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Gli U.S.A.

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Ho frequentato brevemente questo paese ma mi è bastato. Mi ripugna la sua società caotica, competitiva e violenta, ossessionata dal successo sociale, dalla carriera e dal denaro. Si autodefiniscono paese della libertà. Ma libertà per chi? Per i facinorosi, gli esagitati, i rampanti che perturbano le vite altrui. Io invece cerco un posto nel quale vivere tranquillo, intento a coltivare i miei interessi con i miei ritmi lenti.

 

 Angelo Ricotta - 13/01/2018 17:14:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

"Direi di tenerci ben stretto ciò che ancora resta della vecchia socialdemocrazia europea."

Magari! Ma le miei prognosi sono infauste.

 Antonio Terracciano - 13/01/2018 14:42:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Dagli Stati Uniti d’America alla (ex) Unione Sovietica: dalla padella nella brace... Direi di tenerci ben stretto ciò che ancora resta della vecchia socialdemocrazia europea.

 Angelo Ricotta - 13/01/2018 10:43:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

@ Antonio
"...concittadini praghesi..."

È la spiegazione più logica. D’altronde l’America è nata sotto il segno della violenza: massacri degli indiani da parte dei colonizzatori europei, importazione degli schiavi africani, guerra civile, corsa all’oro verso ovest, far west. Un melting pot fallito che dovrebbe insegnarci qualcosa.
Dato poi che hai citato le contestazioni del ’68 contro l’America a causa del suo coinvolgimento nella guerra nel Vietnam, devo precisare che pur essendo io coinvolto (o meglio dovrei dire travolto), perché all’epoca avevo iniziato a frequentare l’Università a Roma, non partecipai mai a queste contestazioni. Non approvavo la guerra ma mi respingeva il fatto che le contestazioni fossero gestite da gruppi ideologicamente molto di parte che magnificavano l’Unione Sovietica e la Cina che erano delle notorie spietate dittature e che per questo io aborrivo. Non avevo pregiudizi né a favore né contro l’America. E tuttora non ne ho. Mentre il mio giudizio negativo sui regimi sovietico e cinese, nonostante i cambiamenti, è rimasto sostanzialmente lo stesso.

 Antonio Terracciano - 13/01/2018 10:01:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Credo che Kafka avesse tratto lo spunto per il romanzo dai racconti, da lui poi ovviamente deformati, di alcuni suoi concittadini praghesi che, già prima della prima guerra mondiale, erano andati in America per cercare fortuna, ma che poi, delusi, erano tornati sul suolo europeo.

 Angelo Ricotta - 13/01/2018 00:10:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

@ Antonio

Tu senz’altro sai che il titolo Amerika venne dato postumo da Max Brod mentre quello originario era Der Verschollene (Il Disperso). Le avventure si svolgono comunque in America.
Quello che mi incuriosiva era capire come aveva fatto Kafta a descrivere nel 1911-1914 così bene le contraddizioni di quella società senza averla frequentata. Si vede che già all’epoca fosse notorio il caos in cui versava quel paese.

 Angelo Ricotta - 12/01/2018 23:29:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

@ Franco

"Land of Confusion" cantavano i Genesis. Quello è il paese. Tanto "buono" particolare e tanto male generale, un caos.
Quando nel 1975, quindi 3 anni prima di andare negli USA, entrai per la prima volta in un laboratorio del CNR per fare la mia tesi sperimentale in fisica mi colpì il fatto che la biblioteca fosse costituita per la quasi totalità di libri e riviste in inglese, scritti principalmente da americani. Io che alle medie e al Liceo avevo studiato solo il francese e all’Università avuto appena un’infarinatura d’inglese mi trovai in difficoltà. Dovetti correre ai ripari studiando notte e giorno inglese sia come autodidatta che seguendo dei corsetti rapidi. Le prime conferenze che seguii in Italia erano in inglese e quello fu un altro scoglio perché una cosa è leggere e capire, ben altro ascoltare e capire! Quando toccò a me parlare, siccome mi ero preparato per bene il discorsetto, tutto sommato me la cavai. Però quando cominciarono a fare le domande, soprattutto gli ospiti di madrelingua inglese, non riuscivo a capire cosa chiedessero! Per fortuna che c’era il professore che sapeva bene come andavano queste cose e che interveniva e mi faceva capire di cosa si trattasse. Una situazione kafkiana! Naturalmente nel Laboratorio strumenti e componenti erano tutti americani: HP, Monsanto, Tektronix, EMI, IBM, ecc., e ovvio i manuali idem. Avevamo dei meravigliosi oscilloscopi doppia traccia Tektronix con plugin di vario genere, da amplificatori differenziali a logaritmici, alta e bassa frequenza, fino ad analizzatori di spettro. Costo dell’oscilloscopio base, acquistato nel 1972, 30 milioni di lire! Tutto questo per dire che non è che i tempi stiano cambiando da adesso. In certi ambienti l’americanizzazione dell’Italia era iniziata direi già dal primo dopoguerra. Oggi la situazione sta solo peggiorando anche perché, per una ragione misteriosa, prendiamo solo il peggio da quel paese.

