Barbara Lanati – Vita di Emily Dickinson – L'alfabeto dell'estasi
Questa biografia, di poco meno di duecento pagine, edita nel 1998, ritengo sia imperdibile per chi voglia oltrepassare le nebbie che avvolgono, con suo impegnato compiacimento, la vita della grande poetessa Emily Dickinson.
Nei cinquantasei anni della sua vita, di cui si dice, almeno una “ventina” in uno strettissimo auto isolamento.
Si spostò rarissimamente dalla sua Amhrest nel Massachusetts, dove visse e morì. Bastandole l'intima cerchia madre/padre, sorella/fratello/cognata.
Dicevamo che Emily impiegò la sua vita a celarsi al mondo; di lei esiste solo una foto sedicenne.
Basti pensare che in vita pubblicò solo alcune poesie e la sua sterminata produzione (1775 opere) venne alla luce solo dopo la sua morte.
Il grande merito della biografa Barbara Lanati non è solamente quello di accompagnarci con alcune sue poesie ma specialmente di cercare di farcela conoscere intimamente attraverso le sue 1409 lettere.
Lettere a conoscenti, parenti e amici spesso accompagnate da mazzolini di fiori e ovviamente poesie.
Anche in queste (al netto delle censure posteriori) Emily nasconde i soggetti dei suoi amori. “Potessi soltanto ormeggiare - stanotte - /In te”!
Evidentemente l'ermeticità non è solamente la trama della sua opera poetica!
Si tratta di un'enorme potenziale d'amore che lei non sa dove collocare! “Notti selvagge - Notti selvagge!/Fossi io con te/Notti selvagge sarebbero/La nostra voluttà!...”
Emerge un mente che si pone oltre le convenzioni puritane del suo tempo. Pure la sua visione religiosa è fuori sintonia: “Quelli - che morivano allora,/Sapevano dove andare/Andavano alla Destra di Dio/Quella Mano è amputata ora/E Dio non si riesce a trovare...“
In tempi precedenti per lei si sarebbe sicuramente acceso il rogo.
Fondamentale nella sua poetica, è il dialogo quotidiano con la natura che la circonda; sincero mezzo per misurarsi e dialogare incessantemente col mondo. Così il suo sguardo non ferma di certo alla siepe di casa.
Altrettanto costante è l'interfaccia con la morte.
Questa però, a mio parere, non è mai vissuta con terrore ma come flusso naturale dalla vita. Quasi una sorta di “sora morte” francescana.
“Questo Mondo non è Conclusione./Un seguito sta al di là/Invisibile, come la Musica/Ma concreto, come il Suono...”
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