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Universo scomodo

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Aspetto che il cordless si degni

di comunicare la data

dell'ennesimo ricovero

per il mio uomo malato.

Ma il nero araldo di onori

e d'oneri mi si nega.

Tace quel maledetto e su di lui

riverso la mia fredda disperazione.

Lo sfioro, poi lo afferro con le mani

gelate, ma è muto come un omertoso,

e mi impone il rispetto per la sua funzione.

Non posso che aspettare, mentre lacrime

avare percorrono vene virtuose.

 Fiammetta Lucattini - 15/01/2013 09:32:00 [ leggi altri commenti di Fiammetta Lucattini » ]

Grazie per la partecipazione e la solidarietà dimostratami, bene inalienabile in questi tempi oscuri, non solo per me.

 Loredana Savelli - 14/01/2013 15:37:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Partiamo dal titolo: universo scomodo. Per un poeta, spesso lo è. In questo caso lo sarebbe per chiunque, ma per te anche lo "scomodo" è poetico, perché la tua poesia si nutre di vita reale, accogliendola con passione, nel bene e nel male, ma anche con sano distacco, quel distacco che sa vedere le cose in un contesto più grande, misterioso.

Un abbraccio e tanta solidarietà.

 Silvia De Angelis - 14/01/2013 13:06:00 [ leggi altri commenti di Silvia De Angelis » ]

Attimi assai discordi di vita, in cui si desiderebbe aver già superato le problematiche...
Un caro saluto

 Cristiana Fischer - 14/01/2013 12:26:00 [ leggi altri commenti di Cristiana Fischer » ]

cara Fiammetta, ti auguro che l’araldo chiami, non può tardare, non deve

 Luciana Riommi Baldaccini - 14/01/2013 11:34:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Fiammetta cara, come descrivere meglio la fredda disperazione dell’attesa? Ti sono vicina

 Emilio Capaccio - 14/01/2013 11:19:00 [ leggi altri commenti di Emilio Capaccio » ]

La tua sensibilità è cosi marcatamente accentuata nei tuoi versi che perfino gli oggetti, i suppellettili, le cose che ti girano intorno, acquisiscono una coscienza propria: parlano o tacciono; ti guardano e pensano; ti feriscono o ti stupiscono. E tutto nella tua poesia mi canta di un’afflizione che non si concede a tempi di teatralità - non acuisce - ma vive sordidamente in te, sottilmente affilata, rastremata, con un vocio chioccio ma alla lunga lacerante e forse proprio per questo maggiormente sofferto.

Ciao Fiammetta (vedrai cesserà il mutismo di quel cordless e tu tornerai a sorridere)
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