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Roberto Maggiani

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[ A cura di Liza Bellandi ]

 

In un mio articolo ho deciso di rispondere a Montale che, trent’anni fa, in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel, si chiedeva se fosse ancora possibile la poesia. Montale accusa i nuovi mezzi di comunicazione di massa (all’epoca TV e radio) di aver reso l’arte spettacolo, esibizionismo, annientandone ogni elemento di introspezione e lirismo che facevano della poesia luogo di grande riflessione culturale e scrigno dell’essenza di un’epoca. La modernità l’ha gettata nel vortice del consumismo, dove tutto è effimero e di breve durata, e l’ha degradata a semplice prodotto di serie, soggetto alle leggi della moda e del mercato.

Montale però auspica, che, quasi per reazione, la cultura di massa possa produrre un giorno una cultura che sia anche argine e riflessione.

A mio avviso quel giorno è arrivato o comunque è molto vicino dato che, dietro l’apparente superficialità e ordinarietà dei nuovi social media, si nasconde una riflessione che si stacca dalle mode e acquisisce stabilità, mentre, quasi paradossalmente, oggi è il mercato editoriale ad essere sempre più soggetto alle leggi del gusto.

Un elemento che porto a sostegno della mia tesi è proprio l’esperienza de LaRecherche.it, per questo vorrei sapere:

 

1.  Quale ideale o proposito ha spinto tu e Giuliano Brenna a creare LaRecherche.it e cosa vi aspettavate, e ancora, le vostre aspettative sono state soddisfatte?

 

LaRecherche.it è stata messa on line nel dicembre del 2007.

Non so se alla base di questa nascita ci sia un “ideale” o un più semplice “proposito”, posso però affermare che LaRecherche.it è fondata sulla convergenza di due personalità molto diverse, provenienti da due esperienze di vita decisamente differenti, per alcuni aspetti all’opposto. Dalla profonda amicizia tra me e Giuliano Brenna, si è avviato il sistema di pensiero da cui ha preso le prime mosse la rivista letteraria, orgogliosamente definita libera. L’immagine di due personalità dissimili, che si ritrovano capaci di instaurare un fecondissimo dialogo, contiene, in nuce, ciò che caratterizza LaRecherche.it.

Giuliano era, ed è, un fine e attento lettore di opere in prosa, io invece ero, e sono, caratterizzato dalla passione per la poesia. Dai nostri scambi e confronti emergeva una cosa su tutte, ci sconfortava e irritava la banalità di certe pubblicazioni che a nostro avviso sembravano trascinare la cultura italiana nel vortice effimero e di breve durata del consumismo, essendo queste segnate da un mero esibizionismo capace di catturare le masse al fine di vendere vendere vendere. Dall’altra parte conoscevamo di persona, soprattutto io, molti scrittori che, per quanto impegnati in un percorso di scrittura e ricerca artistica, non ci sembrava avessero spazi per rendersi visibili e poter mostrare-scambiare tra loro i propri lavori, in quanto soggiogati dal potentato della casta mediatica fatta di editori, autori affermati, conduttori televisivi e radiofonici, giornalisti e critici. Ci si rese conto che la maggior parte delle proposte di autori e libri erano di fatto consigli per gli acquisti, dunque poco finalizzate a far conoscere diverse proposte autoriali e editoriali.

Rilevammo l’assenza di luoghi di libero confronto, molte persone non sapevano a che santo votarsi per avere voce come lettori e come scrittori. Così, spronati da questi pensieri, abbiamo messo on line LaRecherche.it, pensandola come una casa per coloro che cercano uno spazio di libero pensiero, confronto, crescita artistica e culturale, soprattutto nella scrittura. All’epoca facebook non era così potente come lo è oggi, diventato un fiume mediatico in cui, dai suoi vari affluenti, confluisce di tutto, facendo talvolta perdere all’utente l’obiettivo del proprio navigare.

Fin dal nostro primo giorno, quando eravamo pochissimi, sulla pagina “Chi siamo” si trova scritto: “Questo è, prima di tutto, un luogo di partenza, di aiuto reciproco, di lavoro comune e di confronto sulla scrittura: da qui si parte, non si arriva; o meglio, qui si arriva soli per partire insieme...”

Fin da allora pubblichiamo recensioni di libri di autori che si trovano situati tra due poli, quello della notorietà e quello dell’anonimato. Talvolta si tratta di autori alla loro prima pubblicazione, li proponiamo cercando di mettere in luce gli aspetti positivi della loro scrittura e, eventualmente, dando qualche indicazione di un possibile percorso di lavoro. Facciamo tutto ciò con l’ausilio di collaboratori impegnati nel panorama della scrittura contemporanea, qualcuno più, qualcuno meno, ma in ogni caso ad essa attenti, cercando di non farci influenzare da mode o ridicoli pensieri di immediatezza. Forse non siamo dei Critici, ma lettori assidui e attenti sì.

Gestire LaRecherche.it richiede impegno. Ogni suo servizio e spazio è gratuito, ma il segreto della sua gratuità risiede nella capacità di qualcuno di donare-donarsi. Senza donazione non c’è gratuità. Ed è proprio la donazione delle capacità e delle competenze di alcune persone a essere alla base del suo funzionamento.

La messa in opera di tutto il sistema che chiamiamo LaRecherche.it, fatto di competenze artistiche ma anche tecnologiche, relativamente al web, è stato possibile perché abbiamo avuto la fortuna di avere persone che riassumono in sé stesse la passione artistico-letteraria ma anche quella scientifico-tecnologica in grado di mettere in atto tutto il sistema informatico che la sostiene nelle sue varie sezioni, mi riferisco in particolare ai codici di programmazione.

LaRecherche.it è libera perché nessuno, su nessun fronte, ci chiede soldi, e noi non li chiediamo a nessuno, anche se, essendo Associazione, è prevista la possibilità di associarsi e fare donazioni (nessuna delle due cose è obbligatoria per registrarsi e scrivere liberamente sul sito), quelle che arrivano sono impiegate per attività artistiche e culturali, nessuno di noi è pagato. Abbiamo da poco ricevuto una donazione di duemila euro che ci ha permesso di mettere in piedi il Premio Letterario per inediti “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, a partecipazione gratuita, il montepremi è tutta la somma ricevuta in donazione.

Essendo liberi da finanziatori, prendiamo le strade che preferiamo, anche in base a indicazioni-suggerimenti che gli utenti, autori e/o lettori, ci inviano; si tratta di una casa comune in cui tutti hanno il diritto e il dovere di stare bene e di fare stare bene, per crescere nell’arte e nella cultura.

Ogni tanto arriva qualcuno che ci accusa di censurare testi o commenti, ciò è falso. Chi ci accusa sono le pochissime persone ineducate che pensano di poter liberamente inveire, in varie forme, contro chi vogliono, questo comportamento scortese non è ben accetto su LaRecherche.it. Ecco perché nel regolamento, che ciascun utente deve sottoscrivere per registrarsi e pubblicare, c’è scritto questo: “I testi gravemente offensivi la comune decenza e convivenza, deleteri per l’immagine di questo sito o dei suoi autori o di qualunque persona, Istituzione o Associazione, eccetera, potranno essere tolti dalla pubblicazione in qualunque momento senza previa informazione all’autore.” Insieme a poche altre norme che garantiscano un civile e educato svolgimento della vita comune.

Infine una parola sul nome. LaRecherche.it deriva dall’opera proustiana “À la recherche du temps perdu” di Marcel Proust, perché pensiamo che Marcel rappresenti, tra gli scrittori, ma non è ovviamente l’unico, l’anima di una scrittura non commerciale che si fa strada per la forza della sua ragione e della sua bellezza, perché varca i confini della parola per entrare in risonanza con la parte più intima di una persona, l’opera proustiana è specchio della natura umana di tutti i tempi.

Riguardo alle aspettative devo dire che sì, per ora sono soddisfatte, ma tutto è in continua evoluzione. Se dovessimo quantizzare le cose devo dire che da quando siamo nati, di mese in mese e di anno in anno, le visite al sito sono sempre in costante aumento.

 

2. Che tipo di poesia e dialogo culturale si fa su LaRecherche.it?

 

Su LaRecherche.it non si fa un tipo particolare di poesia, visto che la Poesia, per sua grazia, è un “tipo” non classificabile, questo è il mio punto di vista. Per quanto riguarda il dialogo culturale, devo dire che siamo aperti alle più diverse realtà culturali e alle novità.

Abbiamo da poco messo in piedi una sezione di e-book che si chiama “Indovina chi viene a cena?” È una Collana di “Arti varie”, curata dall’amica e redattrice Maria Musik, in cui proponiamo giovani artisti il cui filone di ricerca non percorre necessariamente quello della poesia strettamente intesa, ma arte poetica a tutto campo.

Passano a sfogliare le nostre pagine moltissime persone che provengono dalle più disparate esperienze culturali, scrittori famosi o in erba, ecco dunque che LaRecherche.it cerca di mettere in atto un altro dei suoi propositi, quello di rimescolare le esperienze, facendole circolare e mettendole a contatto, quelle più mature con quelle più acerbe, quelle di autori che ancora sono in via di definizione di una poetica e di uno stile, con quelle di autori che la poetica e lo stile l’hanno già ben definito. Cerchiamo anche di fare rete con altre esperienze analoghe, per esempio, in tal senso abbiamo dato avvio alla Collana “E-book da poesia condivisa” che ci vede collaborare con un altro importante blog di letteratura e cultura, Poesia 2.0, in particolare con la sua rubrica “Poesia condivisa”.

Ma il dialogo culturale non ha fronti ben definiti, i quali si espandono nella misura della disponibilità a innovare e a rinnovarsi nello spirito del tempo che viviamo, restando attenti alle istanze delle persone che lo rappresentano e che su LaRecherche.it hanno libertà di proposta e intervento.

In ogni sezione del sito, di fatto, si mette in atto un dialogo culturale, i testi proposti sono commentati, ci si confronta. Ogni autore può proporre, all’attenzione degli altri, i propri testi o i testi di altri autori, sia di poesia che di narrativa, oppure pensieri e aforismi, intorno ai quali si può instaurare un dialogo, un confronto. Altre due sezioni sono quella del Book Crossing, per fare circolare i libri nelle strade, e la sezione “4mani”, nella quale si mette in atto una scrittura collettiva imparando a innestarsi nel pensiero altrui con continuità. Hanno anche molto successo le interviste di autori che proponiamo. In determinate ricorrenze pubblichiamo antologie coinvolgendo molti autori. Insomma l’attività culturale non ci manca.

 

3. Montale auspica una cultura mediatica che sia “argine e riflessione” e non uno dei capricci del momento. Come contribuisce LaRecherche.it alla riflessione? Che strumenti offre per lo scambio di idee? Come si è creato, in questo ambito, un dialogo culturale? Quali frutti ha dato per il momento?

 

Riformulo la domanda per mettere in evidenza alcune contraddizioni, non della domanda ma del sistema: Come può la cultura mediatica, che caratterizza la nostra contemporaneità, essere “argine e riflessione” nei confronti di una tendenza culturale esibizionista e consumista messa in atto proprio dalla stessa cultura mediatica? Questa è una domanda molto interessante, sembra che un gatto si morda la coda. Siamo di fronte a un problema serio, visto che anche alla base della cultura mediatica dominante c’è un finalismo dirompente, e cioè quello della massimizzazione del profitto! Il profitto si massimizza se le immagini e i suoni esibiscono stereotipi tali da indurre al consumismo, dunque capaci di vendere. Secondo questo paradigma anche la cultura, i libri, l’arte in genere, devono essere vendibili, altrimenti non trovano spazi mediatici importanti, e vengono relegati da parte, in contesti fumosi di insoddisfazione.

Per respirare “aria buona” sarebbe necessario sconfiggere questa modalità mediatica. Potremmo farlo con la pressione di una cultura alternativa su quella dominante governata dal profitto. E qui sorge il problema, poiché tra le culture alternative si affastellano una miriade di esperienze mediatiche senza capo né coda, oppure esperienze ognuna delle quali è in realtà la brutta copia di quella dominante, essendo anch’esse intente a espandere i propri influssi mediatici e i propri piccoli-grandi interessi, cercando di allargare lo spazio dei propri fruitori e ottenere essenzialmente la stessa posizione delle strutture mediatiche a oggi dominanti. Insomma, i paradigmi di base non cambiano, quello che succede è che una esperienza mediatica vuole sostituire l’altra ma senza, di fatto, un reale cambiamento.

Tuttavia la speranza non viene meno e LaRecherche.it cerca di rafforzare una linea di pensiero, quella della gratuità, che è la nostra più importante caratteristica, il paradigma di base che ci rappresenta, tutto l’opposto dell’interesse del profitto. La gratuità, come già detto, prevede la capacità di donarsi. Pensiamo infatti che una nuova esperienza mediatica, capace di essere “argine e riflessione”, deve essere fondata su una cultura che pone a fondamento la gratuità e la democraticità dell’uguaglianza, dando opportunità in uguale misura a tutti, allontanandosi anche da una logica meramente meritocratica, ma entrando nella logica di un affiancamento fraterno e artistico capace di aiutare le persone a evolvere nella propria specificità, avendo cura dell’unicità insita in ciascuna natura umana, qualcosa che non sopraffà le altre, perché ognuna, insieme all’altra, completa lo sguardo sulla bellezza, che è poi, a mio avviso, lo sguardo sulla verità. La tendenza oggi è quella di lasciare indietro le persone: “Tu sei bravo, tu no”. “Tu puoi pubblicare, tu no”. Perché? “Perché devo vendere e ottenere soldi dalla tua produzione artistica”. Questo sistema uccide la cultura, l’arte, la bellezza, la verità, ci fa procedere a rilento sulla strada della conoscenza. Invece è necessario credere che ogni persona ha il suo campo di merito specifico ed è una risorsa unica per l’intera comunità, non solo dal punto di vista culturale, infatti la luce si espande, la persona umana è un tutt’uno, l’intera società potrebbe cambiare, stabilizzandosi non più su un sistema corrotto perché diseguale, ma su un sistema veramente democratico perché coinvolge tutti nella crescita.

È un obiettivo alto? Sì lo è. Ma è possibile incamminarci credendoci e non aspettando ritorni immediati. L’unione e il rispetto reciproco fanno la forza, dobbiamo scardinare i vincoli imposti da una mentalità che fa dell’arte un mestiere con cui arricchirsi.

È necessario mettere insieme le forze delle persone e le loro buone volontà, e ce ne sono. Lo dico con cognizione di causa, essendo, con LaRecherche.it, in uno snodo particolare e privilegiato di esperienze, vedo persone che sanno “regalare”, che si affrancano dalla logica dominante dell’interesse perché conoscono il significato della parola donazione, e non solo in campo artistico. LaRecherche.it cerca di mettere insieme tali persone.

Ecco quello che proviamo a fare, ed ecco i frutti, uno scambio fecondo di idee, una “Parva acies” che può diventare una forza per realizzare ciò che Montale auspicava, e non solo lui.

 

4. Puoi dirmi di più sulla pubblicazione gratuita di e-book? Quanto pensi che sia importante valutare gli e-book per la pubblicazione basandosi su giudizi di validità artistica senza vincoli imposti dalle mode del momento. Quali altre possibilità la rivista offre all’artista per farsi conoscere? Ci sono casi di scrittori emergenti per i quali è stata importante trampolino nel mondo della scrittura?

 

Parto dal “trampolino” e dico subito che questo modo di pensare non ci appartiene. Non vogliamo essere trampolino di lancio, bensì luogo di scambio e crescita, per alcuni un luogo di partenza alla ricerca della propria poetica, cioè di quel diamante che giace, bellissimo, nell’inconscio, e che magari neppure si sospettava di avere, così è successo a molti che conosco. Alcune persone, alle quali, come si usa dire, non avrei dato un soldo dal punto di vista artistico, mi hanno stupito per le loro potenzialità quando hanno individuato in sé stesse quel diamante e l’hanno fatto emergere. La poesia, in senso più ampio, è un affare tutto umano, a cui ogni uomo è sensibile, si tratta solo di riuscire a mettere a tacere quel mostro che è il rumore mediatico circostante, fatto di trasmissioni televisive orrende, di libri e programmi radiofonici che propinano solo arte per l’interesse di pochi (mi riferisco anche a trasmissioni culturali incapaci di allontanarsi dall’orticello dei soliti nomi noti di autori o case editrici, eccetera). Ci caschiamo dentro e pensiamo che quella sia l’arte assoluta e inarrivabile, mentre invece ci allontanano sempre di più da quello che è il nostro essere e la gioia di trovare in noi e negli altri il quid artistico che è la novità che tutta l’umanità attende.

Gli e-book “Libri liberi” de LaRecherche.it osano proporre, come già accennato, scrittori a tutti i livelli di maturità artistica – ma ovviamente non siamo gli unici –, in alcuni casi si tratta di scrittori anche molto noti, in altri casi di scrittori sconosciuti, all’inizio del loro percorso. Li proponiamo dandogli fiducia, anche se talvolta la loro scrittura non è ancora matura, ma fanno capire che hanno scoperto in sé stessi il diamante di cui accennavo e sono intenzionati a farlo emergere e risplendere per la gioia di tutti.

Tutto ciò è possibile, e siamo credibili, perché non abbiamo interesse a guadagnarci sopra, non siamo costretti a seguire le mode del momento. Ci sono alcune case editrici che propongono di tutto senza selezionare, anche autori in erba. Lo fanno perché ci guadagnano, l’autore paga la pubblicazione, e dunque non stampano un libro per amore della scrittura ma per amore del soldo che può portare loro la scrittura delle persone che sono indotte a pensare, dalla mentalità esibizionista corrente, che pubblicare possa procurargli successo, per questi autori è più una velleità che non una necessità. Ma ci sono editori che pur facendosi pagare le pubblicazioni, perché con i libri di poesia non si va in pari con i conti, fanno una seria e decisa selezione dei testi proponendo autori di grande valore. Spesso non rischiano su autori un po’ più deboli. Noi invece possiamo permetterci di investire anche sui più “deboli”.

