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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Ideosincrasie

di NICKY KELLY 

Proposta di Nicky Kelly »

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Pubblicato il 09/02/2018 23:45:05

sul polemarco, il conquistatore, il mercenario, l’ardito
sul grifo e la ieracosfinge, la siringe d’Apocalisse, il disertore, il rinunciobiettore, il dito
plessore sull’elencazione dei soldatini d’odio e d’amore, sui cantari
all’eroe, su pungiglione e punciotto
e su chi t'è muort, su clava e bulava, su vivisezione e ahia!, sul generale Averno e sull’interregno
di-carta-bibula-di-poesia-al-sereno, su un inceppo, un tonfo nell’empatia, sulla carrozzeria affettiva
tirata a spreco dalle rondelle al becco al progressivo rannuvolamento del virus nel dispendioso progetto
d’oscuramento e compendio in pomfo, su granatieri e gare di secessione nei cieli, risonanza
magnetica dei superpoteri, smorfia in grande parata, proprietà elastica della faccia di sostenere
la sproporzione aurea in medaglia o dracma e nel microinfusore un intruso, una cimice, bipenni
e frombole del gigante ucciso dall’astro sterminatore, le corolle trionfali
di una meteora su focherello o acquerella con uguale frequenza, con indifferenza
di frottola e tarantella, tramestio ex machina, un’altra parata W&B su gnornò
e gnorsì, eponimi e en travesti da Lulù o Mimì, agli estremi confin
del coup de théâtre, la claque fino alle lacrime, la miscela
esplosiva di apparenze ingrate e elettive mancanze, parzialità
e stralci accatastati all’orario di cui non si parla
in questo programma, ma ne resta traccia nella Wunderkammer
dei bei tempi, negli umma umma, nel cranio 1470 e, se non basta, in altri nei sulla lingua
che inizia a spuntare da un baccello o da un cofanetto
o, per altrui cerimonie, da un’idea di triangolo a farci ancora da tetto


II

un contagio, l’innesto metallico, corno
o talo, di un nuovo discorso nel BOH ininterrotto per omnia saecula saeculorum e – non dirmi
che non lo sai – solo per un défilé di ricambi, motivi non personali
quali il reggimento, l’adunata, i rimorsi
del crotalo, l’avamposto, un cambiamento di sepoltura, una coincidenza troppo matura
per non essere polta e affondarvi la rotta, calcolare il peso del mare o affogare
naturalmente ogni scorta, la gomma da masticare e l’ambrosia, la bagatella ed il catoblepa, il raptus
e la lezione appesa a ogni brivido: questo bambino
NON TEME IL BUIO NON TEME IL BUIO NON TEME IL BUIO
e sua madre e l’uscio sono tutt’uno con le pietre d’inciampo, il prego
ed il menefrego nel rimboccare la lapide e nell’ammansire i rumori, sradicare le voci
dal cormo prima che lo becchi lo stormo, che le fattezze
lo diluiscano a anonimato e sia evocato il Suo Nome Santo dal primo Hekhalot al parto guidato
tracannando vino di palma, decifrando il fatuo protocollare, un machiavello, l’arpa
condizionata, l’innario, la palinodia dell’arretramento nell’immaginarsi fermo
allo STOP

[…]

e l’arcolaio ha filato
una toppa sopra l’arazzo, ha disarcionato
la freccia da Trabocchetto
a Giochetto, impiccato a un totem l’avamposto
e non un flabello che si sia mosso, un grimaldello tra la miniera e il corpo (l’aria
i detriti, gli istinti inarcati senza molto tempo da dedicare allo speglio) e una fotografia del bosco
ingiallito - neanche immagino come ci sono finito
da sveglio, ma qualcuno l’ha conservata – per qualche domanda:
  cosa manca
al mercato locale, al bazar del cammeo, alle fiere di sabbia e luogo nel breve percorso
di colori e coloro su un’ambulanza a sirena inspiegata,
su plica e grinza in costante marcia verso il poro, l’esterno, il riciclo del tegumento a cimiero
del bravo ragazzo, sul gagliardetto e anche più in alto di Notte e Sospetto?
Cosa sa
il congegno, sa il plastico
sottotitolato, sanno l’elettrodomestica e tutte le spine del riccio e dell’istrice, le spire
in ore stultorum di ogni cadente corpo, il vacillante moto impotente (passando per la parete)
a ricongiungersi a un nuovo centauro, minotauro, giaurro?
O, perso il tenue legame
degli ingranaggi, il fasciame di una barca, la flora di un tappeto,
chi è certo
che l’altruista venturo non sia come noi un duro e le prove vocali
dei macachi e le scaramucce tra confinanti non siano alte mura in lingua cherubica?


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