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al testo di Federico Zucchi
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Il mare è la massima cura
Riposa l’uvaggio del mare riposa anche per me che mi stendo nel suo respiro di pesci pettegoli, che premo il suo fiato sul mio, senza apparente dispendio di bocche. Qui si accede, ancora, a una dimensione collettiva delle storie, i corpi si affiancano senza attrito le ossa hanno il peso dei contorni le ombre sul pelo dell’acqua si sono appena incarnate. Il mare conosce le fenditure degli scogli l’amnesia dei coralli, la ruggine d’oro della fede nuziale nella sabbia. Il mare conosce gli spergiuri del vento la notte orefice seduta al conio buio delle stelle. Il mare è uno scudo materno, la massima cura, specie quando la pesca a strascico dell’insonnia storce il nostro conforto e cava il sogno intrecciato al galeone sommerso. Non è mai troppo tarsi per scendere una strada calcinata una mulattiera costeggiata dalla salvia e immergersi nella luce naturale dell’acqua che ci accoglie senza impronte digitali. Il mare è la massima cura, il criterio dell’acqua ricalca a memoria la nostra portata, i nostri dispersi frammenti sono plancton per altre visioni. Qui la genesi non ha mai indossato il vestito buono della domenica. Riposa l’uvaggio del mare nemmeno il pescaggio dell’uomo raggiunge le sue celate interiora. La sua anima è un immenso tifone di storie stipate in ogni cassetto dei golfi. Il mare è la massima cura perché ci insegna a preservare una linea di costa senza scordare la gioia del tuffo. |
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