Per quanto riguarda noi, funziona così. Gli autori ci inviano le loro proposte, le leggiamo, se riconosciamo nella scrittura una scintilla di ricerca sincera, dettata da una sorta di necessità latente nel testo (ogni autore è un mondo a sé stante), sottoscriviamo un semplice “Accordo di pubblicazione” e ci lavoriamo sopra fino ad arrivare alla pubblicazione.

Normalmente da quando un autore ci invia una proposta di pubblicazione, a quando rispondiamo, passa un po’ di tempo, poiché le forze sono quelle che sono e le richieste sono molte. Proponiamo e-book che spaziano dalla narrativa alla poesia alla fotografia alla pittura.

La gratuità della pubblicazione è anche per il lettore che potrà liberamente scaricare l’e-book in formato pdf o epub, con la possibilità di inviare l’e-book anche sul Kindle in formato mobi. Il libro rimane visibile per lungo tempo in prima pagina sul sito dedicato agli e-book, www.ebook-larecherche.it, collegato a www.larecherche.it. Lo pubblicizziamo presso i nostri contatti, ma soprattutto è l’autore che può pubblicizzarlo come meglio crede, avendo sempre il libro disponibile per i suoi lettori nello scaffale-vetrina virtuale; cosicché nel tempo i downloads, visibili in corrispondenza del libro, aumentano. A differenza dei libri a stampa, l’e-book è sempre disponibile.

 

5. Cosa risponderesti alla domanda di Montale: “Potrà sopravvivere la poesia nell’universo delle comunicazioni di massa?”

 

Certo che sì, caro Montale. Poiché la poesia è un affare tutto umano, e finché ci sarà un uomo, anche dietro un monitor, non necessariamente dietro un libro, la poesia ha ottime chance di vivere, e anche bene, magari in forme a noi ancora ignote, chi può saperlo. È proprio questa nota di dubbio, come pensava Leopardi, che ci porta verso la verità, ma mai ce la farà raggiungere, perché la verità è fatta di continua novità, è sempre un po’ più avanti, anche all’uomo più illuminato.

 

 

Ti ringrazio di cuore per la collaborazione.

 

Grazie a te Liza

 

 

[ Questa intervista è stata realizzata da Liza Bellandi per scrivere un articolo pubblicato su RadioEco.it, il cui titolo è: La poesia al tempo dei social - rispondendo a Montale ]

 

 Roberto Maggiani - 09/12/2014 20:30:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Grazie caro Antonio, che piacere rileggerti qui dopo molto tempo.

 Antonio De Marchi-Gherini - 08/12/2014 17:51:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi-Gherini » ]

Bravo Roberto, ti sei districato abilmente ,e con vera fede per l’uomo e la cultura che esprime, dalle domande all’apparenza facili ma piene di insidie e facili alla devianza nelle risposte.
Ad ogni buon conto se continuerai con l’entusiasmo e la passione sin qui dimostrata tutti dovranno essere grati a te e Giuliano per l’esemplare lavoro svolto.
Un abbraccio affettuoso, antonio

 Lorenzo Mullon - 29/11/2014 11:38:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

non vi potete lamentare se ci sono delle persone che sbottano
la poesia e la letteratura sono utili se risvegliano, se sono eretiche, se danno un calcio alle cretinate a cui pensiamo tutti
a cui pensiamo o siamo indotti a pensare
questo è un paesino di schiavi, di pecore, di capre, grazie a un pensiero unico conformista che uccide la libertà
e poi ci sono questi personaggi davvero arroganti e provocatori, che con toni minacciosi devono sempre tentare di spegnere ogni sensibilità fuori dal coro
il vero ignorante ascolta, cerca di capire, non si fa paladino delle ideologie dominanti
è solo un trucco questo dell’ignorante
per far tacere gli altri, per omologarli al vaticano di turno
ma credete che siamo fessi?
basta, vergogna!

 giuseppe bonvicini - 29/11/2014 11:36:00 [ leggi altri commenti di giuseppe bonvicini » ]

"Panta rei" recitava Eraclito, amici come prima recito io....
(a Nando)

 Nando - 29/11/2014 11:20:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Mi dispiace aver "provocato" (involontariamente) delle reazioni, non era mia intenzione; e di ciò me ne scuso con Maria e Roberto, per il daffare che ho dato loro.
Giuseppe, mi dispiace se ti sei sentito provocato, senz’altro per colpa mia, poiché non sono riuscito a spiegarmi bene. Ci provo ancora:
Nella mia risposta a Gian Maria, non c’era alcun intento religioso o propagandistico o di pretesa veritativa, si trattava semplicemente di seguire un filo logico e coerente all’interno di quel contesto culturale richiamato. E’ un po’ come se scrivessi che Totti è l’"ottavo" re di Roma: non credo si possa dire che io stia trattando di Storia (senz’altro di storia calcistica: questo sì)...Certo, diversamente dal discorso su Totti, è chiaro che personalmente quel tema religioso mi coinvolge anche oltre il confine di quel commento e di cui condivido lo stesso assunto l’ espresso; però non in questa circostanza.
Spero di aver chiarito un poco meglio la mia scrittura.

Buona giornata a tutti

 giuseppe bonvicini - 28/11/2014 22:37:00 [ leggi altri commenti di giuseppe bonvicini » ]

concordo, infatti io sono sempre gentile e garbato!

 Roberto Maggiani - 28/11/2014 22:28:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Gentile Giuseppe Bonvicini, posso comprendere il suo non voler belare, ma si può raggiungere lo scopo anche con gentilezza e garbo. La ringrazio.

 giuseppe bonvicini - 28/11/2014 21:48:00 [ leggi altri commenti di giuseppe bonvicini » ]

Alla signora maestra Maria.......non ho capito a chi si riferisce e tantomeno che cosa vuole dire nella sostanza......(se mi provocano io rispondo.....mi spiace per lei cara la mia signora:ciò che ho ’fatto ’ di bello e di buono nella vita mi autorizza a non essere una pecora che bela e basta).

p.s.lo ho capito due anni fa, per questo raramente commento e chiedo commenti : spesso solo piageria o esibizionismo becero.

Riconosco che lei solitamente sa stare al suo posto a differenza di altri.Buonasera e mi scusi lo sfogo.

 Maria Musik - 28/11/2014 18:33:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

A tutti gli interessati (non a tutti i commentatori): credo di non saper più come ripeterlo. Rimaniamo sul testo, sulle idee, sul confrontarsi (anche "confliggendo" se volete) ma evitiamo di esprimere giudizi, specie se accompagnati da epiteti non propriamente cortesi, sulle persone o sulle loro credenze. Ritengo si possa serenamente sostenere le proprie posizioni senza sminuire od offendere.

 Nando - 28/11/2014 14:12:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

A Giuseppe... libero di considerarmi come credi; "sciocco" è un aggettivo che mi appartiene, mentre su "provocatore", in questo specifico caso, avrei qualche perplessità.

Un caro saluto

 Lorenzo Mullon - 28/11/2014 14:08:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

complimenti per l’intervista
poi qui si leggono cose assurde, sarebbe giusto quello che pensa la maggioranza delle persone
ma è uno scherzo?
spero di sì
uno scherzo di sicuro
altrimenti ~ ti immagini ~ povero einstein, condannato a tenersi la relatività per sé
i poeti e gli artisti eternamente inascoltati
come i testimoni di geova che dicono di non leggere altro che la bibbia
mah
sì, di sicuro state scherzando
evviva gli scherzi ! !

 giuseppe bonvicini - 28/11/2014 13:55:00 [ leggi altri commenti di giuseppe bonvicini » ]

A Nando......ecco vedi i ’provocatori sciocchi -come te- sono una risorsa per una pacifica discussione.
p.s. ti compatisco,amen!

 Nando - 28/11/2014 12:43:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

A Giuseppe Bonvicini:

"Se poi vogliamo discutere se entrare in chiesa e cominciare a bestemmiare e a sputare sul crocefisso abbia un valore religioso, facciamolo pure. Le vie del Signore sono infinite... ":

Questo è il passaggio del commento cui ho replicato; ora, senza entrare in dispute teologiche, di cui non possiedo né competenze, né capacità, né tantomeno voglia, credo ci sia sufficiente rimanere in quel contesto culturale di riferimento nel quale s’inseriscono le parole di Gian Maria Turi, per affermare coerentemente che l’identificazione di Gesù con Dio è corretta, poiché tutti i cristiani questo credono.
Per quanto riguarda il "noi abbiamo", credo non occorra dire di più, è chiaro che è un riferimento alla Storia e non a responsabilità individuali nell’evento.

Un saluto

 giuseppe bonvicini - 27/11/2014 19:26:00 [ leggi altri commenti di giuseppe bonvicini » ]

A Battaglia che scrive " quel Dio ch NOI abbiamo creocefisso.....eccetera", io mi chiamo fuori: io non ho crocefisso nessun Dio per il semplice fato che sulla croce non è morto Dio (che personalmente sto cercando......)ma è morto GESU’ di Nazareth: e allora , a parte credere o non credere, come è possibile dare per scontato che Gesu’ Cristo sia Dio?
Quanta confusione ahimè!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Giuseppe Bonvicini

 Ferdinando Battaglia - 23/11/2014 11:49:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Vedi, Gian Maria, credo tu abbia centrato il bersaglio: quel Dio che noi abbiamo crocefisso, pur potendolo impedire, si è lasciato e si lascia bestemmiare, sputare addosso, visitare da ladri e prostiture e, addirittura "scandalosamente", ammette pure tra i suoi rappresentanti più quotati rinnegatori e traditori; eppure stiamo parlando, se mai esista un sacro, dell’Unico Sacro.
Non è così per la "tua" Poesia, che tu avverti "sacra": si rende inaccessibile se non a pochi eletti (ma non in senso democratico), si autoproclama una lingua da iniziati...
Per me, che in fondo sono un "ateomaterialista", la poesia non è altro che l’ immanenza di una lingua, una lingua che non si autotrascende, che non diventa altro o Altrove (qualora lo diventasse allora è segno, antropologicamente significativo, prima ancora di consolidarsi in cultura). Da Dante a "Maria Calzetta", tutto è già dentro il vocabolario a tal punto che, con algoritmi opportuni e linguaggi di programmazione, anche un computer diverrebbe "poeta", e forse tra i migliori...
Vedi, Gian Maria, prima delle tue idee sulla poesia, mi arriva il tuo approccio, così poco "scientifico" e pure in pretesa di assoluta verità. Occorrerebbe guardarci con più simpatia, anzi direi con empatia, consapevoli che Petrarca, tu, io minorato e Maria Calzetta siamo espressioni disuguali di uno stesso fenomeno, "figli" di un’unica madre: la poesia, a volte "santa" a volte "prostituta". Che ci piaccia o no; poi, ciascuno sceglierà in quali stanze abitare; ma perché impedire ad un clochard della poesia come me di frequentare lo stesso ostello dove alloggiano anche i grandi?
Concludendo, in me parla molto l’ignoranza, ne sono consapevole e colpevole; però anche un residuo di frequentatore, distratto, di pagine scritte e, in quest’ultima veste, ho maturato la convinzione che la poesia non si dà in teoria ma accade se esperienza del lettore, un lettore-autore in pellegrinaggio verso la Bellezza e con molto ancora da imparare durante il cammino; ed è per questo che posso amare nel frattempo un haiku della Calzetta e non emozionarmi a Leopardi, oppure che qualcuno dei minori scriva un verso brutto e banale ovvero tra i tanti brutti un verso che passerà alla Storia della poesia (questo fu un concetto espresso in un commento da un critico di alto livello). E, infine, nemmeno mi convince fino in fondo l’etichetta di "laboratorio di poesia", se serve a tracciare dei confini che non siano la loro stessa evidenza emergente dai testi poiché, se così non s’intendessero, ai "muri di Berlino" preferisco l’elogio dell’imperfezione; se invece per laboratorio intendiamo la continua ricerca degli artisti, allora va bene sia per me sia per un novello Leopardi.

Non sarà elegante, ma non importa: grazie, Maria (e un grazie particolare a Giuliano, un suo commento mi ha particolarmente colpito).

Grazie a Voi per l’attenzione immeritata

P.S. Gian Maria, la mia non è una rivendicazione del diritto al mediocre, ma l’adesione intima a quanto scrisse Gianni Rodari:“ «Tutti gli usi della parola a tutti» mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo. “ (da: " Grammatica della fantasia").

 Roberto Maggiani - 22/11/2014 18:20:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

(Questo commento vale fino all’ultimo della Savelli, mentre ho scritto questo mio nel frattempo avete scritto altro)

Caro Gian Maria, mi pare di vedere in te una sorta di “elitario decaduto”, “redento”! E se la prendi come offesa già ti chiedo scusa ma non lo vuole essere. E’ semplicemente una affermazione esposta con intenti positivi, ho come l’impressione che tu abbia una sorta di crisi esistenziale intellettuale, e qui mi sono sbilanciato. Probabilmente ti sei formato per lungo tempo alla corte del Re ma ti sei reso conto che un Re rimane tale (e intendo per Re uno simile a colui che cita Giuliano, noi lettori non possiamo mettere bocca sul suo operato, non siamo colti critici e intellettuali!) e per te-me-tuttinoi non c’è altra scelta che sottometterci. Ecco forse il perché in realtà il tema della democrazia ti sta tanto a cuore e vieni a sviscerarlo su questo sito con tutta la sequela di ragionamenti, toccato da ciò che ho detto nell’intervista. Il fatto che non ti sto seguendo nel tuo arrovellarti in molte problematiche, è perché ho già risolto da molto tempo la questione, allontanandomi dal Re ma anche includendolo. Tu sei una persona colta e stai finalmente capendo che forse è meglio stare dove abita la maggior parte dell’umanità, cioè la zona grigia di quella che brutalmente viene definita ignoranza, ignoranti perché semplicemente non hanno gli apparati culturali “standard”, non conoscono finemente il pensiero classico greco-latino e i massimi sistemi filosofici-scientifici mondiali, eccetera. Ma è su questa parte di umanità che si regge il carico della ricchezza globale. Intendo qui con ricchezza tutto l’apparato umano non teorico in grado di riformulare totalmente un paradigma di esistenza! Ma non sono contro la tradizione, o i paradigmi del classicismo eccetera, no, per niente, quando posso vi attingo molto volentieri. Non credo però che gli antichi abbiano detto tutto e lo abbiano detto sempre bene. Io dico solo che nel presente abbiamo ancora molto da dire e chiunque preferisca SOLO il pensiero di persone del passato anziché ascoltare e lavorare e erigere sul pensiero dei presenti, avendo il coraggio di camminare ANCHE E SOPRATTUTTO nella parte incolta dell’umanità, rischia di finire nella corte dei Re. Gli antichi non hanno detto tutto, a loro mancava l’apparato scientifico e tecnologico che solo da pochi anni sta mostrando la sua base. Credo che sia importante la cultura, la conoscenza, restare sulle spalle dei giganti… ma qualche volta queste spalle sono troppo alte verso panorami ampi e non verso i particolari importanti del nostro tempo, qualche volta sono occhiali che possono distorcere la natura del presente e nascondere ciò che di nuovo c’è qui e ora nell’uomo; ogni tanto è meglio provare a guardare con la propria vista liberata, non è facile.
Infine alcune precisazioni.
Gli haiku vanno di moda tra i minorati della poesia? Brutta affermazione, totalmente distaccata dalla mentalità di questo progetto. Non ti piacciono? Vai commenta e spiega perché, magari l’altro ti risponde e ti dice un altro perché e tu ti devi fermare lì perché l’ultimo perché deve essere il suo.
Chi ha il respiratore scrive le migliori poesie che io abbia mai letto.
Trovo ben scritto e strutturato il commento di Giuliano, lo accusi ingiustamente di acredine, io non la vedo nel suo intervento che anzi è ben circolare e ti include, stringendo e togliendo aria ad alcuni tuoi ragionamenti.

 Gian Maria Turi - 22/11/2014 17:53:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Guarda Maria, qui finisce definitivamente il mio contributo a questa discussione. Laddove la massima preoccupazione (fatta eccezione per Roberto) è far rientrare tutto nello status quo, spendersi oltre non ha senso. Mi assumo le responsabilità della mia intemperanza.

Chi sia Maria Calzetta io proprio non lo so. Maria Calzetta a Genzano (pensavo anche a Roma) è come Jane Doe, con un che di burino - hai presente Jane Doe?

 Maria Musik - 22/11/2014 17:39:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Due cose, che non rientrano nei massimi sistemi ma in quelli che ritengo essere standard di comunicazione "corretta".
1) Non è che, in qualità di moderatore (fin’ora ho parlato a titolo personale) mi pare propriamente rispettosa la risposta a Nando. Le stesse idee potevano essere dette con maggior garbo, senza insinuare che c’è chi scrive e chi gradisce le barzellette alla Totti (guarda che scelta come metro di paragone!) o gli haiku di Maria Calzetta, specie quando, diciamolo chiaro senza trasversalismi, il richiamo è diretto. Tutta la mezza (?) metafora sulla teologia e sul dissacrare, poi, non ha senso alcuno. Ti prego di spiegare perchè, così com’è messa, mi induce a pensieri non propriamente positivi sul motivo della scelta metaforica che sembra essere solo provocatoria.
2) Non apprezzai come membro della redazione il tuo commento al primo numero della rivista e non apprezzo ora che tu lo rimenzioni, rafforzandolo. Se si fa parte di un comitato di redazione, queste sono questioni che si discutono con il comitato. Fatto in pubblico, diventa una captatio benevontiae che, oltretutto, indirettamente sminuisce l’operato e la capacità (competenza?) di giudizio degli altri membri. A mio avviso, ciò non è corretto.

 Gian Maria Turi - 22/11/2014 16:20:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Nando, ciò che tu definisci "tanta ideologia e poco amore per la poesia" per me è esattamente il contrario. E non ambisco a fare il censore dei poeti, su, né a dire ai lettori cosa devono leggere. Se ti vuoi leggere le barzellette di Totti o gli haiku di Maria Calzetta, non ho niente in contrario, il tempo è tuo. Ma io ho un altro concetto della poesia e della scrittura in generale, non ideologico, direi sacrale, senza con questo voler fare teologia, è una mezza metafora (solo mezza).
Se poi vogliamo discutere se entrare in chiesa e cominciare a bestemmiare e a sputare sul crocefisso abbia un valore religioso, facciamolo pure. Le vie del Signore sono infinite...

