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Commenti al testo di Giorgio Mancinelli
Albert Einstein

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 Emilio Capaccio - 11/02/2013 12:07:00 [ leggi altri commenti di Emilio Capaccio » ]

La tecnologia non è mai stata un problema considerata a sé stante, tutt’altro, menti illustri come Einstein, Marconi, Ford costituiscono un patrimonio dell’umanità, universalmente riconosciuto. L’analisi invece deve essere ricondotta alle dinamiche distorsive che si instaurano tra processo evolutivo e costume della società e questa interconnessione chiaramente indissolubile non può essere gestita da nessun altro soggetto se non dall’uomo medesimo con strumenti che pur avendo a disposizione non usa o usa malamente. Mi riferisco alla capacità di concepire un uso moderato - nella fattispecie - del cellulare, di trasmettere agli adolescenti una educazione improntata a comportamenti più sobri oltre che maggiormente salutari, a boicottare campagne pubblicitarie che dardeggiano messaggi profondamente diseducativi mirati esclusivamente a logiche di consumismo sfrenato senza tener conto minimamente degli effetti devastanti sui comportamenti e le scelte dei più giovani, facendo passare un banale oggetto che dovrebbe fruire un servizio di comunicazione a distanza come un cimelio da status symbol, irrinunciabile per chiunque voglia promanare ad altri individui, come un catarifrangente, il segnale di un’esclusiva appartenenza ad un determinato strato sociale. Basti pensare che non più tardi di qualche mese fa’ nella piena bufera della crisi recessiva dell’economia mondiale si formavano chilometri e chilometri di code agli ingressi dei centri commerciali in occasione dell’uscita del iPhone 5, evento e attesa magistralmente creati dalla multinazionali dell’high tech per sfruttare fino al midollo il ritorno mediatico in termini di proventi sulle vendite; o come quando su alcuni siti di informazione, accanto alla notizia del disastroso terremoto che aveva colpito l’Emilia, si sponsorizzava un’applicazione per i-pod, mediante la quale era possibile visualizzare la mappa delle zone sismiche più a rischio in Italia, con dati elaborati e variabili geofisiche in grado di prevedere possibili catastrofe telluriche. Allora io mi chiedo come si può speculare sulla paura della gente? In realtà si specula soprattutto sulla paura della gente, perché sono esattamente le paure che ci rendono irrazionali, indifesi ed appetibili all’opportunismo deprecabile del mercato globale e crea un formidabile presupposto per una potenziale commercializzazione del prodotto, appositamente creato, in barba ad ogni qualsivoglia etica della pubblicità e della comunicazione, facendo leva sulla nostra più profonda emotività, elemento, questo, tanto prezioso poiché sopraggiunto inaspettatamente e predestinato a scomparire, pertanto non più usufruibile come induttore dal suddetto mercato, se non in quel preciso momento.
Si dovrebbe, a mio modo di vedere, raffrenare quel liberismo economico tanto teorizzato dalla “ old school ” degli economisti, porre in essere misure legislative maggiormente restrittive di quanto non lo siano già circa l’uso dei cellulari soprattutto in alcuni luoghi pubblici: scuole, treni, autobus, enti statali; sovvenzionare ricerche scientifiche e campagne pubblicitarie che informino, invece, gli utenti dei reali rischi delle onde elettromagnetiche derivanti da un abuso e da un errato utilizzo del cellulare senza auricolare; investire nell’istruzione e nella formazione degli adolescenti per permettere loro di acquisire una coscienza maggiormente improntata al rispetto degli altri e alla educazione civica, al buon senso di diminuire il volume delle suonerie o inserire la vibrazione, limitare le conversazioni nei luoghi pubblici; regole e modelli comportamentali che sono una chiara manifestazione di una cultura e di una educazione che dovrebbe essere trasmessa dagli adulti in primis e soprattutto attraverso la famiglia e la scuola.
Pertanto si evince come dietro l’uso smodato del cellulare si cela in realtà un coacervo di fattori distorsivi, logiche commerciali, interessi, carenze culturali che andrebbero sanate opportunamente o limitate con appositi strumenti legislativi e formativi che lasciamo ben volentieri inutilizzati lamentandoci altrettanto ben volentieri della mala educazione.
Ringrazio in questa sede Giorgio Mancinelli per aver dato la possibilità a questa dibattito di aversi, grazie alla sua consueta sensibilità ed intelligenza nel proporre elementi di discussione sempre stimolanti e costruttivi.

