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al testo di Amina Narimi
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Sporgiti dal paradiso solo un poco da un punto del cielo all’azzurro, tra i fili di pioggia sull’albero sono pronta a bere col ventre sollevato dove una farfalla si accorda con la luce
C’è un passo veloce che ora ti somiglia, che calma la terra in pozze di chiarore, dentro brilla un porziuncola di pace, una viola de fado che sorride portando l’acqua tra le pietre.
È tutto molto semplice. Ma domani andrò dal babbo con il pranzo cotto, e una luce cruda per non piangere se mi porterà nella tua stanza a chiedere del respiro d’oro che faceva la morfina. Nella stretta delle mani ti chiamerò, sottovoce, per raggiungerci, come un albero che si piega per i frutti, e con le dita, per rafforzare le parole
avrò il coraggio di tenere le sue spalle, piano, come coi rami più fragili e sfiniti, quando farà il viso del “perché?” - mettendo tra le mani la dolcezza del dolore - immenso nei suoi occhi chiusi, sotto il peso di quella leggerezza, con un amore tenuto stretto come un bastone, per riprendere il respiro dentro i boschi, gli dirò: il nostro dovere è di essere felici. Bisogna testimoniare la sua luce. Vieni. Ogni cosa che è qui è solo qui. E ora piove, e ci sono da svuotare le grondaie.
Avrò il respiro tra le braccia come un cerchio di ricordi che si chiude, che si ferma sulla tavola a raccogliere le briciole del pane. Usciremo come nudi nel silenzio faccia a faccia nel vuoto che c’è, e che farà, come fosse oro sotto il patio, stringerai le foglie tra le mani fino ai piedi, bagnandoli nel tempo più sacro, avrai il mento in alto, come qualcosa che vuole dire Un Dio lo sa dove fare ritorno.
Mentre ancora la luce si nasconde sporgiti dal paradiso solo un poco, nel vicinarsi di domani, un’altra volta, da un punto del cielo, su mio padre. |
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