 Gian Maria Turi - 22/11/2014 16:12:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Chi ha parlato di danni, cara Loredana? Forse non mi spiego chiaramente...
Però ecco, penso proprio che il tuo sia un ottimo suggerimento: Laboratorio di poesia! Mi suona già molto più in linea con gli obiettivi di Roberto e Giuliano e forse eviterebbe che dei Balanzoni come me monopolizzino per giorni una pagina per andare a scoprire l’acqua calda.
E se poi fosse possibile un richiamino di 2 righe 2 al confronto che ci resti sempre davanti agli occhi - quell’altro grande pilastro della Recherche ancora troppo implicito nella dicitura "Laboratorio" - la cosa sarebbe perfetta. Forse... perché se poi non c’è un confronto diretto e continuo con i grandi della poesia, su che ci confrontiamo? Anche Roberto aveva avanzato questo suggerimento, non ricordo se qui sotto o altrove. Ovviamente, come cortesemente mi ricordava Maria, c’è la parte sinistra dello schermo. Peccato che là non solo ci vado proprio poco ma quando ci capito per sbaglio non ci trovo mai un commento... così come sopra e sotto il menù a scorrimento della sezione :: 19312 poesia » [poesie con audio/voce »]

 Nando - 22/11/2014 16:09:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

A) Si può essere nani sulle spalle dei giganti, ma se si è nani molto miopi...
B) La Tradizione è ciò che è accaduto nel passato e, per varie ragioni, magari non solo per quelle qualitative, si è conservato nel tempo e oggi lo guardiamo come il trascendente dell’oggetto che analizziamo. Come a dire: una figlia diventata madre della propria madre, che ignoriamo e di cui ignoriamo le altre generazioni.
C) Vedi, Gian Maria, mi piace il tuo vedere la poesia, credo ci sia molto da valorizzare nel tuo punto di vista; ma poi mi arriva soprattutto l’approccio ideologico, l’inappellabile senza appello: possiamo ancora confrontarci se mi definisci un "minorato" della poesia, uno che non apporta nessun contributo, uno che se continua a trovare uno spazio visibile tra gli "ECCELLENTI" porta la poesia alla rovina? Quanta ideologia e quanto poco amore per la poesia! Se è sbagliato il populismo che rischia di appiattire, però non è il caso de La Recherche, solo si volesse leggere con attenzione le voci dei loro fondatori e redattori, altrettanto vero che uccide la poesia ogni voglia di predominio e ogni scarsa considerazione di quella che è e rimane una "misteriosa" vocazione...se così non fosse, tenetevela pure la vostra poesia, ma almeno non abbiate la pretesa di essere letti da tutti: il lettore non può essere considerato un suddito, e se non è un suddito allora vuol dire che può essere un poeta, magari un "poeta dell’ascolto", ma pur sempre un poeta.
L’argomento è molto più complesso, però alla fine delle tue osservazioni quello che mi raggiunge non è tanto una preoccupazione ideale, quanto il potere di esercitare una censura di controllo, sottraendola comunque al lettore, che così viene ritenuto incapace di riconoscere il meglio dal peggio; senza che io disconosca il valore dell’accompagnamento e della formazione, non si tratta di questo. Si tratta di riconoscere non una uguaglianza, ma una pari dignità e diritto ad esprimersi, nel perimetro delle possibilità e delle opportunità, ciò non sottrae la verità delle differenze ma la riafferma.
Mi devo interrompere...

 Loredana Savelli - 22/11/2014 15:48:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Condivido interamente l’intervento di Giuliano che ancora una volta chiarisce le finalità del sito. Mi ha tranquillizzato!

Sono in questo gruppo per passione, forse per necessità, ma non ho un curriculum da far valere. Semmai soltanto la voglia di capirne un po’ di più. Sono grata al sito stesso per poter accedere quotidianamente a veri esempi di poesia, molti dei quali, cercando con piacere qua e là, pubblico io stessa, per la soddisfazione di far partecipi altri delle mie letture/scoperte. Non è mai troppo tardi colmare lacune. Ed è un bellissimo "gioco di società"!
Se poi il livello letterario del dibattito si alza prendendo spunto da un testo, anche maldestro, con interventi di esperti e sapienti, allora la soddisfazione cresce perché non è facile, con la vita che facciamo, con gli impegni di lavoro, frequentare cenacoli e conferenze. Fortunato chi può! Dunque il sito rende un servizio pubblico.

A Gian Maria vorrei chiedere: dove è il danno? Chi di quanti scrivono su Larecherche nella colonna in alto a destra sostiene di essere un grande poeta? Forse l’equivoco si risolverebbe cambiando il titolo della sezione da Poesia a Laboratorio di poesia?
Maledetto/benedetto lessico...

 Gian Maria Turi - 22/11/2014 13:00:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Ci sta anche questo... (Maledetto Proust!) :)

 Giuliano Brenna - 22/11/2014 12:49:00 [ leggi altri commenti di Giuliano Brenna » ]

Penso che la minacciosa acredine sia una tua proiezione.

 Gian Maria Turi - 22/11/2014 12:44:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Giuliano, leggo solo dopo aver postato la mia risposta a Roberto il tuo commento. Mi spiace notare ancora da parte tua una certa minacciosa acredine e una spinta alla difesa tout court laddove ciò che tu reputi attacco è, per quanto mi riguarda, discorso. Soprassiedo pertanto a nuove spiegazioni e approfondimenti che non produrrebbero altro che ulteriori fraintendimenti e tentativi di denigrazione non popolare ma populista. Pazienza. Ciao!

 Gian Maria Turi - 22/11/2014 12:30:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Ecco homo! =)

Forse comincio a capire il tuo/vostro progetto umanistico, e mi pare qualcosa che va ben al di là della letteratura. Non mi dispiace, è molto affascinante!

Io però, scusa, mi sento di difendere quello che tu chiami "apparato teorico". Non perché sia roba mia, che ha importanza nulla, ma perché un "apparato teorico" equivale a un paio d’occhiali, anzi equivale alle spalle dei giganti. Non credo possa esistere (non so se tu lo intendi ma io così lo capisco) uno sguardo puro né sull’arte o sulla vita, ogni cosa si (ri)costruisce sul già fatto, il già detto, in quella rincorsa che tu e Leopardi chiamate verso l’infinito. Sapere cosa è già successo, cosa ha valore per la tradizione, è il solo modo per non girare a vuoto, per non dire idiozie e per cercare di fare un passo in avanti. Io, nella mia abissale ignoranza, in questo mi sento molto limitato, non credo di essere il "poeta" che può far fare un passo in avanti alla poesia, non ne so neanche tanto di poesia, non abbastanza. Non per questo mi sento di avvallare a cuor leggero un pensiero "innocentista", che cioè persegua una visione dell’arte e dell’umanità come se non esistesse la tradizione, il passato. Mi spingo oltre, non è polemica. Questo atteggiamento (che non dico sia il tuo!) è stato proprio quelle delle rivoluzioni culturali comuniste: azzeramento del passato, rifiuto di tutto ciò che non fosse stato ricodificato in chiave maoista-leninista. E’ stata la più grande tragedia culturale dell’umanità.

Ti dici: "Ecco cosa intendo quando dico che ogni persona ha in sé il diamante che completa il quadro della conoscenza umana globale, ecco perché non possiamo non prendere in considerazione anche il più piccolo degli uomini che arriva sul sito e scrive; “Oggi è una bella giornata / ho dato un bacio rosso / su una bocca rossa”. E’ banale? E’ forse l’inizio di qualcosa, di una rivelazione o, attenzione attenzione, potrebbe essere già costui più avanti di me in un altrove a me ignoto? Ecco cosa vorrei per LaRecherche.it che nulla sia dato per scontato di ciò che qui viene proposto".
La prima parte si riaggancia alla geometria frattale, che conosco molto bene da quando avevo 16 anni. Interessantissima e affascinantissima! Ma possiamo applicarla davvero alle cose umane? Posso concordare con te su questa corrispondenza di gusto ermetico (leggi: Ermete Trismegisto) tra macrocosmo e microcosmo, tra parte e tutto. Mi sembra anche piuttosto evidente. Ma mi sembra anche che la cultura si discosti alquanto dai funzionamenti prettamente naturali, ovvero li rielabori in modi non pedissequi e non meccanicistici. Che ogni persona abbia in sé il diamante che completa il quadro della conoscenza umana non mi pare possa necessariamente significare che ogni persona ha da apportare il proprio contributo alla poesia. Eppure la poesia (cosa che lamentava già Orazio: scribimus indocti doctique poemata passim) è proprio il genere che più di tutti viene abusato dai sedicenti poeti, dai millantatori del genere. Come mai? Provo a buttare lì una risposta: sembra facile. Due rimette le sanno mettere in fila tutti, anche chi va in giro con la bombola di ossigeno riesce a scrivere 4 versi... Calco la mano, ovviamente. Tu poi sei buffo perché mi citi proprio un tre versi in stile haiku. Poveri noi! Ecco, prendiamo questi componimenti che negli tempi tempi vanno così di moda tra i minorati della poesia. Scrivere un haiku, per noi qui e ora, equivale a parlare di Tantra. Chi parla di Tantra finisce prima o poi col confondersi le idee e pensare al porno, perché non è possibile (NON E’ POSSIBILE) a meno di studi approfonditi ed estesi, sovrapporre il pensiero sessuale occidentale a quello indiano senza degenerare - laddove poi i Tantra hanno a che fare col sesso molto ma molto relativamente. Così non è possibile scrivere haiku senza conoscenza estesa e approfondita della cultura zen giapponese, non ha senso, a me mi fa venire in sangue al naso.
Questi, Roberto, sono "apparati teorici" a mio avviso, lenti per vedere, spalle su cui salire e mani per tenerci saldi senza capitombolare come dei poveracci.
Certo, io non do affatto nulla per scontato di ciò che viene pubblicato sulla Recherche o altrove. In questo sito ci sono poesie eccellenti (ECCELLENTI!!) che forse non avrebbero trovato spazio altrove dove comandano altre logiche, le conventicole, gli amichetti. Ma, come già ti dissi l’anno scorso in occasione della prima rivista, questi testi spesso (non sempre ovviamente) non sono opportunamente avvalorati, scompaiono in un mare di haiku, e anche nella prima rivista a mio avviso sono state operate alcune (alcune!) scelte estranea al merito, più psicoterapeutiche che letterarie. Il merito è una cosa importante! La logica meritocratica che tu rifiutavi commenti addietro è importante, altrimenti lo sfacelo prende il sopravvento. Hai mai sentito parlare della Teoria delle finestre rotte (http://www.unitresorrentina.org/foto/24-forum/85-la-teoria-delle-finestre-rotte)? Magari ti sembrerà cosa fascistoide, ma l’alternativa è la rovina. Come ho già scritto in precedenza, sono fortemente contrario a un pensiero "democratico" che accetti e dia spazio e correnti antidemocratiche. Ambisce al suicidio. Mutatis mutandis, possiamo trasferire lo stesso punto di vista alla "recherche" poetica (non tanto il sito quanto la ricerca).

Hai ragione sul roseto e sui petali di rosa! E’ una sensibilità di cui non godo quella delle piccole cose, anche se ne capisco benissimo l’importanza. Ma sfugge sempre al mio sguardo... E ci proverò! Ci proverò a leggere Proust, devo trovare il modo di superare me stesso.

Concludi (quasi) dicendo: "Ti sto rispondendo ora e non prima, perché farlo ora mi fa piacere, sono egoista? No sono umano...". Sì, certo! Quindi sei egoista! Ma, come suggeriva Luciana Riommi, devo spiegare come uso questo termine altrimenti continueremo a pensare che voglio offenderti. E non c’è nulla di più estraneo alle mie intenzioni! Ti porto una citazione che già usai nel "Darshana de Malchut" (p. 171)pubblicato tra i Libri liberi su questo sito: "...una disamina dei motivi che inducono gli esseri umani all’azione dimostrerebbe che ogni nostro gesto, buono o cattivo, nobile e basso, eroico o vile, sia dettato da un’unica ragione: la ricerca del massimo piacere" (Nikolaj Černiševskij, Il principio antropologico delle scienze morali in Scritti politico-filosofici, a c. di M. Natalizi, Lucca 2001). Questo.

 Giuliano Brenna - 22/11/2014 11:44:00 [ leggi altri commenti di Giuliano Brenna » ]

Alcune considerazioni.
Se de Andrè è un poeta (perchè, credo, incontra il favore di Gian Maria) e Jovanotti no, allora bisognerebbe considerare anche le posizioni di:
Mina
Ornella Vanoni
Carmen Consoli
Francesco de Gregori
Laura Pausini
Irene Grandi
Lucio Dalla
Roberto Vecchioni
Lucio Battisti
Orietta Berti
Riccardo Cocciante
Eros Ramazzotti
Riccardo Fogli & Viola valentino
Elio e le storie tese
Maurizia Paradiso (che anni fa aveva inciso un disco)
Solo per citarne alcuni.
Forse la divisione non è così netta fra le persone, bisogna tirare una linea, e questa linea chi la tira?

Proust non è popolare, anche se non credo, tuttavia Proust, quando era in vita, non veniva considerato uno scrittore, pensiamo a quando pubblicò "I piaceri e i giorni", era considerato un giovanotto snob e viziato. Però nel mondo aristocratico che frequentava era considerato "del popolo"...tuttavia meritevole di attenzioni perché molto acuto.
Quindi una divisione tra popolare ed elitario dove lo avrebbe posto? da una parte o dall’altra secondo chi lo guardava.

I miserabili, è considerato "il più grande romanzo popolare" ma chi potrebbe trovare questa definizione sminuente?

Io popolare da sempre, per ceto, istruzione, storia e vissuto, cosa dovrei fare? Mettermi in ginocchio e posare il capo sul ceppo? Camminare rasente i muri per non disturbare i grandi cervelli? Continuare a pensare che il mio posto è nel ripostiglio?

Una storia. Una volta andai ad una inaugurazione di una villa di un importante accademia straniera, ero tra gli invitati, sedevo ad un tavolo fra studiosi vari, ad un certo punto il direttore dell’accademia venne da me e mi disse se non preferivo visitare la cucina. Io mi alzai con un sorriso e mandai affanculo lui, la moglie e i presenti. E me ne andai.

Un’altra storia. Una volta parlando con un poeta di quelli importanti, ma importanti sul serio, venne fuori che la sua poesia poteva essere giudicata solo da poeti importanti ed accademici, non certo dal lettore qualunque... allora perché pubblica non si sa...

Perché nasce la recherche (aridaje)? Perché ognuno possa avere uno spazio dove liberamente pubblicare quel che scrive al di fuori del tritacarne editoriale esistente. Dove un cuoco può stare seduto a tavola con un archistar ed un erudito archeologo, dove un giovanotto dal padre medico può stare sul divano con la cugina di Napoleone. Leggendo il tempo ritrovato c’è la spiegazione del perché il nome del sito. Riassumendo potrei dire che ognuno di noi, vivendo (con gli occhi aperti) crea un capolavoro, che è la vita stessa. Perché precludere a qualcuno il poter raccontare tutto o in parte questo irripetibile capolavoro?

Se poi lo stile e la forma non sono perfetti allora chi sa meglio e di più si può anche impegnare ad aiutare, a consigliare, a indirizzare, a fare esempi, scendere dalla torre d’avorio e mescolarsi, mescolarsi agli altri, alle loro idee, alle loro ambizioni e sarebbe uno scambio in cui tutti hanno da guadagnare.

Inoltre se qualcuno minimamente pensa di ergersi ad arbitro, decidere chi può pubblicare e chi no, cosa può apparire nel sito e cosa no (ovviamente parlo di testi, che per il resto già c’è il regolamento) beh, lo dica chiaramente e avrà la risposta opportuna

E poi, scusate se parlo a braccio e non ho un linguaggio accademico, ma credo che la Recherche.it sia fatta prima di tutto di cuore, sogni, sensazioni a pelle e riflessioni. Se poi tutto ciò si veste di broccato ben venga, se invece non sa abbinare una cravatta ad una camicia tentiamo tutti, con le nostre esperienze di trovare i colori e i motivi che più si accordano.