Saluti.

 Giorgio Mancinelli - 09/02/2013 07:14:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

’La tecnologia ha accorciato ogni distanza, ma ha radicato la paura della solitudine. Il pro e il contro. Inevitabile.’ - scrive l’amica Lorena Turri e non si può che essere d’accordo con lei ma ... c’è un ma che fa di noi, esseri uguali, qualcosa di diverso gli uni dagli altri? Credo di si, inquanto l’uguaglianza fa qualcuno di noi più uguale degli altri.Il punto è nel conoscere in che cosa siamo uguali e se l’uguaglianza equivale a libertà? E’ questo uno dei rompicapi su cui si esercita ancora oggi la riflessione dei filosofi: "così come dei non filosofi - scrive Maurizio Ferraris - indubbiamente è il progresso civile, secondo una linea consolidata e condivisibile, coincide proprio con il sempre più largo riconoscimento dell’uguaglianza tra gli esseri umani". Si può anche non essere d’accordo con il filosofo e personalmente lo sono, anche se non accetto (facendo una forzatura) di essere necessariamente incluso nello stereotipo ontologico degli schiavi del telefonino. Non che io abbia qualcosa contro la sua utilità, infatti lo possiedo e ne faccio uso, ma non per questo lo utilizzo per alienarmi dal contesto della realtà che mi sta d’intorno né, tantomeno, ne faccio uso smodato da invsadere il campo sonoro degli altri (costretti a subire) o di imporre quella che è la mia (personale) privacy agli altri. Delle due una, direbbe il contabile, perché essere costretti a conoscere la ’vita privata’ degli altri quando magari me sto per i fatti miei riflettendo su altre argomentazioni; oppure subire il disturbo (strilli, strepiti, voce alta) di una o più persone come capita a volte sui mezzi pubblici . Immaginate voi se tutti i presenti su un autobus parlassero al telefono nello stesso medesimo tragitto? Sarebbe il ’caos’, un ’tumulto’, una ’baraonda’. SI dice che bisogna combattere l’inquinamento e stiamo diventando tutti sordi a causa di dover comunicare ’tutto e subito’ all’istante, ogni nostra defiance. E’ questo il punto credetemi. E’ questo l’inevitabile cui fa riferiemnto l’amica Lorena. Per non dire che sembriamo tutti matti che vanno parlando da soli!

 Lorena Turri - 05/02/2013 15:21:00 [ leggi altri commenti di Lorena Turri » ]

La tecnologia ha accorciato ogni distanza, ma ha radicato la paura della solitudine. Il pro e il contro. Inevitabile.

 Luciana Riommi Baldaccini - 05/02/2013 14:59:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Di recente mi è capitato di salire su un autobus stranamente non affollato: oltre a me c’erano 7 persone e tutte e 7 avevano il telefonino in mano, chi per parlare, chi per scrivere, chi per giocare. Alla fermata successiva sono salite altre 3 persone e, indovinate un po’?, anche loro con il telefonino in mano o sull’orecchio... per me è stata un’esperienza destabilizzante...!

 Ferdinando Battaglia - 05/02/2013 13:53:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Verissimo Giorgio; anche se tutto ciò mi ricorda un episodio della nostra "preistoria": coppie di fidanzati o di sposi a passeggio la domenica pomeriggio, con gli uomini che avevano il loro orecchio attaccato alle piccole radioline a transistor. Ma poiché il peggio può sempre accadere, oggi temo di più i social networks: pensiamo di rivolgerci ad una precisa identità, ma non ne abbiamo alcuna certezza "esperienziale" (paradossalmente è quello che mi sta accadendo in questo momento). Anche in questo caso, mi viene di pensare agli amici immaginari di un tempo. Ma forse allora si distingueva ancora il vero dal falso, oggi tutto si confonde nel "reale". Grazie per lo spunto di riflessione, scusami se mi sono dilungato; ciao.