Mi hai scritto,
messaggiandomi esaltata,
"Qui in montagna
si è più vicini a Dio".
Io non sono d'accordo,
a me carissima, perché Lui
è nato da sempre
minatore dalla pelle
annerita.
Nelle miniere della disperazione,
ciechi tuguri, umide caverne
o luride capanne, dorme
presso l'uscita, avvolto
in un mantello dal colore
indeciso, dal calore bucato.
Lavora nei cunicoli di morte
con minatori del terzo millennio
e ha i polmoni intasati
di polveri e di zolfo.
Se i suoi figli bestemmiano
il suo nome piangendo,
sfiora le loro bocche
inaridite perché nascano
fiori profumati da quei venti
maleodoranti e guasti.
Non cercare più Dio
nell'azzurro di un
cielo lontano e maldisposto
verso il popolo dei poveri.
Lui aspetta, già da tempo,
al primo sottoscala
che incontri nel tuo andare.
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