 Roberto Maggiani - 21/11/2014 22:22:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Oooh, finalmente sta arrivando Gian Maria, l’uomo. Lo dico con piacere, piano piano gratta gratta sei arrivato. Finalmente senza il tuo apparato teorico. Questo è ciò che mi interessa qui: l’uomo-tu. E sai come sei diverso da me e dagli altri? Non devo certo dirtelo io. Eccoti qui… in un luogo in cui partire insieme.
Mi soffermo un attimo, appena uscito dalla piscina dove sguazzavo fino a poco fa, su questa tua affermazione:
“Il mondo per me è troppo pieno di roba interessante per potermi dedicare con attenzione a questo tipo di impegni [Lettura della Recherche di Proust]. Ci sono campi di fiori, non riesco a passare il mio tempo spulciando petali di rosa. Sono anche io un barbaro contemporaneo, un surfista di superficie, un lettore pigro e/o opportunista.”
A mio avviso ciò che non vedi sta proprio lì, nei petali di rosa che personalmente fotografo con lo stesso particolare e attento interesse dei roseti interi. Il mondo, fisicamente parlando, ma mi sento di estendere a fior di metafora il concetto, è tutto racchiuso in una sua parte, una parte descrive il tutto, hai mai sentito parlare di frattali? Di autosomiglianza? Hai mai visto un cavolfiore da vicino? E’ miracolosamente uguale al cavolfiore completo. Ecco cosa intendo quando dico che ogni persona ha in sé il diamante che completa il quadro della conoscenza umana globale, ecco perché non possiamo non prendere in considerazione anche il più piccolo degli uomini che arriva sul sito e scrive; “Oggi è una bella giornata / ho dato un bacio rosso / su una bocca rossa”. E’ banale? E’ forse l’inizio di qualcosa, di una rivelazione o, attenzione attenzione, potrebbe essere già costui più avanti di me in un altrove a me ignoto? Ecco cosa vorrei per LaRecherche.it che nulla sia dato per scontato di ciò che qui viene proposto.
Rimane vero il fatto che può esserci, e c’è, una tendenza anche egoistica di guardare solo il proprio disegnino senza occuparsi degli altri, oppure solo dei propri amici, oppure di fare finta di non vedere, per gelosia, quello che oggettivamente dentro di noi appare un disegno più bello del nostro. Ma l’egoismo, l’invidia, eccetera, sono anch’essi elementi umani imprescindibili. Però possiamo accompagnarci l’un l’altro, fare noi il primo passo verso un’aria diversa, prendendo sotto braccio, dicendo: “Vieni, guarda, respira, provaci, sarai felice”, o andando noi verso l’aria degli altri, cosa vedremo lì? Ciò che vogliamo è la felicità, stare bene (e qui si apre un mondo). Ti sto rispondendo ora e non prima, perché farlo ora mi fa piacere, sono egoista? No sono umano e ho vissuto quanto basta per pensare di scegliere quelle strade in cui sto bene, almeno quando mi è possibile.
Riguardo a Proust, ti consiglio vivamente di leggerlo, scoprirai lì dentro il principio dell’autosomiglianza, vedrai che in pochi volumi avrai risposte a moltissimi dei temi che qui proponi. In particolare l’arrivo a "Il tempo ritrovato" sarà una vera rivelazione su cosa sia arte e il suo senso… e tutto si sviluppa non per via teorica, ma nella vita dei personaggi che lì dentro si muovono e vivono.

 Nando - 21/11/2014 22:08:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Grazie, Gian Maria, rifletterò su quanto hai scritto e cercherò di formulare ancora la mia opinione e, se vi riesco, anche riformulare le domande che ho espresso in modo poco chiaro; e grazie, Maria, credo sia cultura questo confrontarsi a "voce alta" sul tema della Poesia (non avverto quello de "La Recherche", poiché me ne sento "figlio" e in un’età che ancora non mette in discussione la propria "madre": la amo così come è!) o almeno per me lo è e vi ascolto con vera attenzione e ammirazione; poi sarà mia cura scegliere quale delle varie "visioni" di più mi appartiene, ma intanto sono qui e vi leggo volentieri.

 Gian Maria Turi - 21/11/2014 21:40:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Hai ragione, Maria! Guardo solo alla parte destra dello schermo. Perché in effetti è quella la parte che trovo più interessante e originale, il laboratorio, la fucina. Leggo (non sempre dovutamente) gli ebook quando li faccio, ma per il resto davvero quasi niente. Anche la parte di narrativa leggo ogni tanto, ma non vado molto oltre.

Hai ragione anche a criticare il "postulato popolare". Seguivo la citazione di Aldo Nove e un po’ anche alcuni commenti precedenti, ma non c’è alcun motivo per cui laRecherche debba essere definito un progetto "popolare". Se non forse il fatto che si rivolge al "popolo", cioè a tutti. Ma certo "popolo", che parola complessa e stratificata! Sembra quasi un’offesa, eh!? ("Ogni lettore, quando legge, legge se stesso". Ipse dixit.)

E mi sembra di capire che tu cogli nel mio interloquire una continua critica, come se mi volessi fare fautore della poesia dotta, erudita o non so che altro. Ma non è così. A me piace la cultura pop! Solo che vedo delle differenze anche tra un graffito di Bansky (tanto per dire il nome oggi più noto, senz’altro non il migliore) e uno scarabocchio. L’uno ha un suo valore estetico, semantico, politico, gli altri sono imbrattamenti di muri, sporcizia. Chi lo dice? Lo dico io. Ad altri potrebbero invece piacere proprio tanto... La mia polemica - che poi non è polemica ma svisceramento per quanto possibile di una problematica (anche se forse è problematica solo per me) - è solo finalizzata alla comprensione di questo: come gestire uno spazio che ospita sia Bansky sia l’imbrattamuri? E non che la gestione di questo spazio sia una mia prerogativa, lo sappiamo bene, ma data la mia presenza attiva nella decorazione del muro mi pongo delle domande, cerco di provocare delle reazioni nei colleghi pittori, perché a volte mi sembra tutto dato per scontato: da una parte i princìpi dei muratori, dall’altra la partecipazione casuale dei pittori. Casuale? Non lo so, magari c’è completa adesione ai princìpi dei muratori, non lo so, non ho visto molte discussioni a proposito. Capisci? Io aderisco ma metto anche sempre tutto in discussione. E’ un modus operandi, anzi vivendi. Magari disturba, non so. Magari il muro è solidissimo ma io non ne capisco la struttura, mi sembra debba cadere a pezzi da un momento all’altro... Magari ognuno preferisce farsi il suo disegnino e sentire cosa ne pensano gli altri pittori che gli stanno di fianco, uno che gli dice "bello", l’altro che fa finta di non vederlo. Io di solito non riesco ad accontentarmi, voglio avere il quadro totale, voglio sapere e capire perché faccio quello che faccio. Detta un po’ gagliardamente... Forse cerco delle definizioni che ostacolino la marea, delle dighe, degli sbarramenti di protezione, mi angosciano le cose che non hanno una forma e possono prenderne qualsiasi, distruggere le identità delle cose. Forse no, non so, dipende anche molto dai giorni... Magari a volte esco dal seminato, come si suol dire. Mi sta bene. Può darsi che così riesca a vedere quello che ancora non sono riuscito a vedere, che magari a tutti gli altri è palese, ovvio, anche se non discusso. Non credo che ciò di cui ho cercato di parlare qui sia tanto palese e ovvio a tutti tranne a me, ma può darsi. Può benissimo darsi.

PS. Proust non è popolare. Come sai non l’ho mai letto, dovrei farlo, ma mi trovo sempre paralizzato davanti a opere tanto enormi. Ti confesso che mi sento aggredito, mi sento vittimizzato dalla loro arroganza (posso usare questo lemma senza scatenare qualche ira?), non riesco a gestirne il possibile piacere. Il mondo per me è troppo pieno di roba interessante per potermi dedicare con attenzione a questo tipo di impegni. Ci sono campi di fiori, non riesco a passare il mio tempo spulciando petali di rosa. Sono anche io un barbaro contemporaneo, un surfista di superficie, un lettore pigro e/o opportunista. Mi muovo in modo predonesco, trasversale, prendo quello che mi serve per dire quello che mi pare, a volte ingiustamente, spesso irrispettosamente. Poi magari ci ripenso. Poi continuo a mettere tutto a soqquadro. Poi ci ripenso. Poi mi stufo e mollo tutto così per aria come l’ho buttato. Un barbaro. Una bestia.

Credo (ma è pura speculazione) che abbiano chiamato questo progetto laRecherche sì perché amanti dell’opera proustiana ma anche a indicare l’intento di ricerca letteraria, soprattutto poetica, che motiva la decisione di dare inizio a questo progetto. Non so se intendessero fare di questo sito un luogo di ricerca nel senso proustiano, un continuo flusso di coscienza che tra "contesse e giardini" finisse col farsi specchio di tutto lo scibile di un’epoca. Non lo so. Se questo è il loro piano occulto, complimenti!

 Maria Musik - 21/11/2014 19:23:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

"E quindi, laRecherche, avendo una prospettiva, mi pare, squisitamente popolare, sta andando in una direzione sensata oppure no? Ci sta andando in modo consapevole? E’ irrilevante porre tutte queste questioni e quel che sarà si vedrà? Sono domande troppo cavillose per un progetto di estrazione, appunto, popolare?"
Gian Maria, ho l’impressione che, anche a mente fredda e mare calmo, tu continui a persistere in quello che per me è un equivoco di fondo.
Ho come l’impressione che, quando visualizzi la home page, tu guardi solo la parte "a destra" dello schermo (sempre sottolineando, lo faccio io ovviamente, che le sue sezioni contengono "non poesia", poesia popolare, poesia dotta, poesia alta, poesia aulica, poesia ermetica, poesia post moderna, ecc.).
Sulla sinistra trovi: recensioni, riviste recensite, lettura consigliata, e-book, e-book da Poesia Condivisa, interviste.
Trovi che questi "contenitori" siano prettamente "popolari"?
Non cito gli autori che hanno pubblicato, che sono stati pubblicizzati o intervistati perchè rischierei di dimenticarne alcuni e, comunque, continuare sulla china della contrapposizione, che poco mi garba, fra Alto e "popolare". Spulciati i nomi e leggili se non li conosci. Le loro opere ti ricordano Jovanotti (che, per altro, vista l’età che ha ed i tempi in cui si è palesato non è minimamente da disprezzare ponendo, per giunta, come pietra di paragone De Andrè).
Il tuo postulato sulla estrazione popolare del progetto LaRecherche.it è, a mio avviso, palesemente errato. Il progetto pone ben altro come centralità della sua azione e, se c’è una cosa che mi pare evidente, è che prende le distanze da qualunque etichetta esclusiva: bassa o alta, popolare o di rango, di massa o di nicchia.
Per quanto mi concerne, il giorno in cui questo luogo perdesse la sua "parte destra", sarebbe lo stesso nel quale io darei immediatamente le mie dimissioni e da membro della redazione e da socio fondatore dell’Associazione. Si vede che, da brava popolana, col popolo mi trovo perfettamente a mio agio.
"Perché io danzo.
Perché io danzo.
Sulla frontiera." (Jovanotti)
P.S. Proust è "popolare"? Hanno scelto di chiamarsi LaRecherche per sottolineare l’estrazione chiaramente popolare (nella tua accezione del termine o in qualunque altra) del loro progetto? Mah...


 Gian Maria Turi - 21/11/2014 15:25:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Grazie, Nando!

Dalla fine, essendo A) la risposta più difficile:

E) Non credo sia giusto, la selezione è "naturale". Però ritengo sia giusto (opinione personalissima) trovare un equilibrio che non sia a favore della qualità scadente. Se, per esempio astratto, una persona scrivesse poesie palesemente scarse, non gli/le darei spazio su una raccolta "the best of us".

D) Non mi pare sia vero. Sia per quanto scrive Roberto a conclusione della sua intervista ("la verità è fatta di continua novità, è sempre un po’ più avanti, anche all’uomo più illuminato") sia perché la questione è antica e obsoleta. Il detto "nani sulle spalle di giganti" risale a Giovanni di Salisbury (1159 ca.), laddove voleva dire che gli scrittori del suo tempo potevano vedere più lontano degli autori classici non per l’acutezza della loro vista (intellettuale), ma perché erano portati in alto dalla grandezza dei giganti, i classici appunto.

C) Non capisco bene che vuoi dire e non conosco il contesto delle parole di A. Ferramosca.

B) Non mi è ben chiaro cosa chiedi, forse puoi elaborare meglio la domanda.

A) Non è affatto semplice dimostrare in senso assoluto perché i testi di De Andrè siano poesia e quelli di Jovanotti canzonette, ci provo ma dovrei prendermi uno spazio spropositato per farlo bene. Ti sottopongo comunque i testi delle canzoni che preferisco dei due.

Questa è "Marcia nuziale" di De Andrè, con musica da menestrello:

Matrimoni per amore, matrimoni per forza
ne ho visti di ogni tipo, di gente d’ogni sorta
di poveri straccioni e di grandi signori
di pretesi notai e di falsi professori
ma pure se vivrò fino alla fine del tempo
io sempre serberò il ricordo contento
delle povere nozze di mio padre e mia madre
decisi a regolare il loro amore sull’altare.

Fu su un carro da buoi se si vuole essere franchi
tirato dagli amici e spinto dai parenti
che andarono a sposarsi dopo un fidanzamento
durato tanti anni da chiamarlo ormai d’argento.

Cerimonia originale, strano tipo di festa,
la folla ci guardava gli occhi fuori dalla testa
eravamo osservati dalla gente civile
che mai aveva visto matrimoni in quello stile.

Ed ecco soffia il vento e si porta lontano
il cappello che mio padre tormentava in una mano
ecco cade la pioggia da un cielo mal disposto
deciso ad impedire le nozze ad ogni costo.

Ed io non scorderò mai la sposa in pianto
cullava come un bimbo i suoi fiori di campo
ed io per consolarla, io con la gola tesa
suonavo la mia armonica come un organo da chiesa.

Mostrando i pugni nudi gli amici tutti quanti
gridarono "per Giove, le nozze vanno avanti"
per la gente bagnata, per gli dei dispettosi
le nozze vanno avanti, viva viva gli sposi.

E questa invece è "L’ombelico del mondo" di Jovanotti,con musica tribe melodica (me la invento come definizione):

Questo è l’ombelico del mondo
dove si incontrano facce strane di una bellezza un po’ disarmante
pelle di ebano di un padre indigeno e occhi smeraldo come il diamante
facce meticce da razze nuove come il millennio che sta arrivando
questo è l’ombelico del mondo e noi stiamo già ballando
questo è l’ombelico del mondo.

Questo è l’ombelico del mondo dove non si sa dove si va a finire
e risalendo dentro se stessi alla sorgente del respirare
è qui che si incontrano uomini nudi con un bagaglio di fantasia
questo è l’ombelico del mondo senti che sale questa energia
questo è l’ombelico del mondo.

Questo è l’ombelico del mondo è qui che c’è il pozzo dell’immaginazione
dove convergono le esperienze e si trasformano in espressione
dove la vita si fa preziosa e il nostro amore diventa azioni
dove le regole non esistono, esistono solo le eccezioni
questo è l’ombelico del mondo.

Questo è l’ombelico del mondo è qui che nasce l’energia
centro nevralgico dell’universo da qui che parte ogni nuova via
dalle province del grande impero sento una voce che si sta alzando
questo è l’ombelico del mondo e noi stiamo già ballando
questo è l’ombelico del mondo.

Anzitutto il lessico di De Andrè (pur tutto comprensibile) è estremamente più ricco, ricercato ed espressivo di quello di Jovanotti. La sua sintassi è più complessa e interessante e i concetti espressi tanto meno banali e più intriganti di quelli espressi da Jovanotti. Non che Jovanotti in questo testo non costruisca delle frasi ben fatte e poetiche; certo, gli stili e gli ambiti dei due autori sono completamente diversi, possiamo forse paragonare i versi
"ed io per consolarla, io con la gola tesa
suonavo la mia armonica come un organo da chiesa"
con
"dove convergono le esperienze e si trasformano in espressione
dove la vita si fa preziosa e il nostro amore diventa azioni"?
Nando, la prova assoluta che chiedi è troppo difficile, forse impossibile da dare. Siamo nel brago del gusto...
Quello che è certo è che dopo aver ascoltato "L’ombelico del mondo" uno se ne va via allegro e saltellante, dopo "Marcia nuziale" se non ti dai una chiodata in testa ci manca poco... Ma questa è musica non parole!

 Nando - 21/11/2014 10:41:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Non credo affatto che ’intervento di Gian Maria sia pignoleria, anzi lo apprezzo per il contributo d’intelligenza applicata e corredata di sapere; come elemento dell’insieme delle "classi subalterne" di scolarizzato di massa (quindi incolto - evidentemente un’affermazione che vale solo per me -), no mi resta di pregarvi di estrarmi dalle nebbie dell’ignoranza:

a) Dimostrare in senso assoluto perché la poesia di De André è superiore a quella di Jovanotti 8altrimenti si rimane nei postulati

b) Che cos’è la Poesia e se esiste qualcosa al di fuori della Poesia definita e codificata che è già Poesia

C) Chi è il lettore in Poesia (il mio riferimento è la definizione della Ferramosca: "Il lettore, poeta dell’ascolto".)

D) Se rispetto ad un concetto di Poesia (come quello che in qualche modo emerge tra il contrasto popolare-colto) elevato non si imponga, fino a nuove vette, più giusto il silenzio poiché non credo che al lettore si possa offrire di più rispetto a quanto già scritto in passato

E) Se è giusto, senza riferimento ad alcun progetto, "controllare" la visibilità della produzione poetica attraverso una censura sulla qualità.

Alcune di queste mie domande sono senz’altro ingenue o stupide, ma la Vostra cortesia saprà comunque accoglierle.

Grazie

 Gian Maria Turi - 21/11/2014 10:15:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Ora che si sono calmate le acque, mi piacerebbe riprendere a menti più fredde e lucide un pezzo del discorso, quello più direttamente legato al progetto laRecherche. Continuo qui perché in un altro spazio probabilmente il discorso passerebbe inosservato.

Scrive Aldo Nove: "Se dico, e lo dico, che Jovanotti è il più grande poeta italiano contemporaneo voglio sottolineare l’imprescindibile sostanza popolare della poesia, la sua necessità di veicolare attraverso il linguaggio certi valori, ribaltando depressive visioni comuni (...). La poesia di chi scrive direttamente poesia non la caga nessuno perché se la tira senza limite e così muore inascoltata fuori dal suo cerchio di mitomani". http://www.satisfiction.me/jovanotti-e-rosina-de-vivo/

Difficile dargli torto. E allora, di conseguenza, bisogna anche ammettere che laRecherche fa centro. Ma, secondo me, c’è da parlarne un po’ meglio, e non per fare sterili polemiche ma per dare alla filosofia fondante di Roberto e Giuliano maggiore chiarezza, forse fondamento. Forse è solo una mia esigenza pignolesca?

Personalmente ho un paio di dubbi.

