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al testo di Robert Wasp Pirsig
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Sapevo che c’è un limite nel punto che ti mento tra le guance. Appena sotto il labbro sporto in un imbuto lungimirante data la caduta di stille: depressione che mostra resistenze, si racconta deserto, d’una che cumula grami di colpa e spinte temerarie a commetterne ancora. “Mi fai sabbia perché la rabbia scompaia, Tempo?” E mi sposto dal venerdì alla nuova settimana in un amen in pronunciato. Lei di molti anni ma di molti più giovane, eppure così prossima da venire a bordo. A momenti la moltiplico per ufficio, siamo ora e sono per pochi momenti. Sfuggo al cielo che mi bracca. Ho l’aspetto di un ladro; e quella del derubato. C’è, tra noi, più aria che prigione, però i polmoni sgomitano per contrarsi e lo sterno fa da perno. Niente di troppo, beninteso; tirano come idrovore il tuo fluido che mi è necessario. Non bevo più da me, per l’inguaribile siccità della vecchiezza: la precipitazione dei giorni evapora nel buio così dentro di me io levo te.
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