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al testo di Pietro Menditto
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Il mare di noi che ancora non parlavamo era un cuore che si gonfiava impercettibilmente sotto la nostra meraviglia e la ragione anche per cui una volta sbucati dalle viscere piangere non avremmo dovuto. Dimmi se il sale non ha quel sapore che il mare avrebbe se non fosse quello che in realtà è e se in un angolo del lido che frequentammo bambini l’alchimia ineffabile non lo trasformasse – mescolandolo col sudore, l’acqua della doccia del bagno in comune e con l’odore che hanno gli uomini quando tornano ad essere tali – dimmi se non era quello che ancora oggi ci coglie in una distrazione, in una evasione non cercata mentre passiamo da una azione all’altra del nostro riempire tempo e modelli, modelli e tempo. E’ proprio questa la rivincita che la vita felice si prende con noi: non altro essere che ozio, invincibile ozio. Al quale possiamo contrapporre catene montuose di cartellini timbrati e le macabre statistiche dei caduti sul lavoro senza scalfirlo, l’imperturbabile. Anche adesso che scrivi è una sola la speranza: di non aver lavorato, non esserti distratto, fatto invece una lode all’ozio tenace che con l’acqua salata si disseta felice. (2001) |
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