Il primo, più ostico, riguarda "l’imprescindibile sostanza popolare della poesia". E’ parte della vulgata sui poemi omerici, che questi nascessero da tradizioni orali. Ora, a nostra conoscenza, le tradizioni orali appartengono al popolo, alle classi sociali indotte, ai contadini raccolti nelle stalle. Ma in epoca omerica? In epoca omerica la scrittura non aveva senz’altro acquistato la rilevanza e la diffusione che acquisterà in seguito, per cui la cultura delle classi dominanti era per larghissima parte orale. Che significa? Significa, come in tanti altri casi, che lo schiacciamento incauto del passato sul presente, senza prendere minimamente in considerazione il fatto che il passato era diverso dal presente e anche molto, genera idee e concetti mostruosi. Di conseguenza la poesia non ha affatto una "sostanza popolare" tout court (anche perché il concetto di "popolare" inteso a modo nostro è cosa moderna che non ha alcun senso applicato al passato classico dove nasce la nostra poesia). Un certo tipo di poesia invece, può essere classificata come poesia popolare. In epoca contemporanea è quella che confluisce nelle canzoni, nel passato recente potevano essere gli stornelli, le filastrocche, ecc; nel passato arcaico non si sa, a mia conoscenza.
Nota bene: I miei zii contadini in Toscana ricordavano ancora a memoria molti versi danteschi imparati a scuola. Questo non contraddice quanto appena esposto, poiché la poesia dantesca non è di origine popolare. Il fatto che invece abbia potuto diffondersi tra le classi sociali subalterne (come si chiamano da qualche decennio) significa che in qualche modo poteva parlare loro, soprattutto, io credo, attraverso la scolarizzazione obbligatoria del XX secolo.
Tutta sta filippica per dire: Ha senso, oggi, parlare di poesia popolare disgiunta dall’oralità e dalla musica? E quindi, laRecherche, avendo una prospettiva, mi pare, squisitamente popolare, sta andando in una direzione sensata oppure no? Ci sta andando in modo consapevole? E’ irrilevante porre tutte queste questioni e quel che sarà si vedrà? Sono domande troppo cavillose per un progetto di estrazione, appunto, popolare?

Il secondo, meno complesso, riguarda il fatto che se Jovanotti non scrivesse canzoni, se quindi cioè le sue poesie non fossero in musica e quindi di consumo di massa, nessuno se lo cagherebbe manco lui. Ma allora, a questo punto, tra i cantautori italiani non è molto più poeta De Andrè? Tanto per dirne uno noto a tutti. Aveva qualcosa di dire lui e quanto meno non ci ha mai deturpato il cervello con versi come: "E vai così, che è una figata
Perché una storia così non c’è mai stata
Che ci ammazziamo, ci divertiamo, facciamo i scemi
E qualche volta pensiamo..."

PS. Aldo Nove, bella slurpata!

 Luciana Riommi - 19/11/2014 17:48:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi » ]

Premesso che ho dovuto rileggere più volte l’intervento di Gian Maria, talmente denso da farmi perdere spesso il filo del discorso (sarà l’età?), premesso anche che non credo ci fosse una qualche intenzione ostile, o ’rivoluzionaria’ come lui dice (tenendo conto comunque che ’rivoluzionario’ non è sinonimo di ’ostile’), mi pare importante e doveroso prestare attenzione alle risposte delle persone più direttamente interessate. Perché il feedback che ci viene dagli interlocutori è sempre un elemento della massima importanza per capire meglio noi stessi, quello che diciamo e perché lo diciamo. Insomma, l’effetto che produciamo non è estraneo alla nostra comunicazione e se vogliamo realmente dialogare, con noi stessi e con gli altri, dobbiamo tenerne conto: per correggere il tiro a volte, e per riflettere utilmente, magari rivolgendo gli stessi strumenti di razionalità e precisione semantica alle parole che usiamo noi stessi.
Prendiamo ’egoismo’ contrapposto ad ’altruismo’, per fare solo un esempio. Non è certo cosa nuova che anche le nostre migliori intenzioni abbiano alle spalle qualcosa di talmente complesso (e per me tanto più significativo) che mi sembra riduttivo definirlo tout court ’egoismo’, soprattutto perché tale parola nell’uso corrente ha una connotazione fondamentalmente negativa, riferendosi al prevalere dell’interesse personale nelle scelte e nei comportamenti, a scapito dell’interesse generale o semplicemente a scapito o a danno di qualcun altro. Le nostre scelte di vita, guidate dalla nostra visione del mondo, hanno alla base l’intera storia di cui siamo fatti, le esperienze personali che hanno plasmato fin dal primo giorno di vita (alcuni dicono, non a torto, anche già da prima di nascere) quel nucleo centrale che chiamiamo ’Io’ (ego), intorno al quale si costruisce la nostra identità e nel quale ci riconosciamo. Un piccolo nucleo che, nella sua versione sufficientemente sana e corretta, contiene memorie e desideri, attitudini e qualità, elementi di forza e debolezze, valori e ideali, oltre naturalmente a diventare l’agente del nostro impegno a trovare una composizione quanto più possibile creativa, e per noi soddisfacente, per le innumerevoli contraddizioni che caratterizzano la nostra natura, che come sappiamo è già in partenza anche cultura.
Tutto questo per dire che, a mio parere, non serve segnalare il fatto scontato che, in mancanza di costrizioni che ce lo possono impedire in vario modo, ognuno di noi cerchi di realizzare nella vita qualcosa che a diversi livelli gli dà piacere, soddisfazione, riconoscimento, in una parola: un senso di benessere e di autostima. E ciò non toglie affatto valore a quello che si fa in nome, per esempio, dell’’altruismo’, sia pure consapevolmente ridimensionato nella ’pretesa’ di una sua impossibile ’purezza’. Essere ’altruisti’, dare agli altri, è esattamente opera di un ego che riconosce un valore (e quindi anche un legittimo piacere) nella pratica attiva di donare e donarsi. Quali che siano le ragioni personali che hanno contribuito al formarsi di quella motivazione.
Da sopra la cassetta di frutta (come diceva Maria) che questa piazza mi permette di prendere temporaneamente a prestito per avere ascolto, vorrei accennare brevemente alla mia esperienza personale, che riguarda la mia scelta professionale, su cui si fonda buona parte della mia identità e nella quale mi riconosco. Mi sento spesso dire, con un sottofondo di ammirazione mista a commiserazione: "Ma come fai a stare costantemente in rapporto con la sofferenza delle persone?". Sarebbe facile, ma certamente riduttivo e per me offensivo, che qualcuno rispondesse al mio posto sottolineando che comunque si tratta di un lavoro che mi dà da vivere (magari fantasticando anche possibili arricchimenti!). Questa professione, voluta e scelta sulla base di un’esperienza personale di sofferenza (si dice, no?, che il medico dei pazzi sia il più pazzo di tutti - senza qui entrare nel merito di parole comunque ingiuriose e scorrette, che forse hanno solo uno scopo apotropaico), oltre al necessario per vivere mi dà una soddisfazione e una gioia profondissime, da angolazioni diverse. A un estremo c’è la gioia di vedere qualcuno uscire dal suo tunnel e ricominciare a vivere, all’altro estremo c’è la possibilità di soddisfare il mio desiderio di continuare a interrogarmi su che cosa sia l’essere umano nelle pieghe più oscure della sua vita psichica ed emotiva. E in questo modo contribuire, nello spazio minimo della mia realtà umana e professionale, a un qualche microscopico ’avanzamento’ anche sul piano culturale. Questo ’progetto’, che ad alcuni sembra irrealistico, ad altri ’in malafede’ (con riferimento al suo essere comunque un ’mestiere’), viene spesso ridicolizzato (conosciamo tutti le battute ormai stantie sulla psicoanalisi e sugli psicoanalisti) e comunque ricondotto, in modo negativo, a una qualche motivazione personale distorta, nevrotica, e come tale delegittimante. Potrei dunque risentirmi un po’ (ma forse neanche troppo) se in questo modo si cercasse, anche involontariamente, di smontare il senso e il valore della mia scelta di vita e di tutti gli anni di approfondita ricerca dentro di me che sono, rispetto ai titoli accademici comunque necessari, i soli veri strumenti di formazione (peraltro sempre in progress). Non avrei nulla da obiettare invece se qualcuno mi dicesse con chiarezza che non gli sarebbe mai venuto in mente di stare ad ascoltare ogni giorno storie di vita piene di complicazioni e quindi non avrebbe mai fatto un lavoro come il mio: legittima la sua scelta così come la mia, entrambe fondate sulle rispettive individualità.
Tornando allo specifico di questo sito e ricordando con gratitudine che proprio qui ho mosso i primi passi nel territorio per me tuttora quasi sconosciuto della poesia, desidero esprimere un grande apprezzamento per l’impegno che la Redazione sta mettendo con una presenza più assidua nell’area dei ’commenti’, dove forse è necessaria ancora, almeno nella mia percezione, una sorta di guida alla lettura dei testi, perché lo scambio diventi sempre più fedele allo spirito del sito, ossia un’occasione di crescita per tutti nell’ambito della scrittura poetica e della cultura in generale, e non soltanto un luogo virtuale di incontro e talora di scontro personale. Facendo sempre affidamento sul rispetto delle regole, sul buon gusto e sulla buona educazione di tutti i partecipanti.

 Franca Alaimo - 19/11/2014 11:51:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Mi rende più triste - come scrive Giuliano - tutto questo ronzare di vespe con pungiglioni- che la varietà sacrosante delle opinioni.
Ma che è? Si offendono tutti? A Teresa vorrei dire di non estremizzare quello che ho detto: ci sono silenzi dovuti al fatto che non so che dire, e altri, molti di più, dovuti al fatto che non ho il tempo di leggere tutto e commentare tutti. Inoltre, nel caso di autori molto prolifici ( non sei tu, tranquilla!) si finirebbe con il dire le stesse cose.Del resto dai commenti lasciati ai tuoi testi puoi dedurre che non è come credi. Considerando che recensisco almeno tre-quattro libri al mese, che ho un mucchio di amici che desidero vedere e frequentare, che ho persone a cui accudire, che tanti mi mandano i loro dattiloscritti per revisionarli che scrivo anch’io, e che... che..... non dovrei più avere una mia vita privata. Fra tutti i commenti preferisco quello di rp: il più divertito e divertente. Almeno strappa una risata.
A Nando: non sono migliore di altri poeti. Dubito molto e spesso della validità di quello che scrivo. Credo di essere migliore come critico che come poeta. E come non devi considerarmi esageratamente, così non devi sottovalutarti, credimi.
Ma, insomma, facciamo la pace tutti quanti? Non ne posso più di questo vespaio. Gironzoliamo con grazia intorno alle parole come colorate e diverse farfalle intorno ai molti fiori dalle forme più varie e incredibili? C’è già troppa acredine fuori "casa".

 rp - 19/11/2014 11:05:00 [ leggi altri commenti di rp » ]

al massimo, gatto-comunista!
vi amo voi tutti che siete in questo bar!

 Nando - 19/11/2014 09:54:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

(a Gian Maria, se posso, dedico questo commento, poiché dalle sue idee posso dissentire, ma non per questo disistimo e la sua persona e il valore dei suoi contributi)

Giuliano: grazie!
Franca carissima, sai che guardo a te come ad una maestra di
vita e di arte, sai quanto siano considerati da me preziose
le tue parole e quanto io ammiri in te la poeta.
Indigeste mai le persone, però delle idee, ideologie e
affini se il confronto è un atto dovuto, anche il non
condividerle o considerarle "irrespirabili" credo non sia illegittimo; d’altronde non abborriamo ciascuno di noi concezioni della vita e degli uomini quando avverse ai nostri valori? Poi a volte, più delle idee m’infastidiscono le "movenze", ma certamente come i miei atteggiamenti o idee possono senza
dubbio infastidire altri.
Tornando a La Recherche, al vostro lavoro donatoci
gratuitamente e all’idea di fondo che c’è a fondamento del sito, direi questo che vale per me come esperienza
personale:
La scrittura mi ha sempre affascinato, assieme alla scoperta improvvisa dei libri mi ha sempre accompagnato negli anni dell’adolescenza e poi della gioventù, poi si è quasi
interrotta del tutto, mentre la "piccola lettura" è
rimasta costante. Quando una poeta de La Recherche mi parlò del sito, ripresi a "fingermi" poeta (non-poeta).
Credo di scrivere pessimi versi, col peccato originale
dell’immediatezza e scarso lavoro di revisione, credo che miglioramenti in me non ce ne saranno e inoltre sono un uomo ignorante, privo di studi, anche incapace di auto formarsi oppure ottimizzare le scarse e disordinate letture.
Dovrei forse o smettere di scrivere versi o pubblicarli?
Io sono "figlio" de La Recherche, abito ancora qui finché me ne sarà data la possibilità dentro le regole attuali.
Considero tutta poesia quella che leggo sul sito?
Certamente no, la prima scrittura di scarsissimo valore è proprio la mia, appunto frutto del peccato originale dell’immediatezza e mancanza di un lavoro artigiano di revisione.
D’altronde privo di studi di base e ricco
d’ignoranza difficilmente migliorerò e quando qualcuna ne indovino, è stato per caso. Dovrei smettere di scrivere o noi scarsi dovremmo smettere di crederci poeti o non poeti?
Se seguissi il criterio di purezza dell’arte, potrei dire di
sì, come poi però direi ai grandi di qui di smetterla di
scrivere, in fondo diventano dei piccoli rispetto ai grandi della Poesia: ché possono aggiungere qualcosa a quanto già scritto da Dante, Petrarca, Leopardi, Montale, Ungaretti, etc. etc. Mi si risponderà che ognuno porta la propria personalità e il proprio tempo nei propri versi: ecco, la personalità. Questo è il valore della filosofia de La Recherche, il suo valore aggiunto, la sua preziosità: riconoscere il valore delle personalità, confuse tra talenti e "incompiuti" (parlerei di mediocrità, ma la lego di più all’inautenticità: solo l’inautentico è davvero mediocre) che messe in relazione tra di loro generano nuove cellule di un’umanità vocata alla bellezza e alla cultura. Se penso solo alla ricchezza per me di quanti rapporti sono nati, rapporti oltre la poesia e quanto ho ricevuto anche in formazione... ! Sarebbe lungo l’elenco: Loredana, Lino,
Pietro, Franca, Anna Maria, Alessandra, Piergiorgio e sicuramente ne dimentico troppi.
Per non parlare dei libri di poesie: Franca, Roberto in Campidoglio, la conoscenza-dono di Maria... ! Ma tutto questo, assieme alla consapevolezza del mio essere non-poeta, è stato possibile grazie a quello che scrive Giuliano nel suo commento, un’accoglienza dell’altro non perché perfetto ma perché
inconsapevole ricercatore di un "tempo perduto".
Chiudo: capisco benissimo chi storce il naso di fronte ai "flussi di coscienza", capita anche a me in modo analogo davanti alle esibizioni televisive quando sfiorino il ridicolo; ma perché imbavagliare l’imperfetto anche quando al limite della sopportazione?

Grazie e scusate

P.S. Credo che l’Arte mai sia democratica in sé, vive di altre categorie, quelle più proprie all’amore. Altro argomento sono il "luoghi", i "modi" e, forse, i prerequisiti delle sue manifestazioni.

 Gian Maria Turi - 19/11/2014 09:15:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

PS.
Un’ultimissima precisazione poi mi levo che ho già preso troppo spazio.
E’ mia ferma convinzione che i regimi democratici debbano emarginare le posizioni antidemocratiche. Spesso si legge quella stupidaggine falsamente attribuita a Voltaire: "Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire". Ebbene, no! Se ciò che uno dice è antidemocratico, la democrazia è tenuta a preservare i suoi valori fondanti emarginando tali voci. Pena l’autodistruzione.

 Teresa Nastri - 19/11/2014 09:06:00 [ leggi altri commenti di Teresa Nastri » ]

Ho tentato ieri di inserirmi nel dialogo a più voce tra i primi commentatori (Gian Maria, Franca Alaimo e Nando) premettendo che non sarebbe stato - il mio - un commento al testo dell’intervista (che in qualche misura mi sembrava potersi dare per scontato, considerato il lavoro su cui s’impernia l’attività di Roberto Maggiani). Forse sono rimasta troppo al di qua dello sviluppo tecnologico, perché - come mi capita a volte - il mio tentativo si è dissolto nel nulla ... annullato o semplicemente cancellato dalla mia imperizia.
Ora vedo che il discorso si è intensificato e mi riprometto di leggere tutto, di nuovo, con calma possibilmente. Ma voglio ripetere quel che ricordo di Franca Alaimo circa la selezione che il sistema opera "attraverso i commenti o i silenzi - spesso più eloquenti-, mettendo spesso i poeti di fronte ai loro limiti o imperfezioni".
Molte delle mie poesie non hanno ricevuto alcun commwnto e prendo nota del significato della metafora. Voglio solo aggiungere che io non avrei mai contestato una sua critica, come lei afferma che altri abbiano fatto. Saluto tutti gli altri, di cui spero di poter leggere i commenti. Grazie a Roberto per averci fornito questa occasione di incontri-scontri

 Gian Maria Turi - 19/11/2014 08:47:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Giuliano,
anzitutto mi scuso anche con te per il termine infelicissimo "catto-comunista". Roberto non si era offeso, tu sì, ma ho cercato di spiegare quello che intendevo. Mi rammarico che oltre a questo non tolleri il linguaggio colorito, laddove appunto "cortigiani" altro non era che quello, un termine enfatico, provocatorio se vuoi, per dare un chiaro connotato all’idea esposta in quel momento. Tra l’altro, come ho specificato e sai, tra i collaboratori, se non tra gli amici, ci sono anche io e perciò che interesse avrei a darmi del cortigiano?

Vengo al resto, ciò che tu pensi di poter derubricare come "affascinanti sofismi" o "speculazioni" o, come hai scritto su Facebook, "una bella coltellata alle spalle infarcita di argomentazioni elevate". Mi dispiace dovermi difendere, ma non hai proprio colto lo spirito di questo discorso.
Vedi, Roberto nell’intervista tocca punti dell’esperienza umana che vanno ben al di là di ciò che si fa sulla Recherche, e sapere che tali punti sono alla base della vostra decisione di iniziare questo progetto è per me ancora più importante che costruire un ebook al mese, pubblicare una poesiola quando capita, leggerne qualcuna quando posso, o pregiarmi di mettere in vetrina i miei libri. Tutto questo ha ben poca importanza, per quanto mi riguarda, davanti a ciò che Maria chiama, con un po’ di sufficienza, i "massimi sistemi". Perché l’indagine dei massimi sistemi, comunque la si faccia, è ciò per cui vale la pena di fare l’esperienza di questa vita. Il resto, scusa il francesismo, prima o poi va in merda.
Quindi, siccome Roberto ha premuto alcuni tasti, e siccome tali tasti evidentemente sono importanti per lui (e immagino anche per te, cofondatore) come lo sono per me, ho ritenuto ci fosse spazio per aprirsi ai temi toccati da Roberto, anche se ciò in effetti richiede tempo ed energia.

