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Commenti al testo di Loredana Savelli
A uno specchio non c rimedio

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 Emilio Capaccio - 31/05/2013 20:35:00 [ leggi altri commenti di Emilio Capaccio » ]

Capisco di non essere bellissimo, Loredana, ma sembrarti "vecchissimo" e farti addirittura "paura"...dài!...rsrsrs!!! Scherzo!!!! Ho capito il senso. Ciao, dolce!!!

 Loredana Savelli - 31/05/2013 15:43:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Carissimi amici, siete straordinari.
Emilio!!!! Quasi mi fai paura: sei tu il mio specchio vero!
E’ impressionante cosa tu sia riuscito a leggere dietro queste parole, piccoli fatti di convivenza condominiale, uno specchio poco trasparente che ho nella stanza, la realtà del luogo in cui mi trovo, lo spettacolo del canto degli uccelli. Ma tu leggi attraverso la carne e i bit, tu SAI. Come fai? A volte sembri vecchissimo, un patriarca con la barba lunga e almeno 7 vite alle spalle! Incredibile.
Un caro saluto a tutti!!!

 Emilio Capaccio - 31/05/2013 14:04:00 [ leggi altri commenti di Emilio Capaccio » ]

“ Uno specchio offuscato nella stanza.
Oltre, non c’è che nebbia
di occhi. Né da altri sono vista. ”


Non esiste essere vivente al mondo che sappia osservarti e desumere dall’osservazione la tua vera natura, quella più profonda, quella più autentica, e costruire, dalla medesima osservazione, una definizione di te, conglomerante, esaustiva, oggettiva, immutabile; neanche le persone che credi ti conoscano più a fondo, quelle più vicine, e nemmeno lo specchio attaccato all’armadio ti conosce, anche lui ti inganna perché in esso tu vedi di te stessa quello che vuoi vedere e lui riflette passivamente quello che tu credi di aver visto, perciò neanche tu conosci a fondo Loredana Savelli; nessuno di noi si conosce tanto da poter dire: “io sono…”, né tanto meno altri possono dire di conoscerci: quante volte ci sorprendiamo a fare cose che mai avremmo creduto potessimo fare? O a non fare una cosa che eravamo certi di voler fare? Gli stimoli, le provocazioni, gli incitamenti, i rovesciamenti di fronte nella vita sono così plurimi, svariati, imprevedibili, destabilizzanti, che nessuno può permettersi di affermare: “io mi conosco!”, senza cadere nella trappola illudente di assumere a propria ragione un falso o pregiudizievole assioma; in fondo ognuno di noi, degli altri non conosce con certezza che il nome all’anagrafe. Quelli che eravamo nel tempo di ieri, non siamo nel tempo di oggi e già stiamo cambiando o ci prepariamo a cambiare nel tempo di domani.


“ La vicina ha chiuso la porta
che avevo spalancato.
Mugugni e sguardi stornati,
e si esce in orari diversi. ”


La signora del porta accanto, richiudendo la porta che tu avevi lasciato aperta per lei, vive la sua solitudine, forse anche dignitosamente. Ha scelto liberamente di starsene da sola ad annaffiare sul balcone i suoi gerani, come un uccello che sceglie di morire in gabbia, perché crede forse che in quel gesto ci sia tutto il significato della propria esistenza. Non sentirti ferita dal suo diniego, magari tu, un giorno, potresti fare lo stesso. Potresti chiudere a qualcun altro la porta che aveva lasciato aperta per te (forse anche lui abita sul tuo stesso “pianerottolo”). Potresti innalzare anche tu una fortezza inespugnabile perché sentiresti di essere diventata fragile o offesa: chi edifica mura intorno alla propria vita, senza ingressi o feritoie, chi ti mostra diffidenza, distacco o peggio ancora, impassibilità, sono sempre le persone più fragili e più deboli, non dimenticarlo, quelle a cui hanno sbattuto la porta in faccia troppe volte nella vita che adesso non basta più semplicemente scorgere sulla soglia il tuo viso pulito per decidere di venire a prendere un caffè a casa tua, cioè non vogliono, non possono, più fidarsi di quelle “porte aperte”, attraverso le quali poi sono stati frettolosamente sbattuti fuori, scegliendo l’inoffensività del silenzio o della solitudine.


“ Devia la luce sull’antica ruggine,
penombra è come dire silenzio.”


