacronistico. Nelle mie poesie alcune volte uso delle parole tronche come “cuor, cor, duol, dolor”, altre volte non le uso; di conseguenza, ogni mio verso, ogni mia parola non sono messi a caso, ma seguono un fine musicale e, sono messi lì, proprio per una maggiore scorrevolezza nel ritmo. Per farvi un esempio, nella poesia “Indifferenza” uso sia “duol”, sia “dolor”. Voglio che un mio verso, sia fluido alla lettura e non inciampi in parole aspre o dissonanti. Per farvi un esempio, nella poesia “Là, dove il mare…”, il ritmo si alza e si abbassa, quasi ad imitare il flusso delle onde del mare, e quelle parole tronche non le ho messe a caso, ma per mantenere questo ritmo e quel particolare suono. Voglio che i lettori delle mie poesie, non le leggano semplicemente, ma le sentano, le ascoltino; non nel senso di ascoltare una recita, ma le leggano con il cuore, interiorizzandole, facendole proprie, partecipando alle emozioni che possono sprigionare. Le interpretazioni non si esauriscono in una sola, non sarebbe più poesia, ma prosa travestita in versi con degli “a capo” dati a caso. Questa mia raccolta racchiude in sé ben 109 poesie, frutto di sedici anni della mia vita, dal 1990 al 2006, che possiamo dividere in due parti: una grande prima parte che va dal ’90 al ’99 ed una seconda parte, più piccola, che va dal ’99 al 2006. Nella prima parte sono ravvisabili riferimenti ai grandi poeti italiani (Foscolo, Leopardi, gli stilnovisti), ma anche Montale, con l’uso del correlativo oggettivo (utilizzato per la prima volta nella poesia “Immagine fugace”) e i lirici greci, come in “Rammarico”. Per quanto riguarda Foscolo, Leopardi e gli stilnovisti, i riferimenti si possono ricondurre ai vocaboli utilizzati e non all’imitazione del loro stile; mentre nella poesia “Rammarico” ho cercato di rivisitare lo stile dei lirici greci e, nella poesia “Amor” ho cercato di rivisitare lo stile degli stilnovisti, facendo ricorso alla rima, senza usare la metrica e con la riproposizione del tema della donna-angelo, tanto caro agli stilnovisti. Quanti hanno già letto le mie poesie, si saranno accorti che io raramente uso la rima, proprio perché penso che essa blocchi e vincoli l’ispirazione, se qualche volta l’ho usata, è stato un uso quasi sempre spontaneo. Nella prima parte ci sono anche tre omaggi al grande poeta spagnolo Federico García Lorca, di cui ho cercato di imitare, in maniera personale, lo stile. Le tematiche di questa prima parte sono varie e particolareggiate, si va da poesie dedicate a grandi scrittori e poeti come, Vittorio Alfieri, Giacomo Leopardi, Leonardo Sciascia, Seneca; a episodi di libri, come ne “Lo squarcio nel cielo di carta”, ispirata ad un episodio del “Fu Mattia Pascal” di Pirandello, o a personaggi mitici della letteratura come in “Nausicaa”, “Oreste ad Elettra”, “Ad Astianatte”, “Amleto”, “Cirano di Bergerac”; a compositori come Chopin, Bartók, Prokof’ev, Saint-Saëns. Si passa da tematiche introspettive come in “Malinconia”, “Indifferenza”, “Ricordo”, “Sogno”, “Desiderio improvviso”, “Stelle sul mare”, “Palermo”; a tematiche civili come ne “L'inquinamento”, “Pace”, “Albania”, “Massacro”, “Urlo”, quest’ultima scritta nel giorno del primo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie e agli uomini della scorta. Si va da poesie dedicate alla visione di quadri come “Le mietitrici” di J. F. Millet, “Alla Gioconda” di Leonardo da Vinci; a poesie dedicate a personaggi storici come “Annibale”. Infine abbiamo anche il tema religioso, come in “Perdono” e “Perdona!”