Tu poi richiami due argomenti della nostra discussione, l’egoismo (io non ho mai parlato di vanità!) e la democrazia.

Dell’egoismo credo di avere già detto molto, motivando il mio discorso estensivamente. Se ti interessa capire la prospettiva da cui parlo non devi fare altro che rileggere i miei commenti. Ma vedi, tu dici già tutto, solo che ti nascondi dietro a un dito. Dici: "Perché passiamo ore e ore a lavorare (gratuitamente) al sito? Perché è un progetto che ci piace, lo facciamo volentieri, anche se..." - Piacere. In altre parole, egoismo: qualcosa che si fa per sé stessi, che ci gratifica, che ci fa star bene. E poi, anzi prima, metti il dito: "Perché abbiamo fondato il sito? Non certo per vanità o piaceri egoistici, ma per quello che ho detto poco sopra: per donare a ciascuno abbia voglia di farsi avanti un luogo dove farlo, essere letto...". L’egoismo non è un connotato negativo, è la nostra natura. Non c’è motivo di risentirsene.

Della democrazia, ripeto in breve, a vantaggio di tutti - chissà anche di Nando, che poi mi darà dell’erudito, del settario e del Borbone... La democrazia non è ciò che voi dite. Il vostro è un uso corrotto, ovvero volgarizzato o parziale, del termine democrazia. La mia polemica con Roberto era tutta qui. Democrazia significa solo ed esclusivamente che il popolo ha la potestà di governare, in vari modi e nelle varie modalità storiche che si sono succedute. Che poi la democrazia contemporanea porti con sé, ovvero venga insieme a un bagaglio di valori di origine illuminista quali la tolleranza, l’uguaglianza ecc. è un discorso diverso. Se, per ipotesi, oggi venisse giù Cristo dalla croce e ci dicesse: "Ok gente, avete stufato, da oggi è deciso, siete tutti uguali, niente più ricchi e poveri, diritti uguali e pane per tutti, ridistribuzione dei talenti e dei carismi..." ebbene, il suo pacchetto di valori corrisponderebbe in gran parte agli ideali illuministi (e ai tuoi/vostri/nostri) che si sono imposti insieme alla borghesia e alle sue necessarie rivendicazioni democratiche. La decisione cristica potrebbe anche essere la società dell’amore, ma non sarebbe affatto democratica!
Per quanto riguarda le elezioni per la redazione della Recherche, hai ragione tu, andrebbero deserte. A tutti piace parlare di politica al bar ma in quanto a prendersi le responsabilità di governo?... Personalmente, l’ho detto e lo ribadisco, mi sta benissimo che questo sia il progetto tuo e di Roberto, non ho intenzioni sovversive e anzi spero di poter continuare a dare il mio apporto a un progetto che reputo necessario e importante. L’avete iniziato voi: compimenti! Si raccoglie ciò che si semina, se perciò voi raccogliete di più di me, che ho seminato proprio pochino e non ho fatto fatica, non sarò invidioso né verrò a togliervi del vostro. Tu cerca, se puoi, di renderti disponibile al dialogo, alla critica costruttiva (non reputo la mia distruttiva), al confronto serrato. Wikipedia nella sua definizione di democrazia scrive: "... il rapporto tra la maggioranza e la minoranza è improntato alla reciproca tutela". Nella Repubblica italiana non è più così da almeno 20 anni. Speriamo possa esserlo sulla Recherche.

Buona giornata!

 Giuliano Brenna - 19/11/2014 01:53:00 [ leggi altri commenti di Giuliano Brenna » ]

Al di là degli affascinanti sofismi e riducendo il tutto alla mera realtà, cercherò di spiegare, coi miei limitati mezzi, il mio pensiero.
L’intervista a Roberto spiega già il tutto, e leggerla mi ha ricollocato nel fuoco visivo gli intenti e le finalità che stanno alla base del sito e del nostro lavoro.
LaRecherche è un sito democratico perché tutti vi possono accedere (gratuitamente), pubblicare e commentare in qualunque modo. Non vi è censura e tutti sono allo stesso livello. Questa secondo me è la pura e semplice essenza della democrazia.
Forse dovremmo indire delle elezioni su chi fa parte della redazione? Sono quasi certo andrebbero deserte, in tutti questi anni non ci sono mai giunte richieste di far parte della redazione o di collaborare in qualunque modo, a parte rarissimi casi, se vogliamo coinvolgere qualcuno a partecipare più attivamente alle attività del sito dobbiamo quasi supplicare. Inoltre organizzavamo degli incontri in cui ci si poteva parlare liberamente ma ben pochi erano i partecipanti. E per finire è rarissimo ricevere una mail con suggerimenti, richieste, consigli o altro. I mezzi ci sono ma non vengono praticati.
Perché abbiamo fondato il sito? Non certo per vanità o piaceri egoistici, ma per quello che ho detto poco sopra: per donare a ciascuno abbia voglia di farsi avanti un luogo dove farlo, essere letto, e perché no, aiutato. Perché passiamo ore e ore a lavorare (gratuitamente) al sito? Perché è un progetto che ci piace, lo facciamo volentieri, anche se spesso veniamo attaccati o ignorati. Il piacere di leggere una poesia, un racconto, un eBook che l’autore ci ha affidato, ha affidato alla Recherche, è una gioia, vedere autori che migliorano è una gioia, ma una gioia semplice, naturale, come la si può provare guardando un fiore o un tramonto.
Questo è quello che siamo e pensiamo. Tutto il resto è speculazione.
E, aggiungo che non tollero di essere chiamato catto comunista, o di sentire chiamare i miei amici, prima che collaboratori, cortigiani.

 Loredana Savelli - 19/11/2014 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Alcune parti dell’intervista mi hanno commossa. Ad esempio questa: “Invece è necessario credere che ogni persona ha il suo campo di merito specifico ed è una risorsa unica per l’intera comunità, non solo dal punto di vista culturale, infatti la luce si espande, la persona umana è un tutt’uno, l’intera società potrebbe cambiare, stabilizzandosi non più su un sistema corrotto perché diseguale, ma su un sistema veramente democratico perché coinvolge tutti nella crescita.”

Chiedo scusa se non partecipo puntualmente al dibattito perché non ho potuto leggere attentamente i commenti e nemmeno mi sento abbastanza competente.
Da parte mia, frequentando il sito dai primissimi tempi, ritengo di poter testimoniare la coerenza e la limpidezza dei fondatori.
Giuliano e Roberto hanno dato vita ad un organismo che cresce sotto gli occhi di tutti, si trasforma, ma soprattutto si diffonde. Oserei dire oltre le loro stesse aspettative.
Eppure la loro direzione mi sembra chiara, persino quando è “distante”: a favore della partecipazione, per chiunque ne senta l’attrazione o la necessità, all’esperienza della parola e della letteratura, innestata sulla ricerca di un percorso personale. E lo fanno mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze, esponendo le proprie passioni in modo schietto.
Non che non ci siano altri luoghi per sperimentare questa potenzialità insita in ogni uomo, anzi!
Ma Larecherche è un "ambiente" di apprendimento, un sistema ricco di stimoli e sempre aggiornato, aperto, flessibile. Esso garantisce a ciascuno autonomia di iniziativa. In questo contesto ci si può confrontare e autoregolare, prendere delle pause o rendere presenti in rapporto al proprio bisogno di riscontro, prima di tutto umano, ma anche artistico.
La direzione, dicevo, è chiara e coerente. Tuttavia grazie alla libertà di pubblicazione, ciascuno è responsabile della propria immagine e si autodetermina. Dunque è un luogo democratico. E lo è nella misura in cui garantisce il rispetto verso tutti.
Molte persone sono passate, alcune sono rimaste, e credo di poter affermare che queste ultime sono cresciute, artisticamente.
Il discorso si fa lungo. Per brevità vorrei esprimere gratitudine per chi con tenacia e quasi ostinazione, ma soprattutto con una potente capacità di pianificazione e di organizzazione, manda avanti questa realtà umana e artistica. Non senza fatica, ma con l’ottimismo della (buona) volontà.

 Franca Alaimo - 18/11/2014 23:34:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Ma se bisogna rispettare tutti, com’è che viene così difficile "digerire" chi la pensa in modo diverso? Possibile che non si riesca a discutere di idee senza provocare risentimenti? Ascoltiamo, dissentiamo pure, ma niente conflittualità, per favore.
Ce n’è già troppo nel mondo "reale". Vedete come siamo tutti diversi?
E dove sta il bello se non accogliamo le diversità? Tu la pensi così, io in altro mondo, lui ancora in un altro, lei non condivide nulla, quell’altro parla per parlare, un altro...e allora?
Non ci sono verbi assoluti, per fortuna!
E poi si sa che è più difficile intendersi quando si discute su un piccolo schermo, senza faccia,occhi, gesti, espressioni...

 Maria Musik - 18/11/2014 22:41:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Sinceramente? Al contrario di altri, io comprendo e la tristezza e la "ferita" di Giuliano. Abbiamo tutti sensibilità diverse e, se vogliamo usare un’altra citazione, le parole sono pietre. E ci vuole un gran cuore ed un fegato ancor più grande per evitare di essere politicamente corretti, non replicare ed esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni. C’è chi sostiene con levità e distacco le discussioni che "mettono in discussione" e chi le vive con passione e sentimento. Anche questo fa parte del confronto: relazionarsi con l’altro mettendosi nei suoi panni e, così facendo, comprendere come certe affermazioni o parole possano andare a colpire punti "vivi". A leggerle, ritengo ci si possa sentire non compresi, fraintesi e, forse, anche disconfermati in relazione a valori sui quali e per i quali si è speso tanto, a volte, oltre le forze.
Per quanto mi riguarda, visto che alcune fitte le ho provate anche io, mi sento solidale con quanto prova ed esterna Giuliano.

 Nando - 18/11/2014 22:41:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Non credo, Franca, che diciamo tutti la stessa cosa, perché da una parte ci siete voi, dall’altra il pensiero di Gian Maria, se non come pensierio senz’altro come atteggiamento nei confronti del tema dibattuto; voi mi sembra guardiate con simpatia al popolo, lui pare avere un atteggiamento aristocratico o da iniziato, senz’altro "settario".
Qui non si tratta di difendere il mediocre o l’inautentico, si tratta se considerare un’indecente promiscuità la piazza o la città di Maria (di cui condivido ogni parola; sarà per un mio personale conflitto d’interesse?) o se invece non sia un’opportunità umanizzante per l’Arte. Anche perché io mi spingo più all’estremo: se né produttori allora nemmeno fruitori"; è un paradosso, certo, ma anche certi commenti non è che siano più "digeribili" e non perché pesino per qualche assoluta verità

 giuseppe bonvicini - 18/11/2014 21:56:00 [ leggi altri commenti di giuseppe bonvicini » ]

Spesso si scrive per dimostrare- a se stessi-di essere bravi. Ma non è sempre così....serve possedere una leggerezza di cuore che, per chi scive soprattutto, è una virtù.
Mi spiace la tristezza di Giuliano (non so da cosa sia stata generata) ma se esiste un uomo , narratore o poeta o altro ch possiede la leggerezza di cui parlo, questi è Giuliano: e l’empatia che mi unisce a lui è la mia certezza. E ne sono felice.

 Franca Alaimo - 18/11/2014 21:53:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Perché Giuliano scrive che, leggendo questi interventi, si intristisce e addirittura si sente offeso? Si sta dialogando soltanto su delle questioni, ma senza alcuna intenzione aggressiva.
E, a leggere bene, magari stiamo dicendo un po’ tutti le stesse cose, ma con parole diverse: il fatto è che, spesso, le parole hanno sensi personalissimi, come è magnificamente detto in un capitolo (il più bello) de "L’insostenibile legegrezza dell’essere", ed è questo uno dei motivi che impedisce la comprensione reciproca.
E così "democrazia", "gratuità", "catto-comunismo" ed altri termini si colorano di sensi e sfumature diversi. Insomma, non staremmo tutti qui da anni, se non credessimo a ciò che facciamo, se non fossimo mossi dalla stessa passione e da forti motivazioni.
Forse, allora, il miglior commento è quello di Maria che ha messo avanti il cuore e ha parlato solo ubbidendo al suo ritmo. E, così facendo, ha ancora una volta fatto il suo ingresso sulle sue scarpette colorate del bel sentimento dell’amicizia, danzando un po’ più in alto delle nostre parole.

 Gian Maria Turi - 18/11/2014 21:50:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Roberto, mi rendo conto che dialogare in questo modo non è semplice, perché le mie affermazioni non sono imperfette? Arriverò a Roma con le renne, spero di poter riprendere questo e/o altri discorsi vis-à-vis. Tu sei un fisico e conosci bene l’importanza dell’attrito: consuma ma fa anche stare in piedi le cose.
Anche io ho impiegato metà mattina e buona parte del pomeriggio per esporre il mio punto di vista, lo ritengo tempo speso bene ma è anche vero che... il tempo è denaro... ;) Buonanotte!

 Giuliano Brenna - 18/11/2014 21:18:00 [ leggi altri commenti di Giuliano Brenna » ]

Ora non ho tempo per spiegarmi bene, dirò solo che certe affermazioni mi hanno davvero intristito e altre profondamente offeso.

 Maria Musik - 18/11/2014 20:51:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Ci provo ma non assicuro il risultato. A quest’ora comincio ad essere stanca (l’età avanza) e i massimi sistemi mi sono indigesti appena sveglia, immaginiamoci a sera fatta. Quindi, il mio intervento sarà minimo e neanche sistematico. Provo a fare, con semplicità, una sorta di "lista" di pensieri/risposte che mi sorgono spontanei/e ogni volta che mi chiedo: "Ma perchè sono qui e non altrove?"
1) Per amicizia (forma sublime di amore)
2) Perchè questo sito ha una sorta di "piazza", dove tutti possono salire su una cassetta di frutta e declamare una poesia o leggere un racconto o esprimere un pensiero o indicare che, un po’ più a destra o a sinistra o sopra o sotto, c’è un’altra piazza, bella e interessante, da andare a visitare. (Commento: non sono tutti artisti? A me non me ne frega niente... anzi. Certo, magari sarebbe auspicabile che non si lanciassero i testi appena sfornati, senza correggere gli errori e magari sarebbe bene correggerli ex post e che le correzioni fossero ben accette... ma preferisco l’errore e l’imperfezione al fare il "numero chiuso")
3) In questa città non c’è solo la piazza: ci sono altri luoghi dove si entra solo se si è indossato l’abito "giusto" e se ci si è mostrati disponibili a lasciare che il sarto, se necessario, apporti qualche modifica, miglioria: qui il talento o carisma o competenza (chi più ne ha ne metta) trovano spazio, vetrina e, spesso, ritorno.
4) Ci sono anche delle serre: lì si fanno crescere i fiori o si tutelano i più preziosi affinchè non se ne perda la bellezza.
5) Mentre gironzoli per la città, se qualcuno ti impatta, se qualcuno non ti rispetta perchè sei femmina o maschio, etero o gay, credente o ateo, autoctono o straniero, ecc. arriva il "vigile" e lo accompagna fuori.
6) Perchè se fuori dalla città succede qualcosa di grosso, di bello, di orribile, di umanamente intollerabile, di felice, ecc. compaiono scritte e foto e poesie e articoli.
7) Perchè si fa memoria ma si guarda al futuro.
Potrei andare avanti... e, forse, lo farò in un altro momento.
Aggiungo che queste cose me le dico quando ho una gran voglia di scappare perchè sono stanca, perchè l’ingratitudine mi deprime, perchè il suono dei tromboni mi disturba, perchè alla gratuità non ci crede nessuno ma proprio nessuno (o pochissimi), perchè mi hanno ferita... ma poi, mi ricordo perchè ci sto e che, se è una città, mica posso pretendere che tutti i cittadini abbiano lo stesso livello di partecipazione o di coscienza civile, nè posso aspettarmi che, per quanto bravi ed instancabili, sindaco, vicesindaco e consiglio comunale riescano ad essere ovumque e siano perfetti o santi. Alla fine, per il momento, è una delle città migliori in cui mi sia dato vivere.
Scusate se ho scritto "i pensierini" ma, questa sera, mi sento più a mio agio a parlare come i bambini (quelli veri).

 Nando - 18/11/2014 20:25:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Ah, ma non riesco proprio a terminare di leggerti, Roberto...
Sempre sulle righe di Gian Maria:

Gian Maria, forse anche nella definizione della Bell’Arte vale questa tua proposizione: " E’ un concetto "per assurdo", come l’infinito (...). Sono concetti espressi per contrasto con qualcosa che esiste, in sé non esistenti".

continua...

 Roberto Maggiani - 18/11/2014 19:16:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Opportunismo/altruismo? Infatti l’altruismo lo penso nato da un opportunismo che talvolta si evolve in altruismo, penso che la sua radice sia l’opportunismo, almeno la radice primitiva e inconscia in noi, lo vedo in molte manifestazioni giornaliere anche nei miei confronti… ma mi fermo perché penso che, visti i caratteri di entrambi, non ci intenderemo mai bene su questa pagina, ma non perché non lo vogliamo, solo perché i temi qui toccati sono importanti; a mio avviso per parlarne bene, esponendo a fondo i nostri pensieri, dovremmo dedicarci molto tempo… per rispondere alla tua, e facendolo in modo approssimativo, ci ho impiegato mezzo pomeriggio… così decido di rimanere in attesa del tuo ritorno a Roma per parlare bene insieme guardandoci in faccia. Poi semmai stenderemo un documento comune di sintesi su questa spazio dei commenti =) In ogni caso puoi continuare qui le tue riflessioni, eventualmente, in modo non esaustivo, proverò a dire la mia.
Ovviamente non sono offeso per il Catto-Comunismo, solo che la ritengo una posizione non mia, ma chiunque può, ovviamente, pensare il contrario, magari lo sono senza accorgermene.
Invito invece chiunque passi di qua a lasciare un suo commento anche breve e impreciso come i miei su questi temi, anche degli spunti di riflessione. Grazie.

