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al testo di Alberto Castrini
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Robert Walser è noto principalmente come scrittore. La sua attività poetica è conosciuta solo attraverso l'unica sua raccolta autorizzata di quaranta poesie, pubblicate all'inizio del secolo scorso. Mentre invece, del poeta svizzero di lingua tedesca, nato nel 1878 e morto nel 1956 dopo 27 anni di permanenza in un manicomio, sono invece emerse, dopo la morte, circa altre trecentocinquanta liriche. Nel libretto, a cura di Antonio Rossi (edizioni Casagrande), le quaranta poesie sono accompagnate da sedici acqueforti, appositamente create dal fratello Karl, celebre pittore. Si tratta di liriche, scritte da un cuore sensibile che si arrende all'armonia della natura, che lo cattura anche da una visione domestica. In questo lui pare continuare la strada iniziata da von Eichendorff in Germania mezzo secolo prima. Walser privilegia la semplicità perché come disse Walter Benjamin: lui comincia dove finiscono le fiabe. Rimarchevole è il rifiuto d'ogni ermetismo poetico, tanto in voga sia allora che oggi. Anche per questo, se pur talvolta Walser non rispetta rigidamente la metrica, mantiene sempre una grandissima attenzione al ritmo. Dalle sue poesie traspare una tensione emotiva coinvolgente che riconcilia l'armonia con la quotidianità delle nostre vite nel mondo. Spalanca per questo le sue estatiche stanze “abitate da pazzi o saggi” per viverle assieme a noi.
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