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Il passaggio

di Teresa Cassani
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Pubblicato il 21/11/2021 09:52:45

IL PASSAGGIO

Forse sono quelle foglie che continuano a cadere. Forse è il ramo monco della vecchia quercia che si staglia contro la finestra del soggiorno. Forse è l’intensità dello stato d’animo. Sono esattamente le tre e quarantasette di questo pomeriggio novembrino, l’attimo esatto in cui lui decide.
Scatta in piedi. Rotea vagamente gli occhi per imprimere l’ultimo ricordo degli oggetti, respira l’odore della stanza. Deglutisce lento mentre la voce gli esce senza che possa trattenerla:
-Faccio quattro passi!
La moglie è concentrata davanti al PC.
-Va bene! – risponde lei alzando appena la testa. Non riesce a chiedergli che cosa voglia per cena perché Sigfrido ha già chiuso la porta alle spalle.
Vanna dirige lo sguardo verso la schermata, si riconcentra.
Sigfrido è giù lungo il vialetto e lo percorre in fretta.
Nella Duster c’è la valigia con quattro cose, quelle che bastano, e la buona riserva dei Pink Floyd per erogare emozioni. Lo stereo attivato in solitaria è più di un complemento di compagnia.
I nastri si dispiegano tra i boschi come gole lunghe e lisce che accolgono. Non c’è traffico a quest’ora, si può dar stura ai pensieri.

C’è una radio dentro una stanza, tre uomini e due donne. Le donne sono sedute sugli sgabelli. Una ha i capelli rossi, tiene tra le mani dei dischi. Si chiama Sissi, la chiamano così, e sta per sposare Leone che è in piedi accanto al tavolo a leggere dei fogli stampati. L’altra è Vanna, ha i capelli ricci, castani, e una corona di denti che esce di getto dalle labbra. Due gambe tozze infilate negli stivaletti corti. Aspetta che Sigfrido si metta le cuffie, si sieda davanti al microfono e inizi a intrattenere gli ascoltatori con l’argomento del giorno: il piano casa e la speculazione edilizia.
Walter è radente al pavimento, accosciato a sistemare i cavi delle apparecchiature
L’ambiente è spoglio, essenziale. C’è quel grigio giallognolo degli anni Settanta, la stufa a Kerosene, due bicchieri colorati che contenevano nutella sporgenti da una mensola.
Vanna gli punta gli occhi addosso. E’ pazza di lui. Lo vuole, lo vuole a tutti i costi. Sigfrido è elegante, distinto, con l’aria da intellettuale. E’ incerto, non sa. Al primo posto viene l’opera del sindacato, le donne sono una questione secondaria.
Vanna si è introdotta con naturalezza nella sua vita, condivide l’attività della radio, le escursioni lungo i sentieri. E’ sistematica, presente nel gruppo, accetta di fare volantinaggio, partecipa ai cineforum.
Gli ha mostrato un’attenzione e un interesse continui, ha seguito ogni suo stato d’animo. Lui è più apprensivo, nervoso, lei sembra calma e sicura.
Le quattro pareti domestiche amplificano le determinazioni e gli spazi, diventano una trappola. Le fisime sono ambizioni da proiettare sui figli che devono essere i migliori in arrampicata, piscina, canottaggio, oltre che a scuola. Loro, forse, sono meno volitivi di altri oppure le costituzioni hanno i loro limiti. Lei si impunta, esce in esternazioni, lui finisce per trovare più accogliente del soggiorno l’ufficio del Patronato.
Poi c’è quell’incarico a Roma. Un orizzonte insperato. Promozione, apertura, respiro. Respiro nuovo. Tutto gli fa gioco: le camminate a Trastevere, la parlata contagiosa, i pranzi nel localino, la cucina succulenta. L’aria fa assimilare calorie: finalmente la lancetta della bilancia vira di un po’ verso destra.
Vanna non immagina niente. Pensa che lui si senta in esilio. Invece lui vuol rimanere nella capitale.
Vanna si vanta: agli occhi del mondo il nuovo posto è più prestigioso. Lei concorda. Ritira la corona dei denti, si morde il labbro. Adesso la gestione dei figli è completamente sua. Lei non si duole, almeno pubblicamente. Va avanti a mostrare energia.
Lui le telefona due volte alla settimana. Lei non trattiene il gorgo di parole. Racconta nei minimi dettagli beghe ordinarie, risultati scolastici, parvenze di conflitti inter relazionali.
Lui annuisce, intercala con apporti mutuati, guarda il nuovo orologio col cinturino in pelle chiara stretto al polso.
Olivia si occupa del comparto scuola: ha idee interessanti, inclusive di tempo pieno. E’ pacata, non assertiva, non assoluta. Con Olivia, Sigfrido si sente libero, ride più spesso. Lei abita all’ultimo piano in un appartamento di pochi metri quadri. Dalla terrazza tra gli alberi nani si vede il tempio di Vesta.

La Duster è ferma al casello autostradale. Tra poco s’immetterà nell’A1. Starà nella corsia del sorpasso all’occorrenza: non c’è fretta , dallo stereo la musica senza fruscio rilascia benessere.
Sigfrido dà un'occhiata all’orologio col cinturino in pelle chiara. A quest’ora Vanna si chiederà perché stia ritardando. Lasciarsi alle spalle una fase dà la sensazione di stordimento e nella nebbia che avvolge non si cancellano i visi dei figli. Per fortuna sono grandi e possono capire. Soprattutto Zoe che gli somiglia, mentre a Edoardo occorrerà un po’ di tempo.
La Duster procede veloce, illumina la corsia con i fari. Lo stereo è spento.
Sta sopraggiungendo la notte a segnare il passaggio.

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