 Gian Maria Turi - 18/11/2014 18:50:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Caro Roberto, specifico alcune cose del mio intervento che forse non ho espresso bene, non è facile dire tutto in una volta cercando di sintetizzare.

1) Il discorso dell’altruismo
Tu dici (sotto): "...fin da subito ci siamo caratterizzati per altruismo e interesse, eravamo abituati a vivere in gruppo e a sostenerci perché se così non fosse stato ci avrebbero sbranati. Chi veniva allontanato dal gruppo era praticamente condannato a morte".
Non definirei un tale comportamento altruismo. Lo definirei opportunismo, magari intelligenza nella comprensione che l’unione fa la forza. Ma non altruismo. Per quanto mi riguarda l’altruismo è un concetto "per assurdo", come l’infinito su cui ci confrontammo qualche tempo fa non ricordo dove. Sono concetti espressi per contrasto con qualcosa che esiste, in sé non esistenti. A meno di particolari specificazioni delle parole, come l’infinito matematico o l’altruismo cabalistico. Per questo motivo, qualsiasi esempio di "altruismo" è in ultima analisi riconducibile a un impulso egoistico, ovvero di soddisfazione personale, di ricerca del piacere. E’ l’essenza umana, e come dici tu se non fosse così qualcosa non quadrerebbe. E invece quadra. Ma, ripeto quanto mi sembrava di avere detto, la cosa non mi disturba affatto. Se non fosse così nulla si muoverebbe, non si andrebbe da nessuna parte. Per questo non definirei questo punto di vista "negatività esistenziale". Per me è solamente consapevolezza. So che le cose stanno così e continuo a giocare, anzi gioco più volentieri perché so a che gioco giochiamo. Chi non lo sa gioca ma non sa mai bene a cosa...
Riprendendo la tua osservazione su Madre Teresa, è verissimo, tutto è stato conseguente al suo carisma. Ma il carisma, come il talento artistico, come la fede (quella vera) non è qualcosa che si sceglie di avere. Lo si riceve è basta. Hai voglia a mettere me a fare il Madre Teresa, non andrò mai da nessuna parte, anche se magari nel tempo potrei diventare una persona un po’ migliore. Perseguiamo questo obiettivo nell’arte, quello di rendere tutti un pochettino migliori artisti?
(Non affronto il tema dell’amore per i figli, sarebbe troppo controverso e ci porterebbe troppo altrove. Magari un’altra volta a voce.)

2) La parola ai "deboli"...
Tu dici: "...sono per dare la possibilità a tutti di esprimere il loro potenziale artistico e intellettuale, anche alle minoranze! Questa è la mia sola fissazione".
Anzitutto non mi ero reso conto che su questo sito ci fossero delle minoranze. Ci sono invece, come in tanti altri luoghi, delle minorità. Se a te preme dare voce a queste minorità, è lecito che tu lo faccia. Per me questo ha poco a che fare con l’arte ma resta lo stesso lecito. Lo trovo molto francescano... e il francescanismo è davvero una cartina di Tornasole per capire bene e fino in fondo come vanno le cose in questo mondo. Un’altro discorso per un’altra volta... E se poi dici: "... affinché tutti possano esprimere sé stessi e smascherare tutti quei sistemi e strutture che tendono a nascondere l’uomo a sé stesso" non posso che essere d’accordo, ma solo in linea di principio. Se potessimo analizzare questa tua frase alla luce della storia francescana capiremmo moltissime cose, anche se magari alla fine resteremmo discordi. Ma la discordia (tra i saggi :D) è un impulso fondamentale per la conoscenza e la crescita. Mi spiace ti abbia offeso il termine "catto-comunismo", immaginavo potesse succedere infatti avevo messo le mani avanti, ma ciò che intendevo era mettere in evidenza il livellamento verso il basso di arti, scienze e pensiero messo in opera dalle società comuniste e l’attenzione storicamente opportunistica del cattolicesimo per i deboli. Senza con ciò voler muovere a voi alcuna accusa! Lessico sbagliato, probabilmente.

3) De democratia
Su questo aspetto ti trovo un po’ contraddittorio, forse incerto, forse mi sembra. Dici: "... concetto approssimativo di armonia sociale e di uguaglianza" e dici anche: "credo ai carismi" e: "questa parola a me non evoca elezioni ad alzata di mano". Ma democrazia ha un significato che si riconduce in tutti i suoi aspetti alla sovranità popolare, qualsiasi sia il popolo in questione (i maschi liberi di Atene, tutti i cittadini italiani al di sopra dei 18 anni, tutti gli iscritti al sito...). Mancando la sovranità popolare, il concetto stesso di democrazia è inopportuno. Tu puoi prendere la parola e usarla come ti pare, sei un poeta d’altra parte, ma forse è bene "tradurla" come hai fatto sotto, perché così ci si capisce subito. Sui carismi invece sono d’accordo con te, è bene che ci sia qualcuno che conduca, nessuna orchestra suona bene da sola. Ma i carismi non hanno nulla a che vedere con la democrazia, anzi sono una delle manifestazioni meno democratiche della creazione: infatti, come dicevo sopra, i carismi, come i talenti, vengono dati. Non si scelgono, non si creano con il duro lavoro. Ovviamente il duro lavoro può educare, incentivare i carismi, ma niente di più.
Detto questo, ci tengo a specificare che tutto il mio discorso non ha un fine "rivoluzionario". Per quanto mi riguarda la Recherche è il vostro progetto e decidete voi dove andare, magari ascoltando le voci della "base", ma poi decidendo voi in base alle vostre prospettive, ai vostri desideri e ai vostri ideali. E chi vorrà camminerà insieme a voi, non il contrario (e questa, Roberto, senza intenti polemici, mi pare chiaro non sia democrazia, è vita di partito).

 Roberto Maggiani - 18/11/2014 16:58:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Cari amici. Leggo con piacere interventi stimolanti e sinceri riguardo al senso di tutto questo nostro “lavorare” – al centro? ai margini? – della letteratura. Mi sono ben letto, con vero interesse, i passaggi articolati di Gian Maria, di Maria, Nando e Franca. Tre persone che stimo, e molto. Grazie.
Quando scrivo certe cose do per scontata la conoscenza della nostra umanità da parte di tutti gli interlocutori. Le cosiddette condizioni iniziali, o al contorno, per affrontare una questione. Ma forse non dovrei più farlo e partire da lontano, da quando due milioni di anni fa è apparso il genere Homo sulla Terra, le prime avvisaglie dell’umanità, pur nelle sue diverse specie. Ebbene, fin da subito ci siamo caratterizzati per altruismo e interesse, eravamo abituati a vivere in gruppo e a sostenerci perché se così non fosse stato ci avrebbero sbranati. Chi veniva allontanato dal gruppo era praticamente condannato a morte. Quello stesso altruismo ci ha seguito e si è evoluto con noi assumendo connotati diversi, in una delle sue massime evoluzioni è diventato donazione di sé nella teologia cristiana: “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici.” Ma perché si è arrivati a donare addirittura ciò che di più prezioso abbiamo, la vita? Perché se così faccio ho il Paradiso! (Detto in due parole spicce). Vero. Ma il Paradiso non lo vedo se non con la fede, dunque lo spero, però nel frattempo perdo la vita e non so se ne avrò un’altra. La fiducia. Se ho fiducia dono, mi dono. Questo estremo della vita è un esempio di grande donazione. Però attenzione, penso che ci sia un modello di donazione ancora maggiore e più vero e universale, perché non è valido solo per noi umani, ma anche per la maggior parte delle specie, ed è la donazione di sé per la vita di un proprio figlio. È vero che è carne della propria carne, ma, in ogni caso, è altro da me e in questa donazione non c’è merito o ricompensa, la continuazione del proprio codice genetico? Gian Maria, ti lanceresti nel fuoco al posto suo? Riguardo alla tua risposta, permettimelo, non ho dubbio. Lo faresti pensando alla continuazione della specie? È un istinto, è amore! Che parolone… amore… gratuito! Ebbene la donazione e la gratuità non sono fantasie o fatti irreali. Questa negatività esistenziale non mi si confà, anche se talvolta, grazie a molti, diventa una tentazione vera. Ma di esempi di amore ce ne sono a bizzeffe. Io sarei pronto, per la persona che amo a dare il mio fuoco alle fiamme al posto suo? Sì… ma spero che ciò non accada mai. Ma prima delle fiamme, quante persone sanno veramente perdere un po’ di sé stesse per dare spazio all’amore della propria vita, in un annullamento attivo e non passivo, tutto questo è molto bello.
La gratuità di questo sito è a livelli inferiori, rispetto agli elevati ed eroici esempi di donazione e gratuità appena fatti, è ovvio. È vero, la gratuità di questo sito ha un ritorno, la notorietà dello stesso, siamo felici di questo? Certo che sì. Lo facciamo per questo? Tu citi Madre Teresa. È ovvio che Madre Teresa aveva di ritorno la felicità (e forse il Paradiso, in ogni caso lasciamo perdere l’aspetto religioso di tutto questo, non è ciò che ci interessa ora), ma è colpa sua se ciò avveniva? Lei seguiva una necessità, la sua, dettata da una fede, l’adesione a una sua personale e intima chiamata; ebbene tutto ciò che è venuto, la notorietà, le case, le missioni, le donazioni, eccetera, è avvenuto tutto di conseguenza, lei, prima di tutto, ha rispettato sé stessa, ha seguito la sua necessità. Tu hai letto l’intervista, hai letto la necessità iniziale (ogni discorso è sempre approssimativo e non risolve mai l’ampiezza della necessità), ecco, il resto è di conseguenza. Rimane il fatto che su questo progetto LaRecherche.it il tempo ce lo perdo mentre potrei usare lo stesso per guadagnare! E posso garantirti che ne avrei la possibilità.
È vero, ho soddisfazione da ciò che faccio, ma questa è una mia filosofia di vita, già è complicata la vita, se faccio qualcosa deve essere qualcosa che almeno interiormente mi dà soddisfazione e realizza una mia necessità (questo è egoismo?) che non è solo artistica, ma anche scientifica e umana e informatica e tutte quelle che sono le mie passioni che in questa LaRecherche.it si esprimono. Se neghiamo questo fatto della soddisfazione saremmo dei masochisti, qualcosa non quadrerebbe.
La democrazia è un modo approssimativo di esprimere un concetto che è quello dell’equità nella diversità... ben diverso della democrazia che è un sistema di fatto coercitivo e contro le minoranze. Io sono per dare la possibilità a tutti di esprimere il loro potenziale artistico e intellettuale, anche alle minoranze! Questa è la mia sola fissazione. Non mi parlare di catto-comunismo. È ovvio che sia un obiettivo in certo qual senso poco realistico. Possiamo però provare a lavorare affinché tutti possano esprimere sé stessi e smascherare tutti quei sistemi e strutture che tendono a nascondere l’uomo a sé stesso, inibendo le sue potenzialità. Certo è che non tutti e subito possono eccellere in questa loro espressione artistica e intellettuale e non tutti fino allo stesso livello, ma non vogliamo l’uniformità di espressione, bensì la possibilità di esprimerci nel migliore dei modi. Tenendo però conto che si tratta di un percorso, lungo il quale si ha a che fare con la nostra umanità orgogliosa e permalosa, che non siamo sempre e pienamente disposti ad accogliere il giudizio dell’altro, i consigli, eccetera, e dunque talvolta ciò che potremmo essere si infrange proprio contro la nostra stessa umanità, che non ci fa salire di uno scalino perché ce l’ha detto un altro.
In base a quanto poc’anzi detto il concetto di democrazia, su un sito come questo, è un concetto che non ha senso, almeno così come la intendiamo (ma non per questo non continuerò a parlare di democrazia, per quanto evochi un concetto approssimativo di armonia sociale e di uguaglianza), perché io credo ai carismi e credo che la nascita di un qualunque progetto abbia dei fondatori/iniziatori, e non sia un caso, e a quei fondatori è necessario riferirsi per non uscire di strada (presunzione? no realismo, pratica di vita, esperienza fatta personalmente in tante situazioni in cui mi sono trovato davanti ad altri fondatori, garanti di un’anima, di una prassi, di un progetto). Credo questo, ma ciò non contraddice il fatto che il progetto sia in sé democratico, questa parola a me non evoca elezioni ad alzata di mano, non intendo certo questo con democrazia.
LaRecherche.it non vuole essere la soluzione a qualcosa, ma un segno diverso, ma anche uguale, posso dire che quando vedo altrove un progetto che risponde a tali caratteristiche di gratuità, non necessariamente gratuità monetaria, e lavoro culturale appassionato, mi ci aggancio molto volentieri, si può lavorare in cordata. Se ci pensiamo bene ognuno di noi è un progetto, uno spazio in cui è possibile entrare e in quello spazio scambiare, arricchirsi, crescere: io e Giuliano questo spazio l’abbiamo reso visibile, per quanto in modo approssimativo, con LaRecherche.it, ma è uno spazio che si è arricchito e di molto grazie a tutti. Quando entro in un tuo libro, in una tua pagina, sto entrando nel tuo spazio, quando dialoghiamo, ci scambiamo e-mail, lettere o quant’altro, entriamo nello spazio l’uno dell’altro, la vita è fatta così, di relazioni che sono sconfinamenti nello spazio degli altri, ma non per questo chiediamo di decidere per alzata di mano il da farsi, come si suol dire democraticamente.
Non penso che andremo porteremo persone-artisti-scrittori verso il basso o verso l’altro, penso che sapremo camminare insieme con chi vorrà farlo, se saremo sinceri e onesti chi non vorrà starci potrà andare altrove, non è una cacciata, è democrazia, possibilità di diversità… avanti con i commenti onesti cara Franca (come hai fatto e come spero farai) ai testi, sempre, con grazia, questa è LaRecherche.it, si deve crescere o, altrimenti, se si vuole stagnare, è meglio andare altrove.
Riguardo al guadagnare dall’arte, sono d’accordo che debba essere possibile, ma non deve essere il fine e l’unico motore del nostro agire artistico, né, tanto meno, la notorietà – può succedere, ma non è il fine. Ovvio che l’artista, specialmente se scrittore, scrive per essere letto e da una cerchia più ampia possibile di persone. Altrimenti che cosa scrivi e pubblichi a fare?

 Franca Alaimo - 18/11/2014 12:44:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Quante cose sono state dette appassionatamente da Roberto nel corso dell’intervita, così come da Gian Maria Turi nel suo lungo e sincerissimo commento! E, quindi, quanto è difficile aggiungere altro! Voglio solo riprendere un’osservazione di Gian Maria, il quale mette in dubbio l’utilità della convivenza democratica fra alto e basso nella produzione artistica. Che la democrazia sia necessaria a livello socio- politico- economico è più che giusto, ma, e lo dico senza sprezzo, ma con profonda consapevolezza dei miei limiti personali, che debba essere applicata all’arte è sbagliato, perché non rende un servizio all’arte stessa. L’arte non è democratica, il talento estetico non è democratico, nemmeno l’intelligenza ( ahimé) è democratica. La democrazia sta nella fratellanza e nel rispetto di tutti, ma con la consapevolezza che tutti siamo diversi, e lo siamo per un insieme di fattori che per lo più non dipendono dall’individuo.
Inoltre, si critica l’editoria attuale; ma è forse diverso andare in una libreria o visitare un blog culturale? La risposta è no: infatti, nell’una e nell’altro ci si trova di tutto, dall’eccellenza alla stupidità; dal libro che diventa un’esperienza importante a quello che, una volta letto, può essere gettato in una pattumiera senza danno per alcuno. Bisogna allora, sottolineare maggiormente che, allorché la rivista "La Recherche" dona il suo spazio anche a chi non ha ancora una voce sicura e interessante (ma che tale potrebbe diventare in futuro come anche non diventarlo mai, come afferma Maggiani), svolge anche un compito di selezione attraverso i commenti o i silenzi - spesso più eloquenti-, mettendo spesso i poeti di fronte ai loro limiti o imperfezioni. Ora è vero che,personalmente, mi è più volte capitato di essere contestata anche pesantemente solo perché avevo messo in luce qualcuno di questi limiti,perché difficilmente, soprattutto i mediocri,li ammettono; ma in sostanza questo è lo scopo, il più bello, il migliore, che la rivista persegue.
Però nessun progetto, per quanto democratico, per quanto animato da buoni propositi, può definirsi perfetto, proprio perché si ha sempre a che fare con gli uomini (cioè con le nostre presunzioni e diffidenze e storture).
Do ragione a Gian Maria quando scrive che non è un criterio condivisibile il fare arte senza compenso alcuno: è forse così sbagliato guadagnare denaro con la propria arte, se è vera e ottima arte? O non è sbagliato che ci guadagnino dei raccomandati, o i divi dei mass-media con le loro fesserie? E faccio ancora qualche domanda: può un blog fare emergere davvero l’eccellenza e consegnarla alla notorietà?
Quante volte i cosiddetti "vip" della letteratura vengono ospitati nella Recherche, come in altri blog, senza, però, frequentarla o leggere gli altri, tanto tutti gli altri sono inferiori?
Riassumo:la rivista La Recherche è soltanto alimentata dalla PASSIONE di poche persone che trascorrono ore ed ore a leggere, commentare,mediare, senza ricevere nessuna ricompensa in denaro, è vero; però la ricompensa c’è, sia pure non economica: allargare la cerchia degli amici, avere la soddisfazione di essere letti da centinaia di persone, pubblicare quello che altrimenti resterebbe in un cassetto, sentirsi elogiati (sinceramente?) e trovare la forza di proseguire. E a questo punto mi domando: quante volte è accaduto che un buon poeta sia passato dagli onori del blog a quello dell’editoria? Gli editori, i critici accreditati leggono i poeti che frequentano i blog? Non credo. E’, comunque, sempre il desiderio di essere protagonisti a muovere questo mondo di oggi e forse nessuno si sottrae a questo canto di sirena. Per quanto riguarda la poesia, una volta c’erano pochi poeti e i lettori dei poeti; oggi ci sono troppi poeti e "quattro" lettori. Perchè? Le ragioni sono moltissime. Ma a me sembra quasi un privilegio che oggi la poesia sia trascurata, perché ciò dimostra che è fatta di una sostanza non commerciabile, di una sostanza che attrae sempre meno le masse: l’Umano. Ci sarà un mutamento? L’uomo, in genere, guarda il baratro dai suoi orli, ma difficilmente vuole cadervi dentro.Per questo spero che la cultura possa tornare ad essere l’elemento fecondante dell’Umanità futura.
Tutto quello che ho detto non vuole sminuire affatto il lavoro duro e difficile di Roberto e Giuliano (che stimo moltissimo e che sono diventati con il tempo anche dei punti di riferimento amicali), e dei collaboratori (tra i quali sono anch’io, fra l’altro), ma è la sintesi di tutte le domande che mi pongo strada facendo, perché, sì, credo in quel che faccio, però pensando, dubitando, cedendo a volte per stanchezza, per disillusione; com’è assolutamente necessario, se si vuole capire e avanzare nella conoscenza di sè e del difficile meccanismo che è vivere e relazionarsi con gli altri.

