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Al pianista di Roman Polanski

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Va’ libera parola, non cercare
la rima, va’ nel modo in cui van sciolte
le dita del pianista di Polanski
sopra la sua tastiera immaginaria
nel ghetto devastato di Varsavia,
va’ libera senza cercare un bacio.

Va’ libera parola, non bloccare
lo slancio, non lasciare che il pensiero
offenda la memoria ed offra spazio
a riflessioni storiche e giudizi
per colpe nuove, usure e deicidi,
va’ libera senza cercare un metro.

Va’ libera parola, non frenare
lo sdegno, ti sospingano l’immagini
di donne, bimbi e vecchi dietro il filo
spinato, ti soccorrano i ricordi
di forni crematori e marchi ai polsi,
va’ libera, componi pure a braccio.

Va’ libera parola, non temere
interruzioni della tua spirale
di fiati senza sosta, uguale a Primo
Levi domanda che scolpita sia
nel cuore la Shoah: come al pianista
sta’ certa non ti mancherà la musica.

 Ivan Pozzoni - 31/01/2018 19:10:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Il tuo stile è molto interessante

 Lino - 13/05/2012 21:03:00 [ leggi altri commenti di Lino » ]

@ Domenico Morana
Per la verità fu una scelta collettiva, quasi un gioco: il concorso era gratuito, via mail senza nemmeno il costo della spedizione della lettera, con i finalisti che furono ospitati a spese del Comune di Procida, un’ottima cena a base di pesce compresa. Partecipammo in sei iscritti a un sito di net-poetry: in tre entrammo tra i dieci finalisti e l’esperienza fu comunque interessante; la premiazione avvenne nel bellissimo giardino dove Elsa Morante scrisse "L’isola di Arturo".
Quello che mi deluse fu la scarsa attenzione e competenza della Commissione, non la posizione in classifica: ritengo che i concorsi non abbiano valore di merito perché - pur quando non sono taroccati, il che accade di frequente, specie nei premi importanti - il giudizio è sempre una questione di gusti. Mi sarei aspettato che la Commissione, composta da nomi notissimi, avesse notato che gli endecasillabi della mia mediante l’uso ricorrente dell’enjambement accelerano il ritmo come in una fuga e creano sul piano fonico una "spirale di fiati senza sosta", rendendo forma, ritmo e contenuti coerenti. Mi sarei aspettato che i vocaboli utilizzati nel "Pianista" (rima=frattura, bacio, metro, a braccio, musica) fossero stati intesi nel loro doppio senso, poetico e relativo al campo semantico del tema trattato. Niente di tutto questo: il Presidente - nome notissimo del panorama poetico nazionale e onnipresente nelle giurie dei premi più importanti - sul palco mi chiese come mai un ingegnere componesse poesia. Una delusione e un’offesa alla storia della poesia, la sua domanda. Fui costretto a rispondere che Montale per titolo di studio aveva conseguito un diploma in ragioneria, Quasimodo fu un geometra, Ignazio Buttitta addirittura fu un autodidatta. Non credo che fece una bella figura il Presidente, quella sera nel giardino di Elsa Morante. Perlomeno nei miei confronti, il che è quello che più conta per me. Ecco perché la storia del "Chi giudica chi e su quali basi?", come nell’intervista di Deidier, mi fa venire l’orticaria.

 Domenico Morana - 13/05/2012 17:16:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Solo finalista? Con questa?
Mi togli la curiosità di dirmi chi l’ha poi vinto quel concorso?
Ma perché hai partecipato a un concorso? E’ un’esperienza deludente e devastante, comunque vada. Una cosa più seria sarebbero le Poesiadi, magari da svolgersi in notturna nella Valle dei Templi ad Agrigento... Giuro che anni fa ho avuto l’incoscienza di parlarne, di proporla questa cosa, proprio a chi poteva, se non altro, smuovere qualcosa... ho suscitato solo ilarità. Poi, credo l’anno scorso, le Olimpiadi della poesia le hanno davvero fatte... a Londra! Altro che certi ridicoli readings poetici con passerella e podio in similnoia e il marketing da bottegai degli editori italiani, con le liste d’attesa, la pazienza, le anticamere, le segnalazioni, il calo della domanda, l’offerta sovradimensionata, la QUALITA’. Tra non molto per avere diritto al riconoscimento d’esistenza poetica ci vorrà una certificazione ISO 500001. Penso a certi rifiuti che una volta si mutavano magicamente in trampolini... vero è che magari si trattava di Jacques Rivière in veste di direttore della Nouvelle Revue Française, alle prese con un irriducibile Antonin Artaud. Ma anche se si fosse trattato di un mentecatto non gli avrebbe mai chiesto un "contributo alle spese di stampa". Ma lui era Jacques Rivière (e Artaud era Artaud, certo, mica Lino Lista o Domenico Morana - te lo immagini Artaud a partecipare a un concorso di poesia?)
Ovvio che generalizzo... ma mica tanto!

Scusami per le chiacchiere deliranti.

La tua poesia m’è piaciuta.

Ciao


 cristina bizzarri - 06/05/2012 21:45:00 [ leggi altri commenti di cristina bizzarri » ]

Come i tuoi endecasillabi danno libertà alla parola, così un pensiero educato a essere davvero umano dovrebbe dare libertà all’uomo. Una libertà libera di non fare del male. Mai più.

 Ferdinando Battaglia - 06/05/2012 19:22:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Difficile, per bellezza formale, intensità d’immagini e contenuti, resistere alla commozione. Nobile l’anima che ha scritto questi versi in una poesia così alta. Una riflessione su quale dono rappresenti la parola, possibile eco di un’altra Parola in cui ogni umano dire si può ritrovare. Prima di rileggerla e conservarla nel silenzio, un dovuto e sentito ringraziamento all’Autore.
Con stima

 Loredana Savelli - 06/05/2012 17:33:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Che stupendo invito! In cui parola è figura di Parola e perciò scrittura è figura di Amore, oserei pensare.
Un caro saluto, con stima.

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