. Per passare ufficialmente dalla prima alla seconda parte utilizzo la poesia “Veritiero ardir”, con la quale annuncio il mio cambiamento di stile, scritta nel 1999, all’indomani della notizia della prossima pubblicazione, in un’antologia, di 22 mie poesie; ma già in alcune della prima parte sono ravvisabili dei piccoli cambiamenti di stile come in “Istante di tempo”, “Urlo”, “Cime”, “Indifferenza”, “Palermo”, “Barbagianni”, “Sé e gli altri”, “L’orologio”, “Piccola ambulanza”, “Ultimi pensieri di un robot”, quest’ultima ispirata alla morte di Roy, dal film “Blade Runner” di Ridley Scott. Si ravvisano cambiamenti ancora più sostanziali anche in “Memoria del passato”, “Per una strada”, “Picchi di silenzio”, “Stelle sul mare”, “Desiderio improvviso”, “Fuoco”. Con mia grande sorpresa, come mi ha fatto notare un amico, anche lui poeta esordiente, in alcune mie poesie c’è della metrica spontanea, come in “Canto d’amore”, “Il grillo col violino”, “Dolcemente i suoi capelli…”, tutte e tre appartenenti alla seconda parte. A partire dalla seconda parte, che copre indicativamente gli anni dal 1999 al 2006, il mio stile si fa più profondo e maturo, non più necessariamente legato a poeti specifici, tranne ne “Il grillo col violino”, in cui vi è ravvisabile il Pascoli nell’uso delle onomatopee e, in “Dolcemente i suoi capelli…”, un mio modesto omaggio alla grande stagione della poesia italiana dei tempi passati. L’ispirazione per scrivere questa poesia, mi è stata data guardando di sfuggita il viso di una ragazza che, dolcemente giocava con i suoi capelli, facendone anelli con le dita, alla fermata dell’autobus. In questa seconda parte inizio a raggiungere il mio ideale poetico, la semplicità di espressione unita alla profondità di significato. Per quanto riguarda le tematiche di questa seconda parte, abbiamo la tematica civile, come in “Per i rifugiati”, “Verde, bianca, rossa terra”, quest’ultima ispirata ai vari episodi di violenza che, purtroppo avvengono in Italia e spesso compiuti da chi è chiamato a far rispettare la legge, ecco il perché di questo titolo così significativo. Abbiamo la tematica introspettiva, che penso non debba mai mancare tra i temi delle poesie di un qualsiasi poeta, come in “Canto d’amore”, “In volo”, “Là, dove il mare…”, quest’ultima scaturita a due mesi di distanza da una delusione amorosa, in cui c’è il desiderio di dimenticare, anche se permane il dolce ricordo di questo breve amore. Abbiamo il tema della dedica, come in “Fremere”, poesia dedicata a mio padre, non vedente da quando avevo un anno; in cui ho cercato di immaginare quello che potrebbe provare, un uomo che diventa non vedente. Abbiamo il tema degli episodi o personaggi di argomento letterario, come in “Veglia notturna di Hagen”, “Natasha”, quest’ultima dedicata alla figura di Natasha Rostova, ispiratami dalla lettura del romanzo di Tolstoj “Guerra e pace”. Abbiamo il tema paesaggistico, come in “Primavera” e in “Paesaggio”, in quest’ultima vi è la descrizione di un paesaggio dell’anima e non di un paesaggio necessariamente reale. Abbiamo il tema religioso nella poesia “Accoglili nella Tua pace, Signore!”, che ho anche tradotto in inglese ed è stata pubblicata da un editore americano un anno prima della sua versione originale. Questa poesia è ispirata ad un tragico avvenimento di cronaca locale, l’annegamento di due pescatori avvenuto nel mare che costeggia la mia amata e martoriata Palermo, che tanta fonte d’ispirazione è per me. Infine, c’è una curiosità nella mia poesia “Affollamento e inutili affanni”, che conclude la mia raccolta e proprio perché scritta in piedi su un autobus affollato.
Id: 208 Data: 06/04/2010 13:45:47
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