 Angelo Ricotta - 12/01/2018 22:39:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Sono stato due volte negli USA. La prima volta nel 1978 per seguire dei congressi scientifici nel mio settore, presentare il lavoro del mio gruppo e andare a parlare con dei ricercatori di vari laboratori. Cominciai da Salt Lake City nello Utah, poi andai a Boulder in Colorado (dove arrivai il giorno del ringraziamento) e infine a San Francisco in California. Mi pare che la "tournée" durasse circa 2 settimane. La seconda volta sono andato nel novembre del 1986 a fare uno stage di 3 mesi presso la Florida State University e passai il Natale a casa di un mio zio a Seattle nello stato di Washington. Se in futuro avrò un po’ più di tempo cercherò di scrivere un resoconto più dettagliato di queste mie visite. Anticipo comunque che il mio giudizio su questo paese non si è formato all’epoca delle visite ma molto più tardi. Ciò perché durante le mie visite ho frequentato quasi esclusivamente un ambiente intellettualmente evoluto che mi schermava dalla realtà anche se certi indizi c’erano già. Solo in seguito approfondendo la condizione reale del resto di quella società e facendo il confronto con gli ambienti da me frequentati mi sono reso conto delle enormi contraddizioni in cui è avviluppato quel paese.

 Antonio Terracciano - 12/01/2018 20:29:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Le testimonianze di Angelo Ricotta e di Franca Colozzo (che sono stati in America) confermano ciò che io, da ragazzo (ai tempi della guerra nel Vietnam) dicevo, quando mi capitava l’occasione, destando spesso l’incredulità nei miei interlocutori: "L’ultimo Paese al mondo che vorrei visitare sono gli Stati Uniti d’America. " Ebbi la possibilità di avere una conferma di questa mia impressione quando visitai, per pochi giorni, Londra (che dell’America del Nord è l’anticamera... ) Aggiungerei, da un punto di vista letterario, che Franz Kafka ci aveva visto bene, quando scrisse il suo romanzo (forse il meno conosciuto dei suoi tre) "Amerika" , appunto...

 Franco Bonvini - 12/01/2018 16:35:00 [ leggi altri commenti di Franco Bonvini » ]

Anche senza andarci qualcosa traspare nelle notizie che arrivano.
Però qualcosa di buono han fatto. Sul manico della mia chitarra c’ è scritto made in U.S.A. e non ha niente da spartire con una made in China o Japan.
E poi c’è Woodstock..
È il tempo che è cambiato.
Forse l’ Italia non è da meno.

 Arcangelo Galante - 12/01/2018 15:56:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Alcune Nazioni, sono come le persone: si scoprono, realmente, nei loro aspetti negativi e positivi, spesso e solamente dopo averne sperimentato quelle caratteristiche, che potevano sembrare uniche e prive di difetti.
Anche al sottoscritto è accaduto di vivere analoga esperienza, soggiornando in “luoghi” lontani dall’Italia, i quali, mostravano una realtà assente e poco riscontrabile da quella reale, o presunta tale.
Bisogna anche dire che la “brevità” può dimostrare tutto o niente, a seconda dell’intensità di come, mentalmente, la si mastica.
Purtroppo non sono andato negli U.S.A. e non posso narrarne le impressioni, senza disconoscere, però, quelle pubblicate, per quanto mi è stato raccontato da chi ha avuto modo di visitarli.
Grazie, Angelo, perché, coi testi, mi stimoli a pensare.
Buona navigazione con le parole e con il cuore.
Un amichevole saluto.

 Franca Colozzo - 12/01/2018 15:19:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Sono d’accordo con te, avendo un genero americano che ha sposato la mia primogenita Valeria, per metà ormai americana. Dopo essere andata personalmente diverse volte in quel Paese, visitando il Colorado, il Texas, Washington DC e New York (dove sono stata inviata dal M.A.E. n.q. di commissario esterno di Disegno e Storia dell’Arte, in occasione dell’esame di Stato, anno 2009, presso l’Istituto G. Marconi), ti posso assicurare che ho ricevuto una brutta impressione generale.
Ho molti parenti americani, frutto dell’emigrazione italiana ed altri acquisiti. Al di là della presunta libertà di pensiero (però c’è la pena di morte, a volte ingiustamente inflitta) e del rampantismo per soldi, non vedo altro che un enorme Paese di celluloide, piccolo borghese nei suoi rituali (Natale, Thanksgiving, Halloween, ecc.) e senza un vero welfare. Devo dire che la prima impressione non è stata favorevole ed è rimasta in me l’amarezza per la mia nipotina per metà italiana e per metà americana. Poi con Trump la misura è colma, dimentico com’è di suo nonno e di come abbia accumulato tanti soldi. Il dio denaro è l’unico che conta e che rende gli individui degli autentici schiavi. Non è certo questa la vita!

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