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al testo di Robert Wasp Pirsig
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Lui aveva perso qualche diottria valutando gli occhi sui quali metteva mano a turno. “Ma questo non serve,” dicevano,“tanto crolliamo alla distanza come convenuto.” Lei, invece, si era alzata: “Idiota… Secondo te perché le statue non hanno i denti?” Mormorò col busto intrappolato in un niente si mostra per niente quindi il tronco non è necessariamente di legno. Poi, versa le labbra nel caffé, sicché si sente solo quel che tira su dalle pieghe il contorno del corpo. Aveva aggiustato il letto piegando a fisarmonica coperta e lenzuolo, in modo che ai lati si formassero due genziane per quella finta freschezza che corrobora la vista; e riteneva che lo scuotimento dato dovesse essere multiplo per rendere più complessa la ritenzione degli acari in odore di sè. Questo pensa lui è il riflesso della grazia: l’amore scoperto non sa scrollarsi gli occhi di dosso e crede chissà che. Pensò che spesso per l’amo c’è desiderio quanto esca, valga per il bacio come per chi ha bocca.
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