Nella solitudine di questa sera d’aprile la memoria è un passaggio obbligato. Torna quella sospensione, la distanza, il vuoto che hai lasciato. Tutto fiorisce con l’acqua di questa primavera e se tu fossi ancora qui vedresti l’edera verdissima aggrapparsi al quotidiano come facevamo noi, chiedendo tempo quanto più possibile da strappare al dolore. Ma i giorni sono regalati uno per uno, da recitare sui grani d’un rosario sacro. In lontananza già sfumano le luci del tramonto e i tralci abbandonati del glicine sono imperlati di lacrime viola.
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Laura Turra
- 20/04/2017 05:05:00
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Grazie dei consigli, Leonora. Scrivi presto. Ciao
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Leonora Lusin
- 19/04/2017 20:45:00
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Mi sembra un ottima soluzione.
registro colloquiale e registro poetico non sono in opposizione. Il registro "poetico" talvolta è una iattura. Farsi un bel bagno nei poeti della beat generation aiuta a capire. Un saluto e spero a presto.
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Laura
- 19/04/2017 19:26:00
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Nando, Auro, è un piacere ospitarvi e leggervi ancora di più. A prestissimo, spero.
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Nando
- 19/04/2017 19:04:00
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Grazie, Auro. A Roma mi sembra ci siano librerie anarchiche, andrò appena possibile a darci unocchiata; il tema non è del tutto estraneo qui in casa mia. Grazie ancora e grazie anche a Laura per lospitalità.
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Auro d’Arcola
- 19/04/2017 18:33:00
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Bè, ampio spettro... sono un contemporaneista (dallOttocento sino ai nostri giorni) specializzato in storia del movimento operaio e, nello specifico, appunto, lanarchismo italiano. Ho pubblicato con FrancoAngeli, Lacaita e Galzerano e i miei libri sono reperibili su IBS o in librerie previa ordinazione, dal momento che lultima pubblicazione risale al 20015. Ma sono così costosi e così "pesanti" (è, appunto, saggistica) che ti dissuado dallacquistarli. No, consentimi, non era affatto un concetto basico, o almeno, non nellintreccio da te esposto. è eloquente che neanche Lusin lavesse compreso nella sua compiutezza espositiva. Su posizione di irriducibile ateismo, provengo da una famiglia di ferventi religiosi dal ceppo paterno. Ma proprio di quelle di una volta, e ricordo benissimo che uno dei primi e più umilianti rimproveri ricevuti fu a 5 anni da mio nonno, perché non mi ero fatto la croce prima di pranzo. AH, ah, ah, ah... incredibile. Qualcosa, quindi, di teologico la conosco, e due tra i personaggi storici che ancor oggi ammiro maggiormente sono Gesù (nella versione laica, ovviamente) e Francesco dAssisi (san, per voi, ovviamente) No, qui, no, sono entrato per la poesia. Tempo fa mi innamorai delle poesie di Loredana Savelli e, così, ho deciso di iscrivermi. Un caro saluto e a rileggerti per apprendere sempre...
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Nando
- 19/04/2017 16:09:00
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Scuami, Auro, avevo erroneamente immaginato uno storico ad ampio spettro, quindi magari già al corrente di alcuni concetti "basici". Invece è interessante sapere di che cosa ti occupi, è un tema che anche in casa mia un po circola; hai pubblicato qualcosa pure qui sul sito? Oppure hai già pubblicato e con chi? Sarei curioso di conoscere qualcosa della tua bibliografia, mi piacerebbe leggerene qualcosa, se si trovasse nelle librerie lo andrei a cercare. Apprezzo la tua schiettezza, a volte il confronto può apparire più "aspro", ma sempre da parte mia stimato di buon valore, quando costruttivo e nel rispetto reciproco; e così mi sembra che sia anche con te (può scappare qualche "frecciatina", càpita).
Alla prossima
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Auro d’Arcola
- 19/04/2017 15:52:00
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No, davvero non lo sapevo. E perché mai hai pensato che ti dileggiassi? Nei nostri confronti ho sempre esternato, pur nella diversità di approcci concettuali, un assoluto rispetto e apprezzamento per le tue competenze. Al punto che, nellultima poesia di Amina, ho espressamente invocato un tuo intervento interpretativo. Dispiacciono certe cose, francamente. Saggista professionista, ovviamente. Più specificamente, storico dellanarchismo italiano, con sei monografie e 12 saggi. Alla prossima...
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Laura Turra
- 19/04/2017 09:29:00
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Per Leonora: e se riscrivessi quel verso così "[...] vedresti l’edera verdissima aggrapparsi al quotidiano come facevamo noi, chiedendo tempo quanto più possibile da strappare al dolore [...]" Forse scorre di più. Tu cosa dici? Scusami, ma il "come si faceva noi" lo trovo colloquiale. Grazie perché mi spingi a fare un lavoro di ripensamento del testo.
