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A gran voce

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A GRAN VOCE

Uno smargiasso. Ha sposato uno smargiasso l’avvocato Igea Fittipaldi e l’ha lasciato, naturalmente, così come ha lasciato la sua opprimente famiglia del Sud per venirsene a Milano. Cercava la libertà, il suo posto nel mondo, non accettava nessun ostacolo, nessun uomo troppo ingombrante, nessun quartiere occhiuto e limitato.
Palermo, però, le è sempre nel cuore e adesso che alla sera guarda la serie tv I leoni di Sicilia, il suo pensiero corre sui velieri che attraccarono e attraccano a quel porto.
Lei si occupa di diritti: dei minori, delle donne, degli immigrati. Conduce battaglie incandescenti, convinta del dovere, della necessità di essere sempre in prima linea o, almeno, si impegna per esservi. Non come quel mitomane del marito, inaffidabile e prepotente, che credeva di avere la meglio ma si è sbagliato di grosso perché lei non cede, non ha ceduto e lui ha dovuto arrendersi.
L’avvocato Fittipaldi partecipa a diverse iniziative e aderisce a una associazione di volontari che raccoglie fondi per gli immigrati africani, quelli che affrontano a costo della vita la traversata del deserto prima, del Mediterraneo poi.
Domani andrà a Pescara: salirà in visita su una nave che soccorre i profughi dei barconi stracolmi, profughi abbandonati in mare, per interpellare chi può fornirle i motivi di una nuova battaglia.
Ha fatto presente ai quattro dell’organizzazione che avrebbe bisogno di un passaggio in macchina da Segrate: si è offerto un ragazzo di buona volontà.
Forse è stata un po’ pretenziosa ma, d’altronde, se non ci si aiuta tra pari, se la solidarietà non è già insita e reciproca tra i membri della stessa organizzazione che perseguono lo stesso fine, che senso ha offrirla ad altri?
Sveglia alle cinque. L’appuntamento col ragazzo di buona volontà è fissato per le cinque e mezza. Alle tre ha già gli occhi sbarrati, non riesce a dormire. Pensa al dolore che vede da tempo, sa quanto gli uomini possano farsi del male.
Il viaggio Segrate-Orio si ravviva di chiacchiere semi confidenziali. Le ore sonnacchiose di una mattinata di dicembre si arrotolano nelle necessità logistiche: arrivo in aeroporto, parcheggio, controlli di sicurezza. Attesa, decollo, volo, atterraggio.
Il mare a Pescara è dell’azzurro che Igea Fittipaldi si attendeva e l’Ocean Viking all’ancora si staglia potente e misteriosa, ferma per adesso davanti al porto come vuole la politica.
L'avvocato ha ansia di salire a bordo dove operano i professionisti.
Le viene mostrata la postazione da cui con un binocolo si scruta l’orizzonte per scorgere il puntolino nero che indica l’emergenza tra le onde. Occorrono anni per imparare a distinguere una macchia scura,
Ci sono due container completamente spogli sul ponte: uno per gli uomini e un altro per le donne.
Chi dà più informazioni è un marinaio che ha girato il mondo sulle navi mercantili e che, dopo aver partecipato alla prima esperienza di soccorso, non ha potuto e non può più smettere. Dice che i corpi degli uomini ripescati dal mare sono imbevuti di salsedine e di nafta persa dai barchini: molti, oltre al sale e al carburante che lesiona loro la pelle, portano le ferite inferte nei centri di detenzione; perciò è necessario sottoporli subito alla visita medica e alle docce.
La prima frase che i salvati leggono, una volta saliti a bordo, è: -qui sei al sicuro- tradotta in tutte le lingue. Spesso i corpi, che occupano lo spazio sulla nave, sono talmente tanti che occorre un tempo inimmaginabile per andare da un punto all’altro.
Il marinaio racconta di un gruppo di migranti che, scambiando la motovedetta costiera per una nave libica, stava per autoaffondarsi con il gommone.
Igea pensa alla vergogna che provarono i soldati dell’Armata Rossa di fronte ai detenuti di Auschwitz, non solo per le loro condizioni fisiche ma soprattutto per ciò di cui i carnefici erano stati capaci.
Sente il magone che le comprime la gola e le impedisce di parlare.
Adesso, per la prima volta, le passa per la testa l’idea che quella col marito smargiasso sia solo una storia ordinaria che, al massimo, può alimentare normali contrapposizioni e chiacchiere da salotto.
Invece, far valere le ragioni del diritto di quei poveri disperati sarà il fine primo di una battaglia potente e inarrestabile, per la quale dovrà gridare a gran voce.

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