Ancora questa noia grumosa
e questa nostalgia sfilacciata,
e di buono nell’aria
c’è solo l’odore di castagne,
solo l’odore del freddo collinare
che fa la voce grossa, ma è in fondo
solo una nebbia rancorosa,
e nasconde un’estate che è ancora lì
e si sente bene: strepita forte sotto il terriccio bagnato.
Lo dicevi tu che ogni stagione è
estate, finché si ha tempo:
sorprendente, per me, quella fiducia
che diventava spesso sgangherata,
tanto si accoccolava alle cose
barcollando in preda a una paura strana,
di morire.
Quando è possibile aderire
all’incessante cuore delle cose
- e ogni tanto, abbiamo visto,
si può - si sta bene. E si apre in noi
un che di saggio, di vivo,
una pace lunga come l’eterno,
insensibile ai giorni e alla Storia,
un tepore di chi torna a casa
dopo anni, e riabbracciando la propria madre
scopre che basta poco
a sospendere tutte le condanne
che si è inflitto, le storpiature
che si è addossato, che insomma
abbiamo a disposizione
un modo di vivere molto migliore
di tutti quelli escogitati
dall’ansia di vita, che coglierlo è semplice
e rarissimo, quanto allungare le dita
sotto il brillare imprevisto
dell’alba.
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