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Leonora Lusin
- 19/04/2017 08:33:00
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Nando perdonami ma anchio ignoravo cosa fosse la "caparra intra-trinitaria del Cielo" e ancora adesso il concetto mi rimane un po nebbioso. Ci puoi aiutare? Umilmente.
Laura due brevissime proposte: "come si faceva noi" al posto di facevamo una virgola dopo da recitare...per prendere fiato
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Nando
- 19/04/2017 06:31:00
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Chiedo scusa alla Padrona di casa... Auro, perché vi sarebbe contraddizione, o almeno così sembri suggerire, tra la bellezza poetica ed un tema ad alto contenuto intimo? Auro, un autore di saggi storici, non so se per professione o diletto tuttavia suppongo adeguatamente preparato su quella disciplina, credo abbia nozione almeno elementare del significato di tre parole: caparra, intra e trinitario; e ne abbia una conoscenza così superiore alla mia, da far apparire quella stessa sua domanda di significato un pretesto di sfida, più che una vera ignoranza di quello stesso concetto risultante dall’unione delle tre parole. Tu sai, Auro, la mia professione d’ignoranza, come potrei avere quindi l’ardire di argomentare con le categorie razionali di un sapere così alto filosoficamente e teologicamente? Certo, tu potresti dirmi: allora taci! Ma sai che non c’è più presunzione di quanta ve n’è nell’ignoranza; oppure c’è anche una seconda causa alla parola del l’incolto: l’esperienza e questa espressa pur dentro un vocabolario elementare, adoperato alla superficie dei suoi lemmi. Così caparra, intra e trinitaria sono il riflesso di Dio (del Dio della riflessione esperienziale teologica cristiana) dentro il relazionale umano; o meglio: ogni relazione umana nella pienezza della sua capacità osmotica d’amore che, traversando appunto reciprocamente gli amanti, è caparra paradigmatica di quel Paradigma d’amore perfetto che Dio è in Sé, poiché in Sé non è una monade ma una Communio d’amore. Potremmo discutere a lungo sull’esistenza di Dio alla luce della ragione, ma la ragione non riesce comunque a negare l’esperienza di Dio, cioè la Sua evidenza esperita nel vissuto personale del credente e del non credente.
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Laura Turra
- 18/04/2017 16:09:00
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Leonora, grazie. Margherita Guidacci piace molto anche a me. A presto!
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Leonora Lusin
- 18/04/2017 15:39:00
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In questa poesia mi ricordi la mia amata Margherita Guidacci. Leggerla è un momento di concentrazione e beatitudine.
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Laura Turra
- 18/04/2017 13:53:00
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Grazie, Auro, per avermi letto. Hai ragione è un testo molto personale. Per giorni sono stata incerta se pubblicarlo oppure no. Forse taluni pensieri dovrebbero restare solo nella sfera privata... comunque mi ha fatto bene riuscire a dirli in questa forma. Ancora grazie e un caro abbraccio
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Auro d’Arcola
- 18/04/2017 13:12:00
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molto bella ma, secondo me, anche molto intima. nando, cosè la caparra intra-trinitaria del Cielo?
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Laura Turra
- 18/04/2017 08:02:00
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Grazie, Nando, per la delicatezza delle tue parole. Questo testo è dedicato a mia madre, che è stata una persona dolce, premurosa e umile. E amava molto la natura, i fiori soprattutto. Per me ricordarla è sempre un andare al fondo di me stessa. Ti abbraccio con affetto
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Nando
- 18/04/2017 07:30:00
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Cè la bellezza intima di uno sguardo sulla natura che è intorno - nulla o quasi viene concesso agli oggetti della tecnica -, fecondato da quel linteriorità del sentimento e del pensiero, che rendono capaci di ricevere la grazia trasfigurante della poesia se non vogliamo parlare già della "semplice" grazia della trasfigurazione. Cè la bellezza ancora di un legame damore che contende al tempo la conta dei giorni, aggrappati ad un quotidiano che fa del proprio "terribile" la caparra intra-trinitaria del Cielo; cè il dolore della malattia ed il dolore della separazione fisica dovuta alla morte; cè la riconoscenza per la sacralità del dono della vita vissuta, giorno dopo giorno come un rosario sgranato in preghiera; e infine, bellezza poetica su bellezza dello spirito e dellanima, cè la trasfigurazione dellarte poetica, che sa restituire al mondo la perla preziosa nata dalla sofferenza interiore: la metafora del sé poetico nel testo, come tralcio abbandonato (dallamato innocente dellabbandono, ché la morte ha separato ciò che lamore ebbe a unire) su cui scorrono lacrime viola, colore del lutto e colore del glicini - lanima che piange ma anche che si apre alla luce del giorno che torna, segno di unaltra Luce e di un altro definitivo Ritorno. È sempre bello, Laura, immergersi nella tua anima poetica, spesso si riemerge se non migliori certo con un po di chiarezza in più su se stessi.
Ti abbraccio forte
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