 Nando - 18/11/2014 12:12:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Avevo iniziato a leggere Roberto, poi ho dovuto interrompere... Ho ricominciato leggendo te, Gian Maria, e sono rimasto sconvolto...
ÉÉlite, guide, illuminati, eccellenze, masse... Alla fine sembra una guerra per il "possesso dei mezzi di produzione", più che una ricerca del Bello... Ma sai, è solo per colpa della mia ignoranza, mica per i tuoi argomenti di provenienza dotta... Proverò comunque anch’io ad argomentare con più pertinenza, magari dopo aver letto l’intervista, mi sembra più corretto; e vedrai che spunti di condivisione con il tuo ampio discorso, lo troverò pure; intanto mi ritorna in mente la conta di quando noi bambini per giocare a pallone nel cortile della scuola, scavalcandolo abusivamente fuori orario, formavamo le squadre ed i due capitani sceglieva sempre i più forti lasciando per ultime le schiappe, coinvolte nella partita per concessione di grazia…
Di là di tutto, credo che ogni uomo sia riducibile soltanto a sé stesso, ed ogni categorizzazione rigida è sempre a rischio ideologico, percezione distorta e lontana dalla realtà. Ci sono più sfumature in cielo ed in terra che nella mente di un uomo…forse. Si possono chiudere i siti, si possono creare élite, si possono emarginare i brutti, i meno dotati, i privi di talento... si può mettere in discussione il concetto di uguaglianza (sarei prudente su questo), si può imbavagliare la libertà…però credo sarà difficile risolvere il sentimento di una vocazione… che non è come smettere di giocare a tennis…
Lo capisco da solo: avrei dovuto tacere, non ce l’ho fatta… Mi scuso.

 Gian Maria Turi - 18/11/2014 10:47:00 [ leggi altri commenti di Gian Maria Turi » ]

Che bella intervista! Davvero!! (Peccato che nell’intervista pubblicata di Radioeco siano state omesse le parti più interessanti del discorso...)
La trovo molto opportuna per chiarire alcuni aspetti forse poco chiari/chiariti del progetto LaRecherche, anche a me che frequento questo sito da alcuni anni e nel mio piccolo cerco di contribuirne alla crescita.
Ho già avuto modo di parlare del progetto e di alcune idee a riguardo con Roberto, Giuliano e Maria, ma troppo poco, e vorrei cogliere l’occasione di questo "coming out" pubblico per riaprire alcune questioni, nella speranza che a questo dialogo contribuiscano presto molti atri utenti della Recherche.

Dice Roberto: "Come può la cultura mediatica, che caratterizza la nostra contemporaneità, essere “argine e riflessione” nei confronti di una tendenza culturale esibizionista e consumista messa in atto proprio dalla stessa cultura mediatica?".
La domanda mi pare vada al cuore problematico dell’arte (non solo letteraria) contemporanea. Ogni epoca ha una caratteristica generale, quella che a volte è stata chiamata lo "spirito dei tempi", che coinvolge tutti gli aspetti di quell’epoca. Nel contempo, credo si possa anche dire che ciò che caratterizza la forza di un’epoca ne è anche il seme distruttivo. E’ come un animale la cui forza dominante consiste nella specializzazione adattativa a un certo ambiente: finché l’ambiente persiste l’animale domina su tutti ma non appena l’ambiente cambia l’animale dominante è il primo a risentirne, il primo a perire. Una cultura è come un ecosistema, non ci sono differenze sostanziali. La fine di queste cultura della produzione (in quanto consumo ed esibizione ne sono conseguenze) verrà proprio dal suo prodotto di massimo consumo ed esibizione, probabilmente internet. Dico probabilmente perché ancora quel tempo non è venuto esplicitamente e non saprei dire se siamo già all’apoteosi. La questione per noi importante è preparare un cambiamento che sia vero cambiamento e non mera sostituzione formale. Le cosiddette rivoluzione storiche sono sempre state sostituzioni di poteri. Certo, hanno anche portato dei cambiamenti importanti ma mai sufficientemente radicali.

Roberto infatti dice: "Per respirare “aria buona” sarebbe necessario sconfiggere questa modalità mediatica. Potremmo farlo con la pressione di una cultura alternativa su quella dominante governata dal profitto. E qui sorge il problema, poiché tra le culture alternative si affastellano una miriade di esperienze mediatiche senza capo né coda, oppure esperienze ognuna delle quali è in realtà la brutta copia di quella dominante, essendo anch’esse intente a espandere i propri influssi mediatici e i propri piccoli-grandi interessi, cercando di allargare lo spazio dei propri fruitori e ottenere essenzialmente la stessa posizione delle strutture mediatiche a oggi dominanti. Insomma, i paradigmi di base non cambiano, quello che succede è che una esperienza mediatica vuole sostituire l’altra ma senza, di fatto, un reale cambiamento."
Mi trova d’accordo. Bisogna però essere generosi a riguardo, anche se la cosa ci costa. Chi porta avanti le rivoluzioni, di qualsiasi tipo esse siano, è sempre una minoranza, spesso una risicatissima minoranza. E’ nella natura delle cose, non ci possiamo fare niente. I leader, gli illuminati, le grandi anime entrano nel mondo con il contagocce. Gli altri seguono. E’ sempre stato così, sarà sempre così. E’ una struttura della creazione. Questo però significa soltanto che chi si trova a nascere in posizione dominante ha più responsabilità degli altri e il modo in cui utilizzerà questo suo vantaggio/diversità è ciò che conta. Chi può è tenuto a dare il proprio apporto senza riserve, nella consapevolezza che da questa "lotta" tra luce e tenebre non si può mai uscire. Non in questo mondo stagionale, almeno. L’avvicendarsi di tenebre e luce, per quanto crudele, è l’unico modo di conoscenza che ci è dato, e quando ne diventiamo consapevoli possiamo solo approfittarne, cioè cercare di trarne il massimo vantaggio. Può sembrare un discorso fuori luogo, ma questo vale sia per l’agricoltura, sia per il cuore umano e sia per la letteratura. L’oscurità artistica di questi tempi (che poi in verità produce anche tante cose molto belle) va usata a nostro vantaggio, fino in fondo, come anche qui sulla Recherche si è iniziato a fare.

Roberto poi prosegue: "Tuttavia la speranza non viene meno e LaRecherche.it cerca di rafforzare una linea di pensiero, quella della gratuità, che è la nostra più importante caratteristica, il paradigma di base che ci rappresenta, tutto l’opposto dell’interesse del profitto. La gratuità, come già detto, prevede la capacità di donarsi. Pensiamo infatti che una nuova esperienza mediatica, capace di essere “argine e riflessione”, deve essere fondata su una cultura che pone a fondamento la gratuità e la democraticità dell’uguaglianza, dando opportunità in uguale misura a tutti, allontanandosi anche da una logica meramente meritocratica, ma entrando nella logica di un affiancamento fraterno e artistico capace di aiutare le persone a evolvere nella propria specificità, avendo cura dell’unicità insita in ciascuna natura umana, qualcosa che non sopraffà le altre, perché ognuna, insieme all’altra, completa lo sguardo sulla bellezza, che è poi, a mio avviso, lo sguardo sulla verità. La tendenza oggi è quella di lasciare indietro le persone: “Tu sei bravo, tu no”. “Tu puoi pubblicare, tu no”. Perché? “Perché devo vendere e ottenere soldi dalla tua produzione artistica”. Questo sistema uccide la cultura, l’arte, la bellezza, la verità, ci fa procedere a rilento sulla strada della conoscenza. Invece è necessario credere che ogni persona ha il suo campo di merito specifico ed è una risorsa unica per l’intera comunità, non solo dal punto di vista culturale, infatti la luce si espande, la persona umana è un tutt’uno, l’intera società potrebbe cambiare, stabilizzandosi non più su un sistema corrotto perché diseguale, ma su un sistema veramente democratico perché coinvolge tutti nella crescita."
Qui a mio avviso siamo nel centro del nostro discorso su questo sito, ma anche nel massimo della sua problematicità. Vorrei analizzare le parole che Roberto usa, perché sono importanti. Parecchio.
"Gratuità" - Questo è un concetto problematico e complesso. Google e Facebook e Co. ci danno tutto gratis perché la loro merce siamo noi, i nostri dati personali, cioè le nostre abitudini online; i gruppi filantropici danno gratis perché gli stessi membri, direttamente o indirettamente, hanno sottratto ad altri le risorse che costituiscono la propria ricchezza e capacità di "dare"; la gente in generale può dare perché partecipa a sistemi politico-sociali che ne hanno permesso l’arricchimento o il benessere, e sempre a discapito di qualcun altro. E’ un principio fisico di osmosi e distribuzione che si ripete a livello sociale. Noi qui oggi possiamo dare il nostro tempo gratis a questo progetto, ognuno a modo suo, sia perché traiamo il nostro sostentamento da altre fonti sia perché la gratificazione di fare qualcosa di "rivoluzionario" e di appartenere a un gruppo ci ripaga a livello egoico e ci dà dei ritorni che non potremmo avere altrimenti senza la visibilità offerta dal sito. Non è vera e propria gratuità. Ma non ho niente in contrario. Penso solo sia bene esserne consapevoli.
"Donarsi" - Il concetto mi suona molto bello, un po’ cattolico forse. Personalmente, ripeto quanto appena detto, ritengo che se non ci fosse alcun ritorno il donarsi resterebbe lettera morta. Non è nella natura umana il donarsi schietto così come non lo è l’altruismo puro. Nemmeno Madre Teresa di Calcutta si donava senza ritorno: il suo ritorno era il piacere di fare del bene. E’ tantissimo! Ma, di nuovo, è bene chiarire le parole che si usano, per evitare che vi si annidino concetti torbidi.
"Democraticità dell’uguaglianza" - Ecco, democrazia la metterei tra le parole più usate e abusate dalla contemporaneità. Democrazia non è un concetto statico, dai tempi della sua invenzione a oggi è cambiata parecchio. In questo sito, cosa si intende per democrazia e soprattutto per democrazia dell’uguaglianza? Il fatto forse che chiunque possa pubblicare random ciò che più gli piace senza sottostare ad alcun controllo che non sia magari il limite all’insulto o all’offesa? Dar voce ai più "deboli", come dicono Roberto e Maria, non è necessariamente un pregio in sé. Spesso chi dà voce ai più deboli ne trae vantaggio, cioè profitto (anche se non in soldoni). La storia millenaria della Chiesa cattolica ne è l’esempio più brillante. Personalmente in questo sito non ravviso i termini della democraticità così come la si intende (almeno in teoria) oggigiorno: non ci sono elezioni, non ci sono strutture rappresentative della volontà popolare, non ci sono confronti in merito alle istituzioni né dibattiti sulle scelte. E’ un problemaccio, perché se si aprisse la gestione del sito al modo della Repubblica si rischierebbe di far saltare tutto per aria. Come in effetti sta succedendo o è già successo alla Repubblica... Qui ci sono 2 fondatori (duumvirato) e alcuni "cortigiani" (lo dico senza disprezzo, ne faccio parte) con incarichi minori. Fine. Mi sta bene che sia così, questo è il progetto di Roberto e Giuliano, ma in quanto a chiamarlo democratico ci andrei cauto. Ci sarebbe modo e spazio per democratizzare maggiormente il progetto ma questo implicherebbe "cessioni di sovranità" (ce lo chiede l’Europaaaa...) e maggiore strutturazione e organizzazione, cose che per ora non mi sembrano all’orizzonte. Questo permetterebbe al sito di crescere in modo davvero plurale ma con gran probabilità ne limiterebbe lo spirito francescano - sul quale pure avrei tanto da dire ma ve lo risparmio.
"Logica meramente meritocratica" - Una logica meramente meritocratica probabilmente non è giusto perseguirla, e comunque non qui. D’accordo! Anche perché quel "meritocratico" in arte è un concetto insidioso, visto che la storia ci insegna quanto carriere artistiche, amicizie politiche e amanti potenti possano essere legati... Ma quando Roberto dice che lo scopo è "l’affiancamento fraterno e artistico capace di aiutare le persone a evolvere nella propria specificità, avendo cura dell’unicità insita in ciascuna natura umana ecc.", mi pare faccia troppa ideologia e non tenga di nuovo conto della natura umana fino in fondo. Il suo discorso mi trova discorde. Ci sono capacità artistiche che per loro natura miracolosa (!) si elevano verso l’eccellenza - la quale cosa poi sia potremmo parlarne per anni, forse - altre del tutto incapaci di farlo. Le prime devono esprimersi, le secondo possono anche non farlo o possono farlo così, en passant. Mettere le due nature sulla stesso piano ha un solo risultato: svilire e limitare lo sviluppo della natura eccellente, far perdere tempo alla natura mediocre e inorgoglirla. A me capitava quando giocavo a tennis o quando parlo inglese: se giocavo con uno più bravo giocavo meglio del solito, se parlo con un madrelingua parlo meglio del solito, e viceversa. E’ il medesimo principio osmotico di cui sopra, si tende all’omogeneità. Ma se l’omogeneità è auspicale per le cose sociali, non lo è affatto nelle cose che richiedono talento, qualsiasi talento. Il talento è dato dalla Natura o da Dio... chi ce l’ha deve essere messo in condizioni di svilupparlo al massimo. Questo il compito ideale, secondo me, dei gruppi artistici, spirituali, scientifici, non badare ai soldi o alle amicizie o agli amanti. Nella fattispecie di questo sito, questa mentalità, che peraltro trovo in teoria affascinante, avrà nel tempo in risultato di un’attrazione della proposta letteraria verso il basso per fare media osmotica, oppure una selezione naturale per cui (a) i "bravi" se ne vanno perché non stimolati a crescere oppure (b) gli "scarsi" si azzittiscono perché soverchiati dalla potenza naturale dei "bravi". Questo processo è già in atto, immagino ve ne rendiate conto...

Concludo.
Dice Roberto: "L’unione e il rispetto reciproco fanno la forza, dobbiamo scardinare i vincoli imposti da una mentalità che fa dell’arte un mestiere con cui arricchirsi."
Sono d’accordo con la prima parte del discorso. Ma perché impedire per principio che se uno produce qualcosa che piace non possa arricchirsi? E’ una sua prerogativa, perché togliergliela? Il sottinteso "catto-comunismo" (scusate l’espressione) non mi trova concorde e anzi lo reputo menzognero. Ce lo dimostra come sempre la storia. La società della produzione e del profitto è una società inevitabilmente di massa. Alle masse è sempre piaciuto il feuilleton, il romantico, la canzone melodica, il motto di spirito, il calendario di Frate Indovino, il fantasioso... Non c’è nulla di strano se ora si produce quasi solo di questo. La letteratura "alta" in passato era cosa di élite che prosperavano sul lavoro delle masse, facevano guerre, intrighi e mecenatismo. Oggi non è più così. La stessa letteratura esiste ancora ma non è più al centro della storia, non fa più storia, perché oggi ciò che conta sono le masse e le loro potenzialità numeriche. Se le masse lo capissero potrebbero cambiare tante cose importanti, ma non lo capiscono e amen. Oppure siamo noi a non capire, chissà...

Grazie di cuore a Roberto e Giuliano, ai collaboratori e ai partecipanti a questo progetto per tutto il "food for mind" messo in circolazione.

 Roberto Maggiani - 17/11/2014 21:40:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Grazie Maria... siamo sulla stessa barca, nello stesso mare, sulla stessa rotta e sono felice di questo.

@Bonvicini, ecco il link all’articolo su RadioEco.it:

http://radioeco.it/la-poesia-al-tempo-dei-social-rispondendo-a-montale/


 Maria Musik - 17/11/2014 20:43:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Noi invece possiamo permetterci di investire anche sui più “deboli”.
Splendido, insieme al concetto, anzi, alla prassi del dono, del gratuito.
Amo questo sito perchè non è un blog, perchè non è neanche un sito e basta: è luogo d’incontro, è spazio aperto, senza censura ma con poche ineffabili regole, non accumula immondizia ma lascia entrare anche la polvere... ma è inutile dilungarsi: ha detto tutto e benissimo Roberto.
Siamo degli internauti sognatori: forse, un pochino ma, prima di tutto, siamo persone che aprono la porta alle persone, che guardano brillare i diamanti, grezzi o molati che siano, e non storcono il naso neppure davanti al letame visto che, per dirla alla De Andrè, dal letame nascono i fiori.
Grazie a Roberto e a Giuliano per il loro quotidiano, faticoso e, a volte, non abbastanza apprezzato dono.

 Giuseppe Bonvicini - 17/11/2014 17:41:00 [ leggi altri commenti di Giuseppe Bonvicini » ]

dove si trova l’intervista nel blog ’larecherche.it’?

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