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Incamminarci di Antonio Porta
Al giro di boa ancora fiammeggiano le querce,
L’anno nuovo di Gianni Rodari
Indovinami, indovino,
Fine d’anno di Jorge Luis Borges
Né la minuzia simbolica di sostituire un tre con un due né quella metafora inutile che convoca un attimo che muore e un altro che sorge né il compimento di un processo astronomico sconcertano e scavano l’altopiano di questa notte e ci obbligano ad attendere i dodici e irreparabili rintocchi. La causa vera è il sospetto generale e confuso dell’enigma del Tempo; è lo stupore davanti al miracolo che malgrado gli infiniti azzardi, che malgrado siamo le gocce del fiume di Eraclito, perduri qualcosa in noi: immobile.
[Borges tutte le opere, I Meridiani Mondadori, a cura di Domenico Porzio]
Prontuario per il brindisi di Capodanno di Erri De Luca
Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale, a chi si è alzato per cedere il posto, a chi restituisce da quello che ha avuto,
Capo d’Anno di Vittorio Sereni
Aggiorna sul nevaio.
Fine del ’68 di Eugenio Montale
Ho contemplato dalla luna, o quasi,
Il primo gennaio di Eugenio Montale
So che si può vivere
Nulla due volte di Wisława Szymborska
Nulla due volte accade Né accadrà. Per tal ragione Nasciamo senza esperienza, moriamo senza assuefazione.
Anche agli alunni più ottusi Della scuola del pianeta Di ripeter non è dato Le stagioni del passato.
Non c’è giorno che ritorni, non due notti uguali uguali, né due baci somiglianti, né due sguardi tali e quali.
Ieri, quando il tuo nome Qualcuno ha pronunciato, mi è parso che una rosa sbocciasse sul selciato.
Oggi che stiamo insieme, ho rivolto gli occhi altrove. Una rosa? Ma cos’è? Forse pietra, o forse fiore?
Perché tu, ora malvagia, dài paura e incertezza? Ci sei – perciò devi passare. Passerai – e in ciò sta la bellezza.
Cercheremo un’armonia, sorridenti, fra le braccia, anche se siamo diversi come due gocce d’acqua.
[Opere, Adelphi, a cura di Pietro Marchesani]
Al mondo di Andrea Zanzotto
Mondo, sii, e buono; esisti buonamente, fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto, ed ecco che io ribaltavo eludevo e ogni inclusione era fattiva non meno che ogni esclusione; su bravo, esisti, non accartocciarti in te stesso in me stesso.
Io pensavo che il mondo così concepito con questo super-cadere super-morire
il mondo così fatturato fosse soltanto un io male sbozzolato fossi io indigesto male fantasticante male fantasticato mal pagato e non tu, bello, non tu « santo » e « santificato » un po' più in là, da lato, da lato.
Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere e oltre tutte le preposizioni note e ignote, abbi qualche chance, fa’ buonamente un po'; il congegno abbia gioco. Su, bello, su.
Su, münchhausen.
La gioia avvenire di Franco Fortini
Potrebbe essere un fiume grandissimo Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore Una rabbia strappata uno stelo sbranato Un urlo altissimo.
Ma anche una minuscola erba per i ritorni Il crollo d’una pigna nella fiamma Una mano che sfiora al paesaggio O l’indecisione fissando senza vedere.
Qualcosa comunque che non possiamo perdere Anche se ogni altra cosa è perduta E che perpetuamente celebreremo Perché ogni cosa nasce da quella soltanto.
Ma prima di giungervi Prima la miseria profonda come la lebbra E le maledizioni imbrogliate e la vera morte. Tu che credi dimenticare vanitoso O mascherato di rivoluzione La scuola della gioia è piena di pianto e sangue Ma anche di eternità E dalle bocche sparite dei santi Come le siepi del marzo brillano le verità.
1 gennaio di Giovanni Stefano Savino
I
Non è la prima resa dei conti il ritorno al primo in calendario, ma una rete vuota di pesci, che viene tirata in alto. Uomini e donne chiamati per nome con amore e con rabbiosa voglia di distruzione, anche dell’ombra che accorciata o allungata li segue, non vedo che in album malridotti, in foto conservate. La memoria delusa gioca spesso brutti tiri riduce o aumenta, fa giovane il vecchio, gli rende il rosa della pelle, il biondo del capello, gli aggiunge lo stupore di essere colto al nulla della fine
II
E nulla cambia anche se cambia il giorno e l’anno; San Silvestro nell’agenda è solo una illusione, coi petardi che scoppiano a intervalli, con la sera che tinge l’aria di grigio e riporta, senza il soffitto stellato, la notte, col tocco così piano della pendola, che sembra una carezza di bambino al volto o alla mano della madre, frufrù di seta su un tappeto turco, e riconduce rimasta per strada la mezzanotte nella casa cieca; e in pubblico e in privato non ha ascolto la voce forte sulle unite rive.
* di Mariella Bettarini
la vita è questa che se ne va a soffi, che persino un vecchio a 80 anni dice che gli sembra di essere stato a scuola ieri. Che resta? Sublimazione zucca lessa – naturamore dentro la testa la finta la facciata la mascella di ferro che sorride – tutto attraverso i vetri con uno sfondo di rumore di bar con tazzine bicchieri rotolare di bocce.
Saluto e augurio di Mariella Bettarini
No: non occorre niente né abbiamo bisogno del ragazzo che difende conserva prega. Ciò che va avanti si difende ciò che vive si conserva. Non occorre niente: né vittima né carnefice né pazzo né savio. La rima è rotta per sempre in fondo alla mia gola di figlio che invecchia.
* di Mariella Bettarini
ma il futuro è s/bucato la asimmetria rimane il vagare conduco sino a una porta che serrata permane
dunque la libera abitabile parvenza è una pieve/campagna una verde (rotabile) impazienza
La felicità di Mariella Bettarini
I
attendo passi – sassolini – ossa – fruscii – silenzi – scricchiolii – la fossa delle beltà – attendo amore dalla molle mossa
è proprio questa la felicità?
II
oh gioia gioia! gioiosità s/costante – puro gesto – puro gesto di gioia quando si è pronti a seguire l’amante felicità in cui destino si fa scelta (scelta si fa destino) ma soprattutto in cui destino e scelta (incidenti) coincidono (rosse montagne) e gioia ben essere non è bensì essere cosapevoli – sapere d’un malessere – è sapere di sé – passione d’un sapere d’essere cosapevoli (di vita o morte – vita e morte – che vita è morte) sapere che si è talmente poveri – privi talmente di povera gioia che è poi questo il giorno trionfante – si fa poi questo il giorno lenitivo: come si è – dove si è (e si muore di pura morte): questo chiàmasi gioia – chiàmasi felicità: perché si ama – per chi si ama – perché perché felicità viva – poi morta perenne brama
883 di Emily Dickinson
Accendere una lampada e sparire – questo fanno i poeti – ma le scintille che hanno ravvivato – se vivida è la luce
durano come i soli – ogni età una lente che dissemina la loro circonferenza –
[Dickinson tutte le poesie, I Meridiani Mondadori, a cura di Marisa Bulgheroni]
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