E’ a partire da questi versi, che gli ingranaggi stritolanti dei pensieri si mettono in moto. Il momento della percezione delle cose, degli umori, di una certa intensità della luce nella stanza, lascia spazio e tempo alle temute, inevitabili, redivive considerazioni o cupi presentimenti: di fronte ad uno specchio che in fondo non ci riflette, ad un oscuro senso di isolamento, alle persone (molto spesso quelle che crediamo essere più vicine a noi) che hanno richiuso la porta che avevamo spalancato per loro, si acuiscono le ruggini preesistenti, perché è vero che in cuor nostro ci sono sempre state, ma è pur vero che tali incrostamenti si estendono prodigiosamente se si versa sopra nuova acqua e la si fa asciugare per giorni e giorni, come certe malattie della pelle che non passano mai, si attenuano durante lunghi periodi di latenza per poi riacutizzarsi in certi momenti o con certi nostri stati d’animo.


“ Riprendono a cantare a mezzogiorno:
sotto un cielo più mite di ieri,
non consola udire dal mattino
lo stesso trillare di merli,
passeri e fringuelli. ”


Si ritorna (quasi come reazione per proteggere noi stessi da queste delusioni, disaffezioni o presa di coscienza), ad aver bisogno, pretendere, sentire un contatto con l’ambiente esterno: fuggire dalle nostre congetture, dalla stanza, dal pianerottolo, dal condominio, dalla signora che annaffia i gerani, dallo specchio che ci osserva irridente, dalla città, da tutto quello che più sembra opprimerci, per soffermare la nostra attenzione, per esempio, sul canto degli uccelli di quest’oggi, radioso più di ieri. Ma benché bella la giornata tra i rami, anche loro non sembrano cantare come prima. In realtà ti sbagli, ci sbagliamo tutti! cantano, si, più gioiosamente, qualcuno là sotto, per le strade, qualcuno che è veramente libero o più insensibile, ce lo può testimoniare con certezza, siamo noi, sei tu, c’è qualcosa in te che non ti fa più sentire quanto essi, oggi, siano felici!

Ciao Loredana


 Nando - 31/05/2013 10:03:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Stretti tra l’auspicio
e il verismo del giorno
si allontana il segreto del canto
degli uccelli.
Lo specchio mai mente,
però anch’esso vive e vede
dentro una fitta nebbia,
anche la sua voce
giace supina nel sonno dei morti
sopra una terra di silenzi,
tra il suono di un’antica profezia
o l’attesa del nulla.
Chi ha richiuso la porta appena aperta
tutto questo ignora.
Ciao Lory

 Loredana Savelli - 30/05/2013 20:20:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

p.s.
Lo specchio, simbolo dell’autoreferenzialità.

 Loredana Savelli - 30/05/2013 19:07:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Cari amici, e in particolare Cristiana, Marco e Alessandra, grazie per la lettura.
Sì, effettivamente non è un testo solare...
Il canto mattutino degli uccelli è sempre un segnale positivo e per me fonte di stupore ma evidentemente non è sufficiente in certi contesti ad accomunare le vite, per quanto si sia "condomini" dello stesso tempo e dello stesso luogo. Si spera in un cielo più mite per tutti.
Un caro saluto!!!

 Marco Giovanni Mario Maggi - 30/05/2013 16:50:00 [ leggi altri commenti di Marco Giovanni Mario Maggi » ]

Ciao Loredana, ravvivo un senso, almeno momentaneo, di solitudine ed alienazione. Aggiungo, avendo letto di te, che ci trovo la necessità di un ritorno ad origini più "campagnole" che si rispecchia nella parte finale della poesia, tra l’altro bellissima. Spero, da "ragazzo di campagna", di avere intuito. A presto

 Alessandra Ponticelli Conti - 30/05/2013 16:33:00 [ leggi altri commenti di Alessandra Ponticelli Conti » ]

E’ una solitudine momentanea della coscienza quella che si intravede e si vede riflessa in questo "specchio offuscato". Una solitudine, un’astrazione che consente di sentire ma non di ascoltare. Una ribellione silenziosa nei confronti della monotonia e anche delle diversità: "E si esce in orari diversi". Nulla cambia e niente consola nemmeno quando il cielo è più mite di ieri. Mi auguro, Loredana, di avere compreso almeno in parte, ciò che volevi comunicare con questa poesia bellissima.
Un abbraccio forte
Alessandra

 Cristiana Fischer - 29/05/2013 14:20:00 [ leggi altri commenti di Cristiana Fischer » ]

a mezzogiorno riprenderanno a cantare, ma al mattino c’è poca consolazione