Michele Passalacqua
- 09/05/2012 13:29:00
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La logica poetica è sempre paradossale, come i quanti, nello stesso tempo onde e particelle. Così la "lettera" poetica, nello stesso tempo preciso alfabeto e risonanza irriducibile allanalisi esaustiva, razionale. Vale sempre la folgorante risposta di Rimbaud: la poesia va intesa "alla lettera e in tutti i sensi". O laffermazione Di Mallarmé per cui ciò che in poesia "si spiega", resta pur sempre nellalone orfico del mistero, della totalità ineffabile. Puri paradossi. La parola poetica come "explication orphique", infinitezza in versi finiti. E questo vale per qualsiasi genere di poesia.
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Redazione LaRecherche.it
- 30/03/2011 01:48:00
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[ Proponiamo questa nota critica/commento di Maria Grazia Maiorino a "Quanti di poesia" ]
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Ho letto Quanti di poesia come un esercizio di coralità: “maestro concertatore” il richiamo novalisiano lanciato da Roberto Maggiani, il coraggio – direi – di riaccostare l’aggettivo straordinaria alla parola scrittura. Gli otto poeti presenti nel libro, invitati a riflettere sulle parole che fanno parte integrante del titolo “nelle forme la cifra nascosta di una scrittura straordinaria”, se le rilanciano come una palla alla quale ognuno imprime il movimento della propria ricerca poetica, lo slancio particolare di un corpo e di un’energia intellettuale. Un’impostazione insolita questa premessa alle varie raccolte, nel clima postmoderno dei nostri disincantati anni, nei quali si riesce a mettere in dubbio perfino che esista la natura, e si rifugge volentieri l’interrogazione, il commento, il dialogo, preferendo la provocazione, la performance, le classifiche, la quantità. Mi è venuto in mente il cineforum di un tempo ormai lontanissimo e ho sentito un pizzico di nostalgia… Il libro è agile e prezioso, curato nei particolari e concepito come un “quaderno”, dove la fotografia non occupa un posto a sé, nella distanza di un genere diverso d’espressione, ma è prossima con informale semplicità ai testi: apre continuamente su di essi finestre, spiragli, fruscii, soffi di erbe e di venti, polle d’acqua e crepacci con lastre e bagliori di marmo. Bianco e nero come le parole, vesti da collegiali, si studia, si pensa, ci si esercita insieme. Poiché la poesia è contagiosa, in qualche punto mi fermo di più, sottolineo, rileggo e sento affiorare un’immagine che si modella su quella appena “vista”. Le strade s’intrecciano come dita / d’indecisione nella fretta assurda (p.25); E lui considera ineluttabile / e non una stronzata / il fatto che loro se ne siano andati (p.31); tu riuscivi a volare / con un tremito d’ali / come una coccinella / nel maggio quieto (p. 55); quasi una confessione fra l’occhio e la vernice / nebulosa terra a chiedere se è nata per contatto (p.76); lì s’inarca, segno oltre-umano, / un arcobaleno di seconda mano (p. 82). Ecco, preferisco esprimermi per esempi, e queste sono state alcune soste durante la prima lettura, momenti di risonanza con quella corda misteriosa che è dentro di me e fuori, e la cui vibrazione trasforma un evento apparentemente minimo e ordinario in “segno oltre-umano”. E tanti altri ne troverò in letture successive, continuando ad ascoltare le voci di questi poeti che si sono messi in gioco e chiamano il lettore a partecipare. A voi, amici poeti il mio grazie con un haiku affiorato dalle vostre voci.
Sopra il malato gioca un raggio di sole ala iridata
Maria Grazia Maiorino, 26 marzo 2011
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