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al testo proposto da Loredana Savelli
da L’Ospite indocile
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Non so quale felicità avremmo vissuto, o quale guancia avremmo offerto all'offesa se felicità c'è stata, se c'è stata offesa. Così lo scrivo, ne faccio segno, per capire come si spiega l'albero la potatura, il papavero lo strappo i bambini il tempo e lo spazio: - dove va la notte quando è giorno? - mezz'ora è tanto o poco? O come si spiega il vuoto degli esseri che ci stanno accanto come un'assenza o il senso irsuto della vita, il suo difficile che diventa facile quando cominci ad amare.
Basta additarci, basta l'ingratitudine l'aspettarci sempre un segno e non saperlo riconoscere non saperci segno. Dammi allora almeno la capacità di dirlo con parole conosciute, semplici, quotidiane come quando chiedo il pane o un bicchiere d'acqua, ma vanno bene pure parole un po' sbagliate come Damiano quando dice «pesa un chilometro». Dammi allora la capacità di tracciare piano, giorno dopo giorno, la mappa del tuo corpo e che sia come quando l'anima viene alla superfìcie e si distende sulla pelle.
L'inchiostro scorre e si rapprende come lava fa fertile il foglio fa anse all'ansia spicca il vuoto alle cornici ai cornicioni chiede la vertigine per il salto nel pieno della vita.
Non è che l'ombra del silenzio questa parola che irrompe e sgorga necessaria come tutto il bene che in questo momento è compiuto nel basso della terra e si misura ad altezza d'uomo.
Pregano per noi di materia imperfetta di sostanza sopraffatta, bisbigliano novene in una loro lingua d'inconciliabile verità. Pregano loro già stati loro scrocifissi dal mondo.
(tratte da "L'ospite indocile", Passigli editore 2012, http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/643-Lucianna-Argentino-Lospite-indocile.html)
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Eugenio Nastasi
- 14/06/2013 14:12:00
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Nella poesia di Lucianna Argentino , anche se qui è di solo assaggio, gli aspetti della nostra quotidiana esistenza sono affioranti come la parte visibile, perchè ultima, di un procedimento biologico i cui sviluppi non sono del tutto a noi chiari. Questa è una poesia che calibra le sue-nostre vicissitudini, rivelabili su un terreno appena calpestato, attraverso una ricerca linguistica dotata di caratteristiche vitali estreme: qui, insomma lambiente che ci circonda, a partire da quello familiare, agisce ancora sugli individui nel senso di renderli assolutamente partecipi del proprio processo, qui lindividuo pare esistere eminentemente in funzione della specie. Quindi non inganni il "basso continuo" della scrittrice, prima di capire, bisogna amare: a me pare che Lucianna voglia interpretare vitalmente i fatti del suo dasein prima che essi affiorino vitalmente allo sguardo. Bisognerà, per un discorso complessivo leggere tutta la silloge, per ora basta a darci imput di buona scrittura.
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Nando
- 10/06/2013 19:50:00
[ leggi altri commenti di Nando » ]
Non sempre commento subito e soprattutto mi è difficile farlo dal cellulare, ma questa volta non ho resistito alla commozione. Grazie.
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